L’autobiografia e l’aver cura di sé
3.6. L’autobiografia al femminile
In Italia in particolare, le autobiografie femminili, sono quasi totalmente inesistenti prima degli albori femminili del ‘900. Coll’inizio del Ventesimo secolo però, si è effettuato un grande approfondimento di ogni fase di autocoscienza di tutto il mondo occidentale142…
All’interno della storia delle autobiografie, una parte importante assume
l’autobiografia femminile, che compare nel 1800, secolo in cui la figura femminile assume
il ruolo di scrittrice. Le donne iniziano a raccontare e a raccontarsi e scrivono storie di vita personali. Le prime testimonianze di donne scrittrici arrivano dall’Inghilterra con Jane
Austen e Virginia Woolf. Nel nostro Paese questa emancipazione culturale arriverà in
seguito, perché i primi del Novecento vedono la donna ancora schiacciata dalle regole
sociali, imposte dal Fascismo, che le ordinano di essere madre e moglie. Il genere più amato dalle scrittrici dell’Ottocento è quello autobiografico, anche se le autobiografe
devono scontrarsi con il pregiudizio sessista dell’essere donne; per questo motivo, le
donne, spesso devono utilizzare nomi maschili per firmare i propri scritti; ciò accadeva
anche perché gli uomini, in quei tempi, non avrebbero mai acquistato mai un libro scritto
141 Mapelli, M., 2013, Il dolore che trasforma. Attraversare l'esperienza della perdita e del lutto, Franco Angeli, Milano.
142 Forti-Lewis, A., 1994, Scrittura auto/bio/grafica: teoria e pratica. Una proposta di lettura androgina per “Una donna” di Sibilla Aleramo, in “Italica”, vol. 71, n. 3, 1994, pp. 325-336, p. 326.
62 da una donna. Cristina di Belgioioso143, attraverso i suoi scritti, denuncia la situazione della
donna nel suo tempo storico e nella società dell’ Ottocento. In questo periodo storico emerge una grande tensione verso l’emancipazione femminile, anche attraverso gli scritti
autobiografici femministi. Infatti la prima vera testimonianza autobiografica femminile della storia italiana è comunemente riconosciuta nello scritto di Sibilla Aleramo: “Una donna”144,
prima di questa le donne affidavano le proprie scritture a corrispondenze private tra
donne, come lettere, o memoires legate alla propria famiglia di origine145. Nella “storia delle donne”, Cavavero146 scrive in modo chiaro e quasi illuminante: “Per millenni la
domanda “Che cos’è la donna?” ha del resto riguardato una definizione, cento definizioni,
mille contraddizioni, in cui nessuno certo si aspettava che fosse una donna a rispondere”.
E con la scoperta, invece, del proprio io autobiografico, sono le donne a dimostrare e a
dimostrarsi capaci di risposte circa la propria femminilità, la propria oppressione e la
propria voglia di collocare nel mondo la loro presenza. La rivoluzione femminile nel campo sociale inizia a piccoli, timidi, passi, a partire dal 1861 con l’Unità d’Italia. La donna inizia
ad essere vissuta come donna-lavoratrice, ma solo in funzione dell’insegnamento, in quel
ruolo, cioè, di mamma fuori dal focolare: un affermarsi come forza lavoro, imprescindibile,
però, dal proprio destino femminile di madre. Eppure, questo ruolo, legato sì alla propria
condizione femminile, ma slegato dalle mura domestiche, apre diverse possibilità alle maestre dell’Ottocento, prima fra tutte quella di poter dire apertamente ciò che pensavano,
anche se soltanto ad una classe di bambini. Da non sottovalutare, inoltre, la possibilità di
accedere a numerose e nuove letture, ad una cultura auto-formativa, è vero, ma fino a
quel tempo impensata.
143 Guidi, L., 2004, Scritture femminili e storia, ClioPress, Napoli. 144 Alerano, S., 2010, Una donna, Feltrinelli, Milano.
145 Ulivieri, S., Biemmi, I., 2011, a cura di. Storie di donne. Autobiografie al femminile e narrazione identitaria, Guerini scientifica, Milano.
146 Cavarero,, A., 2001. Tu che mi guardi, tu che mi racconti: filosofia della narrazione, Feltrinelli, Milano, p.72.
63 Dovremo aspettare il Novecento perché anche in Italia le donne comprendano la loro
capacità e forza nel poter strutturare esperienze fuori dalla vita privata, di poter accedere
alla sfera pubblica con il proprio sapere, con la propria conoscenza e consapevolezza.
Negli anni Settanta del secolo scorso, infatti, si assiste al movimento sociale e politico dell’emancipazione femminile, con la tensione verso la costruzione di una nuova identità
femminile. In questo momento storico di grande rottura verso il passato, le donne
iniziarono a scrivere: come se il retaggio storico delle confidenze nella stessa stanza,
lontano dalle orecchie maschili, dei segreti condivisi davanti ad un arcolaio o ad un paiolo, si staccasse dall’essere atto privato, e diventasse una pubblica dichiarazione, quindi
anche politica. In questi anni la donna conquista la parola, intesa come parola pubblica. Importante, per noi in questo studio, è l’atto femminile di scrivere la propria parola, in
modo da renderla condivisa e condivisibile, in modo da farne testimonianza dedicandola
ad altre donne, sancendo il duro cammino della propria emancipazione147. La donna che
scrive utilizza parole da donna: è quindi nel Novecento inoltrato che la donna non è più
raccontata da uomini, con parole da uomini, ma si racconta essa stessa. Helbrunn148 si
chiede però “Come possono le donne creare storie femminili se dispongono solo del linguaggio maschile?”. Le donne hanno solo, fino al secolo scorso, parole in cui vengono
descritte, amate, cantate, recluse, ma da altri, e gli altri erano, fino ad allora, appunto, uomini. Le donne cercano nelle parole, nella pratica della parola scritta attraverso
l’auto-narrazione, un racconto di ognuna che diventi il racconto di tutte. Chiudiamo questi
pensieri con una citazione di Zambrano149, tratta proprio dalla sua autobiografia: “Ricordare è allora un dis-nascere del soggetto per andare a raccogliere ciò che in lui e
attorno a lui è nato. E, nel raccoglierlo, restituirlo, se possibile, al nulla, per riscattarlo dalle
147 Per questo excursus mi sono avvalso di contributi da: Ulivieri, S., Biemmi, I., op.cit. 148 Heilbrun C., G., 1990, Scrivere la vita di una donna, La tartaruga, Milano p. 42.
149Zambrano, M., 2012, Sentimenti per un’autobiografia. Nascita, morte, pietà, a cura di S. Maruzzella,
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oscurità iniziali e dargli occasione di rinascere, perché nasca in altro modo”. Crediamo, infatti, che le donne del Novecento, abbiano dovuto dis-nascere dalle idee legate alla loro identità e in fondo alle loro stesse idee, dal mondo maschile. Questa dis-nascita ha permesso alle donne del nostro secolo un atto vero e proprio di riscatto dalle peculiari passate oscurità (intendiamo qui il silenzio sociale, a cui sono state obbligate nella storia), verso una rinascita del ruolo femminile, attraverso una scrittura autobiografica del femminile, al femminile, per il femminile.
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