• Non ci sono risultati.

Contro ogni riduzionismo. Martin Buber e la difesa della religione

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Contro ogni riduzionismo. Martin Buber e la difesa della religione"

Copied!
155
0
0

Testo completo

(1)

1

U

NIVERSITÀ DI

P

ISA

Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere

Corso di laurea magistrale in

Filosofia e Forme del Sapere

TESI DI LAUREA

Contro ogni riduzionismo.

Martin Buber e la difesa della religione

Relatore:

Prof. Stefano PERFETTI

Candidato:

Pier Paolo Pavarotti

(2)

2

to fr. Athasius Macora ofm, Terra Sancta College (2007-2013),

mild herald of western freedom among the jerusalemitan parodoxes

(3)

3

Introduzione 5

Abbreviazioni 7

CAPITOLO I 1.0 Un testimone eccezionale tra due mondi: vita multiforme di Martin Buber 10

1.1 Infanzia e giovinezza 11

1.2 Maturità e impegno religioso 18

1.3 Tra ‘Oleh hadash’ e ‘larger than life’ 29

CAPITOLO II 2.0 Fondamenti filosofici: mistica ed episteme 46

2.1 Due passaggi non solo intellettuali: una laurea e un’amicizia 46

2.1.1 Doktor Buber 47

2.1.2 Una lunga amicizia: Bachelard epistemologo atipico 51

2.2 Nicola Cusano e Jacob Böhme: tesi lungimirante del giovane B 53

2.3 Per un realismo conoscitivo umanistico: epistemologia buberiana 57

2.3.1 Friedman 58

2.3.2 Lévinas 63

CAPITOLO III 3.0 Lezioni francofortesi: incipit di un percorso 71

3.1 Il contesto storico: il contraddittorio esordio di Weimar 71

3.2 Buber e Rosenzweig: una corrispondenza chiarificatrice (1919-1922) 73

3.3 Tre lezioni contro la funzionalizzazione della religione 83

I) 86

II) 92

III) 98

(4)

4

CAPITOLO IV

4.0 Riprese 108

4.1 “Per una storia del pensiero dialogico” 110

4.2 “Eclissi di Dio” 113 4.2.1 “Religione e realtà 115 4.2.1.1 Spinoza 115 4.2.1.2 Kant e Hegel 116 4.2.1.3 Bergson e Heidegger 118 4.2.2 “Religione e filosofia” 120

4.2.3 “Religione e pensiero moderno” 125

4.2.3.1 Sartre 125

4.2.3.2 Heidegger 128

4.2.3.3 Jung 132

Excursus: “Confessioni estatiche” come tappa del percorso 137

Conclusione 140

Appendice: frammenti estatici 144

Bibliografia 147

(5)

5

Introduzione

La figura di Martin Buber ha riscosso sempre una notevole fortuna, dovuta alla ricchezza dei suoi scritti, alla rete impressionante di relazioni intrattenute e contatti stabiliti con innumerevoli personalità tra fine Ottocento e seconda metà del Novecento in ogni contesto sociale e alle più diverse latitudini. Anche il panorama accademico italiano, dopo la stagione delle prime traduzioni, è andato sempre più arricchendo la produzione critica1. La decisione di inserirsi nel solco di coloro che apprezzano questa figura in ambito universitario non ha quindi bisogno di giustificazioni generali. Naturalmente una tesi di laurea deve provvedere motivazioni intellettuali specifiche, che si potranno leggere soprattutto nelle sottosezioni introduttive alle singole parti, e rendere ragione delle scelte e della impostazione specifica di chi la sostiene. In particolare si è voluta studiare la difesa e la valorizzazione del proprium religioso (das Religiöse) rispetto a tutti i possibili riduzionismi che le discipline umanistiche (già da prima) e le scienze sociali hanno più o meno consapevolmente tentato dagli ultimi decenni dell’Ottocento in avanti. Una sequela che peraltro non accenna a svanire – considerando anche l’entità dei conflitti religiosi tuttora in corso nel panorama internazionale ‒ nonostante la buona salute mostrata sinora dai principi religiosi, già più volte pronosticati di scomparsa.

Quanto alla struttura, questo elaborato è diviso in quattro capitoli e suddiviso in paragrafi, comprese le sezioni introduttive e conclusive. Innanzitutto un profilo biografico-intellettuale decisamente ampio, data la peculiarità e ricchezza della vicenda umana del pensatore ebreo. Tra le sottolineature biografiche più sviluppate vi figurano infanzia, studi universitari, primo impegno sionistico ed esilio-emigrazione in Israele. Il primo ha interessato per le durevoli impressioni circostanziate lasciate nel piccolo Martin durante tutta la vita. Impressioni tali inaugurare un continuum con la sua esistenza successiva in campo intellettuale e relazionale. Il primo impegno sionistico ha rappresentato per il giovane Buber studente il vero e proprio apprendistato culturale (attivo e remunerato), più che gli studi universitari in sé, i quali lo hanno per sua stessa ammissione aperto al mondo dopo un’infanzia agiata ma protetta nel mondo ebraico orientale. La fuga-emigrazione in Palestina è stata una grande prova umana alla soglia dei sessant’anni, di fronte alla catastrofe bellica e alla Shoa, in cui verificare anche sul

1 Francesco Ferrari, Martin Buber in Italien - ein bibliographischer Überblick, in Judaica 68/4

(2012), pp. 388-399; Silvano Zucal, Prefazione a PR, XI (per le abbreviazioni si veda infra, alle pp. 8s.

(6)

6

campo delle relazioni con la comunità araba gli ideali comunitari professati durante la militanza (CR, 8). Nel complesso però la tarda attività sionista, già diradata da Buber stesso, e l’ultima parte della biografia sono state notevolmente sintetizzate rispetto all’infanzia-giovinezza e prima maturità, in quanto ritenuta meno stimolante per il tema centrale prescelto per la tesi e a rischio di una inevitabile quanto indesiderata facile celebrazione.

Tra le sottolineature intellettuali vanno menzionati senz’altro i primi approcci alla filosofia, gli studi chassidici, la mistica. Nei suoi studi ha sposato inizialmente la linea umanistico-relazionale Jacobi - Kierkegaard - Feuerbach, subendo la notevole influenza di Nietzsche, temperata da quel Kant recentemente riscoperto nel mondo ebraico, della Lebensphilosophie e del primato della Erlebnis. Tra i maestri che più hanno inciso sulla sua formazione vanno annoverati Dilthey e Simmel: sono nomi sempre ricorrenti2. Un discreto spazio è stato dedicato agli interessi mistici e chassidici di una vita (con ripresa nel finale) e alla polemica con un altro grande studioso, (Gerard) Gershom Scholem, peraltro amico e collega negli anni.

Lo studio della mistica cristiana è stato avviato già prima della tesi di laurea sul

principium individuationis in Böhme e Cusano, cui è dedicato uno spazio

specifico nel secondo capitolo anche in virtù della recente edizione critica bilingue. Si è considerato questo scritto come prodromico alla successiva produzione per un ricco convergere di spunti. Segue la trattazione (indiretta) dell’epistemologia buberiana, un ambito fondativo interessante quanto trascurato dagli studi critici più diffusi. In mancanza di un’opera dell’autore sull’argomento si è ricorsi agli studi classici di due autorevoli corrispondenti del filosofo viennese. Ciò ha permesso di schizzare alcune linee della Wirkungsgeschichte buberiana e di riprendere in maniera trasversale la sua produzione dialogica3.

Nel terzo capitolo si è entrati nel cuore dell’argomento prescelto, la difesa della religiosità dai riduzionismi antichi e nuovi, volgendo prima l’attenzione alla corrispondenza col sodale e filosofo Franz Rosenzweig, poi analizzando le prime tre lezioni dettate allo Judische Lehrhaus di Francoforte nell’inverno 1922 e contenute in Religion als Gegenwart (Religione come presenza) che da quello scambio epistolare traggono motivo d’esistenza e linfa intellettuale. Questa

2 Si legga il discorso in occasione del conferimento del premio Erasmo in Olanda nel luglio 1963,

Un umanesimo della fede su «Neue Sammlung», novembre-dicembre 1963 (Kajon, 213).

3

In Italia si segnala un antesignano intervento di padre Ernesto Buonaiuti su «Il Secolo di Roma» il 10 gennaio 1924. Poi due interventi in campo giudaico con Gian Luigi Luzzato su «La Voce Repubblicana» il 24 settembre 1926 e Dante Lattes su La Parola nell’ottobre dello stesso anno Poi nulla fino al 1961.

(7)

7

attività presso l’istituto francofortese coincide con la composizione di Ich und Du e di un interessante intreccio tematico tra le due opere si darà conto in un paragrafo a parte.

Nel quarto e ultimo capitolo lo svolgimento dell’argomento principale continua affrontando un’opera espressamente ad esso dedicata, Gottesfinsternis (Eclissi di

Dio) del 1953, e la ripresa del tema in un breve scritto Zur Geschichte des dialogischen Prinzips (Per una storia del pensiero dialogico) dell’anno

successivo. Un excursus sulla raccolta di testi della mistica universale Confessioni

Estatiche e la conclusione su B (‘orientalista’, antiriduzionista, liberale) e la

bibliografia chiudono il lavoro.

Venendo al metodo bisogna osservare una certa eterogeneità di approcci. Per il profilo iniziale il procedimento è stato per lo più compilativo e ci si è affidati ad opere probatae, su tutte il monumentale lavoro di Bourel e la piccola raccolta di

Autobiographical Fragments concessa da Buber stesso poco prima della morte,

con alcune correlazioni diacroniche, qualche inserzione epistolare e senza rinunciare ad alcune spigolature dalle opere originali. Per le opere in esame naturalmente il lavoro è divenuto più analitico e condotto quanto più possibile sulle fonti. Le quali sono state lette nell’originale tedesco ma tenendo come supporto le traduzioni italiane oppure partendo dalla versione italiana ma controllando e citando l’originale tedesco. Ove non specificato nel corpo, nelle note o nella bibliografia le traduzioni sono di chi scrive.

Abbreviazioni

Il sistema di citazione è regolato nel mondo anglosassone con criteri piuttosto condivisi, soprattutto a partire dal Chicago Manual of Style. In ambito continentale, soprattutto italiano, le modalità variano spesso da redazione a redazione. Qualunque opzione rischia di scontentare qualcuno. Data una certa consuetudine con le pubblicazioni scientifiche in ambito umanistico e una sensibilità estetica ormai strutturata, ci si permessi qui di scegliere autonomamente una combinazione di predilezioni grafiche e coerenza e completezza d’informazione che, senza disgustare chi scrive, si spera renda meno ostico possibile il compito del lettore.

Per semplificare l’apparato citazionistico nel corpo del testo e nelle note a piè di pagina si fa uso del sistema anglosassone, ulteriormente alleggerito della data ove non indispensabile, che dunque assume le seguenti formule: (autore data [eventuale] numero arabo di successione per date identiche [eventuale], pagina/e) [ex: Rossi, 100 / Rossi 2000, 100s / Rossi 2000a, 100-103]. Le citazioni sono in

(8)

8

tondo tra virgolette a caporale se in italiano, in corsivo se in lingua straniera, in corpo minore tondo spaziate se lunghe. In corsivo anche i titoli di opere e riviste; in tondo tra virgolette a caporale le testate dei quotidiani e dei periodici. Il corsivo si adotta in generale per le parole straniere se non di uso ampiamente comune. Le virgolette singole alte si usano per le sottolineature lessicali.

Di seguito si segnalano le abbreviazioni più frequenti in ordine alfabetico, le altre si possono sciogliere ricorrendo alla bibliografia finale che presenta limitati casi di omoautoria [ex: CE, 100]. Si tratta dell’unico caso in cui il lettore dovrà tenere, finché non ne sarà dispensato dalla consuetudine, un segnalibro fisso, memori del disagio delle note in calce nella biografia di Bourel.

AAS (= Acta Apostolicae Sedis) B (= Martin Buber)

BB (= Buber, Briefwechsel II) CDV (= Cronologia di De Villa in H) CE (= Confessioni estatiche)

CR (= Amicizia nella Parola [Carteggio con Rosenzweig]) CUO (= Il Chassidismo e l’uomo occidentale)

DP (= Dialoghische Prinzip) ED (= Eclissi di Dio)

EU (= Elementi dell’interumano in PD) EV (= Enchiridion Vaticanum)

EZ (= Elemente des Zwischenmenschlichen in DP) D (= Dialogo in PD)

DO (= Distanza originaria e relazione in PD) DP (= Das dialogische Prinzip)

DRJ (= Drei Reden uber Judaismus)

DS (= Dialogo solitario. Martin Buber e il cristianesimo di H. U. Von Balthasar) DRS (= La domanda rivolta al singolo in PD)

FE (= Die Frage an den Einzelnen in DP) FF (= Francesco Ferrari)

G (= Gottesfinsternis)

G2 (= Gottesfinsternis, 19942)

GIP (= Zur Geschichte des Individuationsproblems. Nicolaus von Cues und Jakob Böhme [citazione dalle bozze online])

GJ (= Vom Geist des Judentums)

GRN (= Geschichten des Rabbi Nachman) H (= Storia e leggende chassidiche)4 ID (= Ich und Du in DP)

IT (= Io e tu in PD)

4

Per le parole ebraiche si adotterà di norma la traslitterazione (h-) per la gutturale fricativa ח, che, più correttamente, vorrebbe il puntino sottoscritto (ḥ); in alcuni casi, però, come ‘chassidismo’, si adotterà la traslitterazione invalsa in ambiente italiano (ch-), che tuttavia risponderebbe meglio ad altra gutturale ebraica (כ), solitamente (ma imperfettamente) traslitterata invece in altro modo (k-).

(9)

9 JPR (= Jung, Psicologia e Religione)

MDP (= Modernità della Parola [lettere scelte 1918-1938]) PD (= Il pensiero dialogico)

PMB (Philosphy of Martin Buber) PS (= Pensiero solitario)

PR (= Presenza e relazione di FF) PU (= Problema dell’uomo) RB (= Rosenzweig, Briefe) RG (= Religion als Gegenwart) RP (= Religione come presenza) RR (= Religione e religiosità di FF) S (= Sentinelle de l’humanité di Bourel)

SPD (= Per la storia del principio dialogico in PD ≠ Sozialdemokratische Partei

Deutschlands)

T (= Insegnamenti del Tao) Z (= Zwiesprache in DP)

ZGP (= Zur Geschichte des dialogischen Prinzips in DP)

Si noterà, soprattutto nel II capitolo un’abbondanza di citazioni tedesche, non solo per rigore ma per avvicinare due testi (RG e G) che non hanno ampia diffusione in Italia. La struttura di queste citazioni risponde a un ordine: nel corpo del testo tra virgolette basse il testo della traduzione italiana5 seguito tra parentesi e virgolette basse dall’originale, in caso di dubbio testuale si è confrontato con la seconda edizione (G2); quando si è voluto mettere in evidenza un termine tedesco, benché diverso dalla stretta citazione testuale ma di rilievo filosofico, lo si è inserito tra parentesi tonde ma libero dalle virgolette basse; in caso di citazioni lunghe si è scelto di conservare nel corpo l’originale tedesco e in nota la traduzione, con le rispettive indicazioni delle fonti nelle due sedi; se riportato in nota, l’originale tedesco è seguito dopo una freccia indicativa dalla traduzione. Le citazioni inglesi e francesi restano per lo più non tradotte. Si è cercato di rintracciare l’edizione di ogni opera cui B si riferisce, dandone gli estremi quasi esclusivamente in bibliografia; in rari casi, data l’unicità della singola citazione, si sono offerti gli estremi anche in nota.

5 Laddove ci si è discostati dalla traduzione della versione italiana si è lasciata in parentesi quadra

(10)

10 CAPITOLO I

1.0 Un testimone eccezionale tra due mondi: vita multiforme di Martin Buber

I due aneddoti riassunti di seguito potranno fungere da chiave esistenziale per entrare nella filosofia dell’autore.

La compagna preveggente. Trasferito dopo la separazione dei genitori da Vienna alla

casa di Lvov dei nonni paterni, influenti membri della comunità galiziana, il piccolo Martin ricorda un episodio che gli occorse a quattro anni. Appollaiato sulla ringhiera del grande cortile interno, stava giocando con una bambina più grande che improvvisamente, e senza dar seguito ad alcuna conversazione in merito, riferendosi al desiderio di rivedere la madre gli disse: No, lei non tornerà più indietro. Quel sentimento muto ma incontrovertibile negli anni scavò sempre più dentro il piccolo Martin, fino a saldarsi col termine Vergegnung (‘disincontro’) per designare il fallito incontro tra le persone nell’orizzonte universale delle relazioni6

: Sospetto che tutto ciò che ho imparato sugli

incontri genuini nel corso della mia vita abbia avuto origine in quell’ora sul balcone7. Quello avvenuto vent’anni più tardi con la rediviva madre, si svolse con quella parola ronzante nelle orecchie del figlio cresciuto.

Il cavallo specchio. Attorno agli undici anni Martin ancora passava le estati nella

proprietà del nonno e amava sgattaiolare nella stalla per accarezzare il suo esemplare preferito, un superbo stallone dappel-gray8. Quel contatto, in cui il pensatore rinvenne più tardi le caratteristiche dell’incontro Io-Tu, cominciava con l’assenso del cavallo riconoscibile da un leggero nitrito paragonabile al segnale di un cospiratore, avvertibile soltanto dai complici. Ma un giorno il bambino avvertì più fortemente la propria mano, il piacere che le veniva dal gesto, e niente gli sembrò più lo stesso. L’indomani il cavallo non alzò più la sua testa anche se ebbe un’abbondante razione di avena. Dopo molti anni B smise di credere a qualche misteriosa consapevolezza dell’animale, ma riconobbe che in quel momento di sentì giudicato.

6

Il filosofo ne avrà notoriamente riscontro col poeta Celan (cfr. Friedmann, 1997; Lyon). Thrill era il termine usato da Borges, seguendo il filologo Leo Spitzer, per indicare l’incontro fra testo e autore.

7 Martin Buber, Autobiographical fragments in PMB, 3s. 8

Ibidem, 10. «Se dovessi spiegarlo ora, a partire dal fulgido ricordo della mia mano, dovrei dire che ciò che ho sperimentato col tocco dell’animale fu l’Altro, l’immensa alterità dell’Altro, che tuttavia, non rimaneva estranea come l’alterità del bue o del montone, ma piuttosto mi portava ad avvicinarmi e toccarlo».

(11)

11

Per questo si stenderà un profilo biografico9 piuttosto ampio sugli anni della formazione e della prima maturità professionale di questo testimone di due mondi tanto diversi, quello irrimediabilmente scomparso della Mitteleuropa asburgica e quello completamente inedito del (processo verso il) nuovo stato di Israele, ricorrendo ove possibile alle memorie autobiografiche disseminate in più opere. Si riferirà invece più rapidamente sugli anni della piena consacrazione e del suo magistero universale. Come anticipato nell’introduzione si eviteranno in gran parte riferimenti a due temi maggiori del pensiero buberiano, chassidico e dialogismo, per coerenza con l’itinerario scelto.

1.1 Infanzia e giovinezza

Martin (Mordechai) Buber nacque a Vienna venerdì 8 febbraio 1879 (anno ebraico 5638) da Karl (1848-1935) ed Elise Wurgast di Odessa in una casa del quartiere Francesco Giuseppe affacciata sul Danubio ma, come si è anticipato, visse coi nonni Salomon e Adele Buber a Lemberg (Leopoli) fino ai quattordici anni. L’ambiente socio-culturale di altissimo livello era favorito dal facoltoso Salomon (1827-1906), uomo d’affari (proprietario terriero, minerario, commerciante agricolo), membro autorevole del consiglio degli anziani cittadino, governatore della banca austro-ungarica e della Camera di Commercio locale e rinomato studioso della tradizione ebraica ‒ suoi la prima edizione filologica dei

Midrashim e numerosi studi dall’appena scoperta Genizà del Cairo a Gaon a

Rashi di Troyes ‒ e dalla nonna che, nella forma originale di cui si dirà a breve, instillò al nipote un inscalfibile ‘amore per la parola’. La Galizia (attuale Ucraina occidentale) faceva parte di quel territorio tra Polonia, Austria, Russia chiamato Europa Orientale che, prima di scomparire sarà immortalato da scrittori come Stefan Zweig (1881-1915)10, Joseph Roth (1894-1939) e Samuel Joseph Agnon (1888-1970, Nobel per la letteratura 1966), poi ripreso da intellettuali come Claudio Magris11. I Galizianer si discostano dagli altri polacchi a nord per aver ricevuto dalla cultura cosmopolita austriaca maggior benessere e un atteggiamento più marcatamente europeo, non soggetto alla più chiusa dominazione zarista (S, 27s).

9 Per le notizie biografiche i riferimenti principali sono PMB ed S, alle cui fonti per comodità si

rimanda.

10

Sarà in aperto di B in quanto fautore del cosmopolitismo come vocazione universale del giudaismo, contrario al sionismo. Si vedano alcune lettere tra i due come quella di Zweig da Zurigo (MDP, 23) e del 8 dicembre 1918 ancora da Zurigo (MDP, 29),

(12)

12

Adele Buber, discreta ma onnipresente matrona di casa, ha trascorso buona parte della sua vita a gestire le faccende pratiche per lasciare al marito il tempo di dedicarsi agli affari e allo studio. Fu la nonna, audace lettrice di libri goim proibiti alle ragazze ebree, a volere per il nipote un ampio apprendistato delle lingue straniere durante i primi anni di istruzione domestica12, sia per le inclinazioni personali del piccolo B sia per le proprie convinzioni pedagogiche. Di lei Martin subirà il fascino dell’atteggiamento al contempo presente e lontano, attento alle pratiche quotidiane ma fisso su un orizzonte più ampio, che le faceva talora commentare semplici avvenimenti con una sagacia fuori dal comune. «In lei esperienza e riflessione sull’esperienza non erano due livelli ma come se fossero due lati dello stesso processo» (PMB, 5). L’amore per la parola genuina di cui si è detto era diretta espressione dell’amore e della devozione, e per questo influenzò il nipote più ancora del nonno. Del resto anche il più povero degli ebrei orientali viveva tra libri per quanto modesta la sua casa (S, 33s).

A partire dai dieci anni l’esperienza scolastica al Franz Joseph Gymnasium non fu esaltante. Gli alunni, in prevalenza polacchi con una sparuta minoranza ebraica, vivevano in grande tolleranza reciproca senza tuttavia conoscersi realmente. Due episodi segnarono i ricordi del piccolo Martin. Il primo riguarda la preghiera mattutina cui gli studenti polacchi dovevano partecipare ma che prevedeva la presenza obbligatoria benché muta di quelli ebrei. La scena, ripetutasi ogni mattina per otto anni, lo influenzò negativamente e lo portò a guardare con sospetto ad ogni forma di proselitismo. Il secondo riguarda due compagni di classe all’età di dodici anni, che da un giorno all’altro cominciarono a produrre mimi con grande agilità e senza parole, arrivando ad una caratterizzazione sessuale. Dopo qualche settimana il direttore chiamò Martin per parlare di quei mimi, contando sulla sua buona condotta per saperne qualcosa in più. La reazione del piccolo B fu silente ma sopravvenne subito uno stato di semi-incoscienza da farlo restare a casa per qualche giorno. Al ritorno i due compagni non facevano più parte della classe. L’episodio verrà ricordato come il primo di una lunga serie

12 Buber è poi divenuto un compiuto poliglotta, comunicando non soltanto nelle lingue della sua

comunità religiosa come ebraico e yiddish e in quelle moderne ufficiali dell’impero come tedesco (lingua madre) e polacco (lingua scolastica), ma pure in quelle di scambio intellettuale più diffuse come francese, inglese, spagnolo. Oltre all’ebraico e aramaico biblico, ebbe anche un’ottima formazione nelle lingue classiche (Cfr. Orr Scharf, Clandestine Scholarship. The Septuagint as a

Key into Martin Buber’s and Franz Rosenzweig’s Bible Translation in “Alles in der Schrift ist Echte Gesprochenheit”: Martin Buber und die Verdeutschung der Schrift in Martin Buber Studien

2, Verlag Edition, Hessen, 2016, 120-129). Soltanto nell’ultimissimo periodo della sua vita questa sua predisposizione e consuetudine ebbe una regressione e chiese di avere a disposizione un’infermiera di lingua tedesca, unico idioma attraverso cui riusciva a comunicare senza sforzo benché in gioventù ne avesse messo in dubbio la compatibilità coll’indole ebraica.

(13)

13

di quelli che gli aprirono gli occhi sulla relazione tra regola e situazione e sulla natura della norma profonda che regola non l’obbedienza ma la persona stessa (PMB, 8ss). L’8 febbraio 1981 celebra il suo Bar Mitzvah col rito ortodosso, pronunciando un commento a Os 2, 21 di cui si conserva ancora il testo, che alterna ai passaggi biblici e talmudici versi di Schiller e Adam Mickiewicz, poeta nazionale polacco (S, 35s).

Il ritorno a Vienna, si compie un salto di un decennio, comportava anche una nuova vita comune col padre Carl non più limitata alle vacanze estive, che si prolungò fino al 1896. Si tratta della terza figura famigliare di cui tratteggiare la personalità e sottolineare l’influsso sul figlio. Le annotazioni autobiografiche che ha lasciato sono toccanti ed eloquenti rispetto non soltanto al filone più sviluppato e noto della filosofia buberiana, quella dialogica, ma pure rispetto al tema specifico di questa dissertazione, il contro riduzionismo del suo pensiero. La testimonianza del figlio chiarisce come il padre non accettò mai alcuna riduzione politico-finanziaria del proprio ruolo di proprietario terriero e di responsabile della comunità ebraica locale.

L’influenza di mio padre sul mio sviluppo intellettuale è stata di un tipo diverso da quella di mio nonno. Essa non derivava proprio dalla mente. Nella sua giovinezza mio padre ebbe forti interessi intellettuali; si era occupato seriamente di questioni emerse in libri come L’origine della specie di Darwin o La vita di Gesù di Renan. Ma già presto si applicò all’agricoltura e ci si dedicò anche di più. Presto divenne un fenomeno esemplare nella proprietà terriera galiziana dell’est. Quando ero ancora piccolo portò con sé dall’Esibizione Internazionale di Parigi un grande involucro di uova d’allevamento di un tipo di pulcino ancora sconosciuto nell’est; lo tenne sulle sue ginocchia tutto il lungo viaggio affinché non gli occorresse alcun danno. Ha lavorato trentasei anni con tutti i tipi di miglioramenti i cui specifici effetti testava personalmente per aumentare la produttività del suo terreno [...] Ma ho notato ciò che realmente lo preoccupava quando stavo con lui nel mezzo della splendida scuderia di cavalli e lo osservavo mentre salutava un animale dopo l’altro, non soltanto in maniera amichevole ma effettivamente in modo personale [...] Questo uomo sotto ogni aspetto non sentimentale e non romantico era preoccupato riguardo al contatto umano con la natura, un contatto attivo e responsabile. Accompagnandolo così di tanto in tanto sul suo cammino, il bambino imparava durante la crescita qualcosa che non aveva imparato da nessuno dei molti autori che aveva letto. In un modo speciale la relazione di mio padre verso la natura era connessa con la sua relazione verso il dominio che comunemente si designa come sociale [...] Anche nell’ambito cittadino mio padre non si comportava diversamente. Alla cieca carità era

(14)

14

fieramente avverso; non concepiva altro aiuto che quello da persona a persona e lo praticava. Anche in tarda età si lasciava eleggere alla ‘Commissione del Pane’ di Lemberg ed errava senza posa attorno alle case per scoprire i veri desideri e bisogni delle persone (PMB, 6s).

Terminato questo periodo, se ne apriva un altro a Vienna, che al tempo del suo primo anno di università, coi suoi oltre quattromila studenti (di cui quasi un quarto ebrei), era una metropoli il cui cosmopolitismo lo portò, dapprima implicitamente, alla sensazione di dover accettare il mondo e farsi accettare. Ciò si radicò in una convinzione che non lo abbandonò più, nonostante le tragedie che avrebbero sconvolto quel mondo nella seguente generazione. Un benefico influsso ebbe non tanto il contenuto di alcuni seminari accademici quanto lo stile ordinato e liberale dei rapporti tra docenti e studenti, la libera conversazione che fluiva durante le lezioni che lo portò, più di qualsiasi futura lettura, alla consapevolezza dello spirito come realtà del ‘tra’ (zwischen), che poi prenderà l’appellativo di ‘interumano’. La città simbolo della Austria Felix ospitava in quegli anni le teorie di Ernst Mach (1838-1916), Sigmund Freud (1856-1939) e Theodor Herzl (1860-1904) a dispetto di un Burgmeister apertamente antisemita come Karl Lueger (1844-1910). L’altra esperienza fondativa per fare di B un uomo della parola e del dialogo fu il teatro, più precisamente il celebre Burgtheater (die Burg per i viennesi) – si ripeterà con la Pergola fiorentina e la Duse ‒ in cui si recava sempre più spesso. L’evento della comunicazione genuina in dialogo sul palcoscenico, nonostante gli inevitabili momenti di affettazione affabulatoria, contribuì a rivelargli la verità della Parola. Sono in realtà almeno tre le feconde polarità che il Nostro individua in quel mondo magico (RR, 72, 75)13: attore e personaggio (coscienza), attore e attore (monologo/dialogo), palcoscenico e platea (monologo/dialogo). Questi problemi suscitano riflessioni alla base del futuro pensiero dialogico. Per il resto in quell’anno (1896-1897) frequenta caffè letterari, soprattutto il Zentral in Herrengasse, e conosce i letterati Hugo von Hoffmansthal (1874-1929), Arthur Schnitzler (1862-1931), Stefan George (1868-1933) e l’anarchico Gustav Landauer (1870-1919).

Da qui si sposta a Leipzig ancora per un anno, restando colpito dalla vitalità della comunità ebraica e della locale università, dove segue tra gli altri anche i

13

Das Raumproblem der Bühne, in P. Claudel (a cura di), Das Claudel-Programmbuch, J. Hegner, Hellerauer Verlag, Hellerau 1913, pp. 72-81. Sovviene il pensiero del contemporaneo gesuita italo-tedesco Romano Guardini (L'opposizione polare. Saggio per una filosofia del concreto

(15)

15

corsi di filosofia e psicologia di Wilhelm Wundt (1832-1920)14, frequentandone anche, unico non medico, l’istituto di psicologia sperimentale (S, 40-43; PMB, 13s). La vita della comunità giudaica, la sesta per grandezza in Germania, è culturalmente assai vivace, molto lontana da quella galiziana dei nonni, e costituisce un porto sicuro per i rifugiati dai pogrom orientali, facilitati dalla presenza tollerante degli ugonotti. Persistendo nell’atteggiamento assimilazionista assunto a Vienna, dove si era abbeverato (non senza moderazione) dell’atmosfera della generazione Jung Wien, B si discosta dai costumi ortodossi praticati per obbedienza e imitazione verso i nonni. Ormai è uno studente impegnato nella vita universitaria con un piede nella ricerca scientifica.

Prima di tornare a casa per le vacanze e a Lipsia per il semestre invernale 1898-1899, Martin segue a Berlino, capitale accademica e non solo politica della Prussia, quello estivo, soprattutto i corsi di George Simmel (1858-1918) che lo apriranno alla differenziazione tra religione religiosità15. Come al suo arrivo aveva trovato in Bach un riferimento costante, qui approfitta dell’arrivo di Richard Strauss (1864-1949) come Kappelmeister dell’Opera berlinese. Qui la comunità ebraica ha in gran parte affiancato quella tedesca nella crescita economica e socio-culturale, pur contenendo una minoranza in espansione di cosiddetti Ostjuden fuggiti dalla Russia e desiderosi di partecipare alla stessa emancipazione socio-economica, che fu l’altro motore dell’assimilazionismo di ideali illuministico-progressisti16. Ma Berlino fa la conoscenza di un personaggio che lo rimetterà in contatto col proprio giudaismo interiore e col sionismo soltanto sfiorato a Vienna, e un poco approfondito a Lipsia coll’unico abbonato cittadino al Welt di Herzl, il cugino Aharon Ginsberg (RR, 112s), cioè quell’Asher Ginsberg (1856-1927) che diverrà noto col nome Ahad ha-Am, ‘uno del popolo’ (S, 43-47). Cresciuto nella provincia di Kiev e formatosi nella fervida Odessa di fine secolo a contatto sia con la tradizione chassidica che con la maggiore letteratura europea, si distingue presto come propugnatore di un ritorno graduale verso Erez Israel, e quindi come

14

Di questi argomenti e del dettaglio dei corsi seguiti da B nel 1897-1898 dà minuziosamente conto FF (GPI, 9-12).

15 Daniele Nuccilli, Recensione a FF, Religione e religiosità in Discipline Filosofiche. Rivista

semestrale, maggio 2015. URL: http://www.disciplinefilosofiche.it/senza-categoria/23-recensione- a-francesco-ferrari-religione-e-religiosita-germanicita-ebraismo-mistica-nellopera-predialogica-di-martin-buber-mimesis-milano-2014-pp-364-daniele-nuccilli/ Consultata il 18/07/2019.

16 Sull’assimilazionismo fondato sugli ideali tedeschi della Bildung (autoformazione secondo

Humboldt) e della Sittlickeit (eticità secondo Hegel) e l’attività sionista di B, che contribuisce a metterlo in crisi nell’ultima fase dell’epoca guglielmina, si veda anche Massimiliano De Villa, La “Verdeutschung der Schrift” di Martin Buber e Franz Rosenzweig: una Bibbia ebraico-tedesca.

Analisi del testo e ricostruzione del contesto, tesi di dottorato inedita, Cà Foscari, Venezia, 2008,

(16)

16

un oppositore di Herzl (e del suo libro più noto, Alteneuland del 1902 [Tel Aviv in ebraico])17, lasciando alcune parole davvero lungimiranti sulla futura reazione degli Arabi alla nascente colonizzazione ebraica della Palestina. Dove si trasferirà soltanto nel 1922 dopo un lungo periodo londinese (S, 47ss). Il sionismo berlinese è caratterizzato da vivacità di posizioni e divisioni interne e sarà tratteggiato brevemente nell’ambito del complesso Judentum buberiano, così come l’incontro zurighese con la futura moglie nel prossimo paragrafo, passaggi decisivi per la maturità personale e professionale del futuro attivista.

Trascorsa l’estate lo studente torna a Leipzig per un ulteriore semestre invernale, che lo vede appunto deciso ad abbracciare attivamente la causa del rinascimento giudaico, e da qui passa a Zurigo per il semestre estivo. Centro in voga tra gli esiliati orientali, ospita tra gli altri Rosa Luxenburg (1871-1919) fino al 1897 e Albert Einstein (1879-1955) dall’anno precedente. Anche la città svizzera ha una comunità ebraica piuttosto giovane, recentemente divisasi tra emancipati e ortodossi. Qui il Nostro prosegue la formazione filosofica e neurofisiologica, approcciando l’economia politica (S, 59s).

I due semestri invernali successivi li trascorre di nuovo a Berlino, seguendo i corsi filosofici di Wilhelm Dilthey (1833-1911) e ancora di Simmel, sempre più influente sulla sua formazione. Ormai Martin è noto non soltanto per il cognome del suo influente nonno ma pure in prima persona, studente popolare tra i più in vista della comunità studentesca ebraica, sia per la brillante intelligenza sia per il portamento ieratico e la folta barba che lo rassomigliano ad un vero tzaddik (קיד ). צ Sta prendendo corpo la fisionomia che lo contraddistinguerà per il resto della vita (S, 59ss).

Il momento della laurea si avvicina e con questo la necessità di far fronte personalmente ai bisogni famigliari (la moglie Paula e due figli), nonostante possa contare sul cospicuo patrimonio dei Buber. Tornato a Vienna e stabilitosi in Porzellangesse, 38 (a pochi metri da Freud) poi in Müllnergasse, 14, B assiste a corsi su Aristotele (383-322 a.C), Spinoza (1632-1677), Albert Dürher (1571-1628). Proprio l’arte18 è il primo snodo su cui il giovane sionista pensa di fare leva per quell’obiettivo che non lo abbandona più, come un motivo musicale che torna continuamente nella sua corrispondenza del periodo, il ‘Rinascimento Ebraico’ (S,

17 Certamente Ahad ha-Am potrebbe meglio candidarsi ad essere il «più fiero oppositore di Herzl

in seno al sionismo nascente» come invece sostengono alcuni rispetto a B (FF 2012, 573).

18

Da un ristretto florilegio tradotto in italiano della corrispondenza con la moglie Paula, ancora in parte inedita e inesplorata, si può leggere una lettera da Pontigny del 2 settembre 1929 tutta incentrata sugli effetti suscitati dalle opere d’arte a Parigi, da Leonardo a Rembrandt, da Courbet a Delcroix, da Saint Quentin a Frate Ghislando (MDP, 211).

(17)

17

70s). Finalmente in piena estate 1904, a pochi mesi da Stefan Zweig (1881-1942), sostiene a Vienna la sua tesi Sul problema dell’individuzione: Nicola Cusano e

Jacob Böhme (S, 118). Un passaggio su cui si tornerà.

A questa altezza della vicenda studentesca di B ci sembra giusto riprendere gli spunti iniziale di questa predilezione per la riflessione filosofica, ripercorrendo il primo incontro personale con alcune opere che ne hanno indirizzato il cammino19. Dopo un scioccante approccio ai Pensées di Pascal, che lo avrebbe condotto sino alla soglia del suicidio, nel 1893 trova sollievo all’insoluta questione dello spazio-tempo nella lettura dei kantiani Prolegomeni ad ogni metafisica come scienza (1783). Questa lettura ha un effetto liberatorio in B spostando il dominio dello spazio-tempo all’interno dell’uomo come forme a priori dell’intelletto (Non avevo

più bisogno di inseguire il tempo nei suoi ultimi recessi), e risolvendo un

problema che la fisica non poteva risolvere e che infatti si era fatto ancora più profondamente esistenziale di quanto possa sembrare in questa dichiarazione20: Il

dono che mi fece allora Kant fu quello della libertà filosofica. Nonostante le

opinioni di Kant sugli Ebrei fossero tutt’altro che edificanti21

, al di là di ottimi rapporti coltivati con alcuni intellettuali ebrei, una certa affinità elettiva di questi ultimi verso il filosofo di Könisberg ha resistito nel tempo, forse dovuta – secondo un ebreo kantiano di vaglia come Hermann Cohen (1842-1918)22 ‒ alla predominanza etica del suo pensiero. Opposto effetto fece sull’adolescente Martin nel 1895 la lettura del più recente Così parlò Zarathustra, non un dono bensì una ‘invasione’. Se prima era lo spazio-tempo a opprimerlo ora è una sua variante, la teoria dell’eterno ritorno (infinità di periodi finiti) e, in generale, il pathos dionisiaco opprimente che grava sulla pagina nietzscheana (1844-1900). Dovevano passare anni prima che B riuscisse di nuovo a riflettere serenamente sul concetto di eternità, perché in fondo la soluzione aprioristica dell’uno non lo

19

B non ammette questi inizi a pieno titolo nella sua educazione filosofica (PMB, 11), tuttavia questa posizione vacilla alla verifica della sua produzione successiva, soprattutto in ambito antropologico ed etico, quantomeno per quanto concerne la figura di Kant. Congregazione per il Clero, Kant e Buber: temi kantiani in Buber per una interpretazione buberiana di Kant in Clerus 10(2-1999).

20 «Dovevo tentare continuamente a figurarmi il limite del tempo, ovvero la sua finitezza, tempo

con una fine ed un inizio oppure tempo senza inizio né fine, ed entrambi erano ugualmente impossibili, ugualmente senza speranza – allora sembrava essere soltanto la scelta fra una o l’altra assurdità» (PMB 11. PU 27s). B descrive a se stesso agli estremi temporali e li sente, vanamente, come «un soffio sul collo» o «un colpo sulla fronte» (PMB, 11).

21 Il supposto legalismo ebraico è uno degli aspetti che induce Kant a considerare il giudaismo

piuttosto in basso nella scala evolutiva delle religioni storiche. La sua diagnosi suona oggi imbarazzante: «Die Euthanasie des Judentums ist die reine moralische Religion» (Der Streit der

Fakultäten, 1798). Si devono queste notizie ad una lezione seminariale del prof. Stefano Perfetti

presso l’Università di Pisa il 10 marzo 2016.

(18)

18

soddisfaceva del tutto e l’inquietudine dell’altro gli era rimasta addosso (S, 37ss; PMB 11ss)23.

Questi furono i prodromi della Deutschum nella formazione buberiana da un iniziale abbozzato atteggiamento estetizzante ad un rigoroso impegno intellettuale, intrecciatasi con l’altra colonna portante non soltanto dell’apprendistato culturale giovanile ma anche di tutta la sua esistenza umana e professionale, lo Judentum, che si andrà di seguito a percorrere.

1.2 Maturità e impegno religioso

Paula. Si comincia anche questo paragrafo con un taglio esistenziale e se prima

si sono presentate le influenti figure dei nonni e del padre, ora si tocca quella molto originale della moglie, che riuscì a ripagarlo dell’abbandono materno. B conosce Paula Winkler (Monaco 1877- Venezia 1958) nel semestre estivo zurighese del 1899 dove la giovane istitutrice tedesca è segretaria della scrittrice Hélène Bölhau (1859-?) e del marito giornalista e architetto Omar Al Rashid Bey (nome da convertito di Friederich Helvig Arndt, 1839-1910), di cui divenne amante, prima nel Tirolo meridionale poi nella città svizzera. Dopo gli studi di germanistica intraprenderà, con modesta fortuna oggi in via di riscoperta, la carriera di scrittrice, anche sotto lo pseudonimo George Munk. Già il 9 luglio 1900 dà alla luce Rafael Buber a Silz e l’anno dopo a Graz la secondogenita Eva, quasi contemporaneamente all’abbandono della chiesa cattolica e all’esordio sul foglio sionista Die Welt. La coppia si sposa soltanto il 20 aprile 1907 a Berlino24 quasi in segreto (la Ketuba andrà smarrita) poco dopo la conversione (con tanto di bagno rituale, mikvè) all’ebraismo di Paula, che prende il nome di Judith, conservando alcune ritualità ebraiche come lo Shabbat, talora le feste solenni e insegnando la lingua ai figli (S, 146). Per quarant’anni sarà la compagna discreta, fedele e sempre presente di B, che non mancherà di corrisponderla e coinvolgerla nell’elaborazione delle sue opere e nelle sue attività, come attestato da lettere e testimonianze (S, 55ss). In una lettera a Paulchen (diminutivo affettuoso) del 3 settembre 1921 da Karlsbad, sede del XII Congresso Sionista Mondiale, manifesta la sua delusione per il prevalere della rigida struttura congressistica rispetto al necessario

23 Ancora nel 1900 B scriverà l’articolo Una parola su Nietzsche e il valore della vita (S, 67). 24 A quel tempo la capitale conta circa 3.750.000 abitanti di cui poco più del 4% di ebrei, divisi

sostanzialmente in due gruppi: Kaiserjuden, ricchi e residenti nei quartieri residenziali ad ovest (Grunewald, Dahlem, Unter den Linden, Pariser Platz), Ostjuden, la maggioranza povera nel quartiere Granges. La sede dell’Organizzazione mondiale sionista si stabilisce da Colonia e Berlino dal 1911 (S, 145s).

(19)

19

dinamismo interno, segnale di una tacitazione delle questioni davvero salienti (MDP, 49). In quella da Heppenheim del 25 marzo 1926 riguardo la celebrazione della circoncisione rituale, in perfetta consonanza col suo capovolaro Ich und du uscito tre anni prima, chiede alla moglie se il nipote Martin Emmanuel Strauss (figlio di Eva e Luwig) sia «autenticamente ‘vicino’ a te» (MDP, 172). In quella del 3 ottobre 1929 da Heppenheim parla della questione araba e della ricezione della sua idea di uno stato bi-nazionale (MDP, 214).

Sionismo. Questa conversione riporta il profilo nell’ambito dell’impegno

religioso pubblico di B. La prima associazione proto-sionista nasce a Berlino alla fine del 1888 e comprende quasi solo attivisti russi, russofoni, attenti ad evitare le spie zariste e imperiali. Un membro secondario, Heinrich Loewe (1869-1951), fonda quattro anni più tardi l’associazione tedesca Jung Israel, che al contrario della precedente riafferma la fedeltà alla Germania. Il contrasto principale tra gli Ebrei tedeschi assimilati ad ovest di Berlino e quelli immigrati dell’est è così già delineato, oltre alle numerose fazioni che nasceranno nei due decenni successivi per motivazioni ideologiche o personalistiche. La maggioranza del rabbinato è contraria sia per ragioni teologiche (fedeltà alle promesse messianiche) sia patriottiche (fedeltà allo stato), e firma il deciso Protesterabbiner; quindi il I congresso sionista mondiale si celebra a fine agosto del 1897, però a Basilea in Svizzera. B parteciperà al III nel 1899, sempre in agosto e a Basilea25, delegato di Leipzig, città scarsamente assimilazionista da dove aveva contattato una prima volta Herzl a gennaio per una conferenza mai realizzata e per la quale partecipa anche ai lavori preparatori di marzo a Colonia. Ma si tratta dell’esordio pubblico come militante perché già nel 1900 aveva dato alle stampe i primi scritti sionisti. E questo è finalmente l’anno d’esordio pubblicistico anche per l’espressione che più volte è risuonata: Jüdischer Renaissance. Il ventiduenne studente entusiasta, rifacendosi come s’è visto al periodo storico-artistico italiano (usa ‘Quattrocento’ in italiano) suggerito dallo storico Jacob Burckhardt (1818-1897), chiarisce enfaticamente che non si tratta di ritorno (Rückkehr) o rinnovamento (Erneuerung) dei classici ma di una vera ri-nascita (Wiedergeburt) che s’inscrive in movimento universale, coi contorni della natura, dell’arte, della poesia. B è

25 Vi dominano le figure di Herzl naturalmente e Max Nordau (Pest 1849-Parigi 1923), suo

principale collaboratore nonché ghost writer, che a Ferragosto pronuncia un discorso oltremodo ottimistico, ma in retrospettiva comunque realista, dagli accenti planetari. L’assise non contempla un opposizione al sionismo politico tout court ma una alla specifica linea di Herzl; B ne redige il rapporto e, come scrive a Paula, non ritiene ancora il momento per intervenire. Il contrasto fra ‘pratici’ e ‘politici’ si appianerà al X Congresso a Basilea nel 1911.

(20)

20

conscio che il popolo ebraico è svantaggiato in questa ricerca perché le condizioni del Ghetto e dell’esilio lo penalizzano, ma ancora più forti sono le catene interiori che lo paralizzano e gli impediscono di sentirsi di nuovo come un organismo vivente. Eppure le alternative sono resurrezione o vita dimezzata26. Ma sarà al V Congresso Sionista Internazionale, il 27 dicembre 1901 a Basilea, che Nordau attaccherà il Kulturzionismus di B – e i compagni Leo Motzkin (1867-1933) e col futuro primo presidente d’Israle Chaim Weizman (1874-1957) della neonata

Fazione Democratica ‒ come irrealistico, ritenendo la rinascita spirituale

impossibile senza un miglioramento delle condizioni economiche. Lo scontro si ripeterà, e anche con Herzl notoriamente i rapporti non furono sempre idilliaci sia per temperamento sia per vedute (S, 68-78). Buber aveva comunque già ottenuto dal Fondatore la direzione dell’organo ufficiale sionista, Die Welt, nel giugno 1901, cui imprimerà subito una svolta culturale. Otterrà anche la creazione di una

Jüdischer Verlag e della Università Ebraica. La prima comincia l’attività nel 1902

con un fortunato Jüdischer Almanach, che raccoglie buona parte dell’intellighenzia ebraica occidentale e orientale, chiudendo i battenti per ovvi motivi soltanto nel 1938 dopo centinaia di pubblicazioni. Buber apre le danze con l’articolo Die Schaffenden, das Volk und die Bewegung (I creatori, il popolo e il

movimento) in cui pone alcuni punti fermi del sionismo culturale: sangue, destino,

forza creatrice, che a sua volta si fonda su radicamento nell’esistenza e nella comunità e tragicità latente, ovvero coscienza del limite e aspirazione all’ideale insito nelle promesse bibliche (S, 94ss). La seconda (promossa da Herzl, avversata da Nordau fino all’ultimo) susciterà un ampio dibattito in quegli anni e vedrà l’esito felice della prima pietra a Gerusalemme nel luglio 1918 al cospetto delle autorità politico-diplomatiche europee e mediorientali. Soltanto Balfour e Achad ha-Am manderanno le loro felicitazioni, nessuno dei sionisti (S, 250ss). L’anno seguente è caratterizzato non dal successivo Congresso (divenuto biennale) ma soprattutto dall’attività dell’editrice e in vista dell’università ebraica27, che lo

26 «Dem jüdische volk steht eine Auferstehung von halbem (sic. corr. -n) Leben zu ganzem bevor»

(Die Jüdische Bewegung. Gesammelte Aufsätze und Ansprachen 1900-1915, Jüdischer Verlag, Berlin, 1916, p. 9).

27 In seguito ad una accusa infondata ad un membro del VI Congresso Sionistico del 1903 a

Basilea, i due vennero ad un inevitabile faccia a faccia. Herzl ammise il suo errore mostrando un carisma che risolse al momento la situazione. B da parte sua comprese che gli uomini che ‘agiscono nella storia’ non sempre possono occuparsi dei particolari e gli rimase personalmente devoto fino alla morte improvviso (PMB, 16-19). Altro dissidio sorse all’uscita di Alteneuland, che l’antico sodale Achad-haAm, come si è anticipato, criticò per l’estremo eurocentrismo, suscitando il contrattacco del fido Nordau. Il Nostro venne associato all’attacco di stampo personalistico di quest’ultimo e il congelamento temporaneo di ogni attività di rilievo. B dedicherà nell’estate 1904 ad Herzl due scritti raccolti in Die Jüdische Bewegung: Theodor Herzl “Freistatt” ed Herzl und die Historie. “Ost und West” (pp. 138-174).

(21)

21

ridurranno sulla soglia dell’esaurimento nervoso, rallentando la stesura della tesi e facendolo rientrare momentaneamente nella casa paterna a Lemberg (S, 93ss). Dopo la morte di Herzl l’esecutivo sionista punta ad una riorganizzazione in cinque dipartimenti principali (Feiwel e Buber alla stampa) e al trasferimento della sede centrale a Berlino, cambiamenti che non riescono. La prima rivoluzione russa nel 1905 segna una pagina tragica per gli ebrei, massacrati nei pogrom ed esclusi dai progetti di riforme, ma il movimento reagisce con decisione e solidarietà (S, 116s).

Discorsi di Praga. La città in cui Leo Hermann (1888-1951), giornalista e

attivista sionista boemo, invita B a parlare a novembre del 1908 è una metropoli di circa mezzo milione di abitanti, per oltre il 90% Ceki e cattolici, in piccola parte riformata (hussita), con una significativa minoranza tedesca per metà ebraica. Questa fazione vive assimilata alla (presunta) borghesia tedesca28, piuttosto lontana dalla tradizione religiosa ma vive anche un potenziale fecondo crocevia fra West e Ostjudentum. Herrmann, presidente dell’associazione di studenti ebrei Bar Kochba29, nata nel 1893 e intitolata al ribelle antiromano del della seconda guerra giudaica del 132-135 d.C., nonché direttore del loro organo settimanale Selbstwehr (Autodifesa), conosce bene la situazione e vuole il giovane conferenziere austro-galiziano, appena trentenne e trasferitosi da circa due anni a Berlino, a dispetto delle sue tante attività culturali e di rappresentanza. B pronuncerà i fortunati Drei Reden uber Judaismus (S, 162-176)30 dedicati a Paula (Meiner Frau), un punto fermo del rinascimento ebraico prebellico. Finalmente B sente di essere chiamato a condividere qualcosa, non soltanto interiormente spinto a scrivere e intervenire. La chiamata di Bar Kochba risuona in lui come elezione, cioè conferma di una vocazione non soltanto verso il giudaismo politico-sionista o cultursionista ma verso tutto il giudaismo diasporico, che a quel tempo significava, ovvero quasi coincideva con quello universale in quanto Eretz Israel conservava una quota minima degli ebrei nel mondo. Oltre il presente, recuperando il susseguirsi delle generazioni (toledot è il termine biblico per

28 «Noi eravamo totalmente assimilati alla cultura tedesca di questo periodo [...] L’assimilazione

era per noi una realtà, il sionismo solamente un gesto o un programma» scrive lo storico del nazionalismo Hans Kohn (1891-1971) nel 1908. Tuttavia la realtà sociale tedesca è di fatto lontana perciò paradossalmente questo assimilazionismo lascia le cose non così distanti agli usi ebraici tradizionali. Un paradosso che, se resi consci, gli ebrei praghesi rifiuterebbero (S, 165).

29 Il sodalizio segue il filone cultursionista ed è vicino alla Demokratische Fraktion senza

misconoscere l’aspetto politico-diplomatico. Alcuni suoi membri come il filosofo Hugo Bergmann (1883-1975), futuro studioso dell’opera dialogica buberiana, il giornalista Robert Weltsch (1891-1982) lo scienziato Siegmund Kaznelson (1898-1959) occuperanno posti di prestigio nel sionismo e nel campo intellettuale europeo ed internazionale.

(22)

22

‘storia’), e aprendosi ad un futuro promettente, non asfittico. Il primo discorso,

Das Judentum und die Jude, si tiene all’hotel Central il 6 gennaio 1909 e si pone

come domanda d’apertura («Frage... heute vorlege») il senso attuale del giudaismo per gli stessi ebrei («dem Sinn des Judentums für die Juden» in DRJ, 11). B evoca due miti che accompagnano le comunità ebraiche da sempre: ironia e intellettualismo. La prima sorge dall’incapacità di reagire fisicamente ai rovesci di fortuna che la storia gli ha riservato e che rende la parola arguta il proprio rifugio il proprio antidoto. La seconda le è strettamente legata e pone in relazione questa rinuncia spirituale (non voler reagire) e limitazione quantitava (non poter reagire) con la superiorità intellettuale, sempre coltivata, dell’ebraismo diasporico. Ma la separazione dai Goim non viene soltanto dalla storia, anche dal sangue, cioè dall’endogamia gelosa che il comando biblico prescrive e che la modernità solo lentamente ha eroso. Riscoprire questa unità di sangue, terra e proprium del popolo (Blut, Boden, Volkstum) significa riscoprire la comunità come luogo necessario per l’ebreo assimilato, ormai dimentico delle potenzialità che la tradizione ancora può esprimere. Il secondo discorso, Das Judentum und

Menschheit del 2 aprile 1910, ha luogo nella sala della comunità ebraica cittadina

(Jüdisches Gemeindehaus) riprendendo la eccezionale condizione ebraica senza terra, senza lingua, senza diritto al riconoscimento tra le sue disorganiche comunità, muove da una constatazione, la tensione fra polarità («Das Judentum ist

nicht einfach und eindeutig, sondern von Gegensatz erfüllt. Er ist ein polares Phänomen»), intuite come s’è visto nella frequentazione del Burg, che minano la

realizzazione dell’unità, già terrena per il giudaismo a differenza di antichi culti come zoroastrismo e induismo. Nell’esilio queste polarità si sono acuite e i frutti migliori dell’unità primordiale (der primitiver Jude, Urjüdische) quali monoteismo geloso, giustizia universale, amore supremo, divenuti talora simulacri rituali e normativi nello sforzo conservativo della Diaspora. Soltanto alcune corrente eretiche e mistiche avrebbero mantenuto, assieme a Maimonide, questi valori assoluti, ma non possono rimanervi nascoste giacché la questione dell’unità è emblematicamente ebraica ma finalmente universale. Dopo tutto il giudaismo già ha offerto al mondo alcune sintesi grandiose quali il profetismo biblico e il cristianesimo primitivo in ambito religioso, Spinoza in ambito filosofico e il socialismo in ambito politico (Marx?). Il terzo discorso, Die Erneuerung des

Judentums del 18 dicembre 1910, era già stato pronunciato a Vienna poco prima e

viene leggermente modificato a Praga. Più lungo e dai toni messianici più sostenuti, mette al centro ulteriori tre parole: unità, azione, futuro (Einheit, Aktion,

(23)

23

alla coscienza universale, dalla casa comune in Palestina certo ma anche dalla Diaspora, quelle tre parole fondamentali (CDV, LXXXV-XC). Gershom Scholem (1897-1982), le cui critiche a B porteranno ad un intenso dibattito, riconoscerà che le Reden ebbero un impatto straordinario e furono alla base del suo approccio alla mistica ebraica. Tutto il mondo culturale giudaico riconobbe nei discorsi praghesi un appello strutturale eppure spontaneo, originale eppure fondativo, con la ricchezza e la profondità per scuotere ortodossi e liberali, sionisti politico-pragmatici e cultursionisti, assimilati opportunisti e filosofi (S, 173s)31. Tra la II e III assise praghese B partecipa nel dicembre 1909 ad una conferenza su La cultura

e la lingua ebraiche presso i sionisti berlinesi. Parla in tedesco, rammaricandosi di

non poter pensare ancora in ebraico, e definendo l’ebraico ‘forma unificatrice della vita del popolo’. Attraverso questa ci si avvicina al nucleo fondante di tutti i giudaismi (biblico, spirituale, culturale, sionista, diasporico, pionieristico-colonizzatore, conservatore, assimilato), cioè al periodo originale (Urzeit) Tanto da affermare che “chi riceve veridicamente la lingua ebraica nella sua vita riceve in essa la forza attiva del giudaismo” (S, 177s).

Landauer. Altri due fatti tragici segnarono l’esistenza di B al termine della

Grande Guerra, l’assassinio di Kurt Eisner (1867-1919)32 e Gustav Landauer33. Il secondo in particolare interrompe una consuetudine quasi quotidiana con quel sodale che si è incontrato nella Vienna dei primissimi studi universitari del Nostro. Nel 1901 B a Berlino frequenta un circolo di intellettuali, tra cui il giovane critico letterario francese Charles du Bos (1882-1939) e i fratelli scrittori Heinrich (1855-1906) e Julius Hart (1859-1930), la Neue Gemeinschaft, foriera di molte riviste di breve durata. Landauer, nato a Karlsruhe da una famiglia ebrea borghese, studia filosofia, letteratura inglese e storia dell’arte ad Heidelberg, Strasburgo e Berlino. Attivo come pubblicista e militante sulla scena socialista e libertaria della capitale, passa ad allestire un’edizione delle opere di Meister Eckhart in tedesco moderno nel 1903. In quell’anno sposa la compagna Hedwige Lachmann (1865-1918) e incontra B, con cui condividerà gli ideali del socialismo umanitario ma da cui lo dividerà la fatale esperienza rivoluzionaria. Nel 1919 infatti Landauer, poco dopo la caduta dell’antico casato dei Wittelsbach, la proclamazione dello ‘Stato Libero’ di Eisner già nel novembre precedente

31 «Wir sollten endlich Juden sein, wie die Propheten sie forderten, das heißt: unbedingte

Menschen» (Die Erneuerung des Judentums in DRJ, 65).

32

«Per quel che concerne Eisner, avevo visto il demoniaco della sua anima divisa di ebreo, egli era come predestinato. Landauer conservava fede in sé e la proteggeva» (S, 258).

33 Gli fu bisnipote il regista de Il laureato Mike Nichols, nato Mikhail Igor Peschkowsky

(24)

24

(contemporaneamente alla proclamazione della Repubblica Austriaca), e il varo della ‘Repubblica dei Consigli’ in Baviera il 7 aprile, è per una settimana commissario alla Pubblica Istruzione. L’esperienza, nata come socialista, anarchica, pacifista, finisce subito per l’intromissione dell’apparato comunista. A stretto giro Landauer viene imprigionato e, nonostante B smentisca i sospetti sulle violenze perpetrate dai comunisti del leader russo Eugen Leviné (1883-1919) e il suo sincero sentire democratico, muore per un’esecuzione militare in prigione il 2 maggio. Come altri di quella velleitaria bolscevica repubblica, spazzata dalla reazione governativa già il 3 maggio in seguito agli assassinii di ostaggi delle Guardie Rosse a scopo difensivo. Il sodalizio con Martin era nato proprio da questa naturale bontà di Gustav, che condivideva il ricorrente primato della

Erlebnis e dell’arte («Il resto è sempre limitato») e la predilezione per una

rivoluzione esistenziale non violenta, che edifichi una nuova comunità senza abbattere la precedente: «Sie ist Revolution».

Chassidimo. Come si è visto dopo la morte improvvisa di Herzl nel 1904 il

movimento sionista conosce un inevitabile contraccolpo e ciò si rivela paradossalmente un momento positivo di svolta per B, che si dedica allo studio della mistica ebraica moderna, espressa dalla tradizione orientale chassidica, il movimento di rinascita ebraica sorto in Polonia con Baal Shem Tov (ovvero Israel ben Eliezer), figura tra storia e leggenda all’inizio del XVIII secolo. Questa nuova stagione intellettuale comincia lentamente già prima della laurea e può svilupparsi anche grazie al lungo soggiorno (1905-1906) fiorentino finanziato dalla nonna, preoccupata della situazione finanziaria di B, che tornerà regolarmente nel Belpaese per le vacanze, mentre Paula è ancora in Tirolo coi figli ma collabora costantemente alla resa linguistica dei racconti chassidici. Da lì si trasferisce a Berlino34, prima nel quartiere Hermsdorf poi a Zehlendorf, e lo assisterà per vent’anni la domestica italiana Santina Santelli, che lo seguirà anche nel trasferimento del 1916 ad Heppenheim, nella campagna dell’Assia, deciso per sfuggire ai ritmi berlinesi. Il primo contatto col mondo chassidico avviene durante l’infanzia in Bukovina e di questo ci ha lasciato un frammento autobiografico piuttosto noto che vale la pena di riportare per stralci.

Là mio padre mi portò con sé a volte al vicino villaggio di Sadgora [...] sede di una dinastia di tzaddikim, cioè di rabbini chassidici. Là nessuno più vive nella comunità

34 A quell’epoca la capitala contava oltre tre milioni e mezzo di abitanti, di cui il 4% ebrei,

sostanzialmente divisi nei ricchi Kaiserjuden, nei quartieri residenziali ad ovest (Grunewald, Dahlem, Unter den Linden, Pariser Platz), e nei poveri Ostjuden, nel cosiddetto Quartiere dei

Fienili a Scheneunviertel (S, 144ss). Dal 1911 Berlino diviene la sede dell’Organizzazione

(25)

25

odierna quella suprema fede dei primi Chassidim, quella fervente devozione che onorava nello zaddik l’uomo perfetto nei quali l’immortale trova il suo compimento mortale. Piuttosto i Chassidim attuali si rivolgono allo tzaddik soprattutto come mediatore mediante la cui intercessione sperano di ottenere la soddisfazione dei loro bisogni [...] Il palazzo del rebbe, nel suo ostentato splendore, mi repulse. La casa di preghiera dei Chassidim con i suoi fedeli rapiti mi sembrò strana. Ma quando vidi il rebbe farsi strada attraverso le file degli avventori percepii “guida”, e quando vidi i Chassidim danzare con la Torà percepii “comunità”. A quel tempo laggiù crebbe in me in presentimento del fatto che la comune reverenza e la comune gioia dell’anima sono il fondamento della genuina comunità umana [...] Ho sperimentato lui nella fondamentale relazione della sua anima verso il mondo: nella sua responsabilità (PMB, 21s = H, 407-410)35

Datato Firenze estate 1906, quell’anno viene pubblicato il primo volume dell’opera chassidica buberiana, Die Geschichten des Rabbi Nachman (Storie di

Rabbi Nachman)36, nel 1908 il secondo volume, Die Legende des Baalschem (Leggenda del Baalshem)37, datato Ravenna autunno 1907, sempre con l’editore francofortese Rütten & Loening, con cui ha stretto un accordo di collaborazione che lo aiuta ad essere economicamente meno dipendente dalla famiglia e lo porterà nei dieci anni seguenti alla direzione editoriale (CDV, LXXIX-LXXXIII; S, 131-137). A questi si aggiungono nel 1909 la silloge di testi mistici multireligiosi Die Ekstatische Konfessionen (Confessioni Estatiche)38, nel 1922

Der große Maggid und seine Nachfolge (Il grande predicatore e la sua sequela),

ripubblicato soltanto in raccolta, sulla figura di Rabbi Dov Ber di Mezeritch (1710-1772), successore del Baalshem (1698-1760). La seconda fase della raccolta narrativa chassidica, ormai lontana dal contesto Neuromantik e irrazionalistico tedesco, così come dal movimento Völkisch (si veda più avanti) declinato secondo le esigenze di reazione antissimilazionista della prima (CUO,

35

Mein weg zu Chassidismus. Erinnerungen von Martin Buber, Literarische Anstalt Rütten & Loening, Frankfurt am Main, 1918: «in seiner Berantwortung». Si tratta del primo scritto autobiografico di B e si pone tra la fase più accesa della Erlebnismystisch, poi decisamente ridimensionata in RP, e quella dialogica.

36

Si tratta di Nachmann di Bratislava (1772-1811), pronipote del Baalshem, che rientrato da un soggiorno di alcuni mesi in Palestina nel 1798 per le guerre napoleoniche, viene accusato di Sabbataismo e Frankismo. Il primo è un movimento messianico nato a metà del Seicento dall’apostasia antinomista di Sabbatai Tzevi. Il secondo una radicalizzazione del primo sorto a metà del secolo successivo per impulso di Jacob Frank, sedicente capofila degli ‘Zoaristi’ (seguaci dello Zohar e quindi della Cabala), con l’aggravante della persecuzione dei ‘Talmudisti’ (seguaci della tradizione halachica ortodossa) dietro la copertura delle autorità ecclesiastiche polacche (S, 137).

37

Martina Urban ha fornito una rassegna scrupolosa e una recensione critica sull’uso delle fonti di quest’opera (164-169), per lo più constatando la libertà adottata da B in linea con Scholem:

Buber’s indifference to historical facts clearly outdoes that of the Hasidic masters (166).

Riferimenti

Documenti correlati

These consist of: (A) dissection and embedding in paraffin of a specific tract of the spinal cord at the level of the lumbar enlargement; (B) count of H&E-stained motor

Cosa può fare se non, appunto, ogni volta, nel corso dell’azione, “riprendersi” - come si usa dire -, cioè raccogliere la propria anima sfilacciata in tutte le

Lo mondo è ben così tutto diserto d'ogne virtute, come tu mi sone, e di malizia gravido e coverto;.. ma priego che m'addite la cagione, sì ch'i' la veggia e ch'i' la

In questo testo Sabine Hossenfel- der persegue come scopo principale quello di dimostrare in modo accurato e documentato che in fisica teorica la scelta delle teorie accettabili fra

Romano Danesi per la massima disponibilità dimostrata nei miei confronti e per avermi introdotto all’affascinante argomento della mia tesi, un

L'affermazione forse più esplicita di Buber in questo senso, e che suscitò scandalo, è contenuta in una lettera a Rosenzweig in cui dice che una rivelazione divina non consiste

Mondo Novo, il nono Festival Internazionale di Danza Contemporanea, ha promosso anche progetti intersettoriali; infatti, sono state portate avanti pratiche attraverso cui si è andato

The total active galaxy model in AGN fitter consists of the host galaxy emission, modeled as a combination of a stellar component and a starburst cold gas component and the nuclear