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L'affidamento terapeutico come gestione esterna al carcere

Ecco allora, che si inserisce l'istituto dell'affidamento in prova “in casi particolari”, una misura alternativa introdotta nell'ordinamento penitenziario all'art.47 dalla legge 26 luglio 1975 n. 354, il quale è stato poi trasfuso nel t.u. 9 ottobre 1990 n.309 (art.94), che va a costituire la vera concretizzazione del dettato costituzionale, per cui ai sensi dell'art.27 comma 3°, la pena deve tendere alla rieducazione del reo. E se il regime detentivo del carcere, ha marcatamente sempre più evidenziato la propria inadeguatezza a svolgere questa funzione, l'affidamento in prova, come misura veramente alternativa alla detenzione, è sembrato lo strumento più adatto al perseguimento dello scopo di una

pena rieducativa e risocializzante.

Inoltre, il legislatore ha inteso dar vita a questa misura di carattere terapeutico, proprio per fronteggiare le evidenti esigenze di gestione del sovraffollamento carcerario, non volta al recupero sociale del condannato, marcatamente all'opposto di quanto caratterizza, invece, la fattispecie di cui all'art. 90 d.p.r. 309/90, finalizzata al recupero sociale del condannato50 .

Grazie a tale istituto, il condannato intraprende un rapporto collaborativo con il servizio sociale venendo cosi sostenuto dallo stesso, a superare gli ostacoli posti dalla vita sociale, controllandone tuttavia la condotta, allo scopo di assicurare la rieducazione e ad impedire la commissione di nuovi reati. Ma non appena, si passa ad una applicazione concreta della norma, si evidenziano fin da subito i limiti in essa insisti, a discapito degli obiettivi risocializzanti e rieducativi fin adesso emersi.

La normativa originaria era riferita esclusivamente a condannati che già avessero in corso un programma terapeutico avendo deciso liberamente e autonomamente di sottoporsi ad esso, infatti, la richiesta di affidamento in prova provocava la sospensione o l'interruzione dell'esecuzione obbligando il p.m. A non emettere l'ordine di carcerazione nei

50 F. Fiorentin, Esecuzione penale e misure alternative alla detenzione, Milano,2013, pag.652

confronti del condannato ancora in libertà e a disporre la scarcerazione del condannato se già detenuto. Successivamente la legge di riforma n.663/1986, all'art.11, ha apportato importanti modifiche alla struttura iniziale dell'istituto dell'affidamento in prova al servizio sociale. Un primo, rilevante cambiamento si è avvertito sull'elevazione del limite di pena a tre anni, quale condizione di ammissibilità all'affidamento in prova, senza più alcuna differenziazione dei condannati in base all'età. Inoltre un' altra novità introdotta dalla c.d. “ legge Gozzini ” è data dall'ambito applicativo della misura, che è stato esteso anche ai condannati che, durante l'esecuzione della pena, maturino la decisione di sottoporsi a terapia. Cosi facendo la misura in esame acquisisce una funzione ulteriore: non solo vengono salvaguardati gli effetti di una terapia in corso, ma vi è anche lo scopo di incentivare il condannato tossicodipendente alla scelta terapeutica con l'immediata riacquisizione della libertà.

Il legislatore ha evidentemente ritenuto che il giudizio di pericolosità sociale su cui tale misura si fonda è da considerarsi incompatibile con l'ammissione all'affidamento in prova, il quale ha, come fondamento minimo, la prognosi di non recidività del detenuto51.

Come già accennato precedentemente, l'emanazione del t.u.

309/90, ha trasferito in questa sede la disciplina dell'affidamento in prova in casi particolari (art.94). Il suo inserimento nella normativa relativa agli stupefacenti riflette l'intento di mettere in risalto la differenziazione del trattamento riservato al tossicodipendente, privilegiando la specificità del fenomeno regolato52. Per la nuova collocazione

assegnata alla misura, si era ritenuto che l'art. 47 bis ordinamento penitenziario, fosse stato oggetto di abrogazione implicita53, per questo motivo è risultata opportuna

l'abrogazione espressa.

Con la legge 165/98, si è previsto un meccanismo di sospensione automatica della esecuzione della pena rimessa all'iniziativa del p.m. Vietando contestualmente l'operatività in relazione a condanne per i reati di cui all'art.4bis ordinamento penitenziario (art.656 co. 9° c.p.p.) in relazione ai quali il condannato una volta sottoposto all'esecuzione della pena in carcere, poteva presentare istanza di affidamento terapeutico al p.m., obbligato a disporne la immediata scarcerazione in attesa della decisione di merito del Tribunale di sorveglianza. In sostanza, ciò che era impedito dall'art. 656 co.9° c.p.p. Era invece consentito dalla previsione dell'art.91 co. 4° t.u. 309/90

52 PRESUTTI, Affidamento in prova al servizio sociale e affidamento con finalità terapeutiche, in GREVI, a cura di, L'ordinamento penitenziario tra riforme ed emergenza, Padova, 1994, pag. 320

con la conseguenza che, in relazione alla particolare categoria dei condannati per reati di cui all'art. 4 bis ordinamento penitenziario, l'affidamento particolare risultava necessariamente preceduto da un “assaggio” di carcere in contrasto con le finalità incentivanti alla scelta terapeutica perseguite dalla normativa del t.u.

Per superare tale contraddizione si era prospettata una interpretazione correttiva che ammetteva la sospensione automatica della esecuzione anche quando la pena inflitta al soggetto tossicodipendente conseguisse alla condanna peri delitti di cui all'art.4 bis ordinamento penitenziario54. I termini

della questione sono nuovamente mutati per effetto della legge 49/06 che, in un più ampio progetto di riforma del sistema sanzionatorio (penale e amministrativo) concernente la materia degli stupefacenti, ha rivisitato ex novo la misura in esame, in particolare previsioni specifiche sono state riservate ai tossicodipendenti condannati per i reati di cui all'art.4 bis ordinamento penitenziario, e ciò relativamente sia al congegno della sospensione automatica nella disponibilità del p.m. Sia alla procedura instaurabile dallo stato detentivo. La nuova previsione dell'art.656 co. 9° lett. A c.p.p. Diversifica la posizione di questa tipologia di condannati stabilendo

un'eccezione al divieto generale di sospensione dell'ordine di esecuzione: di questa si potranno giovare i condannati (per i delitti di cui all'art.4 bis ordinamento penitenziario) che si trovano agli arresti domiciliari disposti ai sensi dell'art.89 t.u. 309/90, anch'esso riformato. La norma di rinvio, destinata a limitare l'applicabilità della custodia cautelare in carcere a soggetti in stato di “dipendenza”, prevede la sostituzione con gli arresti domiciliari nella duplice situazione di terapia in atto (co. 1°) o ancora da intraprendere (co. 2°) ed in presenza delle condizioni rispettivamente stabilite.

Alla medesima legge 49/06 si deve inoltre il superamento di un'altra soluzione contraddittoria, infatti, con la legge del 5 dicembre 2005 n.251 si era provveduto ad apportare restrizioni e limiti all'applicabilità relativamente a condannati cui sia stata applicata la recidiva prevista dall'art.99 co. 4° c.p.; in particolare, circa le misure terapeutiche riservate al tossicodipendente, si era abbassata la soglia di accesso riferendola a condanne non superiori a tre anni e vietata la concessione per più di una volta (art.94 bis t.u. 309/90) nonché preclusa al p.m. L'attivazione del meccanismo di sospensione automatica di cui all'art. 656 c.p.p. Sia il contrasto con le linee direttive della normativa in tema di tossicodipendenze, sia i temuti effetti di un incontrollato incremento di presenze in carcere di soggetti in stato di

dipendenza hanno orientato ad una ricalibratura degli irrigidimenti appena introdotti. La caduta dei limiti e dei divieti, è stata confermata in sede di conversione con legge 49/06 che ha, altresì, ratificato il ridimensionamento della preclusione di cui all'art.656 co. 9° lett c) c.p.p. (art.4): da questa, infatti, sono esonerati i condannati tossicodipendenti che, pur dichiarati recidivi “reiterati” a norma dell'art.99 co. 4° c.p., al momento del deposito della sentenza definitiva abbiano in corso un programma terapeutico ove la mancata sospensione ne pregiudicherebbe la disintossicazione.

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