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Karm Abu Mina Il declino e l’abbandono

Dopo secoli di splendore e crescita la città-santuario di San Mena conobbe a partire dal VII secolo la prima fase di declino. Karm Abu Mena fu infatti distrutta nel 619 dai Persiani in seguito all’invasione dell’Egitto cominciata da Cosroe II nel 616, e le evidenze archeologiche mostrano segni di grandi incendi riconducibili a questo periodo. Appena dieci anni dopo il ritiro persiano, nel 639 l’Egitto fu invaso dagli Arabi, la cui conquista fu permanente. Questo portò ad una paralisi dei pellegrinaggi e di tutti gli interessi economici che ruotavano attorno ad essi, come il commercio di ampolle. Il conseguente dominio arabo causò anche la fuga dei cristiani calcedoniani dall’Egitto, il che si riflesse nel controllo copto di tutti i luoghi sacri egiziani, inclusa Karm Abu Mina, dalla metà dell’ VIII secolo.146

Il centro, pur subendo una consistente contrazione rispetto al VI secolo, vide un incremento di popolazione e la costruzione di nuove case, seppur con materiali di recupero. Gli edifici come il grande Xenodochium, subirono la suddivione dei grandi ambienti che li caratterizzavano in spazi più piccoli e meno ordinati, ospitanti abitazioni o nuove attività commerciali.147 Lo stesso centro ecclesiastico vide una contrazione degli spazi utilizzati, con l’abbandono della Grande Basilica e una riqualificazione della chiesa tetraconca del martyrium in una basilica a cinque navate, il cui catino absidale, spostato più ad oriente, andò a chiudere il varco di accesso tra nartece e Grande Basilica. Di conseguenza la stessa area presbiteriale fu spostata all’altezza del vecchio nartece della Grande Basilica e qui fu costruito un khurus, un elemento caratteristico nell’architettura copta a partire dal VII secolo.148

Questa riorganizzazione del centro, promossa dal Patriarca di Alessandria Michele I (744 – 768), consentì a Karm Abu Mina di viviere un nuovo periodo di lenta espansione durato almeno fino al IX secolo. Gli attacchi dei nomadi del deserto nel 815, che rasero quasi completamente al suolo il centro, portarono al primo abbandono temporaneo di Karm Abu Mina. Solo una trentina di anni dopo, grazie al lavoro del patriarca Giuseppe (830 – 849), fu riparata la chiesa e il centro tornò a vivere. Da allora fino all’XI-XII secolo, in età fatimide, il centro fu per quanto poco, ancora abitato. L’abbandono fu completato solo quando si decise, al tempo del Patriarca Beniamino II (1327 – 1339), di trasferire le reliquie di San Mena presso la chiesa di San Mena al Cairo.149

146

Grossman, Abu Mena: A guide..., cit.; p. 10.

147

Grossmann, The pilgrimage…, cit.; p. 297.

148 Ibid.; p.297. 149

In conclusione si possono ritenere cinque le fasi “vitali” della città-santuario di San Mena.

Perkins150 già nel 1949 fece un interessante accostamento tra la ricostruzione cronologica “ufficiale”, che verrà a breve riportata, e quella legata all’Encomio del manoscritto copto MS. 590 della Piepoint Morgan Library. Il risultato è veramente interessante poiché la fonte copta conferma, pur con delle discrepanze circa alcuni interventi edilizi, quasi perfettamente la datazione proposta dalle rilevanze archeologiche, avvalorandone la ricostruzione cronologia. La prima fase è quella precedente alla morte di San Mena, la stessa della creazione già in epoca pagana delle catacombe nelle quali verrà poi seppellito il corpo del santo. L’Encomio cita solo le catacombe scavate nel suolo.

La seconda fase è riferibile alla costruzione della prima piccola cappella in mattoni sopra la tomba del martire, segno della nascita di un culto a lui legato. L’Encomio racconta dell’edificazione di una piccola cappella in mattoni di fango sopra la catacomba.

La terza fase è quella dell’edificazione della prima chiesa in pietra e della sistemazione della tomba avvenuta secondo l’agiografia ufficiale, per volere del patriarca Atanasio (326 – 378). Malgrado ciò i lavori furono terminati piuttosto tardi, al tempo degli imperatori Valentiniano e Valente (364 – 378). In seguito, al tempo e con l’aiuto dell’imperatore Arcadio (395 – 408), la leggenda vuole che l’arcivescovo Teofilo (385 - 412) fu colui che eresse il primo martyrium a tre navate. L’Encomio accenna all’edificazione della prima chiesa in pietra e della prima cripta.

La quarta è legata al momento di massimo splendore del centro, coevo con il rifacimento della cripta e della prima basilica in forma tetraconca, con l’edificazione di una nuova più grande basilica ad Est e di un nuovo battistero ad occidente. Inoltre vi fu l’ingrandimento di strutture esterne al centro ecclesiastico vero e proprio, come i lavori che interessarono i doppi bagni. Questo improvviso e massiccio sviluppo di Karm Abu Mina, corrispondente alla sempre maggiore fama e ricchezza causata dall’afflusso crescente di pellegrini al centro, avvenne al’incirca tra la fine del V e l’inizio del VI secolo, secondo la leggenda negli anni dell’imperatore Zenone (425 – 491). L’Encomio accorpa l’edificazione della Grande Basilica con i lavori di rimodellamento del martyrium, della cripta e l’aggiunta del battistero.

La fase finale di Karm Abu Mina è quella che, a partire dall’invasione persiana, ha visto un inesorabile anche se lento declino del centro. Fino al X secolo esso ha vissuto momenti incerti, a cui sono seguiti secoli di abbandono. Solo con lo spostamento delle reliquie di San Mena a Il Cairo

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nel XIV secolo si è ufficialmente certificata la fine di Karm Abu Mina. L’Encomio riporta il primo abbandono del centro e l’edificazione di una nuova chiesa nel luogo del martyrium.

Fig. 15 – La basilica del Martyrium tra VII e VIII secolo151