3 CAPITOLO TERZO: ADOLESCENZA E ADHD
3.2 L'adolescenza
Lo sviluppo è un processo dinamico che ha le basi nei primissimi anni di vita, è in stretta relazione con le caratteristiche dell’ambiente, procede per tappe successive e attraversa dei momenti “critici”, caratterizzati da assenza di equilibrio, che una volta superati portano ad un progresso e ad una organizzazione nuova, più differenziata ed integrata di quella precedente.
Una di queste fasi difficili dello sviluppo della persona è quello dell’adolescenza, periodo piuttosto lungo della vita che va dalla pubertà (11-12 anni) ad un’età quasi adulta (Palmonari, 1991). È importante considerare che mentre l’inizio dell’adolescenza può
essere marcato da un indice biologico (lo sviluppo puberale, che è comunque relativo al contesto di vita), la fine dell’adolescenza è legata a criteri di ordine sociale.
Nell’adolescenza psicologicamente intesa si possono distinguere tre sottoperiodi: c’è una "prima adolescenza" che è caratterizzata da rilevanti mutamenti somatici e psicologici, da cambiamenti a livello di scuola, da un aumento della conflittualità in famiglia e da una gruppalità ancora contraddistinta dalla segregazione sessuale tipica dell’infanzia, a cui seguono un periodo di transizione ed una fase detta “tarda adolescenza” dove prevalgono la preoccupazione per il futuro, un minor conflitto con i genitori e una gruppalità mista (Fonzi, 2001, pag. 281).
Questo periodo della vita è caratterizzato dalla necessità delle persone di affrontare e fronteggiare una molteplicità di compiti di sviluppo (Havighurst, 1952), con lo scopo fondamentale di giungere ad una ridefinizione del proprio concetto di sé che permetta di avere a propria disposizione le conoscenze, le competenze, le abilità ed il repertorio comportamentale adeguato ad entrare a pieno titolo entro nel contesto sociale che caratterizza la realtà adulta delle società in cui sono inseriti.
Secondo Havighurst (1948, 1953) l’adolescenza sarebbe quindi caratterizzata dai seguenti compiti di sviluppo:
• instaurare relazioni nuove e più mature con i coetanei
• acquisire un ruolo maschile o femminile
• accettare il proprio corpo ed utilizzarlo in modo efficace
• conseguire indipendenza emotiva dai genitori e da altri adulti
• raggiungere la sicurezza derivante dall’indipendenza economica
• prepararsi ad un'occupazione
• prepararsi al matrimonio ed alla vita familiare
• sviluppare competenze intellettuali per acquisire competenza civica
• acquisire un comportamento socialmente responsabile
• acquisire un sistema di valori ed una coscienza etica.
Erickson (1950), delinea una teoria dello sviluppo suddivisa in otto fasi che riguardano l’infanzia, la fanciullezza, l’adolescenza e l’età adulta fino alla vecchiaia. Non esiste, secondo Erickson, uno schema evolutivo determinato; ogni individuo ha i propri ritmi in
senso evolutivo e le fasi precedenti non vengono mai abbandonate, ma gradualmente esse si integrano in un “insieme funzionale”. L’adolescenza rappresenta la quinta fase del ciclo di vita e, secondo Erickson, il compito dell’adolescente è quello di acquisire un senso di identità che sia stabile ed integrato, rispetto ad uno precedente più diffuso. In questa fase il ragazzo inizia a prendere consapevolezza dei tratti della propria individualità, delle proprie preferenze, dei propri obiettivi e desideri, delle proprie potenzialità, ma anche dei propri limiti.
Questo processo inizierebbe grazie all’identificazione con i propri pari e con le figure significative a cui l’adolescente riconosce autorità.
La transizione dall’infanzia all’età adulta è un momento difficoltoso che vede la coesistenza di due tendenze: una che spinge verso un mondo adulto, complesso, in buona parte sconosciuto e per alcuni versi inquietante ed un’altra dominata dalla riluttanza a lasciare un mondo sicuro, garantito tipico dell’infanzia.
L’adolescente si trova quindi in una situazione di sofferenza determinata dalla confusione di identità: la crisi di identità di cui parla Erickson nasce proprio dal tentativo messo in atto dall’adolescente di superare l’ambivalenza per lasciare poi spazio alla propria identità, con le caratteristiche di stabilità, di coerenza e di separatezza dagli altri.
È in questa fase che si integrano il senso della fedeltà ai propri schemi di riferimento (valori e ideologie), l’adesione a forme ideologiche e l’appartenenza ad un gruppo che confermi l’adeguatezza dei proprio valori. Solo una volta che si è acquisita un'identità si può arrivare ad una reale intimità con l’altro e con se stessi.
In genere durante l'adolescenza si possono riscontrare i seguenti modelli relativi all'immagine di sé (Damon e Hart, 1982); il giovane:
• dà sempre più importanza ai propri sentimenti e alle proprie emozioni
• riflette di più su se stesso
• si attribuisce qualità caratteriali sempre più stabili riguardo le relazioni sociali
• sviluppa la tendenza a vedere le sfaccettature della propria personalità
Secondo le teorie di Erickson (in De Wit e Van der Veer, 1993) la consapevolezza della propria identità comporta il fatto di avvertire la coincidenza fra lo stile di vita personale e ciò che si rappresenta per gli altri: uno sviluppo positivo dell'identità dell'Io è dato dal sentirsi riconosciuti e accettati dalle persone che stimiamo e dall'essere
consapevoli che l'immagine che abbiamo di noi stessi coincide con la percezione che gli altri hanno di noi.
In un periodo della vita ricco di scelte e decisioni si possono scatenare tensioni e modificazioni repentine spesso accompagnate da esternazioni di squilibrio emotivo: l'adolescente può cominciare a dubitare di se stesso, delle sue qualità, delle sue capacità, del suo funzionamento e a volte anche del senso della sua vita.
Il processo evolutivo adolescenziale si dispiega all’interno di alcuni ambiti sociali privilegiati: la famiglia, la scuola ed il gruppo di coetanei. In questi contesti gli adolescenti entrano in relazione con adulti significativi (i genitori, gli insegnanti, i responsabili dei gruppi adolescenziali) che sono caricati di responsabilità nei loro confronti o con altri coetanei con i quali condividono lo stesso destino evolutivo; essi costituiscono i punti di riferimento essenziali per accompagnare gli adolescenti ad affrontare i compiti di sviluppo.
I sistemi relazionali della famiglia, degli adulti e dei pari, nelle loro intersezioni e articolazioni, costituiscono la trama funzionale in cui si inserisce il processo di crescita adolescenziale in senso evolutivo o, viceversa, patologico. Proprio dall’articolarsi dei diversi sistemi tra cui l’adolescente si muove, in questo gioco evolutivo, si modificano continuamente le qualità dei legami, i vincoli e le relazioni che definiscono la sua stessa “appartenenza” a ciascuno dei sistemi relazionali.
I giovani sono generalmente accompagnati alla maturità dagli adulti responsabili della loro crescita personale e sociale: i rapporti con gli adulti significativi rappresentano dei punti di riferimento imprescindibili per la costruzione del proprio sé e per poter giungere alla maturità adulta come membri positivamente integrati nella realtà sociale in cui vivono. Coloro che sperimentano, invece, gravi carenze nei rapporti significativi con gli adulti e con i loro pari, soprattutto durante i passaggi critici delle fasi esistenziali più propriamente evolutive (infanzia ed adolescenza) incontrano difficoltà a sviluppare la propria personalità in maniera positiva ed integrata e a stabilire rapporti sociali significativi.
La scuola costituisce un contesto di socializzazione centrale ed un luogo di importanza primaria per la definizione dell'identità adolescenziale. In tale ambito, gli adolescenti sperimentano relazioni sia con i propri coetanei, sia con adulti significativi; in particolare, è la qualità del rapporto con gli insegnanti, che spesso si configura come problematica, a rivestire un’importanza fondamentale. In particolare, sulla base del modello concettuale sviluppato da Smith e Tyler (1998), la percezione di essere considerati e trattati con
giustizia dai propri referenti adulti significativi contribuisce in maniera significativa ad una positiva ristrutturazione del concetto di sé ed alla soddisfazione di sé in termini di autostima personale e collettiva. La frequentazione dei coetanei generalmente stimola i bambini ad identificarsi con le norme approvate dal gruppo di appartenenza, a coltivare atteggiamenti e sistemi di attribuzione a cui dare significato e ordine al reale e ad impersonare ruoli inediti che, se gratificanti, contribuiscono ad arricchirli sul piano del prestigio.
Uno dei compiti di sviluppo più importanti per l’adolescente consiste nel raggiungimento dell’indipendenza, che passa attraverso un processo di “emancipazione” dalle figure parentali, che, tuttavia, non significa necessariamente rottura e conflitti nei rapporti familiari (Palmonari, 1997).
Le relazioni familiari, infatti, rivestono un ruolo cruciale nel determinare la competenza e la fiducia con cui gli adolescenti ristrutturano il concetto di sé ed affrontano il periodo di transizione dall'infanzia all’età adulta. Aspetti che sono particolarmente importanti sono l’incoraggiamento dell’autonomia e dell’indipendenza dei figli, la forza dei legami familiari e il sostegno che la famiglia è in grado di offrire agli adolescenti.
Il progressivo distacco dai genitori provoca una sorta di vuoto emotivo e per colmarlo, il giovane ricorre al gruppo di pari.