TIPICA LUNGHEZZA D'ONDA λ (µm)
2.6. SITUAZIONI SUPERFICIALI ETEROGENEE
2.6.3 Superficie coperta dalla vegetazione
⋅
= C U
x a H
x
p
t ρ γ
δ [2.118]
dove a vale 1.5 e γ è il gradiente di temperatura potenziale sopra il TIBL. La validità di tale relazione è limitata al caso in cui il profilo verticale della temperatura potenziale dell’aria sopra il mare aperto sia leggermente stabile (un valore tipico potrebbe essere 0.001 K/m). Al di la dei limiti insiti nella derivazione della (2.118), va detto che la sua applicazione risulta complicata dalla dipendenza piuttosto forte di δt da γ (che è un parametro difficile da determinare).
Un modello meno semplificato ma formalmente più complesso è stato proposto da Gryning e Batchvarova (1990), il cui pregio modello sta nel fatto che nella determinazione dell’estensione verticale del TIBL si tiene conto non solo dei meccanismi convettivi, ma anche di quelli meccanici. Il problema, però, che tale modello presenta è la sua incapacità a raggiungere un’altezza di equilibrio a grandi distanze dalla linea di costa.
2.6.3 Superficie coperta dalla vegetazione
Estese porzioni di terraferma sono ricoperte dalla vegetazione presente in forme e dimensioni diverse a seconda della latitudine. Si passa da coltivazioni di cereali ed erba, quindi vegetazione abbastanza bassa, alle foreste tropicali con estensioni verticali estremamente rilevanti. La presenza della vegetazione è un elemento che può recare perturbazioni profonde al PBL ed indurre alterazioni climatiche, fondamentali per la vista della Terra. Il tema è complesso ed affascinante e non sarà possibile qui trattarlo in maniera sufficientemente estesa, pertanto ci limiteremo solo ad una breve presentazione sull’argomento, ampiamente basata su Oke (1987).
Una superficie con copertura vegetale rappresenta un sistema complesso non solo dal punto di vista geometrico, ma anche per il fatto che gli elementi strutturali presenti alla superficie interagiscono con l’ambiente esterno in maniera decisamente attiva. Per studiare globalmente un tale sistema è conveniente individuare un volume di controllo limitato superiormente da una superficie che rappresenti l’inviluppo superiore di tutta la vegetazione ed inferiormente da una superficie posta nel sottosuolo ad una profondità in cui sia praticamente nullo il flusso verticale
di calore. Il bilancio energetico semplificato di questo sistema è dato dalla relazione seguente:
A P S E
N H H Q Q Q
R = 0 + +∆ +∆ +∆ [2.119]
dove ∆QS è lo storage fisico di calore, cioè l’assorbimento o il rilascio di calore dall’aria, dal suolo e dalla biomassa vegetale presente (foglie, rami, fusti, ecc.); ∆QP rappresenta, invece, lo storage biochimico cioè il calore necessario per assimilare la CO2 mediante il processo di fotosintesi; ∆QA, spesso trascurabile, rappresenta il trasporto orizzontale di calore causato dalla geometria e dalla struttura fisica dell’ambiente circostante il nostro volume di riferimento.
L’elemento attivo presente in una superficie a coperta vegetale è il comportamento biochimico della vegetazione sintetizzato dal processo di fotosintesi secondo cui, almeno in prima approssimazione, la disponibilità di CO2, di H2O e di radiazione ad onda corta determina la creazione di carboidrati (CH2O) e quindi l’accrescimento della pianta. Il tasso di assimilazione di CO2 per la fotosintesi sia P (g⋅(m2h)-1). Oltre a ciò, la pianta presenta anche il fenomeno noto come respirazione, secondo cui il vegetale consuma carboidrati per restituire all’aria CO2. Il tasso di perdita di CO2 per respirazione sia R. Pertanto il tasso netto di fotosintesi risulta pari a
R P P= −
∆ ed il tasso di calore coinvolto nel processo è dato da ∆QP =Φ⋅∆Pdove Φ è il calore di assimilazione del carbonio. Nelle ore diurne, P è maggiore di R e quindi la vegetazione è un utilizzatore di CO2. Nelle ore notturne, invece, ∆P risulta negativo e quindi la vegetazione diventa una sorgente di CO2. Il mezzo usato dalla vegetazione per realizzare questo scambio di CO2 è rappresentato dagli stomi, cioè da pori presenti sulle foglie, la cui densità è di 50÷500 stomi⋅mm-2 di foglia e, quando sono aperti, l’area da essi occupata è circa lo 0.3÷1% dell’intera area fogliare. La loro funzione è quella di valvole di regolazione nel processo di trasferimento di H2O e CO2 tra pianta ed atmosfera. In effetti, all’alba, le cellule di guardia presenti negli stomi registrano la presenza di radiazione ad onda corta e comandano l’apertura degli stomi. A questo punto gli stomi presentano all’aria la loro superficie interna dove realizzano l’assorbimento di CO2 ed il rilascio di H2O. L’evaporazione di acqua (traspirazione) è quindi una conseguenza inevitabile della fotosintesi. Il grado di apertura degli stomi dipende dall’intensità luminosa, dalla temperatura ambiente e dalla concentrazione di CO2. Quando la luce diviene insufficiente oppure quando il contenuto di acqua della pianta è basso per l’eccessiva traspirazione della pianta stessa (stress idrico della pianta), le cellule di guardia chiudono gli stomi impedendo la fotosintesi e la traspirazione e quindi regolando gli scambi di massa con l’esterno. Anche la forma geometrica della vegetazione ha un ruolo importante negli scambi con l’aria circostante.
Le forme possibili sono tantissime. Se si considerano per esempio prati e coltivazioni di cerali, si può vedere che la vegetazione può essere vista come uno strato omogeneo sulla verticale.
Viceversa colture di mais, girasole, patate e molti alberi presentando le foglie prevalentemente nella parte alta delle piante determinano una canopy layer cioè uno strato di aria sotto le fronde, con caratteristiche fisiche molto differenti dall’aria sovrastante. Pertanto l’atmosfera sopra il suolo si divide in due strati principali, uno sotto le fronde della vegetazione (la canopy layer) e la parte sopra le fronde. Nel caso delle foreste tropicali, la struttura della vegetazione è tale da definire diverse canopy layer sovrapposti.
Se consideriamo il profilo verticale della velocità del vento sopra la vegetazione in una situazione quasi adiabatica, si nota che vale la solita legge logaritmica. Estendendo verso il basso tale profilo, si nota che tale profilo potrà essere espresso dalla relazione seguente:
( )
(
0)
* k ln z d z
u
uz = ⋅ − [2.120]
dove d è lo zero plane displacement height già introdotto in precedenza e spesso dell’ordine di 2/3 l’estensione verticale della vegetazione. Pertanto la superficie a quota d rappresenta la
superficie attiva per lo scambio di quantità di moto tra vegetazione e atmosfera. In realtà, come si vedrà poi, il vento non si annulla a d+z0, ma il profilo entro il canopy presenta un andamento ben diverso da quello logaritmico che però si raccorderà gradualmente col profilo logaritmico, innalzandosi sopra la copertura vegetale. Analogo comportamento presentano anche il profilo di temperatura media, di umidità media e di concentrazione media di CO2. Se si considerano i profili verticali delle principali variabili meteorologiche medie e degli altri indicatori della turbolenza del PBL (ad esempio le varianze), si nota che, detto hc l’estensione media verticale della vegetazione, a quote superiori a 2÷3hc la situazione è quella normalmente incontrata nel PBL con un suolo nudo e senza vegetazione. In effetti sono del tutto applicabili le relazioni di Similarità di Monin-Obukhov per il SL, purché si sostituisca la quota z con (z-d). Va rilevato che anche in questo caso, nei profili verticali della velocità media del vento, della temperatura potenziale (virtuale) e dell’umidità compariranno rispettivamente le lunghezze di rugosità z0, zh e zq che esprimono la capacità della canopy vegetale di assorbire o emettere rispettivamente quantità di moto, calore ed umidità. E’ interessante però considerare come varia z0. Se si immaginasse di avere inizialmente un suolo nudo e di inserirvi un numero sempre crescente di alberi con chioma, z0 aumenterebbe fino al punto in cui le chiome si incominciano ad unire tra loro, dopo di che questo aumento cesserà perché si instaurerà un effetto di schermo che riduce la capacità individuale delle piante di assorbire quantità di moto. Il valore massimo assunto da z0
sarà prossimo a hc/5.
Fig.2.40: valori osservati di velocità media del vento, stress e standard deviation della componente u e v entro la canopy vegetale (Kaimal e Finnigan, 1994).
Da quanto appena detto ci si deve aspettare che la situazione entro la canopy sia molto diversa da quella prevista dalla Similarità. Dato che la copertura vegetale può essere la più varia, è conveniente considerare la situazione più studiata, rappresentata da foreste abbastanza omogenee a chioma alta. Si prenda in considerazione inizialmente il profilo verticale del vento medio, della covarianza u' w' e delle varianze σu e σw. A tal proposito si consideri la Fig.2.40, che organizza alcuni dei dati sperimentalmente disponibili. Nella parte (a) è illustrato il profilo
della velocità del vento normalizzata rispetto a u(hc) in funzione della quota normalizzata z/hc. Ciò che si nota immediatamente è che il profilo non è di tipo logaritmico. Se poi si considera la parte (b) della figura dove è graficata la covarianza u' w' normalizzata rispetto al valore assunto ad hc, si nota come la quantità di moto sia quasi completamente assorbita dalla porzione superiore della copertura vegetale, praticamente annullandosi vicino al suolo indicando quanto la turbolenza entro la canopy sia disomogenea. Se ora si considerano le deviazioni standard σu e σw, si nota un loro decremento con l’abbassarsi entro la canopy; alla quota hc esse però non presentano il valore tipico adiabatico previsto dalla Similarità (2.5u* e 1.25u* rispettivamente) ma valori inferiori che lentamente raggiungono i valori canonici solo al di sopra di 3hc.
Nella Fig.2.41 è presentato il profilo verticale della temperatura potenziale virtuale media sia nelle ore notturne che in quelle diurne. Considerando il profilo diurno, si nota che mentre sopra la canopy il gradiente termico risulta negativo, entro la canopy il gradiente (in modulo) si riduce velocemente fino ad annullarsi a z/hc = 0.75. Al di sotto l’aria presenta gradienti termici positivi.
Pertanto, nelle ore diurne, entro la vegetazione si viene ad instaurare uno strato di aria stabile dello spessore del dispacement height. Tuttavia se si considera la parte destra della figura, si nota come il profilo verticale di w'θ'(normalizzato rispetto al valore assunto a hc) sia circa nullo al suolo e cresca costantemente con la quota fino a raggiungere un valore costante sopra la canopy. Si è quindi di fronte ad una situazione molto particolare perché alle quote inferiori a 0.75hc abbiamo un flusso di calore positivo con un gradiente termico positivo, cosa che richiederebbe un coefficiente di diffusione turbolenta negativo (fisicamente non ammissibile).
Si è quindi di fronte ad un flusso controgradiente non spiegabile con una chiusura di tipo K, ma spiegabile dalle raffiche intermittenti discendenti. La situazione notturna è esattamente speculare rispetto a quella diurna: il gradiente termico è positivo per quote superiori a 0.75 hc e negativa per quote inferiori, cosa che evidenzia uno strato d’aria instabile vicino al suolo nelle ore notturne. Comportamento analogo si riscontra anche per il flusso di umidità.
Fig.2.41: profilo verticale di temperatura potenziale e di flusso di calore sensibile nella vegetazione (Kaimal e Finnigan, 1994).