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La non doverosità della prestazione spontaneamente adempiuta in

4. La ripetizione dell’indebito

4.1. La non doverosità della prestazione spontaneamente adempiuta in

al provvedimento cautelare.

La prima fattispecie da considerare riguarda il pagamento spontaneo da parte del re-sistente soccombente in ottemperanza al comando cautelare. Poco importa, sotto tale profilo, che l’adempimento consegua ad una diffida del ricorrente vittorioso ovvero sia frutto di una spontanea iniziativa del resistente. Ciò che rileva è che il resistente abbia spontaneamente adempiuto, quale che ne sia la causa.

Al riguardo, si è già avuto modo di osservare come la misura cautelare detti alle parti una regola di condotta alla quale devono attenersi a pena di attuazione coattiva della misura stessa ovvero, sussistendone i presupposti di legge, financo di sanzioni penali. Alla luce di tali premesse, si può pertanto osservare come l’adempimento spontaneo da parte del resistente si giustifichi perfettamente con la funzione coattiva dei provve-dimenti giudiziali, sicché non pare, di per sé, indebito.

Ciò che occorre tuttavia domandarsi è però se, a seguito del pagamento in forza di una misura interinale, il resistente possa ottenere la ripetizione di quanto abbia pagato ovvero se la sua prestazione sia oramai divenuta irripetibile. Si tratta, in altri termini, di stabilire, ancora una volta, i limiti dell’invocabilità del dictum del giudice cautelare nel giudizio di ripetizione dell’indebito. Come si è già osservato supra, la questione assume interesse nelle ipotesi in cui non vi sia stato un diverso giudizio di merito sul medesimo diritto, atteso che, in tal caso, non potrebbe che trovare applicazione l’art. 669-novies, 2° e 3° comma, c.p.c.

Qualora pertanto il resistente soccombente proponga azione di ripetizione dell’inde-bito, sembra lecito domandarsi il ruolo da riconoscersi all’“autorità” del provvedi-mento cautelare ex art. 669-octies, 9° comma, c.p.c. Come si è già visto, a parere di chi scrive l’art. 669-octies, 9° comma, c.p.c. deve essere circoscritto agli obblighi di condotta imposti dal giudice, che non possono però vincolare nessun altro al di fuori delle parti (e, dunque, in primis gli altri giudici dell’ordinamento), mentre invece non è applicabile in tutti quei casi in cui la misura incida direttamente sul diritto sostanziale in quanto fatto storico giuridicamente rilevante.

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Nel caso di ripetizione dell’indebito, la circostanza che il pagamento sia giustificato da una misura interinale, per sua stessa natura destinata ipoteticamente ad essere tra-volta da una decisione di merito, non può essere sufficiente a rendere stabile il paga-mento.

Di per sé il fatto storico che vi sia stata una pronuncia giudiziale non è in alcun modo idoneo ad incidere sul diritto sostanziale. Ciò che, invece, rileva come fatto è esclusi-vamente il pagamento spontaneo, a prescindere dalle ragioni che lo hanno giustificato e, dunque, a prescindere dalla circostanza che l’adempimento sia effettuato in forza di contratto, sentenza con autorità di giudicato ovvero misura provvisoria.

Tale ultima circostanza rileverà, semmai, nel successivo giudizio di ripetizione dell’indebito, in cui il giudice verrà chiamato a valutare la doverosità della prestazione, e solamente in tale momento rileverà la stabilità del titolo in forza del quale l’asserito debitore (attore in ripetizione) ha adempiuto. A questo punto, però, è sin troppo evi-dente che non si tratta più di rapporto diretto tra il provvedimento giudiziale inteso come fatto storico ed il diritto sostanziale, ma di un’efficacia di accertamento della misura cautelare nel giudizio di merito; efficacia di accertamento che però è inequivo-cabilmente esclusa dall’art. 669-octies, 9° comma, c.p.c.

A quanto precede si aggiunge poi un’ulteriore ragione, non meno importante della precedente.

Infatti, a ben vedere, l’art. 669-novies, 3° comma, c.p.c. si limita a prevedere che il provvedimento cautelare perda efficacia qualora il diritto cautelato sia stato dichiarato inesistente “con sentenza”. Pertanto, nulla vieta che la sentenza a cui si riferisce tale norma sia proprio quella pronunciata all’esito di un giudizio di ripetizione dell’inde-bito62. Ove si acceda a questa (condivisibile) soluzione, non vi sarebbe, a ben vedere, alcuna reale distinzione rispetto all’ipotesi in cui il giudizio di merito che ha contrad-detto il provvedimento cautelare sia quello instaurato ex art. 669-octies, 6° comma, II pt., c.p.c., tanto più che, nei casi di tutela cautelare a strumentalità attenuata, il giudizio di merito instaurato dal resistente soccombente avrà, nella maggior parte delle ipotesi, la precipua finalità di ottenere la ripetizione di quanto pagato.

Insomma, a parere di chi scrive si può osservare che il provvedimento cautelare non potrebbe in alcun modo influenzare, sotto tale profilo, l’esito del giudizio di merito.

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Tanto premesso, occorre pertanto domandarsi i limiti entro cui, nel caso in esame, possa trovare applicazione la disciplina civilistica sulla ripetizione dell’indebito.

In particolare, occorre domandarsi il ruolo che la concessione di un provvedimento interinale possa avere in relazione al presupposto della buona fede, rilevante, in tema di pagamento, ai fini del dies a quo del computo degli interessi e, in tema di consegna di cosa determinata, ai fini dell’individuazione del limite di indennizzo a seguito del perimento della res ai sensi dell’art. 2037, 2° e 3° comma, c.c.

La questione non è stata oggetto di particolari approfondimenti dottrinali e giurispru-denziali. Tuttavia, può essere utile muovere dalle conclusioni a cui è giunta la giuri-sprudenza in caso di pagamento in forza di sentenze riformate in appello. Secondo l’opinione giurisprudenziale dominante, infatti, i provvedimenti giudiziali non sareb-bero soggetti alla disciplina della ripetizione dell’indebito, in particolare per quanto riguarda lo stato soggettivo63. La ragione sottesa a tale opinione risiede, secondo il predetto orientamento, “nella comune consapevolezza della rescindibilità del titolo e della provvisorietà dei suoi effetti”64, dal momento che la sentenza, ancora sub iudice, ben potrebbe essere riformata in sede di impugnazione. Di conseguenza, vi sarebbe una sorta di presunzione assoluta di mala fede dell’accipiens, il quale sarebbe sempre tenuto a restituire, oltre naturalmente al capitale, gli interessi sin dal giorno del paga-mento65. Si tratta, insomma, di un’applicazione del principio secondo cui il creditore che agisce in forza di un titolo precario si assume la responsabilità della sua caduca-zione.

63 Cass., 5 marzo 2013, n. 5391, in Giust. civ. Mass., 2013, 222; Cass., 17 dicembre 2010, n. 25589,

in Foro it., 2011, I, 1133; Cass., 23 marzo 2010, n. 6942, in Giust. civ. Mass., 2010, 420; Cass., 13 aprile 2007, n. 8829, ivi, 2007, 1308; Cass., 29 gennaio 2007, n. 1779, ivi, 2007, 203; Cass., 9 giugno 1998, n. 5667, ivi, 1998, 1251; Cass., 29 marzo 1994, n. 3078, ivi, 1994, 415; Cass., 27 novembre 1992, n. 12662, ivi, 1992, 1763.

64 Così Cass., 23 marzo 2010, n. 6942, cit.

65 Cass., 5 marzo 2013, n. 5391, cit.; Cass., 17 dicembre 2010, n. 25589, cit.; Cass., 23 marzo 2010,

n. 6942, cit.; Cass., 29 gennaio 2007, n. 1779, cit.; Cass., 23 maggio 1992, n. 6224, in Giur. it., 1994, I,

1, 798 ss., con nota di CORSALE, Note in tema di possesso di buona fede e obbligo di restituzione dei

frutti; Cass., S.U., 13 giugno 1989, n. 2841, in Giur. it., 1990, I, 1, 230 ss., con nota di ATZORI. Nel

medesimo senso, in dottrina, v. BIANCA, Diritto civile, cit., V, 804 n. 16, il quale equipara l’ipotesi in

esame al pagamento effettuato in esecuzione di un contratto soggetto a condizione. Contra, Cass., 19 ottobre 2016, n. 21069, in Guida dir., 2017, VIII, 79; Cass., 6 novembre 1995, n. 11527, in Giust. civ.

Mass., 1995, 1844; Cass., 23 novembre 1995, n. 722, ivi, 1995, 130 s. Critico nei confronti

dell’orien-tamento maggioritario è altresì AZZARRI, I gruppi di casi, in BARGELLI (a cura di), Ripetizione

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Prima di procedere con l’analisi del provvedimento cautelare, occorre tuttavia osser-vare come tale orientamento, in tema di riforma in appello del titolo esecutivo, non sia convincente per una pluralità di ragioni.

Anzitutto, la disciplina della ripetizione di indebito ex artt. 2033 ss. c.c. non è affatto dettata per i soli casi in cui l’indebito oggettivo sia rappresentato dalla mancanza as-soluta di un titolo. È del resto opinione condivisa – seppur con diverse sfumature – che l’obbligazione restitutoria ben possa sorgere a seguito del venir meno di un titolo giu-stificativo del trasferimento patrimoniale66, sicché non si vede perché in relazione alla sentenza sub iudice dovrebbe giungersi a conseguenze più severe.

Invero, a ben vedere, una tale tesi accoglie l’opinione tradizionale, nella sua conce-zione più rigorosa, della noconce-zione di autorità della sentenza, tale per cui il provvedi-mento giudiziale, fino al suo passaggio in giudicato, sarebbe inutiliter datum, con la conseguenza che le eventuali riforme della decisione resterebbero interamente a carico di cui colui che abbia improvvidamente azionato il titolo esecutivo. Sennonché un si-mile orientamento non è più, nella sua assolutezza, condivisibile, come si è già visto in precedenza67.

Infatti, benché appaia incontestabile che il provvedimento giudiziale perda la propria efficacia a seguito della sua riforma in sede di impugnazione, tuttavia non può consi-derarsi irrilevante la circostanza che vi sia un provvedimento giudiziale che giustifi-cava non solo l’adempimento, ma altresì l’accettazione della prestazione.

Anche a prescindere da quanto precede, occorre peraltro osservare come il nostro legislatore, all’art. 96, 2° comma, c.p.c., abbia previsto un autonomo sistema risarci-torio qualora l’esecuzione sia instaurata non già con malafede ma “senza la normale prudenza”: di conseguenza, ove la parte abbia negligentemente agito senza conside-rare, ad esempio, la particolare debolezza del proprio titolo esecutivo, ben potrà ri-spondere dei danni subìti dall’esecutato.

Di conseguenza, a parere di chi scrive, sarebbe errato considerare in malafede il cre-ditore che abbia agito in forza di un titolo esecutivo formalmente legittimo, potendo tale circostanza rilevare ai soli fini del risarcimento del danno.

66 Esemplificativamente, v. BASCHIERA, Parte generale, cit., 115.

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Ciò peraltro, beninteso, non è sufficiente, a parere di chi scrive, ad imporre una mec-canica applicazione dell’art. 2033 c.c., con conseguente decorso degli interessi dal solo giorno della domanda giudiziale di ripetizione.

Nel momento infatti in cui il provvedimento che ha giustificato l’adempimento è ve-nuto meno (ad esempio, a causa della sua riforma in appello) il creditore non ha più alcun titolo per detenere tali somme e, di conseguenza, gli interessi non potranno che decorrere da tale momento, ben potendosi presumere la sua malafede.

Prima di tale momento, invece, la soluzione prospettata dalla giurisprudenza rappre-senta solamente un’inaccettabile limitazione dell’immediata esecutività che la legge attribuisce alle decisioni giudiziali.

Così chiarita la nostra opinione nei casi in cui il titolo esecutivo sia rappresentato da una sentenza di primo grado riformata in appello, possiamo procedere ad alcune brevi precisazioni con riguardo al provvedimento cautelare.

Anzitutto, a nostro avviso deve essere preferita la soluzione per la quale, fino al mo-mento della domanda giudiziale di ripetizione dell’indebito (o, eventualmente, dal pre-cedente momento in cui la misura è venuta meno), non siano dovuti interessi, in appli-cazione dell’art. 2033 c.c., a pena di privare di ogni rilevanza l’immediata esecutività della misura cautelare sancita dall’art. 669-terdecies, 6° comma, c.p.c.

Neppure dirimente potrebbe essere invocare la norma contenuta all’art. 669-octies, 9° comma, c.p.c. atteso che nel caso di specie non può che trovare una rigorosa appli-cazione il principio sancito all’art. 2033 c.c. La circostanza che l’autorità del provve-dimento interinale non possa essere invocata in un diverso giudizio non può in alcun modo inficiare la sussistenza, al momento del pagamento, della buona fede in capo al ricorrente-accipiens.

Di conseguenza, saranno dovuti gli interessi solamente a decorrere dalla notifica-zione della domanda giudiziale con cui il resistente soccombente abbia richiesto la ripetizione di quanto indebitamente pagato.

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4.2. L’adempimento conseguente all’attuazione del provvedimento cautelare. Rinvio.