• Non ci sono risultati.

3.3 Procedimento decisorio

Riguardo al procedimento per la decisione sulla richiesta di affidamento terapeutico, chiamato a decidere nel merito è il Tribunale di sorveglianza, la norma dell'art.94 t.u. 309/90 oltre a disporre direttamente (3° co.), rinvia alla previsioni previste per la misura della sospensione dell'esecuzione e in particolare per quelle racchiuse nell'art.92 co. 2° e 3°. Resta priva di una regolamentazione l'individuazione del criterio di competenza territoriale: opera la disposizione generale dell'art.677 co. 1° c.p.p. Che la fissa in relazione al luogo dove si trova l'interessato, vale a dire in capo al Tribunale di sorveglianza avente giurisdizione sull'istituto dove è detenuto il condannato; al contrario, quando la richiesta sia stata presentata dallo stato di libertà la competenza spetta, ex art. 656co. 6° c.p.p., al Tribunale del distretto sede dell'ufficio del pubblico ministero investito dell'esecuzione83. Dalla norma di

rinvio sono ricavabili, invece, le specifiche disposizioni (art.92 co. 1° t.u. 309/90) che regolano le attività propedeutiche,

nonché lo svolgimento della relativa udienza camerale. Si tratta di un sistema, che pone significative varianti rispetto allo schema base del rito di sorveglianza. Dunque, il Tribunale di sorveglianza, dopo aver valutato l'ammissibilità dell'istanza, deve provvedere a fissare senza indugio la data dell'udienza di trattazione, procedendo inoltre ad avvisare il richiedente, il difensore e il pubblico ministero nel termine più ristretto di cinque giorni prima dell'udienza. Entrambi gli adempimenti spettano, in deroga alla disciplina ordinaria che li attribuisce al presidente, all'organo collegiale, in luogo del presidente del Tribunale di sorveglianza a norma dell'art.666 co. 3° c.p.p., cui compete anche la nomina di un difensore al condannato che ne sia privo. E' evidente come la semplificazione della fase introduttiva dell'udienza sia funzionale ad una esigenza di celerità che è insita nella specificità della situazione in cui versa l'interessato84.

In secondo luogo, altra particolarità propria dell'iter propedeutico alla trattazione dell'udienza è riscontrabile, ancora una volta dalla norma di rinvio, laddove si stabilisce che l'impossibilità di notificare l'avviso di udienza al domicilio indicato nella richiesta o (dopo l'integrazione operata dalla legge 49/06) all'atto di scarcerazione, cui si accompagni la mancata comparizione dell'interessato all'udienza, determina

84 C. Iasevoli, L’affidamento in prova in casi particolari, in Gazzetta forense, 2012, n.5, allegato speciale, pag.18

la inammissibilità della richiesta stessa.La previsione, si presta, in verità, a non poche incertezze sul piano interpretativo che la giurisprudenza ha ritenuto di poter superare attraverso una lettura teleologicamente orientata, cosi da attribuire rilevanza alla sola mancata presentazione personale del condannato85.

Conformemente alla ratio legis, il condannato deve indicare un domicilio controllabile e deve offrirsi all'esame del giudice: “ se manca una qualsiasi di queste condizioni, la domanda non può neppure essere presa in esame, a meno che il condannato (inadempiente sul punto dell'indicazione di domicilio, ma eventualmente informato dal difensore) compaia egualmente in udienza, dove potrà e dovrà fornire un'indicazione più veritiera. In tal modo il secondo fatto dedotto in condizione ( la presentazione personale) funge ad un tempo da requisito per l'esame della richiesta e da sanatoria della prima eventuale inadempienza”86.

Una simile interpretazione parrebbe, trovare oggi un evidente ostacolo nella previsione contenuta nel co. 2° bis dell'art. 677 c.p.p., introdotto dall'art. 4 co. 9° d.l. 18 ottobre 2001 n. 374 conv. Legge 15 dicembre 2001 n. 438, in forza del quale l'indicazione del domicilio costituisce adempimento

85 A. Presutti, subart. 94 d.P.R. 309/199, cit. pag. 545

86 Fassone, La pena detentiva in Italia dell'800 alla riforma penitenziaria, Bologna, 1982, op. cit., pag.64

obbligatorio per il condannato non detenuto relativamente a qualunque istanza circa i provvedimenti di competenza del giudice di sorveglianza pena l'inammissibilità dell'istanza stessa87. Al riguardo è bene prendere in considerazione la

diversa ratio che sta alla base delle due previsioni. Mentre lo scopo di quella codicistica è quello di facilitare, il regime delle notificazioni nel contesto delle procedure di sorveglianza, la finalità propria della disposizione del t.u. 309/90 è, piuttosto, quella di provocare la partecipazione personale del condannato all'udienza cosi da permettere al giudice una verifica circa la sua affidabilità in ordine alla esecuzione del programma terapeutico, consentendogli una osservazione diretta che tiene luogo di quella personologica di tipo penitenziario non prevista per la misura in esame88. Cosi

ragionando, si viene ad escludere l'estendibilità del co. 2° bis alla procedura instaurata a seguito della richiesta di

87 C.s.n. 17-12-09, Mammoliti, Dir.pen.Proc.10, 803 nel ribadire tale obbligo generale ha espressamente escluso l'ipotesi in cui la richiesta sia avanzata dal difensore dell'irreperibile o latitante, circa l'obbligatorietà di questo adempimento, in generale, v. C 23-10-07,Colantoni,R.pen 08,1189 che, pertanto, ha ritenuto irrilevante la precedente dichiarazione di domicilio effettuata nel procedimento di cognizione. V.pure, C 3-6-07,G.A.,Dir. Pen.Proc.07,1585 la quale,proprio con riferimento alla richiesta di affidamento terapeutico e alla procedura in cui all'art.92 t.u. 309/90, ha stabilito che è causa di inammissibilità anche la omessa comunicazione del

mutamento di domicilio; contra, C 11-3-09, Raffio, A.n.proc. Pen.10,232; C11-5-05, Elkhinni, ivi 06,697,sul rilievo che,trattandosi di norma eccezionale,non si può ammettere una interpretazione in malam partem; analogamente,ma per l'assenza di sanzioni previste circa la comunicazione delle relative modificazioni

affidamento particolare, proprio per evitare che venga sacrificata la caratterizzazione di uno strumento volto a orientare verso la scelta terapeutica. Inoltre, la previsione contenuta nel 3° co. Dell'art.94 amplia significativamente i poteri istruttori del Tribunale di sorveglianza, attribuendogli la facoltà di ricavare elementi di prova, utili ai fini della decisione, dagli atti del procedimento che ha portato alla condanna, atti che pertanto possono essere acquisiti, e da indagini specifiche che quindi possono essere disposte in ordine alla terapia in corso o ancora da intraprendere. Nemmeno si esclude che richieste di precisazioni e di chiarimenti possano essere inoltrate alla struttura sanitaria competente. In altre parole, l'iniziativa istruttoria del Tribunale di sorveglianza muove comunque nella direzione di un approfondimento sia sullo stato di tossicodipendenza sia sulla attitudine terapeutica del programma concordato. In questo senso è orientata la giurisprudenza di legittimità, che , in più occasioni, ha evidenziato la necessità che il programma terapeutico approvato dalla struttura sanitaria sia sottoposto al vaglio critico del tribunale. Perciò si è ritenuto, di doversi escludere l'automatico accoglimento dell'istanza, affermandosi la non vincolatività dell'attestazione tanto dello stato di tossicodipendenza quanto della idoneità del programma terapeutico, dalla quale il Tribunale è legittimato

a discostarsi, essendo tenuto a fornire soltanto adeguata motivazione89.

In merito alla decisione, il Tribunale deve provvedere nel rispetto del termine di quarantacinque giorni, quando il procedimento si sia avviato a seguito della sospensione dell'ordine di esecuzione, essendo avanzata, cioè, l'istanza dalla libertà. In base a ciò, non è dato mettere in dubbio, vista l'espressa previsione exart.656 co. 6° ultimo periodo, c.p.p. Altrettanto non è riscontrabile, invece, per l'ipotesi in cui la richiesta sia avanzata dallo stato detentivo, la disciplina del procedimento previsto dal 2° co. Dell'art. 94 non contiene, infatti alcuna previsione al riguardo. Deve, dunque, farsi riferimento alla norma che regola la stessa vicenda con riguardo alla fattispecie ordinaria, da ritenersi valida in virtù del richiamo contenuto nel 6° co. Dell'art. 94 alle regole previste nella legge penitenziaria. Rileviamo, comunque, nel silenzio della legge che sia la giurisprudenza che la dottrina sono volte ad affermare il carattere ordinario di questo termine; l'eventuale sfondamento di quest'ultimo, infatti, non sembrerebbe giustificare un simile effetto, sia in considerazione del fatto che ne uscirebbe compromesso quell'interesse alla cura cui è preordinato l'affidamento

particolare, sia considerando del tutto incoerente “rimandare in carcere l'interessato per fatti indipendenti dalla sua condotta”90. Il tribunale, a seguito della decisione, è tenuto a

dare immediata comunicazione della relativa ordinanza al pubblico ministero competente per l'esecuzione, il quale in caso di non concessione della misura o di mancata conferma della sua applicazione provvisoria da parte del magistrato di sorveglianza, è tenuto a emettere ordine di carcerazione. Vista la ricorribilità in Cassazione, ex art.656 6° co. c.p.p., si rende necessaria, un'informativa all'interessato, al suo difensore e all'ufficio che esercita la funzione di pubblico ministero di fronte al Tribunale di sorveglianza in quanto diverso da quello competente per l'esecuzione91.

90 Fassone- Basile- Tucillo, La riforma penitenziaria, cit. pag. 145 91 A. Presutti, sub art. 94, pag. 548

Documenti correlati