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Gior.

Un

negoziante?

Jen. Giuto dall'America.

Gior.

E

desso, èdesso... è il mio!...

Ah mia

cara, quanto sonocontenta!...Lasciacheio t’abbracci: nulla temere...

Jen.Io

non

comprendo...

Gior.

È

l’uomo il piùgeneroso ed il più delicato.

È

veroche siè datomolta

pre-mura

di rivolgersi ad un’altra,

ma noa

importa. Egliè quelloche doveva sposar-mi,

ma

ha scoperto,

non

so

come,

l’amore

. di

Gustavo

edilmio;allora,non contento dirinunzianni, haimpiegato ogni suosforzo onde deciderei miei genitoria conceder-mi a Gustavo: ha parlato loro còti tanto calore...

Oh

quanteobbligazioniglidebbo.

La

sua delicatezza

non

si smentirà teco.

Tu non

hai chea manifestargli che

ami un

altro...

Oh

cielo!...sul momento...

Jen. Io... confessargli...

Gior.

Non

già positivamente... no,., questo

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5‘i ! TRE QUARTIE RI DI PARIGI

non

si dice,

ma

si fa intendere, indovi-nerà...Pernoiha

compreso

aprimavista...

In

suoanimo

èdiunanobiltà così elevala.

M

egli ècapacedi

qualunque

sagrifizio.

Jen.

Lo

crederesti?

Cior.

Ne

sono sicura.

SCENA

Vili.

Enrico con altroservo,con cestellodi fiori cheposasul tavolino.

Enr. Ecco, signora, deifioriche furono por-tati perparte del signorDesrosiers.

Jori. Dei fiori!

Enr. Inoltreegli chiedeil permesso d'inol-trarsi.

Cior. Ricevilo, e parlagli.

Jen.

Non

ardisco... Ditegli che entri (Enrico via).

Cior.

Non

bisogna che mi trovicon te.

Jen. 'Esci perla scaletta.

Gior. Ti saluto: corroa raggiungere

Gusta-vo.Coraggio, mia cara,e cheal colle-gio ne avevi piùdi me; eri quella'

che

faceva tutte le

domande

allamaestra.

Ad-dio.

Oh!

quantosarei contenta vedendoti

viscontessa (via).

Jen.

Non

sapreiinqual

modo

confessargli,e...

ese non

me

neoffre egli

medesimo

l'oc-casione...eccolo... io tremo.

ATTO SECONDO

53

SCENA

IX.

Desrosierse dello.

Desro. Madamigella.

o di ringraziarvi... siete

-Ilvostrosignorfratello mi ha incoraggiatoa chiedervi ilfavore d’essere

ammesso.

Jen. Poiché

mio

fratellolo desidera...(Mi sembra

un

galantuomo; credo chefarò be-nissimo a seguire ilconsiglio diGiorgiua.) Desro.(È bella,anche eccettuati i cinque-centomila frauchi.)Madamigella, posso ascri-vere amia

somma

fortuna...Vostrofratello non vi ha detto?...

non

vi hafattocapire?

Jen.Signor*si,soqualisonolevostre

indu-zioni ele vostre speranze.

Desro.Sareibeu contento, o signora, se la concessionedelfratellofosseuu dolce pre-ludio aquella dellasorella.

Jen.

Mi

fu detto che siete un

uomo

gene-roso.

Desro. Vi sietedegnata d’informarvi?...

Jen.

Che

nutritedeisentimentidistinti, pro-pri diun’anima nobile,elevata...

Desro.(Quali elogi.)Io

non

ineritopunto...

si, forseledoti dell’animo...

uu

cuur sin-cero...

Jen.Ebbene! permettetemi uua

domanda

re-Jcn.Siguore,

ho

moli

troppo gentile.

Desro. Naturalmente.

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54

1 TfiE QUARTIERI DIPARIGI lativa aquesta generosità di cui

mi

fa fattol’elogio:

non

è poi

un

gransagrifizio quello chevi chiederò, essendo cosa

im-possibileche voi mi amiate.

Desro. Madamigella, rendetemigiustizia...

un

vostrosguardo habastalo perfar ardere

il

mio

cuore.

Jen.

A

pattele frasiromanzesche: senza

cono-scermivi sietedirettoa

mio

fratello».,

non

intendogiàrimproverarvi,no,perchè

que-stoè iu regola.

La

persona che si

deve

sposare è

sempre

Fultimaa consultarsi.Di più, voisiete ricco; losono anch'io: fin quisiamod'accordo. Ditemi, osignore, le ricchezze bastano forseper formare un.

imeneo

felice?

Desro

.

Pensate a tuttigli altri rapporti

che

'fra noi esistono.

Jen.Quali rapporti? Io

non

nevedo alcuno.

Desro.

Ed

io ne vedo mollissimi.

Ah,

ma-damigella,quantosarei felice con voi!

Jen.Voi,

può

darsi!

Ma

io?...(E

non

in’in-tende.)Se invocassilavostra delicatezza?...

- seio vidicessi...che il

mio

cuoreègià...

Desro. Possibile!

(Anche

lei!., la sorte

mi

perseguita.) Madamigella,qualicolpo avete recatoal

mio

cuore?

Ma

no...no... capi-scoche questa è una prova che volete faredi me.

(Non

voglio

abbandonare

la Cimasse d'Aulin

come

la stradasan

Dio-uigi.)

f

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r ATTO SECONDO

55 SCENA X.

Martigny edetti.

Jen.Vi ripeto,o signore...

Desro.Perdonateallamia indiscretezza se invostraassenza

ho

parlalo amadamigella delnostro progetto.

Mart. Sietenudato perlecorte:

non

importa.

Desro.Ella

mi

harispostocon

una

certa so-stenutezza...

Jen.(Mi

sembra

d’avergliparlato anzi

con

molta franchezza.)

Mart.

Un momento.

Giacchélevostre pre-tesealla

mano

di miasorellasonopalesi, mi permetterete che anelilo vi

domandi

qualche schiarimentosulvostrocontoesu quellodellavostra famiglia. Io

non

ap-» prezzo molto lacombinazionedella nasci-ta,

ma

frattanto...

Desro.

La

vostra

domanda

m’incoraggisce, ed

appago

all’istante le vostregiuste bra-me.

Mia madre

apparteneva alla chiaris-sima famiglia d’

Apremont.

Inseguito a disgraziepubbliche imieiparenti si tro-varonodispersi: figlio unico, senza beni difortuna, ho trovatola risorsa ne’miei lavori enelle mie solespeculazioni.

Ho

una cugina vedovadi

un

magistrato; somo nipote del signor Dorneville, ricchissimo

,fabbricatore di stoffein Lioqe.

.

56

ITRE QUARTIERI DIPARIGI Mari. Il signor Dorueville diLione?

Desto.

Un uomo

moltostimato, e

mio

zio.

Muri.

L’ho

conosciuto moltissimo:era

venuto

a stabilirsiin questacapitale,

ma

disgra-ziatamentesono

due

mesich’egli

nou

è più.

Desro.

E

morto!

Mio

ziol

Appena sono

sbar-cato ali’Avre,

mi

sono fatto

un dovere

di scrivergli:

mi

lagnava per

non avere

avuta

mai una

risposta,

ma

era

ben

lungi dal prevedere...

Mari. Assai

mi

spiace diavervi dato

una

così infausta notizia all'improvviso.

Desro.

Mio povero

ziol suo figlio, il

mio

carocugino Carlo, fa

una

bellissima ere-dità: eglisarà

padrone

diuu’itnmensa for-tuna.

Mari. Egliha lasciato dietrodi sèun’

im-mensa

fortuna,

ma

ilsuopoverofiglio

sono due

anni che

un

duelloloha privatodi vita.

Desto.

Oh

Cielo!sono morti tutti i miei parenti!

Jen.

Pover uomo! mi

fa compassione.

Mari. La

vostrasituazione è penosissima.

Desro. Ditemi...

mio

cugino

non aveva nè

fratelli,nè sorelle;

imo

zio

non

aveva al-trinipoti

che me.

Mari. Per conseguenza siete voil’erede di tutte le suefacoltà.

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