• Non ci sono risultati.

L’amicizia

Nel documento UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TRIESTE (pagine 65-68)

3 CAPITOLO TERZO: ADOLESCENZA E ADHD

3.3 L’amicizia

Un bambino che chiama amici tutti i suoi compagni di scuola probabilmente non ha nessun amico (Coleridge).

Sono noti l’universale e benefico sentimento che tiene uniti gli amici, ma anche l’impegno e i difficili equilibri che entrano in gioco nella costruzione e nel mantenimento di un’amicizia.

All’interno delle relazioni umane, i legami amicali ampliano gli scenari dell’esperienza e della visione della vita che nascono dai più ristretti rapporti familiari: l’amicizia è risorsa, fonte di benessere, ma è anche motivo di delusione e di sofferenza. Nell’amicizia le persone soddisfano il bisogno umano di valutarsi attraverso il confronto con gli altri.

In particolare, come evidenzia Tesser (1984, in Venuti e De Falco, 2004), il segreto per una buona amicizia è la capacità di trovare nell’altro un termine di paragone da superare, per alimentare il proprio Ego, ma prevede contemporaneamente la capacità di gioire per i successi dell’amico e di saperli condividere. In questo modo l’amicizia fornisce

l’opportunità di confronto e di sviluppo del senso dell’identità in un contesto relazionale sicuro, protetto. Numerosi studi, inoltre, evidenziano che i bambini con una storia attuale di scarse amicizie hanno più possibilità di essere un giorno adulti disturbati (Rubin, 1980; Ginsberg, Gottman e Parker, 1986).

Il bambino è considerato “un essere socialmente competente fin dalla nascita” (Camaioni, 1981). In particolare, le teorie dell’attaccamento derivate dai lavori pionieristici di Bowlby (1969) e di Ainsworth (1973), riconducono una buona qualità delle relazioni sociali ad una relazione sicura di attaccamento madre-bambino relativa al primo anno di vita. Tra le varie discipline che sottolineano l’importanza delle prime esperienze sociali tra pari, l’etologia ha dimostrato che cuccioli di scimmia cresciuti senza la madre, ma a contatto con gli altri piccoli, sviluppano rapporti sociali ben più adeguati rispetto ai cuccioli cresciuti dalla sola madre ed isolati dal contatto con gli altri cuccioli (Harlow, 1969). La genetica inoltre, suggerendo l’analisi delle differenze biologiche individuali, dimostra come specifici aspetti del nostro temperamento, già misurabili tra i 3 e i 6 mesi di età (Lewis e Feiring, 1989), siano predittivi di caratteristiche quali l’estroversione, la socievolezza e la popolarità in bambini di 9 anni di età. Howes (1983) parlando di “protoamicizia” afferma che attorno ai due anni di età emerge il criterio della selettività: a partire da quest’età infatti i bambini non interagiscono con i loro pari in modo interscambiabile, ma prediligono un compagno in particolare. I rapporti tra i bambini contengono tutte le componenti dei rapporti sociali degli adulti: l’attenzione prolungata, l’alternanza di turni, la reciprocità delle risposte e il gioco parallelo. Il sostegno emotivo tra pari è un ulteriore elemento che non va sottovalutato: già alla scuola dell'infanzia i bambini forniscono infatti aiuto e conforto all’amico e offrono un “rifugio sicuro” per elaborare l’eventuale ansia legata alla separazione dal genitore.

Verso la seconda metà del secondo anno di vita l’interazione si arricchisce grazie alla conversazione, alla cooperazione e al gioco di fantasia. Tra i 3 e i 7 anni la maggior capacità di controllare l’emozioni e la regolazione del comportamento rendono possibile un “gioco coordinato” con le esigenze dell’amico e dal legame del gioco si passa, negli anni successivi, al legame e ai valori del gruppo. È con l’adolescenza che l’amicizia diventa il nesso tra sviluppo sociale e sviluppo emozionale e diventa predominante e intensa la componente affettiva. Gli adolescenti analizzano le implicazioni affettive degli eventi interpersonali e delle relazioni e condividono pensieri personali, sentimenti, modi di

definire e di svelare le proprie opinioni sulla vita e di pensare al proprio futuro (Younnis, 1980).

Secondo Selman (1981) la conquista psicologica più importante che permette di sviluppare e mantenere una relazione amicale duratura e intima è la capacità di coordinare le differenti prospettive sociali, il livello più evoluto di amicizia si basa sul riconoscere l’indipendenza di ciascuno e quindi si basa sulla reciproca accettazione dei bisogni dell’altro. Accettare le esigenze e le differenze dell’altro significa anche poter crescere attraverso le sue esperienze e trarne forza vitale e intelligenza sociale.

Grazie alla capacità dell’adolescente di staccarsi dall’interazione e di coordinare simultaneamente le prospettive di più parti coinvolte nello scambio amicale, nascono il gruppo, la capacità e l’esigenza di parteciparvi, il supporto, il coraggio e l’orgoglio che deriva dal farvi parte.

Avere e saper conservare degli amici presuppone comunque una gamma di abilità personali e di risorse e richiede l’acquisizione di specifiche competenze sociali. Caratteristiche che un amico deve avere sono la capacità di:

• esprimere i pensieri e i sentimenti intimi

• infondere fiducia

• assumere la prospettiva dell’altro

• essere altruista

• essere empatico e sensibile

I giovani adolescenti sono un insieme di isolati che in vari modi si sforzano di formare un aggregato, adottando un’identità di gusti (Winnicot,1965).

Come descritto in precedenza, l'adolescenza è caratterizzata da una ridefinizione della relazione con alcune entità sociali significative e dall’allentamento delle relazioni familiari. Il più intenso rapporto ed il confronto con i pari permette infatti agli adolescenti di esplorare nuovi spazi e sperimentare la propria autonomia di comportamento e di scelta: il gruppo amicale viene vissuto come un sostegno strumentale ed emotivo nella ristrutturazione di sé e nella costruzione della propria reputazione e visibilità sociale. Il gruppo svolge delle funzioni importanti (Coleman, 1980):

• funziona come una base sicura: aiuta nei confronti del mutamento. Il gruppo omogeneo come genere, tipico della prima adolescenza, può servire come “base di lancio” per l’approccio con l’altro sesso;

• svolge una funzione nell’orientare l’adolescente verso i valori della propria coorte e nel mettere in discussione gli standard dell’adulto. Il gruppo scolastico aiuta l’adolescente nella formazione delle norme morali e nella comprensione delle condotte da seguire.

Nel formare valori e standard propri, il gruppo favorisce processi di assimilazione e differenziazione dagli altri gruppi. L’adolescente può sapere “chi è” imparando a conoscere “chi non deve essere”.

Il gruppo è il contenitore o il tramite per la formazione di rapporti più esclusivi come le amicizie o le relazioni sentimentali.

Queste considerazioni conducono all’aspetto forse più importante dal ruolo svolto dal gruppo: esso aiuta l’adolescente a ricercare una propria identità.

Nel documento UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TRIESTE (pagine 65-68)