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4.0 Riprese

4.2.3.1 Sartre

Jean Paul Sartre (1905-1980), scrittore e filosofo, premio Nobel per la letteratura 1980 (rifiutato), è il capofila dell’esistenzialismo ateo217, cui avrebbe voluto ascrivere anche Heidegger, che però rifiutò l’apparentamento. B giudica strana la sua lettura della sentenza nietzscheana: «Dio è morto: ciò non significa che non esiste o che non esiste più. È morto: prima ci parlava, ora tace»218. Sostenendo di non capire il significato sartriano dell’affermazione, il Nostro la prende comunque in considerazione assegnandole ipoteticamente il senso biblico del Dio vivente revelatus et absconditus (Is 45, 15)219, immaginando dunque una diversa prospettiva per l’uomo trovatosi in un’epoca di silenzio del cielo (G, 77s; ED, 70s). Di fronte alla perdurante e vana nostalgia della dimensione religiosa e al silenzio del trascendente, l’uomo moderno secondo l’esistenzialismo dovrebbe «farsi coraggio» («Mut zu sich selber bekommen»), «eliminare» («abschaffen»)

216 «[...] solo in quanto si crede autorizzato a giudicare se, o a quali condizioni, o entro quali limiti,

si debba attribuire alla religione il carattere di una vitale realtà umana» (ED, 69).

217 L’existentalisme est un humanisme, Gallimard, Paris, 1946, 21.

218 Situations I, Gallimard, Paris, 1947, 153. La citazione si legge nella sezione Un nouveau

mystique, dedicata L’expérience intérieure (1943) di George Bataille (1897-1942): Dieu est mort. N’intendons pas par là qu’il n’existe pas, ni même qu’il n’existe plus. Il est mort: il nous parlait et il se tait, nous ne touchons pas que son cadavre. Quest’ultimo sarebbe in realtà alla base delle

considerazioni buberiane su Sartre, in quanto considerato il rappresentante più significativo di un’epoca in cui i falliti tentativi di sostituire Dio (soprattutto Hegel e Comte) non lo hanno eliminato, anzi l’uomo contemporaneo pur non riuscendo a comunicare ne sente la mancanza (Perfetti, 413).

219 Altri paralleli biblici dal Pentateuco ai Profeti (lista in Perfetti, 413). Altri parla di

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quell’anacronistico bisogno e «abbandonar[ne]» («aufgeben») anche la ricerca del fondamento, insomma «dimenticare» («vergessen»)220 Dio. Recuperando così la libertà creativa un tempo consegnata al cielo, che invece è propria della «soggettività umana» («menschlichen Subjektivität») in quanto unica causa sui, totalità dell’unico universo possibile. B invece, mettendo a confronto il tema dell’alterità in Sartre e nel pensiero dialogico, insinua invece il dubbio che una diversa lettura di questo bisogno sia possibile, indicando anche una via per superare l’impasse contemporanea. Se da una parte Sartre intende esistere come esistenza in sé, «incapsulato nella propria soggettività» («in seiner Subjektivität

eingekapselt»), come la definisce con efficace espressione il Nostro, che dall’altra

propone un’esistenza di fronte ad un ente non sostituibile ma «di fronte ad un X per eccellenza, indefinibile e inafferrabile» («dem X schlechtin, dem

Unbestimmbaren und Unergründlichen gegenüber»). Mentre per Sartre Dio

sarebbe la «quintessence d’autrui»221, come «quelqu’un que me regarde»222 e mi oggettivizza, B di nuovo propone il passaggio da un’indefinita quintessenza all’assolutezza, dal rapporto S-O a quello Io-TU. Tale rapporto non può oggettivarsi, non può ridursi al mondo dell’Esso, quindi la sua interruzione indica una frattura del Tu eterno non una chiusura dell’Io. A questa congiuntura B risponde con la necessità di un attesa e di un ascolto attivi verso «un nuovo mutamento dell’Essere» («eine neue Wandlung im Sein») la «riapparizione della parola» («das Wiederlautwerden des Wortes»), al posto delle «grandi affermazioni incompetenti» («großen unzuständingen Sprüchen») sartriane (G, 79ss; ED, 71s).

Altrettanto se non più severo si mostra B con la soluzione immanentista sartriana di recuperare la libertà creativa223 «che fu attribuita a Dio» («die Gott

zugerschriebene») e accettarsi come causa sui. L’obiezione è diretta; dal mondo

come epifenomeno naturale al portato di tutte le generazioni umane, compreso il connubbio prodotto dall’incontro «dell’esistente molteplice» («das vielfätige

Seiende») con noi, tutto «è dato» («es gibt»). Anzi si può sostenere che:

220 Situations I, cit., 154.

221 Situations I, sezione Aller et retour (probabiliter 1942), cit., 237; L’etre et le néant, sezione

L’existence d’autrui, Gallimard, Paris, 1943, 288.

222 E più avanti aggiunge «l’être-regardant qui ne peut jamais être regardé» (L’etre et le néant,

cit., 495).

223 Si rammenta la sottosezione dedicata al riduzionismo creativo della religione come arte (sub

3.2-II). Nella sezione sull’epistemologia buberiana il filosofo francese era stato accostato da Friedman a Feuerbach nella linea del pensiero relazionale (sub 2.3.1). Qui si giunge fino all’annientamento de facto di Dio e alla requisizione da parte dell’uomo della facoltà creatrice autoalimentantesi.

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Dieses Eingesetztsein des Universums, eindschließich unser selbst und unseres Werkes, ist die uns als Existierenden zugängliche Grundtatsache (G, 82)224

B coglie in contropiede il comunista Sartre, che sembra quasi giustificare a cascata il mito capitalistico del self-made man, e bolla la pretesa come «demagogica» («demagogische»). Poiché «la vera esistenza umana», oltre le proposte apparentemente liberatorie ma in fondo ingenue e foriere di illusione- delusione, «è destino e compito» («Schickung und Ausgabe»). Rispetto a Dio l’errore di Sartre è dedurne dal silenzio la non esistenza225

, se non ontologica (en

soi) quantomeno esistenziale (pro nobis), cioè l’irrilevanza, senza interrogare

l’uomo a proposito. Intendendolo come Essere per il quale l’uomo è oggetto, non gli interessa, come conseguenza della primazia rivestita dalla relazione S-O e della mancata considerazione di quella davvero fondamentale Io-Tu. Ulteriore conseguenza di questa concezione è la celebre sentenza morale: «se Dio è morto tutto è permesso»226. Ne deriva la necessità per l’uomo di stabilire da sé i valori assoluti e ciò porta alla riedizione del cul de sac precedente. Tali valori possono avere «un significato illuminante» («enträtselnder Sinn») se rivelati «nel [l’]incontro con l’essere» («in [...] Begegnung mit dem Sein») non per libera scelta. La sottosezione si chiude con un paragone curioso tra il fittizio valore morale immanente e il mythe social dello sciopero generale di Georges Sorel (1847-1922)227: «una tal cosa può funzionare solo fino a quando non leggeranno Sorel e scopriranno che si tratta di un mito» («das kann naturgemaß nur so lange

funzionieren, als sie nicht Sorel lesen und erfharen, daß es sich um einem Mythus handelt»). Il fondamento si rivela relativo e non può reggere (G, 82ss; ED, 73ss).

224 «Questo essere-dato del mondo, che mediante noi accade e la nostra opera, è la realtà

fondamentale dell’essere a noi accessibile in quanto esistenti» (ED, 73). Posizione del tutto simile è sostenuta sin dagli anni Novanta dal teologo e musicologo Pierangelo Sequeri, uno dei più noti rappresentanti della Scuola di Milano inaugurata da mons. Giuseppe Colombo negli anni del postconcilio e giunta ormai alla quarta generazione, in un discorso che dalla teologia fondamentale passa per quella spirituale e approda alla dimensione educativa. Si veda almeno L’oro e la paglia.

Meditazione sull’educare alla scuola della parola di Dio (Glossa, Milano, 1989) che da una

prospettiva biblico-spirituale e con taglio teologico-pastorale passa in rassegna sottotraccia un ampio panorama delle tendenze del pensiero postmoderno. Sfera di approfondito impegno per B, quella educativa non è presente in questo lavoro in quanto piuttosto eccentrica rispetto al tema centrale.

225

L’etre et le néant, cit., 341. Il processo di ‘derealizzazione’ del divino è coestensivo alla modernità (Perfetti, 413).

226 L’existentialisme est un humanisme, cit., 36. B cita in nota, oltre a Dostoevskij e Nietzsche, Die

Geschichte der Assassinen (1818) dell’orientalista austriaco Joseph von Hammer (1774-1856):

«Daß nichts wahr und alles erlaubt sei, blieb der Grund der geheimen Lehre» («La base dell’insegnamento segreto diceva che nulla di vero e tutto permesso era»). Questa posizione si ritrova in alcune eresie gnostiche del cristianesimo antico (cfr. Ireneo, Adversus haereses I).

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B non cita sorprendentemente la più celebre sentenza, tratta dal dramma sartriano Huis Clos: «l’Enfer, c’est les autres»228. Lo sguardo altrui come dramma contraddice tutto il suo pensiero.

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