La popolarità di San Mena tra il IV ed il VII secolo in tutto il Mediterraneo fu straordinaria e Karm Abu Mina fu uno dei più importanti centri di pellegrinaggio di tutta la cristianità grazie ai poteri taumaturgici legati alla tomba del martire.
Le numerose ampolle votive contenenti l’acqua o l’olio benedetto presso il suo santuario sono la prova della grande diffusione del culto di San Mena. Anche grazie al fiorente mercato legato ad esse, l’immagine di San Mena divenne familiare a tutto il mondo cristiano: un giovane uomo imberbe e dai capelli ricci, vestito con tunica e clamide, orante e con al fianco due cammelli prostrati ai suoi piedi.
Le origini di questa iconografia, in particolare la presenza dei cammelli ai lati del martire, verranno a breve indagate. Il successo di questa rappresentazione rispetto ad altre, invece, è probabilmente da ricercare presso la tomba di San Mena a Karm Abu Mina, dove con ogni probabilità esisteva una simile raffigurazione.153 Se si escludono le testimonianze iconografiche di San Mena tra IV e VII secolo presenti sulle ampolle, il numero di immagini a lui riferibili diviene esiguo ma conferma l’affermazione di questa iconografia.
La più antica rappresentazione del martire è probabilmente quella del rilievo su lastra marmorea del Museo Greco-Romano di Alessandria, risalente al V secolo (tav. I).154
L’opera raffigura in modo molto semplice San Mena, il quale viene rappresentato come un giovane dai capelli corti e ricci, gli occhi grandi e ben aperti. Il martire indossa una tunica, chiusa in vita da una cintura, ed una clamide gettata all’indietro sulle spalle, oltre a due lunghi stivali; ai suoi piedi, di lato, i due celebri cammelli. Lo sfondo è neutro. La rappresentazione più antica di San Mena rispecchia perfettamente quella che sarà la sua più nota icongrafia. L’immagine, che non proviene dal santuario di Karm Abu Mina, è possibile possa essere originaria del vicino sito dedicato a Santa Tecla, El Dekhela.
153 Ipotesi sostenuta da K. Weitzmann (a cura di), Age of Spirituality: late antique and early christian art, third to
seventh century, Catalogo della mostra, New York 1979, pp. 573 - 574, n. 512; K. Wessel, Koptische Kunst: Die Spätantike in Ägypten, Recklinghausen 1963, p. 18; W. T. Woodfin, An Officer and a Gentleman: Transformations in the Iconography of a Warrior Saint, in “DOP”, n. 60 (2006), p. 114.
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Una pisside in avorio conservata al British Museum di Londra è decorata con rilievi raffiguranti scene del martirio di San Mena (tav. II a – b).
L’opera, di cui sono andati perduti la base ed il coperchio, dovrebbe risalire al VI secolo. La provenienza della pisside è incerta anche se pare probabile l’origine egiziana: malgrado ciò non è possibile affermare che provenga proprio da Karm Abu Mena. 155
La scena principale mostra il prefetto seduto, circondato da uno scriba ed una guardia, mentre osserva l’imminente decapitazione di San Mena. Egli è inginocchiato ai piedi del suo carnefice, nudo eccetto un panno che copre la parte inferiore del corpo, con le mani legate dietro alla schiena. Il giovane è afferrato per i capelli ricci dall’esecutore che ha già alzato la spada pronto a colpire: quest’ultimo veste con una tunica e dei pantaloni. Dietro al martire sta un angelo dalle mani protese in avanti nell’intento di raccogliere l’anima di San Mena. Sullo sfondo una bassa collina ed un albero. Sull’altro lato della pisside è invece rappresentata la classica immagine di San Mena tra i cammelli. Il santo, giovane imberbe e dai capelli ricci, tiene alzate le mani nella posizione dell’orante mentre il capo è cinto dall’aureola. Ai suoi lati i due cammelli inginocchiati ed oltre due coppie di pellegrini, due donne alla sua destra e due uomini a sinistra. La figura di Mena questa volta è inserita all’interno di una struttura architettonica, due colonne tortili sormontate da un arco, che rappresenterebbero parte della sua tomba ipogea. L’immagine mostra comunque una particolare posizione del corpo del Santo, che è lievemente spostato verso sinistra a causa del peso caricato sulla gamba mancina, allungando leggermente la gamba destra: la posizione ricalca quasi alla perfezione quella della lastra marmorea di Alessandria, suggerendone una matrice comune che potrebbe davvero essere l’ipotizzata immagine presso la tomba di San Mena.
Un'altra opera raffigurante San Mena è la placca in avorio conservata al Castello Sforzesco di Milano (tav. III a).
Essa, databile al VII secolo, mostra ancora una volta San Mena orante tra i cammelli, inserito all’interno di un contesto architettonico, ed è l’unica dove è presente l’iscrizione con il nome del santo, posto sulla cornice superiore. Il martire è riproposto con le note caratteristiche fisiche ed indossa la tunica con cintura e lunghe maniche assieme alla clamide fermata sulla spalla destra. Anche questa volta l’elemento più interessante della composizione è quello architettonico posto alle spalle del martire. Esattamente dietro la figura di Mena è visibile un ingresso coperto da una
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cupola o da una semicupola, ai due lati dell’ingresso sono visibili due strutture gemelle. Si tratta di due baldacchini su colonne, ognuno chiuso in basso da una lastra marmorea traforata e contenente due lampade appese, visibili grazie ai tendaggi raccolti di lato. La parte superiore della struttura è chiusa da un frontone al cui apice è posta una croce. In secondo piano, sullo sfondo, sono visibili delle grandi foglie d’acanto. La placca è riconducibile ad una serie di avori che formerebbero la cosiddetta cattedra di Grado156, la cui provenienza e datazione è però dibattuta, oscillando tra il VII secolo ed un’origine siriana o siriaco-egiziana157, ed una datazione vicina all’XI secolo di matrice italiana.158
Tra i più tardi esempi di rappresentazione di San Mena, precedente di poco forse all’invasione Araba, vi è il bassorilievo del Kunsthistorisches Museum di Vienna (tav. III b).
San Mena è raffigurante come al solito al centro, in posizione di orante, giovane uomo imberbe dai capelli ricci. La testa è coronata da un nimbo ai cui lati è presente l’iscrizione greca agios Menas. Le vesti militari sono particolarmente ricche e l’interno del manto sembra ornato da piccole croci simili a croci patenti. Lo spazio viene designato da due colonne ai bordi del rilievo, dai capitelli e dalle basi decorate, e chiuso in alto da un arco sorretto dalle stesse colonne: probabilmente un richiamo al Santuario di San Mena. Ai piedi del martire stanno due piccoli cammelli raffigurati di fianco; mentre sullo sfondo sono visibili due figure di uomini ammantati, forse pellegrini. La rigidità delle linee e la ieraticità della rappresentazione hanno portato ad ipotizzare una provenienza egiziana del bassorilievo, ed una datazione compresa tra il VI ed il VII secolo.159
Oltre a queste raffigurazioni appena citate, sicuramente le più note, esistono altre immagini di San Mena. Esse sono riconducibili a diversi affreschi rinvenuti in monasteri e luoghi di culto copti in Egitto ed ascrivibili al VI - VII secolo. Gli esempi di Kellia160, Bawît161, Abou Girgeh162 rimandano
156 Vedi K. Weitzmann, The ivories of the so-called Grado Chair, in “DOP”, n. 26 (1972), pp. 43 – 91. 157
Ibid.; pp. 82 - 85
158 W. F. Volbach, Elfenbeinarbeiten der Spätantike und des Frühen Mittelalters, Mainz 1976. 159
S. Ensoli, E. La Rocca (a cura di), Aurea Roma: dalla città pagana alla città cristiana, Catalogo della mostra, Roma 2000, p. 602, n. 302.
160
F. Daumas, A. Guillaumont, Kellia I. Kom 219. Fouilles exécutées en 1964 et 1965, v. 1, Il Cairo 1969, pp.23 – 24, n. 23e. Vedi anche M. Rassart-Debergh, Les représentations de Saint Ménas aux Kellia, in "Chronique d’Égypte", n. 85 (2010), pp. 382 – 390.
161
G. Schlumberger, Les fouilles de Jean Maspero à Baouit en 1913, in ” Comptes-rendus des séances de l’Académie des Inscriptions et Belles- Lettres”, n. 63.3 (1919), p. 244.
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tutti all’iconografia classica di Mena orante tra i cammelli, con l’eccezione di Bawît dove i cammelli sono quattro. La loro relativa vicinanza a Karm Abu Mina potrebbe aver influenzato l’iconografia degli affreschi, tramandando in tutti i suddetti casi la raffigurazione più nota del martire a copia di quell’ipotetica rappresentazione presso il Santuario di cui si è già accennato. La testimonianza più rilevante, e forse la più complessa, è però quella del ciclo di affreschi rinvenuti a Medinet Habu ed analizzato e riportato in un saggio da Wilber.163
Il ciclo, composto da quattro parti, è stato rinvenuto sulla parete Ovest di una sala di età tolemaica, nell’angolo nordorientale del tempio di Ramesse III. Gli affreschi, seppur molto rovinati, sono stati datati tra VII e VIII secolo ed in alcuni di essi è possibile riconoscere alcune raffigurazioni di San Mena, oltre ad una serie di iscrizioni (tav. IV a – b). Il martire viene rappresentato sempre giovane, imberbe, dai capelli fluenti e rossi incoronati da un nimbo grigio, mentre indossa una semplice tunica e un manto dal colore variabile. Egli viene ritratto nella prima scena nella posizione dell’orante; nella seconda stante mentre porge un oggetto ad un altro uomo, che un’iscrizione descrive come un cammelliere, visti anche i due cammelli che tieni per le briglie; nella terza in sella ad un cavallo con la mano sinistra alzata nel gesto della preghiera; nella quarta, stando all’iscrizione, mentre resuscita un uomo in presenza di altri testimoni. Due ulteriori figure oranti all’estrema destra del registro vengono dette da un’iscrizione “Elisabetta e la figlia” che, secondo Wilber, potrebbe essere la committente.
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