[…] Eppur non esisteva: ma per amore loro si mutò in purezza. Ebbe uno spazio sempre. E in questo spazio terso e dispiegato lieve il capo levava, senza obbligo, quasi d’esser vero58.
Le organizzazioni cognitive sono le modalità adattative, in un processo in divenire
continuo, con le quali la persona ha imparato a organizzare, in un senso di coerenza e continuità, le sue esperienze emozionali e cognitive. Un’organizzazione malleabile e nello
stesso tempo articolata potrà rispondere in maniera efficace alle specifiche tematiche di
vita che la persona si troverà ad affrontare, come, nel nostro caso, la perdita e la paura
della perdita. Ogni tipo di separazione, sia relativa (i distacchi) sia assoluta (i lutti), è uno
specifico momento in cui emergono le dimensioni di significato personale e in cui emerge il
voler conservare il senso di coerenza interna e di continuità. I grandi temi esistenziali che
entreranno nella vita della persona anche con repentinità e con una specifica urgenza di risoluzione (nel nostro caso il lutto perinatale e l’infertilità, ad esempio), saranno
trasformati in strutture narrative coerenti al modo con cui la persona percepisce e ha interiorizzato l’idea del sé59. Può sembrare riduttivo immaginare di poter ricondurre tutte le
56 Guidano, V., F., 1988, La complessità del Sè, Bollati Borighieri, Torino, p. 111. 57 Moser, F., 2005, p.31, op.cit.
58 Rilke M.,R.,2006 in Capriolo, P., Biografia di uno sguardo, Ananke, Torino, p.88.
59 Moser, F., Pezzati, R., 2005, Le organizzazioni cognitive, in “La dimensione relazionale in psicoterapia cognitiva”, Curcu e Genovese, Trento.
29 diverse sfaccettature delle personalità a quattro organizzazioni, queste però conservano in
sé la forza di essere sistemi adattativi possibili alle situazioni traumatiche e non
traumatiche della vita. Se è vero che qualunque evento personale all’interno del proprio
quadro di sviluppo risulti difficilmente prevedibile, è anche vero che emergono alcuni temi
che si possono far risalire alla cornice epistemologica costruttivista. È quindi impossibile
predeterminare i comportamenti delle persone in lutto, perché esso viene considerato da
parte del soggetto al pari di qualunque altro evento della vita, e ogni persona è un insieme
di pensieri, di azioni e di sentimenti unici. Si possono ipotizzare comunque delle possibili
reazioni ad eventi traumatici, in relazione alle differenti organizzazioni della personalità.
Figura 2: Tabella delle Organizzazioni di significato personale e lutto60
60 Lambruschi, F., Battilani, L., 2014, La funzione del lutto nel mantenimento della coerenza sistemica di sé, in Atti del xv convegno di psicopatologia e psicoterapia post-razionalista. 23 maggio 2014, Siena.
30 Nel dettaglio, la Figura 2, descrive proprio alcuni dei possibili comportamenti adattativi di
fronte al lutto, in base alle diverse organizzazioni della personalità:
1. l’organizzazione di tipo fobico (FOB) prevede che il lutto venga vissuto dalla
persona attraverso sentimenti di dolore molto intensi e prevede una lettura
sensoriale delle emozioni. Questo si lega al bisogno di continue rappresentazioni
mentali e sensoriali della persona morta;
2. l’organizzazione di tipo depressivo (DEP) affronta la perdita come un aspetto che
permea tutte le sue narrazioni. Sembra che il sé venga appositamente escluso dalla
narrazione, perché tutto è incentrato sul punto di vista dell’altro, e mai sui propri
bisogni;
3. l’organizzazione di tipo DAP (Disturbi Alimentari Psicogeni) è connotata da un
senso di sé indefinito, ed è per questo che la definizione esterna risulta essere molto importante. L’esperienza del lutto crea un senso di smarrimento e di vuoto,
che vive solo attraverso la percezione dell’altro, attraverso l’immagine che l’altro
possiede e condivide. Lo stile della narrazione è accompagnato da una memoria sfumata e da un’idea molto romanzata della persona morta, da cui dovrebbe
derivare una conferma dell’immagine di sé;
4. l’organizzazione di tipo ossessivo (OSS) prevede un’elaborazione del lutto da parte del soggetto legata a significati normativi rigidi, all’idea di giusto e di sbagliato, e la
narrazione risulta caratterizzata da un linguaggio denotativo, logico e razionale.
Compare spesso il senso di responsabilità per la morte della persona cara61.
La narrazione di episodi è parte imprescindibile di ogni essere umano; l’organizzazione
che prende coscienza del proprio vissuto è narrazione, dice Bruner62 e, lo studio delle
modalità narrative racchiuse e coinvolte nelle testimonianze autobiografiche può far
61 Lambruschi F., Battilani L., op. cit., pp. 67-71.
62 Bruner, E., 1986, Ethnografy as a narrative, in Turner, V., Bruner, E., “The antropology of experience”, University of Illinois press, Chicago.
31 emergere le modalità con le quali le persone organizzano le attività della propria mente e creano coerenza all’interno di essa63. Quattro organizzazioni di personalità, quattro modi
differenti di costruire la percezione del mondo e di sé, quattro stili diversi nel narrare la
propria storia autobiografica di lutto. Le differenze, nel modo in cui le persone con una organizzazione di personalità rispetto ad un’altra, vivono e si raffrontano con le avversità
della vita, sono differenze che vanno a interessare anche i temi narrativi e le emozioni
privilegiate e ricorrenti nelle narrative stesse.
Come vedremo nella ricerca, questo tipo di impostazione teorica costruttivista è quella che ci ha accompagnato nell’esplorazione delle storie di vita che abbiamo raccolto; le
organizzazioni di personalità ci hanno guidato nel raggruppare per categorie le
autobiografie multiple femminili sul lutto perinatale e sul percorso di Procreazione Medica
Assistita, con uno sguardo partecipativo, mirato, ma anche flessibile, nel cogliere la
coerenza insita in ogni auto-narrazione64.
63 Lenzi ,S., Samolsky-Dekel, A., Varani, S., Capilupi, D., 2014, L’elaborazione delle narrative personali nell’intervento psicoterapico in ambito oncologico in Atti del xv convegno di psicopatologia e psicoterapia post-razionalista. 23 maggio 2014, Siena.
64 Guidano, V., 1992, Il Sé nel suo divenire: verso una terapia cognitiva post-razionalista, Bollati Boringhieri, Torino.
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