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Sulla base di quanto detto, si procede ora ad analizzare nello specifico le differenze tra Spagna e Italia, sia in relazione alle caratteristiche della legge sulla parità di genere, sia per i livelli raggiunti dalle due nazioni in merito all’occupazione e alla rappresentanza femminile negli organi societari.

3.9.1 Differenze legislative

Alla luce di quanto evidenziato, la Ley de Igualdad risulta molto differente rispetto alla Legge Golfo-Mosca. Sicuramente una prima grande differenza riguarda il contenuto; infatti, la legge italiana si riferisce esclusivamente alla composizione dei consigli di

115 amministrazione e dei collegi sindacali delle società quotate e delle società pubbliche, mentre quella spagnola è molto più ampia, poiché, oltre a contenere le linee guida per le imprese, si rivolge a tutte le organizzazioni, sia pubbliche che private, con il fine di eliminare la discriminazione di genere in tutto il territorio spagnolo. Inoltre, anche se ci si sofferma esclusivamente sulla parte relativa alle imprese, sono presenti numerose diversità tra le due leggi.

In primis, la Legge 120/211 prevede sanzioni in caso di inadempienza e, dunque, un attento controllo da parte della Consob, mentre in Spagna la legge si presenta come un invito e non come un obbligo per cui non vi è un vero e proprio controllo, nonostante lo Stato limiti le concessioni di contratti e sussidi statali alle imprese che rispettano la parità di genere. In aggiunta, la legge italiana riguarda esclusivamente le società quotate in borsa, mentre quella spagnola si rivolge a tutte le società commerciali con obbligo di redazione di un conto economico non abbreviato, quindi, in linea generale, a tutte le medie e grandi imprese. Inoltre, un’altra differenza riguarda la tempistica: la legge italiana è, per ora, una legge ad esaurimento, in quanto è valida per dieci anni dall’entrata in vigore; la

Ley Orgánica 3/2007, invece, non ha scadenza, anche se inizialmente era stato posto un

obiettivo di otto anni entro il quale si auspicava di raggiungere la non discriminazione nei consigli di amministrazione. Questo periodo temporale non è più stato modificato, anche se gli otto anni sono passati. Infine, anche la percentuale di quote riservata al genere meno rappresentato è diversa: in Spagna questa è fissata al 40%, mentre la legge italiana ha previsto un percorso graduale che porta le società ad avere almeno un 1/3 di quote rosa a partire dal secondo rinnovo dei consigli di amministrazione e dei collegi sindacali dopo l’entrata in vigore della legge.

Nella tabella 17 sono riassunte le principali differenze tra le due leggi.

Tabella 17: Differenze principali tra la Ley Orgánica 3/2007 e la Legge 120/2011

Spagna: Ley Orgánica 3/2007 Italia: Legge 120/2011

Entrata in vigore 24 marzo 2007 12 agosto 2011

Oggetto

Società commerciali con obbligo di redigere il conto economico

abbreviato

Società quotate nella borsa italiana

Quota riservata al genere

meno rappresentato 40%

Primo mandato: 1/5 Secondo e terzo mandato: 1/3

116

Sanzioni in caso di

inadempienza No Sì

Scadenza Nessuna 2022

Fonte: elaborazione propria

3.9.2 Differenti risultati

Oltre alle differenze normative, Italia e Spagna presentano differenze anche a livello statistico per quanto riguarda l’occupazione femminile. Queste, in parte, sono frutto dei provvedimenti legislativi presi da ogni singolo Stato; in particolare, la percentuale italiana di donne nei board della società quotate è sicuramente una conseguenza dell’obbligo normativo imposto, mentre nel caso spagnolo, non essendo previste sanzioni, la stessa percentuale discosta molto dall’obiettivo prefissato dalla legge. Infatti, a tale riguardo, sulla base dei dati forniti da Credit Suisse (2019), l’Italia nel 2019 registra una percentuale di donne nei propri board pari al 33,1%, mentre la Spagna, nello stesso anno, una percentuale di 23,8%, discostandosi di più di nove punti percentuali rispetto al dato italiano.

Tuttavia, guardando ad altri indicatori, la Spagna risulta migliore dell’Italia sia per quanto riguarda il tasso di occupazione femminile sia sulla base del Gender Gap Index. Infatti, per quanto riguarda il primo indicatore, la Spagna registra nel 2018 un tasso di occupazione femminile (donne con età compresa tra i 20 e i 64 anni) del 61%, l’Italia, di contro, il 53,1% (Eurostat). Anche per quanto riguarda il Gender Gap Index redatto dal World Economic Forum (2020) la Spagna registra un risultato migliore rispetto all’Italia, collocandosi all’ottavo posto della classifica mondiale con un punteggio di 0,795, contro quello dell’Italia di 0,707, la quale si colloca in settantaseiesima posizione. Una possibile causa di tale discostamento potrebbe essere l’attenzione della Spagna nel rimuovere le discriminazioni di genere su più fronti, come risulta dall’analisi sulla Ley de Igualdad. Nonostante ciò, è importante sottolineare che, sebbene il tasso di occupazione femminile spagnolo sia superiore a quello italiano, entrambi sono inferiori alla media europea (67,4%). In tabella 18 sono state riassunti tali risultati.

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Tabella 18: Confronto situazione Italia-Spagna

Italia Spagna

Global Gender Gap Index

(2020) 0,707 0,795

Tasso di occupazione

femminile (20-64 anni) (2018) 53,1% 61%

% donne nei board (2019) 33,1% 23,8%

Fonte: Credit Suisse (2019); Eurostat; World Economic Forum (2020); elaborazione propria

Nonostante non sia oggetto di analisi, è opportuno sottolineare un ulteriore differenza tra i due Paesi: la percentuale di donne nei parlamenti. La Spagna registra una percentuale di quote rosa in parlamento pari al 46,8%, collocandosi al sesto posto a livello mondiale e al secondo posto a livello europeo per la rappresentanza femminile al governo. L’Italia, invece, ha una presenza femminile alla Camera dei deputati del 35,71%, percentuale che non le permette di rientrare nella top 10 europea. Il risultato spagnolo è sempre frutto della Ley de Igualdad del 2007, la quale tra le varie disposizioni ha anche obbligato i partiti a garantire una rappresentanza equilibrata dei sessi (almeno 40% per il sesso meno rappresentato) per cinque candidature. Dall’emanazione della legge si sono svolte cinque elezioni e, a partire da quel momento, in cui la rappresentanza femminile era solamente del 6%, il numero di donne si è moltiplicato per otto (Montaldo Monella, 2019).