• Non ci sono risultati.

Il problema dell’origine dei cammell

L’iconografia di San Mena è da sempre, quasi inesorabilmente, legata ai cammelli.

Già si è citato un brano di Étienne Quatremère164, che a sua volta cita una fonte egiziana dell’ XI secolo, il quale testimonia la presenza di un grande statua del Santo in piedi su due cammelli. Le stesse ampolle, testimoni con la loro presenza in ogni parte del Mediterraneo della grande diffusione e del successo del culto di San Mena, riportano sul 70% delle loro facce la celebre raffigurazione del Santo orante tra due cammelli.165Ma il problema nasce se si pone l’interrogativo sui motivi che hanno dato origine a questo particolare e fortunato topos iconografico. Nel corso della prima metà del Novecento si tentò di dare una spiegazione all’origine dei cammelli, cercandola all’interno delle numerose e confuse fonti su San Mena. Tra i primi studiosi a occuparsi in maniera precisa di questo argomento vi furono M. A. Murray166 e M. Chaine167, che pubblicarono dei brevi saggi al riguardo nel 1907 e nel 1909.

Murray nel suo saggio evoca un affascinante teoria, ma a suo dire poco realistica, secondo la quale il rapporto tra il Santo ed i cammelli potrebbe derivare da quello più antico tra il dio egizio Arpocrate ed i coccodrilli. Entrambe le benefiche figure comparivano su oggetti che avevano funzioni taumaturgiche, Mena sulle ampolle e Arpocrate in piccole statuette apotropaiche. Messa da parte questa ipotesi la studiosa ammette che non è riscontrabile all’interno delle fonti nessun fatto realmente accaduto che possono aver suggerito l’iconografia di Mena tra i cammelli e che fu questo a causare quello stato di confusione ed incertezza attorno alla figura del martire.

Due anni dopo Chaine critica l’affermazione della collega riportando l’interesse su quale potesse essere l’episodio in questione; che poi questo potesse essere realmente accaduto, diventando un fatto reale, oppure completamente inventato, per lo studioso non aveva alcuna importanza.

Poco più di trent’anni dopo James Drescher168 pubblicò un breve saggio dal titolo eloquente, Saint

Menas’ camels once more, sulla scorta del manoscritto copto MS. 590 della Pierpoint Morgan

Library. Dall’Encomio, dal preambolo alla raccolta dei miracoli e dalla passio Drescher ricava cinque

164

Quatremère, Memoires…, cit.; vedi nota 43.

165

Gilli, Le ampolle di San Mena. Religiosità…,cit; p. 63.

166 M. A. Murray, St. Menas of Alexandria, in “PSBA” n. 29 (1907), pp. 25 – 30, 51 – 60, 112 – 120.

167

M. Chaîne, Note sur les Animaux de Saint Ménas, in “ROC”, n. 13 (1909), pp. 212 – 218.

168

possibili episodi:

1. Il corpo di Mena viene issato su di un cammello che lasciato libero sceglierà da solo il luogo della sepoltura del martire,

2. Il cammello rifiuta di muoversi e lasciare il deserto, facendo capire al tribuno Atanasio che sarebbe ritornato in Frigia senza il corpo benedetto,

3. I cammelli omaggiano San Mena quando li benedice, mentre si trova nel deserto fuori Cotyaeum per sfuggire alle persecuzioni,

4. I mostri con teste a forma di cammello attaccano ma allo stesso tempo omaggiano il corpo di Mena imbarcato verso Alessandria assieme alle truppe di Atanasio,

5. Il santo in realtà era un cammelliere.

I primi due episodi raccontano, nelle loro linee essenziali, la stessa storia: un cammello è incaricato di trasportare il corpo del martire. Esso deve essere lasciato libero di vagare senza alcuna interferenza umana sino al luogo di sepoltura di San Mena, in quanto guidato da Dio. La presenza di due cammelli nelle raffigurazioni del martire, a discapito dell’unico animale citato dalla fonti come portatore delle reliquie, è stata giustificata con una ricerca simmetrica della composizione delle immagini, abbastanza ricorrente nella tarda antichità.169 Gli episodi non spiegano però l’origine dei cammelli, ma piuttosto narrano i motivi che hanno portato la tomba del santo a trovarsi nel mezzo del deserto, in un luogo raggiungibile dai pellegrini solo a costo di grandi fatiche e sacrifici. L’episodio dei mostri dotati di teste a forma di cammello piuttosto che spiegare l’origine dei cammelli, sembra subirne la fascinazione. I tre casi elencati hanno in comune il fatto che gli autori sembrano aver dimenticato il motivo all’origine dell’importanza dei cammelli, tanto che la presenza degli animali sembra dovuta alla loro notorietà che impedisce agli autori di ignorarli.

Gli ultimi due episodi sono quelli che, secondo Drescher, potrebbero spiegare meglio la presenza degli animali nell’iconografia di San Mena. Il racconto che narra l’omaggio e l’inchino dei cammelli al martire per ricevere la sua benedizione è stato visto come la matrice dell’immagine ricorrente sulle ampolle, con il santo orante trai due cammelli con le teste chine. Il problema è che tali raffigurazioni possono essere dettate anche dalla particolare forma del supporto e dalla loro esigua

169

grandezza; mentre in altri esempi iconografici non inerenti le ampolle, gli animali tengono la testa ben ritta. L’episodio rappresenta comunque un passaggio chiave nelle vicende di San Mena in quanto è nel deserto ed in compagnia dei cammelli che egli trasformerà la paura della persecuzione nel coraggio del martirio per la fede. La possibilità che la presenza di cammelli sia dovuta al fatto che San Mena in vita fu un cammelliere è l’ipotesi che Drescher giudica più probabile. Egli afferma che con ogni probabilità, utilizzando la logica e non le fonti, un uomo in quegli anni veniva seppellito nel luogo, o nei pressi del luogo, dove egli aveva vissuto.

Quindi se San Mena visse nel deserto, quale poteva essere la sua attività mentre era in vita? Una risposta logica potrebbe essere appunto il cammelliere, anche se il soldato in una guarnigione vicina era comunque una possibilità concreta. Inoltre l’autore dell’ Encomio, probabilmente una figura di rango, accenna alle origini di cammelliere di San Mena solo per schernire chi poteva pensare a dei natali così umili del martire. Secondo Drescher l’autore tende a considerare qualsiasi tipo di rapporto con i cammelli come irrispettoso e umiliante per San Mena; malgrado ciò egli è costretto a menzionare gli animali poiché egli non può ignorare l’iconografia ufficiale ed il suo successo e la sua diffusione. Lo studioso inglese giunge ad un ipotetica conclusione secondo la quale Mena era effettivamente un cammelliere; una volta morto egli fu trasformato in soldato, un attività sicuramente più degna e decorosa per un santo martire. Successivamente fu deciso che egli visse e morì in Frigia, probabilmente per spiegare il noto santuario che qui si trovava oppure per un errore di confusione con un santo omonimo. Infine fu “promosso” attraverso la creazione dei suoi nobili natali.

Monica Gilli170 recentemente ha suggerito una spiegazione del problema adottando un diverso punto di vista, ricercando l’origine dei cammelli non tanto nell’agiografia bensì nel rapporto sociale tra città e deserto. Secondo la studiosa l’autore copto non si accontenta di dare delle nobili origini a San Mena ma, contraddicendo le fonti stesse, focalizza la sua vita in città, ad Alessandria. Questo mette in secondo piano i rapporti del martire con il deserto, che pure erano ben presenti e conosciuti anche attraverso l’episodio narrato nell’Encomio quando, tra tutti i santi uomini presenti in carcere, solo San Mena non è preoccupato che il suo corpo venga lasciato dopo la morte nel deserto. È pur vero che a partire dal IV secolo in Egitto una scelta di vita in antitesi con quella cittadina esisteva: prima attraverso l’anachoresis e poi con il monachesimo cenobitico che proprio

170

in Egitto trovò terreno fertile e numerosi seguaci.171 I cammelli avrebbero potuto essere simbolo di chi aveva scelto per questa diversa possibilità di vita.

Recentemente è stata presa nuovamente in esame l’ipotesi che l’iconografia di San Mena tra i cammelli possa aver avuto origine dalla rappresentazione di Arpocrate tra i coccodrilli. Questa teoria potrebbe essere verosimile se non concettualmente almeno formalmente, in quanto non era così raro che gli artisti paleocristiani riutilizzassero celebri matrici pagane adattandole a soggetti cristiani.172

In ogni modo l’unica cosa certa riguardo l’iconografia di San Mena ed i cammelli è che essa ebbe origine per una serie di motivazioni che furono ben presto dimenticate tanto che già pochi secoli dopo gli autori delle leggende su Mena non possono menzionarli con chiarezza. Essi però sapevano che la figura dei cammelli era imprescindibile da quella di Mena. L’episodio dei mostri con la testa di cammello e alcuni miracoli dove compare l’animale sembrano testimoniare lo sforzo degli autori di inserire comunque la figura dei cammelli poiché considerata troppo importante anche senza comprenderne davvero il motivo. La semplice spiegazione di Drescher che Mena fosse un cammelliere, seppur logica e assolutamente verosimile, non viene supportata da alcuna altra prova documentaria. Pur non conoscendo il motivo originario dell’iconografia di San Mena tra i cammelli è certo che il legame tra essa e le fonti su Mena sia stato molto stretto. Se l’origine di questa iconografia forse non può essere cercata nei racconti riguardanti la vita del Santo, questi stessi racconti ne sono stati la giustificazione.

171 E. Concina, Le arti di Bisanzio, Milano 2002, pp. 2 – 3. 172