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Attività e modelli di enforcement

6.2. Il ruolo degli altri livelli di governo

L’Unione Europea riveste un ruolo sempre più cruciale nella ridefinizione delle funzioni regolatorie delle AI degli Stati membri, che inizia a influire, come già accennato, anche sulla riorganizzazione dei poteri di enforcement, avocandone a sé parte della responsabilità. Accanto all’ormai tradizionale ruolo di sprone nella richiesta di rafforzamento delle attività nazionali di enforcement, l’UE tende a ricoprire ormai anche il ruolo di attore di questa fase cruciale dell’implementazione di policy, attraverso la devoluzione verso l’alto di poteri di enforcement prima appannaggio degli Stati membri.

Per quanto concerne il primo aspetto, rispetto all’enforcement delle regole sulla concorrenza, tema molto sentito al livello europeo, nel novembre del 2015 la Commissione ha lanciato una consultazione pubblica4 per modificare il Regolamento CE 1/2003,

del 16 dicembre 2002, concernente “Attuazione delle regole di concorrenza dell’Unione europea: applicazione degli articoli 101 e 102 del TFUE”. La nota divisione dei poteri prevede che la regolazione

4. Cfr. la news sul sito dell’Osservatorio AIR, del 16 novembre 2015.

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antitrust sia effettuata a livello sovranazionale, mentre la sua effettiva implementazione e l’enforcement devono essere assicurati dai singoli Stati membri. Tuttavia, l’assenza, nel Regolamento, di previsioni efficaci e di strumenti da affidare ai governi nazionali perché questi potessero garantire accuratamente l’applicazione della normativa nel loro territorio, ha costituito un motivo di preoccupazione per la Commissione, che ha aperto la consultazione con l’obiettivo di integrare la regolazione esistente con maggiori poteri di enforcement a livello statale. I punti di maggiore attenzione erano quattro e riguardavano, rispettivamente: a) le modalità con cui ciascuno Stato membro avrebbe potuto operare indipendentemente nell’enforcement della normativa antitrust europea e dotarsi delle risorse e dello staff a ciò necessario; b) la necessità di dotare gli Stati membri di un efficace strumentario per indagare e individuare le infrazioni; c) la necessità di dotarli anche del potere di imporre sanzioni alle compagnie che avessero compiuto le infrazioni; d) l’opportunità di incoraggiare le autorità nazionali antitrust ad adottare programmi di clemenza nei confronti delle compagnie che optassero per la denuncia di collusioni e cartelli.

Si ricordi che, come si è illustrato nella precedente edizione, l’Unione Europea è stata negli ultimi anni molto attiva anche nel promuovere pratiche alternative a quelle tradizionalmente basate sulla coercizione per l’applicazione delle norme (Cacciatore, 2015, pp. 94ss.).

Per quanto concerne, invece, il secondo aspetto, il fenomeno della verticalizzazione dell’enforcement, come accennato, coinvolge in misura ancora marginale, ma crescente anche le AI italiane, sebbene questo non si rispecchi sempre anche in una riorganizzazione dello strumentario di enforcement per la parte di competenza nazionale. Come si legge nella Relazione annuale sulle attività del 2015 della CONSOB, per esempio, “[u]na parte rilevante delle nuove normative europee è dedicata all’armonizzazione dei poteri delle autorità competenti e dei sistemi sanzionatori, area su cui le precedenti normative mostravano carenze e disomogeneità”, e “[l]’ampliamento dei poteri e l’inasprimento delle sanzioni rappresenta una caratteristica costante delle nuove normative, la cui attuazione nei diversi contesti nazionali richiede un notevole sforzo di adattamento per garantirne concreta efficacia e coerenza sistemica” (CONSOB, 2016, p.13). Anche nella Banca d’Italia, come si vedrà più in dettaglio nella parte che segue, nel 2015 entra in vigore un sistema di supervisione europeo, dove anche i poteri di enforcement vengono suddivisi fra il livello nazionale e quello sovranazionale.

185 L’esigenza di una riforma del sistema dei controlli è sentita anche a livello delle amministrazioni statali5, dove, in molti settori

nei quali le attività d’impresa e dei privati sono assoggettate alla verifica di regolarità – in agricoltura, nella sanità, nelle attività produttive ecc. – dalla stratificazione graduale delle norme e delle responsabilità fra diverse autorità coinvolte è scaturito un quadro normativo e organizzativo complesso e oneroso. Un’efficace azione di semplificazione e riordino del sistema dei controlli richiede la cooperazione delle autorità coinvolte, al livello centrale, e il coinvolgimento degli amministratori territoriali, cui spetta in ultima analisi l’applicazione delle norme, dunque i reali enforcers (la cosiddetta street level bureaucracy). L’obiettivo di semplificazione, complesso e ambizioso, è confluito nell’Agenda per la semplificazione 2015-2017, che vede il Dipartimento della Funzione pubblica, in collaborazione con altre amministrazioni statali, con le Regioni e le rappresentanze degli interessi coinvolti, alla guida di un programma di interventi di semplificazione in cinque settori sensibili, fra i quali l’impresa. Uno dei punti cruciali dell’Agenda in questo ambito riguarda

la semplificazione e il coordinamento dei controlli sulle imprese, che si persegue anche apportando maggiore trasparenza sia rispetto alle autorità al cui controllo si è sottoposti sia rispetto agli adempimenti effettivi che si richiedono e ai tempi di realizzazione delle verifiche.

In particolare, l’azione si articola nei seguenti punti: a) la verifica dell’attuazione delle disposizioni già adottate in materia di semplificazione dei controlli; b) la ricognizione delle tipologie di controllo a cui vanno incontro le imprese; c) l’individuazione di strumenti (normativi, organizzativi e tecnologici) necessari per una effettiva semplificazione del sistema dei controlli. Le azioni previste nell’Agenda hanno preso il via nel 2015, e occorrerà attendere la fine del 2017 per tirare le somme rispetto al grado di raggiungimento degli obiettivi in essa fissati.

Anche l’adozione della riforma del lavoro (cosiddetta Jobs Act) avviata con la legge 183/2014, e realizzata nel corso del 2015 attraverso diversi decreti attuativi, ha operato una semplificazione del sistema delle ispezioni nell’ambito dei rapporti di lavoro. È stato, in particolare, il decreto legislativo 149/2015, recante Disposizioni per la razionalizzazione e la semplificazione dell’attività ispettiva

5. Analogamente a quanto avvenuto, per esempio, nel Regno Unito, dove, nel luglio del 2015, è stato lanciato un pacchetto di riforme in cinque settori chiave, allo scopo di ridurre gli oneri amministrativi e al contempo rafforzare la fase di enforcement, per integrarne gli strumenti in un’unica strategia di better regulation (cfr. la news sul sito dell’Osservatorio AIR, del 7 settembre 2015).

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in materia di lavoro e legislazione sociale, in attuazione della legge 183/2014 a istituire una apposita Agenzia unica per le ispezioni del lavoro, denominata Ispettorato nazionale del lavoro, con il compito di esercitare i servizi ispettivi già svolti dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dall’INPS e dall’INAIL. Al fine di razionalizzare e semplificare l’attività ispettiva, sono state stabilite, inoltre, forme di coordinamento fra l’Ispettorato e i servizi ispettivi dei due istituti di previdenza, con la previsione che sia il primo a dettare le linee di condotta e le direttive operative e a definire la programmazione ispettiva e le specifiche modalità di accertamento.