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TIPICA LUNGHEZZA D'ONDA λ (µm)

2.5 IL PBL IN CONDIZIONI DI OMOGENEITÀ SUPERFICIALE

2.5.3 Il PBL stabile

Spesso non è possibile trascurare il flusso di calore sensibile all’entrainment e quindi questa relazione non è applicabile. Tuttavia, come evidenziato da Stull (1988), tra il flusso sensibile al suolo e quello all’entrainment esiste, con buona approssimazione, una relazione del tipo:

z w AR

w i =

− 'θ' 'θ' [2.110a]

dove AR vale circa 0.2. Pertanto in questo caso la (2.108g) si trasforma in:

i

Per come è stato concepito, questo modello trascura totalmente l’apporto meccanico della turbolenza e ciò comporta una inevitabile sottostima delle previsioni in tutte quelle situazioni in cui tale apporto è percentualmente significativo o predominante (specialmente nelle prime ore convettive della giornata).

Un approccio differente alla determinazione dell’evoluzione prognostica di zi parte da considerazioni di bilancio dell’energia cinetica turbolenta. Rimandando per i dettagli a (Sozzi e al., 2002), uno dei risultati che si può ottenere da tale approccio è il modello ottenuto da Batchvarova e Gryning (1994) che si riassume nella relazione differenziale seguente:

( ) [ ( ) ] ( )

in cui wh è la velocità di subsidenza (molto difficile da determinare e spesso trascurabile) e A, B e C sono parametri numerici cui si attribuiscono normalmente i valori 0.2, 2.5, 8. Tale modello è un’equazione differenziale ordinaria che richiede la conoscenza dell’evoluzione temporale di u*, del flusso al suolo

( )

w'θ's =H0Cp e di γ.

2.5.3 Il PBL stabile

Il PBL può diventare stabile ogni volta che la superficie terrestre risulta più fredda dell’aria sovrastante e ciò avviene nella maggior parte delle ore notturne sopra territori pianeggianti; in questo caso si parla di PBL Notturno (NBL). Comunque un PBL stabile può formarsi anche quando si ha un’avvezione di aria più calda sopra una superficie a temperatura inferiore. In un PBL Stabile (SBL) la turbolenza è molto meno intensa di quella caratteristica delle situazioni

convettive, i vortici turbolenti in esso presenti sono di dimensioni ridotte e sono il risultato della turbolenza meccanica prodotta prevalentemente dallo shear del vento. A differenza del PBL convettivo, lo SBL non presenta sempre le medesime caratteristiche: a volte la turbolenza risulta sufficientemente continua ed in questo caso si ha un rimescolamento sufficientemente uniforme, anche se di gran lunga meno intenso di quello presente nelle situazioni convettive. Più spesso, invece, la turbolenza presenta un elevato grado di intermittenza, con una forte localizzazione nello spazio e nel tempo. In questo caso la caratteristica più evidente è un disaccoppiamento dei processi che hanno luogo entro il PBL dalle forzanti superficiali. Un altro fenomeno ricorrente in un SBL, soprattutto nelle ore notturne, è la presenza contemporanea della turbolenza e di fenomeni oscillatori (onde di gravità) che a volte interagiscono tra loro rendendo arduo comprendere quali siano gli effetti di un fenomeno e quali gli effetti dell’altro.

L’assenza di strutture turbolente di grandi dimensioni comporta fa sì che il SBL non abbia una individualità molto spiccata (cioè non è facilmente individuabile in maniera univoca) e non presenti un elemento di discontinuità (come l’entrainment nel caso convettivo) che lo separi nettamente dall’atmosfera libera. In effetti la turbolenza, che raggiunge il massimo di intensità al suolo, decresce progressivamente ed in modo graduale fino a scomparire a distanze dal suolo relativamente piccole (da qualche decina di metri a qualche centinaia di metri a seconda dell’intensità della turbolenza meccanica al suolo e quindi in funzione della velocità del vento).

Ci sono due sintomi interessanti che evidenziano il SBL. Il primo è il fatto che spesso si riscontra nel profilo verticale della velocità del vento un massimo anche molto marcato che supera il valore geostrofico: a tale massimo normalmente viene attribuito il nome di low-level jet. In prima approssimazione tale livello rappresenta la quota massima a cui si spinge la turbolenza generata al suolo e quindi può essere considerato come l’estensione del SBL h, dal punto di vista della turbolenza atmosferica. Il secondo fatto importante è che durante le ore stabili e soprattutto notturne si ha un forte raffreddamento del suolo che genera un conseguente raffreddamento dell’aria sovrastante, in diminuzione con il progressivo aumentare della quota.

Risulta quindi individuabile facilmente uno strato di inversione termica che aumenta col trascorre delle ore notturne e che è del tutto indipendente dallo strato di atmosfera interessato dalla turbolenza meccanica. Pertanto il SBL risulta caratterizzato da due distinte estensioni verticali: una è h e rappresenta la porzione di atmosfera interessata dalla turbolenza meccanica e l’altra è hT che indica lo strato di atmosfera interessato dal forte raffreddamento notturno dell’aria indotta dal raffreddamento radiativo del suolo. Da ultimo, va osservato che i bassi livelli di turbolenza presenti sono la causa di una estrema difficoltà pratica di misura che non aiuta certo nella comprensione dei fenomeni, di per sè complessi, caratteristici di questo regime.

La letteratura scientifica ha proposto differenti definizioni di altezza del SBL h e ciò ha creato una notevole confusione e indeterminazione, come chiaramente descritto in Wetzel (1982). Le principali definizioni sono:

• la quota hv cui corrisponde il massimo del profilo verticale della velocità del vento (low level jet);

• la quota hi a cui si estende il massimo raffreddamento (in pratica la quota dove termina l’inversione della temperatura potenziale);

• la quota h dove diviene trascurabile la turbolenza

Analizzando però la realtà del SBL , si nota immediatamente che si possono individuare due elementi caratteristici di questa parte di atmosfera:

• la turbolenza presente in una piccola zona di atmosfera a contatto col suolo, originata principalmente dalla shear del vento. Se si è interessati a questo fenomeno, e questo è il caso quando l’obiettivo è, per esempio, la dispersione degli inquinanti, è inevitabile che per

altezza del SBL si intenda l’estensione dello strato di atmosfera in cui è rilevabile della turbolenza. Pertanto le definizioni corrette sarà h. Tale quota in qualche modo risentirà delle forzanti al suolo (la friction velocity in particolare), anche se ad esse non potrà adeguarsi velocemente come nel caso convettivo.

• il secondo elemento è il raffreddamento dell’aria, conseguenza del forte e progressivo raffreddamento del suolo. La situazione è molto differente dalla precedente, visto che il suolo può solo raffreddarsi e si raffredderà prevalentemente in maniera radiativa. In questo caso non è tanto la situazione al suolo a determinare l’estensione verticale a cui si è propagato il raffreddamento, quanto piuttosto il tempo trascorso dal termine dell’immissione di energia nel suolo (in ultima analisi il tempo dal tramonto). Pertanto ciò a cui si assiste è un progressivo aumento col trascorre del tempo dello spessore di atmosfera hi interessata da questo raffreddamento. All’inizio della notte, soprattutto con velocità del vento elevata, h potrà essere maggiore di hi, mentre nelle ultime ore della notte, soprattutto con venti deboli, potrebbe essere vero il viceversa. In quest’ultimo caso fino alla quota h sarà presente della turbolenza, mentre a quote superiori, anche se inferiori ad hi la turbolenza sarà assente.

Da tutto ciò non è facile dire quanto possa valere h e l’unico modo semplice per determinarlo è l’analisi dell’eco del SODAR (strumento elettroacustico che, ad intervalli regolri, invia un impulso sonoro e che successivamente analizza l’eco di ritorno). In Fig.2.34 è presentato l’andamento temporale dell’eco (ciò che normalmente viene chiamato il facsimile) in cui, per ragioni tecniche, il tempo cresce da destra a sinistra; per una sua interpretazione si ricordi che tanto più una parte del facsimile è scura, tanto maggiore è l’eco di ritorno e tanto più elevata è la turbolenza. Focalizzando l’attenzione sulla parte scura inferiore, risulta evidente uno strato turbolento vicino al suolo di circa 200 metri che inizia al tramonto e persiste per l’intera notte:

questo è proprio l’altezza h cercata. In realtà in figura sono presenti altre zone scure a quote maggiori, che rappresentano solo situazioni locali di tipo differente.

Fig.7.4: il fac-simile SODAR per una situazione notturna (Neff, 1986).

Molto lavoro è stato fatto per ottenere un modello che fosse in grado di descrivere h in funzione di parametri misurabili al suolo, anche se le conclusioni a cui si è giunti non sono incoraggianti, come evidenziato in Seibert e al. (1998). Il problema principale incontrato sta nel ritardo con cui la turbolenza si propaga verso l’alto. Considerando solo le situazioni in cui le forzanti al suolo potevano essere considerate sostanzialmente costanti per lungo tempo, sono state ottenute alcune relazioni di tipo diagnostico per h che inevitabilmente devono essere interpretate come il valore assunto da h all’equilibrio. Le principali relazioni ottenute sono le seguenti:

(

u*L f

)

12

a

h= [2.112a]

f u b

h= [2.112b]