• Non ci sono risultati.

4.0 Riprese

4.2.3.3 Jung

La seconda ampia e ultima parte parte del capitolo è dedicata interamente a Carl Gustav Jung (1875-1961), allievo poi separatosi da Freud, e capofila della psicologia analitica. Alla sezione pubblicata nel numero di febbraio 1952 di

Merkur, è seguita a maggio una replica dello psicanalista svizzero ed una

controreplica di B. La polemica tra i due è piuttosto nota e si snoda su alcuni punti fondamentali che si vogliono qui richiamare sinteticamente. Alla base di tutto sussiste la questione fondamentale su cosa voglia e possa dire, e di fatto dica, Jung sulla religione. Le sue ricerche infatti si sono spesso notoriamente dedicate a questioni religiose, o come le definisce B «pseudoreligiös» in quanto «non testimoniano di un rapporto personale ed essenziale con un assoluto “di fronte”» («weil sie nicht eine persönliche Wesensbeziehung zu einem als unbedingtes “Gegenüber”»). Ma non è un certo tasso di sovrapposizione inevitabile tra i due ambiti di ricerca a disturbare – si fa l’esempio della difficile distinzione nella sociologia weberiana tra il «Charisma» mosaico ed hitleriano ‒ quanto la constatazione che lo psichiatra svizzero «abbia spesso varcato con libertà sovrana i confini della psicologia nei punti essenziali» («die Grenzen der Psychologie in

den wesentlichen Punkten mit souveräner Freheit [...] überschreitet»), per di più

con scarsa consapevolezza o almeno senza fornire sufficienti giustificazioni teoretiche. Dapprima B registra passaggi di esemplare correttezza junghiana nel mantenersi al di qua di tale confine240, improntate al riconoscimento della difficile identificazione del proprium religioso e alla limitatezza umana di fronte a quella dimensione (G, 94ss; ED, 83s). Ma poco dopo si imbatte in una definizione della religione stessa che esula dal rapporto Io-Tu così come compresa e vissuta in ogni epoca, anche da i più fusionali tra i mistici:

240

In nota B cita (come sempre parco di dettagli) Psychologie und Religion, Vorlesungen von 1937, p. 133 (con riferimento all’edizione originale inglese del 1938 e tedesca del 1942). Ricorrendo all’edizione italiana delle opere complete di Jung si rintracciano dati più completi: lezioni presentate a Yale come XV serie delle Terry Lectures e pubblicate in tedesco già nel 1940 ampliate dall’autore stesso (JPR, 14). Curiosamente la polemica ha per entrambi l’università del Massachussetts come camera d’incubazione. Inoltre è citato Wilhelm-Jung, Das Geheimnis der

goldenen Blüte (Il mistero del fiore blu) nell’edizione del 1929, p. 73. Si tratta più precisamente di

un’opera tradizionale, come recita il sottotitolo Ein chinesisches Lebensbuch, traduzione dal cinese di Richard Wilhelm e commento ‘europeo’ di Jung nell’edizione zurighese del 1957 (JPR, 634).

130

eine lebendige Beziehung zu den seelischen Vorgängen, die nicht vom Bewußtsein abhängen, sondern jenseits davon im Dunkel des seelischen Hintergrundes sich ereignen (G, 96)241

Definizione che non accetta «limitazione» («Einschränkung») reclama B, perché requisisce alla dinamica intrapsichica la religione eccetto una parvenza di indipendenza. Merita dunque approfondire la concezione che Jung ha di Dio stesso ed ecco una definizione assai problematica: «contenuto psichico autonomo [...] non è reale, perché non interviene mai nella nostra vita» («autonomen,

psychischen Inhalt [...] nicht wirklich, denn dann greift er nirgends in unserer Leben ein»)242. Dove contenuto è inteso strettamente non come «essere o essenza» («Sein oder Wesen»).

Poi altre considerazioni al limite dell’ineffabile, che B non ritiene «anche lontanamente comprensibile» («etwas auch nur halbwegs Faßliches zu denken»): uomo come «funzione psicologica di Dio» («eine psychologische Funktion

Gottes») e viceversa, ribadendo poco oltre riguardo a Dio, «per la nostra

psicologia una funzione dell’inconscio» («für unsere Psychologie eine Funktion

des Unbewußten»)243. Ciò che il credente percepisce come divino ha invece origine inconscia e non regge, secondo B e plausibilmente, l’autoaccostamento junghiano al «concetto limite unicamente negativo» («lediglich negativen

Grenzbegriff») kantiano, in quanto la non conoscibilità per categorie del noumeno

non coincide con la non-essenza reale e con la marginalizzazione nell’interiorità (inconscia) del soggetto percepiente. Lo psichiatra svizzero affermando la non- esistenza di Dio «in modo assoluto» («nicht ,absolut’»), indipendentemente dal soggetto, sconfina apertamente nella metafisica oltre le sue oneste intenzioni fondate sulla scienza e la clinica (G, 97s; ED, 84ss). In qualche modo egli va anche oltre.

Citando il suo commento244 al Libro tibetano dei morti, B riporta infatti che «le affermazioni metafisiche sono asserzioni dell’anima e perciò sono psicologiche» («Metaphysische Behauptungen sind Aussagen der Seele, und darum sind sie

241 «[la religione è] una relazione viva con i processi psichici che non dipendono dalla coscienza,

ma che si svolgono al di là di essa, nell’oscurità del profondo psichico» (ED, 84). B cita in nota: Jung-Kerény, Einführung in das Wesen der Mythologie del 1941, p. 109. I edizione italiana (dalla quarta zurighese del 1951): Karl Kerény & Carl Gustav Jung, Prolegomeni allo studio scientifico

della mitologia, Universale Scientifica Boringhieri n. 64, Torino, 1972 (JPR, 627).

242 Buber in nota cita: Die Beziehung zwischen dem Ich und dem Unbewussten, 1928, p. 205. 243 Qui B cita in nota Psychologische Typen (dalla princeps del 1921), p. 340s.

244

Si cita in nota: [Walter Yeeling] Evans-Wentz, Das tibetanische Totenbuch (1936), p. 18. L’edizione inglese risale al 1927 e la traduzione tedesca al 1935, cui Jung offre il suo commento. L’edizione italiana del commento nelle Opere segue la quinta zurighese del 1953 e la terza inglese del 1957, ovvero gli anni della polemica in esame (JPR, 490).

131

psychologisch»). E considerando dunque non la loro realtà espressa ma l’origine

psichica si ottiene la cancellazione di fatto della metafisica e la sua sostituzione con la psicologia245. Concedere all’anima una «innata forza creativa divina» («eingeborene göttliche Schöpferkraft»), trasposizione per B dell’attività trascendentale dell’Io fichtiano sulla singola persona psichica, è eccessivo persino se riferito al cosiddetto «inconscio collettivo» («das kollektive Unbewußte»), uno dei concetti più originali del pensiero junghiano. Soltanto «il rapporto reale immediato con una verità da lei esprimentesi» («[das] verbindlichen

Realverhältnis zu einer von ihr auszusprechenden Wahreit») può generare

«asserzioni» («Aussagen») siano esse metafisiche o meno, in quanto la vita essenziale dell’anima – escluse tanto la forma della monade leibniziana e della relativa armonia prestabilita, quanto l’ipostatizzazione trascendente dell’anima collettiva ‒ consiste di incontri con altre realtà. Invece Jung la carica di aspettative secolari di rinnovamento246, facendola araldo del superamento della fede e delle religioni e unica depositaria dei resti del divino nella modernità, ed eliminando una volta per tutte «il Dio creduto» («geglaubten Gott») che si comunica pur restando trascendente. Dalla kantiana religione nei limiti della (retta) ragione si inaugura dunque «la religione della pura immanenza psichica» («die Religion der

reinen psychischen Immanenz»).

Giustamente B riconosce a Jung dedizione e profondità superiori a Freud nella ricerca in ambito religioso, però deve fare alcuni distinguo rispetto alla posizione del primo quando afferma, seguendo gli scritti di alcuni mistici, che «il soggetto dell’esperienza religiosa, l’anima, non sperimenta altro che se stessa» («der

religiös Erlebende, die Seele, erlebe schlechtin sich selber»). Il primo riguarda il

soggetto, in quanto i mistici contemplavano in quella ristretta cerchia soltanto coloro che, risolte le pastoie e le contraddizioni «dell’ingranaggio terreno» («vom

irdischen Getriebe») e creaturale (inteso come contradditorio) erano libere di

«lasciar agire in sé il divino» («das [...] Göttliche [...] in ihr wirken zu lassen»). Il secondo distinguo concerne l’oggetto, in quanto l’esperienza mistica contemplava «l’unità e l’unione dell’anima con il Dio esistente in sé» («die Einheit und das

Einswerden der Seele mit dem in sich wesenden Gott») sempre rigenerantesi

nell’anima stessa. Un ulteriore fondamentale concetto junghiano viene chiamato in causa da B nel confronto delle rispettive concezioni dell’esperienza religiosa, il Sé. Ancora una volta è possibile una schematizzazione efficace:

245 A questo proposito B cita in nota dalla Psychologie und Alchemie (1944), p. 28.

246 B cita in nota Seelenprobleme der Gegenwart (1931), p. 417. Sempre per i tipi di Rascher,

132

soggetto contesto processo fine

coscienza contraddizioni terrene individuazione Sé

mistico contraddizioni terrene azione divina interiore unione col divino in sé Nella lettura buberiana del volgersi della «coscienza moderna [...] verso l’anima» («moderne Bewußtein [...] sich der Seele zu») secondo il corrispondente, tale neomisticismo è di carattere gnostico. Per sostenerlo B prende a riprova alcuni testi junghiani, di cui uno giovanile quasi introvabile247, su cui poi impiantare la valutazione «della dottrina della individuazione e del Sé» («der

Lehre von der Individuation und vom Selbst»). La considerazione «di un eminente

Dio gnostico» («zu einem eminent gnostichen Gotte») in cui bene e male sussistono in vicendevole equilibrio, identifica una nuova coincidentia

oppositorum che «pervade da allora l’opera di Jung» («geht seither durch Jungs Gedankenwerk») con esiti (afflati) linguistici di tenore talora religioso (G, 99-105;

ED, 86-90). Esemplificazione di questa teoria Jung la trova nello studio sui mandala, creazioni artistiche policrome rinvenibili sia nelle religioni orientali (soprattutto) che nel medioevo cristiano come nei disegni di alcuni pazienti psichiatrici. Il centro estetico dell’opera è costituito da «simboli unificatori» («vereinegende Symbole») sorti dall’inconscio collettivo in rappresentazione della

concordia oppositorum. Tuttavia in alcuni mandala, senza distinzione d’epoca, al

centro manca una rappresentazione della divinità, apparentemente «occupato dalla totalità dell’uomo» («durch die Ganzheit des Menschen eingenommen»)248

. Se tuttavia per B non è corretto intendere la completa sostituzione della divinità da parte di queste immagini inconsce, si può certamente sostenere che la divinità ha smesso di sostituire il Sé umano. Il quale, pur senza passare per un processo di divinizzazione, cessa di proiettarsi nella divinità fuori di sé249. Così l’uomo contemporaneo può marginalizzare Dio e «l’inconoscibile» («den

Unkenntlichen») senza rinnegarli, basta «non trovarsi più in alcun rapporto di fede

con lui» («in keiner Glaubensbeziehung mehr zu ihm zu stehen»). Almeno nella prospettiva di lungo periodo, perché l’uomo – B sta citando uno scritto junghiano del 1928 ‒ in maggioranza è ancora lungi da questo stadio (G, 105s; ED, 90ss).

Come auctoritas si ricorre a san Paolo («paulinische Überwindung») quando afferma che l’anima è da porsi «al posto della coscienza» («an Stelle des

247 Jung ne dà notizia nella replica a B più volte citata sul Merkur del 22 febbraio 1952 col disagio

(e il sarcasmo) di chi si sente costretto ad un episodio ormai lontano, nella fattispecie una poesia pseudonima inviata ad alcuni conoscenti, «una mia colpa giovanile» (JPR, 462s). Vi si tornerà.

248 Qui B cita in nota Psychologie und Religion, p. 145-149.

249 B ritiene che in alcuni passi in realtà si tratti di vera e intenzionale divinizzazione; in nota

133

Gewissens»), cioè al posto della sede del giudizio morale secondo e al di là di

ogni tradizione etica di origine divina o socio-antropologica250. Oltre a questo Jung vi pone l’eco della destinazione, che definisce con un’espressione apprezzata da B: «chi ha una destinazione ode la voce dell’interiorità» («Wer Bestimmung

hat, hört die Stimme des Innern»)251. Ma lo psichiatra svizzero intende con questo anche l’accoglimento di un «male apparente» («anscheinend Böse») cui cedere temporaneamente e «in parte» («zum Teil») per permettere la reazione di «risanamento e rinnovamento» («Erneurung und Heilung»). Mentre B intende il destino come richiamo diretto ad una vocazione che riguarda ognuno sebbene sia evitata efficacemente. Per approfondire la sostituzione della coscienza come istanza del discernimento originario con l’anima junghiana, il Nostro ne ribadisce la matrice gnostica, cioè la caratteristica compenetrazione e risoluzione interna degli opposti nelle svariate forme di «pacificazione [...] accordo [...] riequilibrio [Schnabel: equilibramento]» («Schlichtung [...] Wahrung [...] Ausbalancierung»). Questa dinamica delle polarità implica una «funzione positiva del male» («positive Funktion des Bösen») di cui l’anima procede alla «integrazione» («Integration»)252. Di nuovo con espressioni che richiamano (anche) la teologia paolina, si parla di «nascita dell’uomo pneumatico» («die Geburt des

pneumatischen Menschen»)253 attraverso la liberazione delle passioni materiali, che si può ottenere però con «l’adempimento senzato delle esigenze istintive» («sinvolle Erfüllung der instinktiven Forderungen»). B rimarca come queste siano posizioni gnostiche non taostiche come Jung sosterrebbe (G, 106ss; ED,92s)254.

A questo punto B si sofferma su un concetto che caro da mezzo secolo, quello di individuazione, «processo di sviluppo proprio alla psiche» («der Psyche

eigentümliche Entwicklungsprozeß») che conduce ad una «nuova forma integrale»

(«neun ganzheitlichen Gestalt»), integrando Io e mondo nel Sé. L’altro pare a servizio del Sé nella modalità di un Esso e nel processo di individuazione viene erosa la sua alterità, fino a comprometterne la possibilità di relazione autentica

250 B cita di seguito ancora Beziehungen, pp. 204s. 251

B cita in nota la conferenza Vom Werden der Persönlichkeit (1932) raccolta in Wirklichkeit der

Seele (1934).

252 B cita in nota Symbolik des Geistes (1948), p. 385. 253

B cita in nota Gehemnis, p. 62.

254

B cita in nota Psychologie und Religion, pp. 139ss. Mentre la preminenza del pneumatico sulla carnalità è certamente assunto della teologia paolina autentica (cfr. Rm 7s), la liberazione dagli istinti mediante il loro soddisfacimento vi è naturalmente estranea. Nella gnosi è effettivamente assai diffusa e B, ribadendolo nella controreplica del maggio 1952 su Merkur (G, 162; ED, 131), ne critica ‘la divinizzazione’ in psicoterapia, richiamando l’eresia carpocraziana (cfr. Ireneo,

Adversus haereses I, 25). La celebre massima di Oscar Wilde (1854-1900) si trova nella commedia Lady Windermere's Fan (1892) e (in forma negativa) nel romanzo The picture of Dorian Gray

134

come Tu. Questo riconoscimento testimonia di un movimento dall’anima come microcosmo in sé conchiuso – primato dell’individuazione ‒ all’anima aperta «alla» («zur») realtà cui «si adegua» («sich fügt»). Jung rinviene in Meister Eckhart il concetto del Sé imparentato all’anima cui vuole dare spazio nella propria teoria psicanalitica, ma B come noto ha studiato a lungo il mistico renano e ne individua facilmente la differenza sostanziale. Per il domenicano tedesco l’anima è con certezza «simile a Dio nella libertà» («zwar Gott an Freheit

gleiche») ma a differenza di Dio è creatura («erschaffen»)255.

L’inquietudine suscitata dalle posizioni junghiane si riconosce anche dall’insistenza buberiana ricorsiva su alcuni aspetti, tra cui l’integrazione del male256, di cui passa ora ad evidenziare le differenti connotazioni del pensiero del corrispondente e quello cristiano. Nel primo il processo di individuazione completa il Sé archetipico, nel simbolismo cristiano restano separati tra Cristo e anticristo, tra «aspetti chiari e scuri» («seinen hellen und seinen Aspekt»), che nel Sé si fondono. La «pura totalità [...] indistinguibile da un’immagine di Dio» («reine Totalität [...] unenterscheidbar von einem Gottesbild») si configura a tutti gli effetti come «incarnazione di Dio» («Inkarnation Gottes»), tipicamente androgina257, paragonabile alla divinità gnostica dell’iranico Zervân, generatore del Dio della luce e dell’avversario Dio dell’oscurità258

. Su questa base («Grundanschauung») Jung si inoltra nell’interpretazione del Dio ebraico- cristiano, dapprima ridotto a «demiurgo mezzo-satanico» («halbsatanischen

Demiurgen») poi sacrificato ritualmente – leggi: crocefissione di Cristo ‒ per

redimere «la malriuscita creazione del mondo» («der mißglückten Weltschöpfung»)259. Satana poi, da mero strumento della realizzazione umana sotto forma di ultimo utile ostacolo, entra a far parte della nuova «Quaternità» («Quaternität»)260. Ma per lo psichiatra svizzero si tratta sempre di proiezioni psicologiche senza consistenza metafisica261, prodotti originariamente dal Sé e «smascherati come espressioni di una gnosi celata» («als heimliche Gnosis

255 B riporta in nota una citazione di alcune righe in altotedesco dalle Deutschen Predigten

(edizione Quint, pp. 13s).

256 Si ricordi (sub 4.0) che proprio al 1952 risale la pubblicazione del libretto Bilder von Gut und

Böse (S, 584ss).

257

B cita Symbolik, p. 410.

258

B registra che il riferimento a questa antica divinità iranica manca nelle pagine junghiane sulla storia delle religioni.

259 B cita in nota Das Wandlung in der Messe (Eranos-Jahrbuch, 1940-1941), pp. 153s. Nel corpo

del testo B rileva che le parole citate non si troverebbero in realtà negli scritti gnostici. Cfr. Spagnolo, 59-64.

260 B cita in nota quattro testi: Symbolik, p. 439; cfr. Religion, p. 108; Zur Psychologie der

Trinitätsidee (Eranos-Jahrbuch, 1940-1941), pp. 51ss; Alchemie, p. 212.

135

entlarvt werden»). L’anima junghiana, altrove imago Dei in homine, conterrebbe

una corrispondenza all’essenza di Dio con cui però B non coglie l’analogia, tanto che ormai viene innalzato «sul trono del mondo» («Thron der Welt») come nuova «incarnazione» («Inkarnation») capace di realizzare «l’unione nuziale tra il bene e il male» («die hochzeitliche Vereinigung von Gut und Böse»). L’esplicita dichiarazione in questo senso, cioè quello che ci si può aspettare una volta afermatasi la fine dell’idea di Dio come proiezione di un’entita autonoma di fronte alla preminenza dell’anima inconscia, si rinviene ancora in uno dei testi più citati da B: «das Unbewußte Seele schafft die Idee eines deifizierten oder göttlichen

Menschen» («l’anima inconscia crea l’idea di un uomo deificato o divino»)262. L’esito per B prevedibile di questo cambio di paradigma epocale è riassumibile nella diagnosi, radicalmente non condivisa da chi ne sarebbe il ‘profeta’: «La psicologia religiosa di Jung va intesa come l’annunciazione di questo Dio che viene» («Jungs Religionspsychologie ist als die Ankündigung dieses Gottes als

des Kommenden zu verstehen»).

Il capitolo si chiude con una lunga citazione dai Segnavia di Heidegger sulla non sostituibilità di Dio ma pur sempre sull’occupazione da parte del superuomo nietzscheano di un livello comunque altro. Per B si tratta di una congiuntura- prospettiva che l’uomo contemporaneo sinora ha trascurato e che evidententemente lo turba, quanto la sentenza di Nietzsche (G, 114; ED, 97s):

Die Stelle, die, metaphysisch gedacht, Gott eignet […] der Ort der verursachenden Bewirkung und Erhaltung des Seienden als eines Geshaffenen […] kann sich ein anderer, das heißt metaphysisch entsprechender Ort auftun, der weder mit dem Wesensbereich Gottes noch mit demjenigen des Menschen identisch ist, zu dem aber widerum der Mensch in eine ausgezeichnete Beziehung gelangt (G, 114)263

In appendice a G viene ormai regolarmente posta la controreplica di B a Jung scritta nel maggio 1952 su Merkur. La controargomentazione buberiana mira a riprendere citazioni dirette dell’avversario sull’inseparabilità di Dio dall’uomo per evidenziarne le indebite conclusioni metafisiche, ovvero l’insussistenza del divino fuori dai processi intrapsichici o dell’inconsio collettivo. La replica dello svizzero

262 B cita in nota Psychologie und Religion, p. 165. 263

«Quel posto che nell’ordine della metafisica appartiene a Dio [...] il luogo dell’efficienza causale o della conservazione dell’ente in quanto ente creato [...] può aprirsi un altro posto, metafisicamente corrispondente, che non è identico né alla regione dell’essenza divina né all’essenza dell’uomo, col quale però l’uomo intrattiene una particolare relazione» (ED, 97). B cita in nota Holzwege, p. 235 (la citazione è qui ridotta rispetto a G). Quindi consiglia il raffronto con la posizione quasi contraria di Jung nel contesto in cui è posta: «L’interregno è tutto un pericolo [Schnabel: pieno di pericoli]» («Das Interregnum ist voll Gefahr») da Psychologie und Religion, p. 158. Dal nucleo originale dello scritto alla versione di G sono intercorsi gli eventi tragici della dittatura nazista.

136

(JPR, 461-468) insisteva sulla natura clinica delle sue osservazioni, spogliandole della natura gnostica (e di altre derivazioni religiose) che B gli ha sempre imputato. Da subito Jung tiene in particolare a relativizzare quella giovanile poesia effettivamente così ispirata, circolata a sua insaputa dopo anni, cui ora si vede inchiodato quasi come «in un processo per eresia» (JPR, 461s)264. Contemporaneamente registra ironicamente di essere stato considerato agnostico in un altro contesto teologico265. La sua forza starebbe nel partire dai nudi fatti, cercando una soluzione a problemi che evidentemente la teologia non garantisce266.

Entrambi però sembrano fare almeno un poco il pesce in barile arroccandosi nel perimetro delle loro convinzioni senza ostentare B lo sforzo malcelato di stanare l’ateismo effettivo, o quantomeno il desiderio di concludere la metafisica tradizionale da parte di Jung, e costui mascherandolo dietro la pratica clinica per inaugurare una nuova metafisica gnostica dell’anima psicologizzata. Al di là di una sostanziale plausibilità complessiva della lettura buberiana di questi pensatori, considerando però la selettività del materiale heideggeriano e la sottovalutazione delle posizioni esistenziali di Sartre (Perfetti, 413) – due pensatori che per diversi aspetti lo preoccupano meno ‒ resta l’(affettata?) incomprensione reciproca con Jung267, considerato l’avversario più pericoloso perché mette il religioso di fronte al riduzionismo più insidioso, il candidato naturale a sostituirlo con la nuova gnosi ‘ufficiale’ (e commerciale), la psicologia.

264 Si tratta dell’opera scritta attorno al 1917 Septem Sermones ad Mortuos, attribuita nel

sottotitolo a Basilide di Alessandria (la città dove oriente e occidente si toccano). Per questa ed altre reminescenze gnostiche si veda Riccardo Bernardini, Jung a Eranos. Il progetto della

psicologia complessa, Franco Angeli, Milano, 2011 pp. 185s.

265 Jung parla della «rivista del conte Keyserling». 266

La battaglia culturale «against the popular reduction of God to a psychologicum» si è negli anni estesa oltre la querelle con Jung (Replies to my critics in PMB, 715).

267 A difesa di Jung si considerino le perplessità circa alcune considerazione sulla gnosi in B

espressi dallo studioso, corrispondente ed amico Hugo Bergmann ancora nel 1965 (Martin Buber

and Mysticism in PMB, 306ss). In Die Beziehungen der Psychotherapie zur Seelsorge, relazione

tenuta nel maggio 1932 alla Conferenza pastorale alsaziana, si legge: «Fra tutti questi pazienti al di sopra della mezza età [...] tutti si ammalano perché hanno perduto ciò che le religioni vive di tutti i tempi hanno dato ai loro fedeli; e nessuno guarisce se non riesce a raggiungere un atteggiamento religioso [...] Sarebbe più che ora che il direttore spirituale e lo psicoterapeuta si dessera la mano per assolvere a questo compito gigantesco» (JPR, 317). Del resto la polemica tra i due, con la complicità di terzi personalmente o accademicamente interessati, si estende sulle medesime linee d’incomprensione almeno sino al 1960 (S, 591).

137

Excursus: “Confessioni estatiche” come tappa del percorso

B arriva a questa antologia con la profonda conoscenza della filosofia rinascimentale e della mistica cristiana cattolica e protestante dovuta alla preparazione della tesi di laurea del 1903-1904 (S, 123). Il Nostro è consapevole dello stretto legame del Chassidismo con il pietismo tedesco, come con altri movimenti mistici di tutti i tempi e di tutti i paesi e nell’introduzione affronta le

Documenti correlati