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TIPICA LUNGHEZZA D'ONDA λ (µm)

2.6. SITUAZIONI SUPERFICIALI ETEROGENEE

2.6.4 L’ambiente urbano

Il processo continuo di urbanizzazione ha prodotto radicali cambiamenti nella natura della superficie e delle proprietà atmosferiche di una regione, alterando i bilanci di radiazione e di energia ed anche i trasferimenti di massa. Per esempio, l’inquinamento atmosferico, aumentando la torbidità dell’aria, altera i trasferimenti di radiazione, mentre la presenza massiccia di dense costruzioni aumenta la capacità termica del sistema e la sua impermeabilità. Inoltre la geometria a blocchi, tipica di una città, produce trappole per la radiazione e stagnazioni ed incanalamenti di aria e, oltre a questi effetti, un generale aumento globale della rugosità superficiale. Le masse d’aria provenienti da zone rurali a relativamente bassa rugosità, avvicinandosi ad una città incontrano una forte discontinuità che determina lo sviluppo di un IBL (Fig.2.42) noto come strato limite urbano (UBL, Urban Boundary Layer). Al di sotto del UBL, l’inviluppo delle

strutture edificate che compongono la città costituiscono la Canopy Urbana, un microclima completamente distinto e determinato dalla forma e dalla geometria degli edifici. Quando finalmente la massa d’aria lascia la città, subisce un nuovo cambio di rugosità che svilupperà un nuovo strato limite interno (Rural Boundary Layer) che eroderà progressivamente l’UBL.

Fig. 2.42: rappresentazione schematica del PBL urbano (Oke, 1987).

Si consideri ora un volume di studio costituito dalla città e dal sovrastante strato limite. Il bilancio energetico relativo a tale volume di studio è il seguente:

A S E F

N Q H H Q Q

R + = 0 + +∆ +∆ [2.121]

dove QF è il calore sviluppato entro il centro abitato e derivante dalle attività umane (il riscaldamento degli edifici è sicuramente la fonte principale), ∆QS è lo storage di calore operato dalle strutture edilizie e viarie e ∆QA è il calore trasportato per avvezione. Quanto sia differente il bilancio energetico in una città risulta abbastanza evidente considerando la Fig.2.43 (in cui al posto di RN, H0 e HE vengono usati i simboli Q*, QH e QE). Nella Parte (a) è presentato l’andamento giornaliero delle varie voci del bilancio nella parte suburbana della città, già abbondantemente influenzata dalla presenza degli edifici, mentre nella parte (b) abbiamo le osservazioni contemporanee operate in una zona poco distante, ma completamente rurale ed infine nella parte (c) sono presentate le differenze dei vari termini di bilancio fra il valore presentato nella zona suburbana e nella zona rurale. Si nota immediatamente come la presenza della città riduca drasticamente il flusso di calore latente ed aumenti di molto lo storage di calore. Oltre a ciò risulta evidente come nella zona rurale la radiazione netta sia superiore e ciò è dovuto, tra l’altro, alla profonda differenza di albedo tra le superfici costruite ed asfaltate e quelle rurali. Un’altra interessante peculiarità dell’ambiente suburbano è che H0 permane positivo anche dopo il tramonto, fenomeno determinato dall’enorme storage di calore operato dalle strutture edilizie.

Molto più complesso è analizzare nel dettaglio la struttura interna della Canopy Urbana. Per prima cosa l’interno di una città può essere visto come l’insieme variamente organizzato di edifici, schematizzabili come parallelepipedi regolari. Se si considera un edificio isolato, la perturbazione che esso induce sul flusso dell’aria è profonda e difficile da modellizzare. In Fig.2.43 viene rappresentata schematicamente questa perturbazione. Nella parte (a) vengono indicate le linee di flusso e in tale figura si può notare il vortice sottovento all’edificio che inevitabilmente si viene a creare. Il profilo verticale del vento così perturbato è indicato con maggior dettaglio nella parte (b) della figura, mentre nella parte (c) vengono mostrati i dettagli del vortice sottovento creato dalla presenza della costruzione. Di fatto, questo vortice sottovento rappresenta una zona di stagnazione per il flusso di aria. Sfortunatamente in una città gli edifici sono molti e ravvicinati e spesso creano dei veri e propri canyon in cui sono collocate le strade che costituiscono le principali sorgenti di inquinamento cittadino. Se il canyon è molto largo, come nella parte (a) di Fig.2.44, ciò che si nota è il normale vortice sottovento ad un edificio isolato che si instaura quando, detto H l’altezza dell’edificio e W la sua dimensione orizzontale

lungo la direzione del vento, H/W<0.4. Le cose si complicano quando H/W aumenta fino a 0.7, perché, come si vede nella parte (b), gli edifici iniziano ad interferire gli uni con gli altri, dando luogo ad un debole disaccoppiamento tra l’aria che scorre al di sopra e l’aria che sta tra di essi.

Se si supera il valore di 0.7 per H/W, si viene a creare un vero e proprio canyon urbano, cioè una porzione di aria confinata tra due file di edifici quasi completamente disaccoppiata dall’aria sovrastante, in cui si instaurano uno o due vortici, a volte permanenti ed a volte intermittenti, che scambiano aria con l’atmosfera sovrastante mediante un debole effetto di entrainment.

Questa situazione è la classica situazione che si riscontra nella maggior parte del centro cittadino delle più popolate città del mondo.

Fig.2.43: bilancio energetico contemporaneo in un ambiente rurale e cittadino (Cleugh e Oke, 1986).

Fig.2.43: perturbazione indotta da un edificio isolato (Oke, 1987).

Fig.2.44: regimi fluidodinamici in ambiente urbano (Oke, 1987).

Fig.2.46: geometria di un canyon urbano.

Gli inquinanti emessi dagli autoveicoli entro il canyon vengono di fatto intrappolati in questa struttura producendo elevati livelli di inquinamento dell’aria. La situazione è quindi quella descritta nella Fig.2.45, in cui è mostrato anche il meccanismo con cui le emissioni prodotte alla sommità di edifici elevati vengono risucchiate dal canyon vicino. La presenza o meno di vortici entro una canopy urbana dipende da molti fattori.

Fig.2.45: problemi di inquinamento in un canyon urbano (Oke, 1987).

z

x H

W

Riassumendo (Yamartino e Wiegard,1986; Lee e Park,1994; Baik e Kim, 1999), si ha che:

• la presenza o meno di vortici entro il canyon dipende dall’angolo θ tra la direzione del vento sopra la città e l’asse del canyon. Solo quando θ < 20° non si hanno vortici;

• la combinazione tra coefficiente di forma del canyon (H/W) e velocità media del vento al di sopra dello stesso determina il numero di vortici che si vengono a generare. Per un coefficiente di forma di 1.5, una velocità del vento di 1.2 m⋅s-1 già è in grado di produrre un vortice ed una di 3.7 m⋅s-1 di produrne due. Tali soglie si abbassano con l’aumentare del coefficiente di forma del canyon;

• nel caso della presenza di un solo vortice, la componente u e w del vento entro il canyon rispettivamente trasversale e verticale rispetto all’asse dello stesso possono essere ottenuti dal semplice modello di Hotchkiss e Harlow (1973). Se si utilizza il sistema di riferimento riportato in Fig.2.46, si ha che:

( ) (

ky

) ( )

kx

u ky

u 1 sin

1 1

0





 + − ⋅ −

− ⋅

= γ β γ

β [2.122a]

( ) ( )

kx

ky u

w cos

1 1

0

⋅ −

= β

γ

β [2.122b]

dove u0 è la velocità media del vento sopra il canyon, k=π/W, β = exp(-2kH), γ = exp(ky) e y = z-H.

• la componente del vento lungo l’asse del canyon può essere posta pari a v=u0cos

( )

θ I vari canyon, più o meno sviluppati, non costituiscono solo una trappola (parziale o totale) per gli inquinanti, ma anche per la radiazione e l’energia. In effetti siamo di fronte a geometrie complesse costituite da superfici orizzontali, verticali ed oblique (variamente orientate) che riflettono (spesso con coefficienti di albedo molto differenti) la radiazione solare diretta. Di fatto sulle differenti superfici si potrà instaurare un differente bilancio radiativo ed un differente bilancio energetico e il risultato finale sarà quasi sempre il fatto che la struttura a canyon risulta anche una trappola di calore e ciò giustifica il fatto che l’aria nei vari canyon, e quindi l’aria della canopy urbana che ne è l’inviluppo, è mediamente più calda dell’aria presente al medesimo tempo nelle aree rurali. Questo fenomeno di maggior riscaldamento delle aree urbane rispetto alle rurali è noto col nome di isola di calore.

Fig.2.47: l’isola di calore urbana (Oke, 1976).

In Fig.2.47 viene illustrato come può cambiare la temperatura dalle zone urbane al centro della città. Il parametro quantitativo impiegato è l’intensità dell’isola di calore:

rurale urbano

r

u T T

T = −

[2.123]

Da questa figura si vede come normalmente ci sia un picco di ∆Tu-r nei pressi del centro della città, probabilmente in corrispondenza dei canyon più profondi e più stretti. Nelle zone meno densamente edificate, l’intensità dell’isola di calore diminuisce ed è interessante vedere come la presenza di un parco entro la città determini l’instaurarsi entro l’isola di calore urbano di un’isola fredda. L’intensità dell’isola di calore varia durante la giornata e tipicamente presenta valori maggiori nelle ore notturne e minori nelle ore diurne, soprattutto in quelle pomeridiane.

Oltre a ciò, si è verificato che tale parametro dipende dalla dimensione della città, dalla sua popolazione, dal tipo di struttura edilizia e di materiali di costruzione e dal tipo di viabilità cittadina prevalente. Inoltre l’intensità dell’isola di calore presenta una notevole dipendenza dalla velocità del vento, decrescendo con l’aumentare di quest’ultima.

Ciò che è più evidente in una struttura urbana è la capacità di immagazzinare calore e la manifestazione dell’isola di calore ne è una dimostrazione immediata. Tuttavia ancora più interessante è analizzare il profilo verticale della temperatura potenziale (Fig.2.48). Nella parte (a) sono mostrati i profili diurni, da cui si vede come il tipico profilo verticale di temperatura potenziale nella zona urbana sopravvento alla città venga modificato dalla presenza dell’isola di calore sia entro la città che nelle zone rurali immediatamente sottovento. La modifica più profonda di tale profilo sta nel fatto che lo strato di entrainment si pone costantemente in corrispondenza della massima estensione verticale del TIBL. Interessante è la parte (b) dove sono presentati i profili notturni. Come si nota, mentre nelle zone rurali sopravvento il profilo termico è tipicamente notturno, entro l’UBL il profilo è sostanzialmente convettivo, e questa convettività deriva dal rilascio notturno di calore accumulato nelle ore diurne entro le strutture edilizie della città. Ancor più interessante è la situazione nella zona rurale sottovento. Entro l’Internal Boundary Layer che si sviluppa immediatamente a valle delle città il profilo è tipicamente notturno. Nello strato tra la sommità di questo strato limite interno e il TIBL prodotto dalla città (il pennacchio cittadino) il profilo è convettivo, mentre sopra il TIBL il profilo torna gradualmente ad essere stabile.

Fig.2.48: profili verticali di temperatura potenziale in ambiente urbano (Oke, 1987).