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9. L’autorità giuridica del provvedimento cautelare: la sua “imperatività”

9.1. L’efficacia giuridica del provvedimento cautelare

Esclusa dal perimetro di indagine la legittimità del provvedimento, si deve conclu-dere che caratteristica immanente nella nozione di autorità, giuridicamente intesa, è la sua coercibilità; espressione con cui si indichiamo l’idoneità del provvedimento cau-telare di produrre i suoi effetti nei confronti dei consociati.

Come abbiamo già osservato, il provvedimento cautelare appartiene alla categoria dei provvedimenti giudiziali e, in quanto atto di volizione di un organo pubblico, esso consta di un comando, dotato di forza coattiva157.

Tale efficacia coercitiva, fondamento stesso di ogni provvedimento giudiziale, dal momento che ne garantisce l’effettività, è ancor più importante in relazione alla tutela cautelare, poiché la funzione di tale istituto, come si è già osservato, risiede proprio nell’esigenza di garantire al giudizio di merito quell’effettività che verrebbe messa a rischio dall’eccessiva durata del processo. È dunque chiaro che, ove si negasse effica-cia coercitiva al provvedimento cautelare, esso sarebbe privo di ogni utilità per il ri-corrente.

Tale effettività trova conferma in una pluralità di norme le quali, esplicitamente, tu-telano la coercibilità del provvedimento cautelare.

Anzitutto, ciò emerge con evidenza in relazione alla tutela penale158. L’art. 388, 2° comma, II pt., c.p. è infatti espressamente dettato in relazione alla elusione di provve-dimenti cautelari “a difesa della proprietà, del possesso o del credito”, previsione ido-nea a ricomprendere ogni provvedimento cautelare. Identica conclusione andrebbe predicata anche in relazione al 3° comma del medesimo articolo ed all’art. 388-bis c.p. nella parte in cui si riferiscono ai sequestri conservativi e giudiziari.

Quanto precede trova però altresì conferma – ed è questo il punto di maggior inte-resse per la nostra analisi – nella disciplina processualcivilistica all’art. 669-duodecies c.p.c. che disciplina l’attuazione del provvedimento cautelare, così fondando il dovere,

157 MICHELI, Efficacia, cit., 194; ID., Corso di diritto processuale civile, I, Milano, 1959, 306 s., ri-prendendo la sistematica di Liebman, riconosce espressamente ai provvedimenti cautelari l’imperati-vità, escludendone al contempo l’immutabilità.

158 Sul tema v., anche per ulteriori riferimenti, MANDRIOLI –CARRATTA, Diritto processuale civile,

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in capo agli ufficiali giudiziari, al pubblico ministero ed agli ufficiali della forza pub-blica di procedere all’attuazione del titolo159.

Siamo insomma di fronte ad una pluralità di norme che non solo precisano che il provvedimento cautelare ha una propria efficacia attuativa, ma che impongono altresì alle parti il dovere di adeguarvisi a pena di subire, per le violazioni più gravi, un pro-cedimento penale o, comunque, un’attuazione forzosa del dictum giudiziale.

Qualora il provvedimento cautelare non avesse, infatti, alcuna reale efficacia (non solo persuasiva e di mero fatto ma altresì) giuridica, ciascuna parte, sia quella soccom-bente, al fine di rimuovere l’autorità logica del provvedimento, sia quella vincitrice, al fine di consolidare quanto riconosciutole dal giudice cautelare, sarebbero costrette de

facto ad instaurare il giudizio di merito, così svilendo la funzione deflattiva, più volte

richiamata, sottesa all’intervento legislativo.

Del resto, una tale soluzione è perfettamente coerente con la lettera dell’art.

669-octies, 9° comma, c.p.c. dal momento che, come abbiamo più volte osservato, tale

norma non esclude affatto, come erroneamente si potrebbe ritenere da una lettura su-perficiale della stessa, che il provvedimento abbia una sua propria autorità, ma sola-mente che questa sia invocabile in un diverso giudizio.

Il provvedimento cautelare, fermo restando il divieto di invocare in un diverso giu-dizio tale efficacia, è, dunque, vincolante nel suo dictum tra le parti160.

Si tratta di un punto su cui conviene spendere qualche altra parola.

A seguito della pronuncia cautelare, la vita delle parti è ormai regolata dall’ordinanza cautelare la quale, proprio per la sua coercibilità, è idonea a divenire, analogamente a quanto abbiamo già osservato in relazione al référé, definitiva di fatto161.

Tanto premesso, occorre allora chiare il significato da attribuire all’art. 669-octies, 9° comma, c.p.c., laddove esclude che tale efficacia sia invocabile in un diverso giu-dizio.

Il legislatore ha infatti voluto escludere che la pronuncia del provvedimento cautelare

159 Vedremo, nel capitolo IV, entro quali limiti sia applicabile al provvedimento cautelare la disciplina

dell’esecuzione forzata.

160 SALETTI, Le misure cautelari, cit., 302 s.; ID., Il nuovo regime delle misure cautelari e possessorie,

Padova, 2006, 39 s.; GHIRGA, Le nuove norme, cit., 796; QUERZOLA, voce Provvedimenti anticipatori,

cit., 418. Nel medesimo senso, v. LUISO, Diritto processuale civile, IV, 9° ed., Milano, 2017, 230.

161 SALETTI, Le misure cautelari, cit., 303, equipara la situazione di fatto che si viene a creare a seguito della pronuncia cautelare alla situazione del possesso.

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sia idoneo a vincolare il giudice di un diverso processo a quanto “accertato” in punto di fumus boni iuris. Si tratta di conclusione perfettamente coerente non solo con l’inat-titudine della misura cautelare ad acquistare autorità di cosa giudicata (inatl’inat-titudine che, come visto, non è espressamente contemplata dalla norma in commento), ma, più in generale, con il difetto di ogni efficacia dichiarativa della tutela cautelare, la quale si pone, secondo l’insegnamento ormai costante, quale tertium genus, non solo rispetto alla tutela esecutiva ma altresì rispetto alla tutela dichiarativa162.

Ben si spiegano così le ragioni che hanno indotto il legislatore a precisare che, benché il provvedimento cautelare sia vincolante inter partes, in attesa di un provvedimento di merito, esso non è vincolante per il giudice: la previsione è così finalizzata ad esclu-dere ogni efficacia dichiarativa, seppur provvisoria, in capo ad ogni altro giudice, con la conseguenza che non potrebbe trovare alcuna applicazione, ad es., neppure la norma contenuta all’art. 337, 2° comma, c.p.c. nell’ipotesi in cui in un giudizio avente un oggetto dipendente a quello accertato dal provvedimento cautelare fosse invocata l’au-torità di un provvedimento cautelare impugnato. La peculiarità di questa previsione legislativa risiede nella circostanza che, sotto tale profilo, essa accoglie in toto le tesi di Liebman sulla nozione di autorità, identificando l’autorità del provvedimento con l’efficacia provvisoria (di regola destinata a stabilizzarsi a seguito del passaggio in giudicato della sentenza e, invece, in relazione al provvedimento cautelare destinata a rimanere).

Tanto premesso, occorre però un’ulteriore precisazione.

Benché il provvedimento non abbia efficacia dichiarativa e la sua autorità (come già precisata) non sia invocabile in un diverso giudizio, occorre distinguere a seconda che il provvedimento cautelare produca effetti destinati ad incidere immediatamente sugli istituti di diritto sostanziale ovvero produca effetti vincolanti per le parti, senza con ciò solo modificare il diritto sostanziale.

Tale questione verrà maggiormente approfondita nei capitoli che seguono, ma merita, già in questa sede, qualche precisazione.

In effetti, il provvedimento cautelare, in quanto tale, produce effetti vincolanti solo per le parti: di conseguenza, l’accertamento compiuto dal giudice cautelare indicherà solo la regola di condotta da seguire, ma non potrà rilevare in alcun altro giudizio.

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In questo senso, dunque, il legislatore esclude che in un diverso giudizio, l’accerta-mento cautelare possa non solo fare stato, ma financo produrre una qualche forma di efficacia naturale, con la conseguenza che nessun altro soggetto dell’ordinamento po-trà essere vincolato a quanto dichiarato dal dictum cautelare.

Fino a questo punto del ragionamento non pare che vi siano problemi esegetici. Tuttavia, il provvedimento cautelare è non solo la forma giuridica che contiene il comando cautelare, ma è, esso stesso, fatto giuridico, in quanto tale idoneo ad incidere direttamente nel mondo giuridico163. In tali casi, a ben vedere, la norma contenuta all’art. 669-octies, 9° comma, c.p.c. è inapplicabile atteso che, a seguito del provvedi-mento cautelare, il regime giuridico si è modificato e, per l’effetto, si sono prodotti effetti, talora irreversibili, sul diritto sostanziale. Di conseguenza, la norma in esame non trova applicazione nel caso di specie per l’assorbente ragione che ciò che viene invocato in un diverso giudizio non è, in questi casi, la “autorità” del provvedimento cautelare, ma, invece, un regime di diritto sostanziale modificatosi a seguito della con-cessione della misura ma su cui l’autorità della misura interinale ha oramai esaurito i propri effetti.

Un esempio, in materia di rapporto tra tutela cautelare e diritti reali di garanzia aiuterà a comprendere meglio quanto affermato. Si pensi, a titolo esemplificativo, al problema se il provvedimento cautelare possa comportare una cancellazione dell’ipoteca iscritta164: a nostro parere, quale che sia la soluzione che si predilige circa l’ammissi-bilità di un tale contenuto dell’ordinanza (e noi, come vedremo, prediligiamo la solu-zione negativa), ove si riconosca alla misura un tale effetto, esso sarebbe invocabile in un diverso giudizio, con la conseguenza, ad es., che in una procedura esecutiva con pluralità di creditori, il creditore (già ipotecario anteriormente al provvedimento cau-telare) dovrà essere soddisfatto come creditore chirografario. Di conseguenza, qualora

163 Insegnano TORRENTE –SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, 24° ed. a cura di Anelli e

Gra-nelli, Milano, 2019, 205 s., che si può discorrere di fatti giuridici in senso stretto o naturali “quando determinate conseguenze giuridiche sono poste in relazione ad un certo evento senza che assuma rilievo se a causarlo sia intervenuto o meno l’uomo”, con l’ulteriore precisazione che la produzione di effetti da parte di un fatto giuridico in senso stretto non è immanente nel fatto stesso, ma è ricollegato ad una previsione di legge che preveda quell’effetto. Di conseguenza, il provvedimento cautelare, inteso come fatto storico, produce effetti non ex se ma solo nei limiti in cui la legge gli ricolleghi degli effetti e, comunque, a condizione che tali effetti non siano incompatibili con il regime di provvisorietà e stru-mentalità proprio della tutela cautelare.

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il giudice abbia disposto la riduzione poiché, a suo avviso, il credito è significativa-mente inferiore a quello iscritto, mentre sull’an e sul quantum del credito il giudice di merito potrà procedere ad un accertamento ex novo, senza alcun vincolo165, l’ipoteca cancellata, per come iscritta originariamente (e poi cancellata) non esiste più: pertanto, per ritornare all’esempio sopra proposto, la condotta del giudice dell’esecuzione che dichiari esecutivo un progetto di distribuzione ex art. 596 c.p.c. nel quale il creditore già ipotecario venga ammesso al chirografo sarà perfettamente legittimo, mentre sarà illegittimo il provvedimento che ammetta per l’intero al grado ipotecario quel mede-simo creditore in relazione all’intero credito a seguito di riduzione dell’ipoteca.

Stabilire quando il provvedimento cautelare incide immediatamente sul rapporto di diritto sostanziale e quando, invece, fornisce solo alle parti la regola di condotta, è indagine che deve essere valutata caso per caso, tenuto conto degli istituti volta per volta coinvolti.

Sarà compito dei capitoli che seguono stabilire quando il provvedimento cautelare incida effettivamente sul rapporto tra le parti e quando, invece la sua efficacia sia de-stinata ad esplicarsi primariamente proprio rispetto ad un organo giudiziario.