UMERO PARO LE
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Numero di parole delle narrative del nodo concettuale 1: gravidanza, legato allo STUDIO A.
Sembra chiaro che, per le organizzazioni cognitive ossessive e depressive, lo stesso livello di parole dense del momento antecedente l’evento traumatico sia raggiunto, se
non superato, dopo l’evento con un picco di numerosità durante l’evento. Intendiamo da qui in poi, che il raggiungimento dello stesso numero di parole dense dopo l’evento
sia comunque da considerarsi atteggiamento di manifesta resilienza. La pratica della
scrittura sembra quindi contribuire, tra altri fattori squisitamente qualitativi, ad un
atteggiamento resiliente che consente alla donna, vittima dell’evento, di ritornare allo
stesso livello di emozioni e sentimenti, precedenti alla morte del loro bambino in utero.
Per le narrative con organizzazione cognitiva fobica abbiamo un decremento nella fase “dopo”, questo è forse correlato all’ipercontrollo delle proprie emozioni rendendo
Narrative
ossessive depressiveNarrative Narrative DAP Narrative fobiche
PRIMA 31 40 7 14 DURANTE 49 60 4 20 DOPO 31 42 5 11 0 10 20 30 40 50 60 70 N UM ERO PARO LE
144 probabilmente la donna refrattaria al cambiamento in atto e al coinvolgimento
emozionale stabile243.
Dal punto di vista qualitativo le parole dense utilizzate nelle narrative nelle categorie
cronologiche “prima” e “dopo” rimandano a descrizioni di fatti e sentimenti legati alla speranza, alla gioia della gravidanza, all’attesa della nascita e alla vita. Si tratta di
sentimenti simili ma secondo due punti di vista opposti: nella categoria “prima”, l’apertura alla vita è legata all’attesa di una nascita, alla speranza e
all’inconsapevolezza di essere un giorno madri; nella categoria “dopo” invece
l’atteggiamento in parte positivo (restano come parole utilizzate: dolore e mancanza) è
dato da una nuova consapevolezza, da una rielaborazione del lutto attraverso il
raccontarsi, infatti le parole utilizzate sono coraggio, forza, amore, sopravvivenza. Le
narrative con organizzazione cognitiva fobica sono meno resilienti, parole dense come
spazio vuoto, dolore fisico, il vuoto, dentro di me, morte nel cuore mostrano il perdurare
della sofferenza anche fisica, una mancanza di quel rapporto di reciprocità244 tra la
gravidanza attuata e la mancanza del bambino nato.
Diverso sembra essere il profilo del grafico qui di seguito che abbiamo preso dalla
Figura 68: il numero di parole delle narrative del nodo concettuale 2: fuori di me.
243 Bowlby J., 1983, op. cit.
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Numero di parole delle narrative del nodo concettuale 2: fuori di me, legato allo STUDIO A.
Abbiamo inteso questo nodo concettuale come lo sguardo degli altri sull’evento, o meglio, le considerazioni che la donna protagonista dell’evento compie rispetto allo
sguardo degli altri su di sé e sul suo lutto. Parole come: abbraccio di mia mamma,
stupore dei miei genitori, nonni commossi, amici felici, tutti increduli, ma anche
piangere piano per non disturbare, medico frenetico, i miei cari piangere.
In questo senso i dati mostrano che nelle narrative delle organizzazioni depressive, nel periodo successivo all’evento traumatico, ci permettiamo di interpretare, le donne
tendano ad investire su sé la responsabilità dell’accaduto e a restare soggetti del
proprio sguardo autoreferenziale giudicante che perpetua il loro senso di colpa245
Nell’organizzazione fobica, la diminuzione delle parole dense dopo l’evento traumatico
ha gli stessi aspetti, crediamo del calo nel nodo 1. Dal punto di vista qualitativo le
parole scelte “prima” e “durante” il trauma sono caratterizzate da una grande partecipazione del mondo esterno all’evento (nonni commossi, amici felice, noi
increduli, ginecologo fantastico, i miei cari piangere di gioia)
245 Si confronti con Guidano, V., 1988, op. cit. Narrative
ossessive depressiveNarrative Narrative DAP Narrative fobiche
PRIMA 9 17 1 6 DURANTE 9 11 1 3 DOPO 12 8 1 2 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18 N u mero p ar ole
146 mentre nella categoria “dopo” il focus della percezione dell’altro da me è più legato al
marito, all’altro membro della coppia (marito terrorizzato, marito chiedeva scusa, oggi
siamo genitori).
La narrazione autobiografica sembra qui tentare di dire ciò che non è dicibile246 cioè che sia le narrative depressive, sia le narrative fobiche, accettino che l’evento resti in
penombra e che non riemerga completamente; possiamo dire che, nonostante le parole verso gli altri (i “fuori di me”) sembrino un tentativo di mostrare la partecipazione
al dolore e alla perdita, (ma anche alla gioia dell’attesa) queste narrative restino nella
propria penombra, e per dirla con Demetrio “nell’entroterra dei nostri occhi247”. Il nodo 2
tende a dimostrare che, nonostante l’atto curativo della scrittura, le sofferenze più
grandi, come la morte di un figlio, rimangano, soprattutto per le donne con personalità
depressiva e fobica, un fatto privato, celato, condivisibile quindi solo da chi direttamente colpito come la donna stessa (“il marito”, infatti, emerge chiaramente
come parola nel “dopo”).
Da ultimo il grafico riassuntivo tratto dalla Figura 81 nel quale sono computate le parole
delle narrative del nodo concettuale 3: il nido. Ricordiamo che questo nodo concettuale
rappresenta le aspettative e la preparazione del nido famigliare alla nascita del bambino, non solo un nido corporeo e fisico ma anche e soprattutto l’aspettativa e tutti
quegli atti di cura, di accoglienza, di attenzione verso il nascituro (appendevo disegni
alle pareti, la conoscevo bene, volevo una bambina, corredino, tutine).
246 Zambrano, M., 1943, La confessione come genere letterario, Mondadori, Milano. L’autrice ci parla di “seguire la melodia dell’indicibile”.
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Numero di parole delle narrative del nodo concettuale 3: il nido, legato allo STUDIO A.
In questo caso la situazione è varia e complessa a seconda dell’organizzazione cognitiva
incontrata; coerentemente le organizzazioni cognitive ossessive sembrano mostrare un
decremento delle parole dense circa il nodo “nido”, come se il mondo emozionale legato alla preparazione dell’evento faticasse a riemergere perché percepito a posteriori come
irrazionale e debole, a maggior ragione dopo un evento infausto non controllabile e
improvviso248.
Sostanzialmente stabile invece l’andamento delle parole nelle organizzazioni depressive e
DAP, dove la scrittura, almeno per questo nodo, non sembra aver avuto funzione
resiliente.
Più interessante l’organizzazione fobica, dove il numero delle parole dense prima
dell’evento traumatico è lo stesso dopo l’evento. Data la personalità cognitiva legata alle
narrative di questa organizzazione possiamo supporre che le paure legate alla
formazione, al mantenimento, alla sicurezza del nido restino intatte ad evento terminato,
248 Guidano, V., 1988, op. cit.
Narrative ossessive Narrative depressive Narrative fobiche DAP PRIMA 13 17 10 2 DURANTE 3 16 10 3 DOPO 9 15 10 1 0 2 4 6 8 10 12 14 16 18