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L’applicazione dell’AIRC in Italia L’Antitrust

L’analisi d’impatto della regolazione sulla concorrenza

3.4. L’applicazione dell’AIRC in Italia L’Antitrust

Alla luce dei due fattori di contesto descritti in precedenza, la regolazione delle attività economiche e l’attenzione dedicata alla concorrenza all’interno delle procedure AIR, si descrive di seguito il livello di diffusione raggiunto dall’AIRC in Italia.

Come già ricordato all’inizio del capitolo, una importante attività di AIRC viene svolta dall’AGCM attraverso l’esercizio dei propri poteri di advocacy con i quali interviene per segnalare eventuali distorsioni anticoncorrenziali presenti in atti aventi forza di legge, disegni di

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legge o anche atti amministrativi. Inoltre, allo scopo di supportarne la diffusione fra le altre amministrazioni, l’AGCM ha pubblicato sul proprio sito alcune linee guida per realizzare una corretta AIRC.

3.4.1. Le linee guida sull’AIRC

Per quanto riguarda le linee guida, l’Autorità ha pubblicato già nel 2007 delle linee guida per l’AIRC (Lacava, Lalli, Mazzantini, Oliva, Saba, 2007)22: le linee guida si trovano in un documento che riporta anche

un caso di studio basato su una collaborazione con la regione Toscana che, nel 2006, ha sottoposto ad AIRC, con la consulenza dell’AGCM, un disegno di legge regionale che avrebbe dovuto regolamentare la possibilità, per i veterinari, di allestire presso i propri studi medici i cosiddetti pet corner (vale a dire degli spazi riservati alla vendita al pubblico di beni inerenti la salute degli animali). In base a queste linee guida, l’AIRC si suddivide in cinque fasi da svolgere in successione fra loro.

Queste linee guida si basano sulle checklists di matrice OCSE, ma risultano ormai un po’ datate e necessiterebbero di un aggiornamento che tenga conto delle esperienze maturate a livello internazionale da altre AI (vedi quelle della CMA) e degli stessi aggiornamenti introdotti dall’OCSE negli ultimi anni (come una maggiore attenzione agli effetti prodotti delle norme sulle possibilità di scelta del consumatore).

3.4.2. L’efficacia dell’attività di advocacy

Come detto, fin dalla sua istituzione l’AGCM svolge anche una vasta attività di advocacy utilizzando gli strumenti descritti nella tabella 3.2.

Nel 2015 l’Antitrust ha iniziato a pubblicare sul proprio sito gli esiti dell’attività di monitoraggio delle proprie segnalazioni per verificare il tasso di ottemperanza delle amministrazioni ai suoi provvedimenti; ciò consente di valutare, da un lato, quale sia l’efficacia della sua attività di advocacy e, dall’altro, quale sia la diffusione della cultura della concorrenza fra le altre amministrazioni.

Le segnalazioni prese in considerazione nel primo monitoraggio ufficiale sono relative agli anni 2013 e 201423, mentre una seconda

22. Per un commento, si rimanda a G. Mazzantini (2008).

23. Il documento è consultabile alla pagina http://www.agcm.it/component/

101 pubblicazione riguarda le segnalazioni del biennio 2014-201524; altri

studi pubblicati in anni precedenti, tuttavia, avevano realizzato di fatto una sorta di monitoraggio in via “ufficiosa”25.

In questo capitolo faremo riferimento ai dati del biennio 2014- 2015 – i più congruenti con l’orizzonte temporale preso a riferimento in questo Rapporto – in cui le delibere emesse dall’Autorità e successivamente oggetto di monitoraggio sono state 176 (di cui, in particolare, 76 nel 2014 e 100 nel 2014). Tali delibere sono state adottate ai sensi degli articoli 21, 22 e 21-bis della legge 287/1990, oppure ai sensi di normative diverse dalla legge antitrust26.

Su un totale di 176 interventi, in 96 casi l’AGCM ha riscontrato un esito positivo (75 esiti positivi e 21 parzialmente positivi) pari a un tasso di successo del 55% (derivante dalla somma degli esiti positivi, il 43%, e degli esiti parzialmente positivi, il 12%), mentre gli esiti negativi sono stati il 33% (58 casi); infine, la percentuale di casi non valutabili si è attestata al 12%27. Tali dati sono in linea con quelli

relativi al biennio 2013-2014.

Per quanto attiene alla distribuzione per base giuridica (per la classificazione utilizzata, si rimanda alla Tabella 3.2), nel periodo considerato, su un totale di 176 interventi:

joomdoc/monitoraggio%20advocacy/Advocacy%202013-2014.pdf/download.html. 24. Si veda il rapporto alla pagina http://www.agcm.it/component/joomdoc/ monitoraggio%20advocacy/Advocacy%202014-2015%20aggiornamento%20 maggio%202016.pdf/download.html.

25. Si vedano, in particolare, P. L. Parcu (1996), E. Arisi, F. M. Esposito (2008), G. Mazzantini (2011).

26. Per un commento, si rimanda a A. Argentati, R. Coco (2016). 27. Gli esiti degli interventi sono stati classificati come segue:

• positivo: ottemperanza piena tra quanto richiesto e quanto attuato;

• parzialmente positivo: parziale ottemperanza (tale categoria include i casi in cui le amministrazioni o il legislatore, pur non risolvendo del tutto le criticità sollevate, hanno comunque agito o stanno agendo nella direzione auspicata);

• negativo: mancata ottemperanza;

• non valutabile: impossibilità di giudizio per ragioni eterogenee. Sono i casi in cui non è stato possibile dare un giudizio né positivo né negativo, perché, ad esempio, l’Autorità ha formulato suggerimenti rispetto al contenuto di atti non ancora adottati (cfr. AS1117, AS1133), ha fornito il proprio parere nell’ambito di procedure tuttora in corso dinanzi ad altri organismi (cfr. AS1054), non ha chiesto l’adozione di condotte positive specifiche (cfr. AS1098 e AS1099), la normativa richiamata nell’intervento è cambiata (cfr. AS1031, AS1032).

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• 41 sono stati adottati ai sensi dell’art. 21; • 84 ai sensi dell’art. 22;

• 25 ai sensi dell’art. 21-bis;

• 23 ai sensi dell’art. 22 su richiesta della Presidenza del Consiglio di ministri (ex. art. 4 della legge n. 27/2012);

• 3 ai sensi di normative diverse dalla legge n. 287/1990.

Come è possibile notare dalla Tabella 3.3, le segnalazioni che hanno riscontrato un tasso di successo maggiore sono quelle avviate in base all’art. 22 della legge 287/1990, vale a dire i pareri espressi dall’Autorità quando la norma oggetto della segnalazione non è ancora entrata in vigore e che rappresentano, dunque, la vera attività di AIRC. Il dato conferma come il fattore tempo abbia un’importanza fondamentale per la buona riuscita delle segnalazioni, visto che è senz’altro più semplice per le amministrazioni correggere un testo prima della sua approvazione piuttosto che modificarlo una volta entrato in vigore.

Tab.3.3 - Risultati del monitoraggio degli interventi di advocacy effettuati dall’Antitrust, divisi per base giuridica dell’intervento

Positivi (A) Parzialm. Positivi (B) A+B Negativi Non va- lutabili casin. Art. 21 24% 15% 39% 59% 2% 41 Art. 21 bis 52% 52% 48% 84 Art. 22 49% 16% 65% 11% 24% 25 Art. 22 PcM 44% 44% 52% 4% 23 Altra normativa 33% 33% 66% 33% 3 Totale 2015-2014 43% 12% 55% 33% 12% 176 Totale 2014-2013 46% 10% 56% 34% 10% 185

Un secondo dato rilevante è legato al soggetto che avvia il procedimento per il parere, il quale può essere richiesto dalla

103 pubblica amministrazione che sta per emanare la norma, o emesso di ufficio dall’Autorità: nei casi, infatti, in cui il parere è stato richiesto dall’amministrazione, i tassi di successo salgono al 73% (grazie al 63% degli esiti positivi e al 10% degli esiti parzialmente positivi), a fronte dell’8% di esiti negativi e del 19% di casi non valutabili; nel caso in cui il parere sia stato emesso su iniziativa dell’Antitrust, invece, le percentuali scendono al 46% per ciò che riguarda gli esiti positivi (9% positivi e 37% parzialmente positivi), mentre gli esiti negativi salgono al 18%, con il 36% dei casi non valutabile. Anche in questo caso si può intuire che se è la stessa amministrazione che desidera valutare l’impatto sulla concorrenza di una sua norma o regolamento, i tassi di successo saranno maggiori rispetto ai casi in cui è la stessa Autorità che interviene d’ufficio segnalando gli aspetti anticoncorrenziali della norma.

3.4.3. I pareri inviati alle altre Amministrazioni indipendenti I dati reperibili sul sito dell’Antitrust permettono anche di fare un focus sulle segnalazioni e sui pareri rilasciati nei confronti della altre AI, cui vengono attribuiti compiti di regolazione settoriale.

In particolare, fra il 1997 ed il 2015 l’AGCM ha esercitato i propri poteri di advocacy nei confronti di altre Autorità di regolazione e/o vigilanza settoriali per 71 volte: nel dettaglio, 52 erano destinati all’AGCOM, quattro all’AVCP, quattro all’ISVAP, tre all’ART, due all’AEEGSI, due alla CONVIRI, due all’ANAC, uno alla BdI e uno contestualmente alla BdI e alla CONSOB.

L’elevato numero di pareri inviati all’AGCOM dipende dal fatto che quest’ultima, per legge, è tenuta a chiedere all’Antitrust un parere, non vincolante, sui provvedimenti regolamentari rientranti negli ambiti di sua competenza (ad esempio, in merito alla “forza di mercato” degli organismi di telecomunicazione che svolgono attività regolamentata, alle offerte di interconnessione, ecc.).

L’anno in cui si è raggiunto il picco di segnalazioni e pareri rivolti alle altre AI è stato il 2006, con 16 interventi complessivi, mentre nel 2015 ne sono stati inviati sette (di cui, tre all’AGCOM, uno all’ART, uno all’ANAC, uno all’AEEGSI e uno alla BdI). Molti di questi, tra l’altro, sono stati richiesti dalle stesse Autorità settoriali all’Antitrust nell’ambito dell’attività di regolazione da loro svolta, allo scopo di chiedere dei chiarimenti su regolamenti che avevano importanti ricadute concorrenziali. Per un dettaglio, si veda il grafico 3.2.

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Graf. 3.2–Pareri e segnalazioni inviate dall’AGCM alle altre Autorità settoriali, divise per anno (1997-2015)

Di seguito verrà presentata una breve rassegna dei principali pareri e segnalazioni che l’Antitrust ha inviato alle altre AI nel corso del 2015.

In particolare, la segnalazione inviata alla BdI ex art. 21 della legge 287/1990 nel gennaio 2015 (AGCM, 2015a) aveva ad oggetto il decreto legislativo 141/2010, e successive modifiche, il quale ha modificato il TUB con l’aggiunta del nuovo titolo VI-bis intitolato Agenti in attività finanziaria e mediatori creditizi, stabilendo, all’art. 128-quater, c. 1, che gli Istituti di pagamento debbono avvalersi di una rete agenziale composta solo da agenti in attività finanziaria iscritti in un apposito elenco tenuto dall’Organismo degli agenti e dei mediatori (di seguito anche OAM). La norma citata stabilisce altresì che questa riserva di attività si applicata solo agli agenti in attività finanziaria che operano per conto degli Istituti di pagamento autorizzati dalla Banca di Italia, e che l’iscrizione all’elenco, gestito dall’OAM, è subordinata al pagamento di specifici contributi e al rispetto di obblighi di aggiornamento professionale.

L’Autorità ha ritenuto che i vincoli previsti dalla normativa comportino una discriminazione per gli operatori nazionali rispetto a quelli esteri. Questi ultimi, infatti, possono operare in Italia, in

105 concorrenza con quelli italiani, senza essere sottoposti al quadro normativo nazionale, il quale pone ulteriori vincoli rispetto a quelli previsti a livello comunitario. L’Autorità ha pertanto concluso che tale discriminazione sia idonea a incidere negativamente sulle dinamiche competitive dei mercati dei servizi di pagamento, determinando ingiustificate possibili barriere all’entrata e, successivamente, un ostacolo al permanere sul mercato. Allo stato attuale risulta che alla segnalazione non è stato dato seguito da parte della BdI.

Il parere ex art. 22 della legge 287/1990 avente come destinataria l’ART, invece, è stato inviato ai sensi degli articoli 1 e 2 del Protocollo d’intesa sottoscritto tra l’Autorità e l’ART il 27 agosto 2014, con il quale le due Autorità hanno definito modalità di collaborazione su questioni attinenti alla regolazione dei trasporti e che prevede anche «lo scambio di pareri e avvisi su questioni di interesse comune»28.

Tale parere è originato da una richiesta di parere della stessa Autorità in merito ad uno Schema di atto di regolazione recante misure per la redazione dei bandi e delle convenzioni relativi alle gare per l’assegnazione in esclusiva dei servizi di trasporto pubblico locale passeggeri e definizione dei criteri per la nomina delle commissioni aggiudicatrici (AGCM, 2015b). L’Autorità ha, nel complesso, valutato positivamente il contenuto dell’atto di regolazione; tuttavia, ha sottolineato che gli obiettivi di miglioramento delle condizioni concorrenziali nelle gare del TPL, perseguiti dall’atto, rischiano di essere vanificati poiché il provvedimento non affronta il tema della dimensione dei lotti di gara con particolare riferimento alle criticità concorrenziali connesse con lo svolgimento di gare a lotto unico, soprattutto laddove il lotto è particolarmente ampio poiché coincidente con l’intero bacino regionale. L’Autorità ha pertanto auspicato che l’ART riveda lo schema di regolazione nel senso di prendere in considerazione anche la tematica della dimensione dei lotti rispetto ai bacini di programmazione. In questo caso i suggerimenti contenuti nel parere, che era stato sollecitato dall’ART, sono stati applicati.

La segnalazione AS1232 inviata ai sensi dell’art. 21 della legge 287/1990 aveva invece ad oggetto la delibera dell’AGCOM 396/15/ CONS Nuovi obiettivi statistici di qualità e nuove tariffe degli invii postali universali ai sensi dell’art. 1, comma 280 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, che ha incluso la Posta prioritaria pro nel servizio universale (AGCM, 2015c). L’Antitrust nella sua segnalazione ha rilevato come tale delibera abbia ampliato il contenuto del servizio universale stesso, contrariamente a quanto la stessa Autorità aveva auspicato

28. Protocollo d’intesa AGCM - ART, 27 agosto 2014, art. 1, comma 2, lettera c).

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in precedenti segnalazioni, in cui invitava invece a restringere il perimetro del servizio universale al fine di incentivare lo sviluppo di dinamiche competitive piene nei mercati dei servizi postali.

Inoltre, l’Autorità ha rilevato che il servizio di Posta prioritaria pro, soprattutto alla luce delle sue caratteristiche (prezzo, tracciabilità cosiddetta light, tempi di consegna e nuovi scaglioni di peso), è suscettibile di porsi in competizione con i servizi offerti dai corrieri espressi, in particolare con riferimento all’attività connessa allo sviluppo dell’e-commerce. Pertanto, l’Autorità ha concluso sostenendo che l’inclusione nel servizio universale del servizio in oggetto ne comporta un ingiustificato ampliamento, idoneo a distorcere la concorrenza nei mercati postali, soprattutto con riferimento all’attività connessa allo sviluppo dell’e-commerce, ovvero la consegna di invii postali con oggetti di modesto valore. In questa attività, infatti, Poste Italiane opererà beneficiando di contributi pubblici e godendo dell’esenzione IVA, così da usufruire di vantaggi concorrenziali non disponibili ai concorrenti che prestano servizi analoghi. L’Autorità ha quindi auspicato che l’AGCOM riconfiguri opportunamente il servizio universale tenendo conto delle osservazioni compiute. Anche in questo caso la segnalazione non ha avuto seguito.

L’Antitrust nel 2015 ha inviato anche un parere ex art. 22 della legge 287/1990 all’AEEGSI a seguito della richiesta della stessa di valutare eventuali profili anticoncorrenziali connessi alla diffusione di dispositivi per la messa a disposizione in tempo reale ai clienti dei dati relativi al proprio consumo, realizzati dalle imprese distributrici di energia elettrica (AGCM, 2015e). Tale richiesta di parere era connessa alla consultazione DCO 186/2015/R/eel Energy footprint: messa a disposizione dei dati di consumo storici di energia elettrica ai clienti finali in bassa tensione. L’Antitrust nel suo parere ha valutato come ampiamente condivisibile e apprezzabile la scelta – compiuta dall’AEEGSI nel corso del processo di consultazione – di non qualificare la messa a disposizione dei dati dettagliati di consumo come mera estensione del servizio di misura. L’Autorità ha inoltre ritenuto condivisibile la valutazione compiuta di equivalente fattibilità tecnica e neutralità delle due soluzioni tecnologiche in questione per l’estrazione di dati di consumo. In questo contesto, l’Autorità ha preso atto dell’intenzione dell’AEEGSI di regolamentare le modalità di commercializzazione, da parte dei distributori, dei dispositivi cosiddetti in-home device (rappresentati solo dallo Smart info di Enel). Sul punto, l’Autorità ritiene che eventuali modalità di commercializzazione potrebbero ad esempio prevedere che i soggetti interessati ad acquisire i dispositivi (società di vendita

107 di energia, società fornitrici di servizi energetici, ecc.) possano rivolgersi direttamente ai produttori dei dispositivi stessi, i quali potrebbero produrli su licenza, con una remunerazione a favore del soggetto sviluppatore basata su specifiche royalties, quantificate alla luce dei costi effettivamente sostenuti dallo stesso sviluppatore. Più in generale, in un contesto quale quello attuale caratterizzato da misuratori non dotati della necessaria interoperabilità, l’Autorità osserva che eventuali restrizioni della concorrenza nell’offerta di servizi a valore aggiunto connessi alla disponibilità da parte degli utenti dei propri dati di consumo elettrico potranno ricevere adeguata tutela ai sensi delle disposizioni nazionali e comunitarie in materia di concorrenza.

Infine, il parere ex art. 22 della legge 287/1990 che l’Autorità ha inviato all’ANAC aveva in realtà come destinataria principale l’ANCI ed è stata indirizzata anche all’ANAC per eventuali profili di sua competenza (AGCM, 2015d). L’Autorità, infatti, a fronte di diverse richieste di intervento in materia di affidamento del servizio di illuminazione pubblica, ha svolto una serie di considerazioni relativamente, fra le altre cose, alla presenza di una proprietà mista degli impianti di illuminazione pubblica comunale e alle corrette modalità di acquisizione degli stessi da parte degli Enti locali. Le norme in materia di affidamento della gestione e manutenzione dei servizi di illuminazione pubblica dispongono infatti che la totalità dei relativi impianti sia di proprietà del comune, mentre l’Autorità ha constatato che molti comuni scelgono di acquistare gli impianti subordinatamente all’affidamento diretto, allo stesso soggetto proprietario, dei lavori per il loro ammodernamento/riqualificazione illuminotecnico. L’Autorità ha ritenuto che questa scelta, oltre a non avere alcun tipo di fondamento giuridico, determini importanti ostacoli allo sviluppo di una effettiva concorrenza per il mercato della gestione dei servizi di illuminazione pubblica, avvantaggiando ingiustificatamente l’impresa precedentemente affidataria diretta nelle successiva gare per l’assegnazione dei relativi servizi.

L’Autorità nel suo parere ha, pertanto, concluso riaffermando il principio secondo il quale una corretta azione amministrativa sotto il profilo concorrenziale, con riguardo alle modalità di affidamento dei servizi di pubblica illuminazione, richiede che i comuni procedano preliminarmente all’acquisto dei punti luce di proprietà di terzi mediante acquisto bonario o tramite procedura di riscatto e solo successivamente procedano ad affidare, secondo le modalità consentite dall’ordinamento, il servizio di gestione e manutenzione, eventualmente comprensivo dei necessari lavori di adeguamento

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illuminotecnico. Tali considerazioni potranno essere utili anche all’ANAC nel momento in cui deciderà di pubblicare delle indicazioni relative ala stesura dei bandi di gara in materia di servizi di pubblica illuminazione.

3.5. L’applicazione dell’AIRC in Italia. Le Autorità di regolazione