4. Brevi considerazioni provvisorie sulla nozione di “autorità” del provve-
6.2. Strumentalità funzionale come ostacolo al giudicato
Così esauriti gli argomenti di diritto positivo, dobbiamo però indicare un ultimo e forse determinante argomento a sostegno della ontologica provvisorietà della tutela
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cautelare a strumentalità tanto piena quanto attenuata.
Come noto, infatti, la concessione del provvedimento cautelare richiede due presup-posti: non solo il fumus boni iuris, ma altresì il periculum in mora. È questo secondo requisito, che consiste nella strumentalità funzionale, il vero elemento distintivo della tutela cautelare che la distingue dalle altre forme di tutela, le quali, pur presupponendo anch’esse una cognizione sommaria, sono ritenute idonee ad acquistare stabilità83. Come si è già più volte osservato, nonostante qualche opinione contraria, la strumen-talità funzionale è rimasta immutata anche dopo la riforma del 2005 per ogni provve-dimento cautelare, a prescindere dal diverso regime in punto di strumentalità struttu-rale.
Si tratta di un punto che merita qualche ulteriore chiarimento.
Il giudice cautelare per concedere il ricorso cautelare deve accertare la presenza non solo del fumus boni iuris ma altresì del periculum in mora e, ove vi fosse efficacia di giudicato, essa coprirebbe, in particolare, il primo dei due requisiti (essendo, nei fatti, l’unico accertamento su cui potrebbe avere rilievo l’effetto conformativo del giudi-cato). Sennonché, il provvedimento cautelare può essere revocato non solo per soprav-venuto difetto di fumus boni iuris (che rappresenta, anzi, un’ipotesi marginale)84, ma altresì – ed è la regola – a seguito del venir meno di periculum in mora. Pertanto, ferma restando l’apparenza del diritto, il giudice cautelare avrebbe il dovere di revocare la misura a suo tempo concessa qualora, nelle more, il pericolo di un pregiudizio sia stato scongiurato per mutamento delle circostanze o per scoperta di fatti sconosciuti in pre-cedenza.
Se queste premesse sono (come ci sembrano) incontestabili, in presenza dei presup-posti appena richiamati, il giudice cautelare dovrà procedere ad una revoca tout court del provvedimento cautelare, senza poter confermare il provvedimento quanto al
fu-mus.
83 CALAMANDREI, Introduzione, cit., 171 s., il quale, per tale ragione, contrappone la provvisorietà nella formazione del provvedimento degli accertamenti sommari con prevalente funzione esecutiva alla
provvisorietà nel fine delle misure cautelari. Conf.MERLIN, voce Procedimenti cautelari ed urgenti in
generale, in Dig. disc. priv., sez. civ., XIV, Torino, 1996, 428.
84 MERLIN, La revoca e la modifica, in TARZIA –SALETTI (a cura di), Il processo cautelare, cit., 469. Del resto, il sopravvenuto difetto di fumus non potrebbe che derivare da circostanze le quali, in ultima analisi, consistono in fatti sopravvenuti che comunque non sarebbero preclusi neppure da un eventuale giudicato.
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Ne consegue che in questi – tutt’altro che infrequenti – casi, a seguito del sopravve-nuto difetto di periculum e della conseguente revoca del provvedimento, non vi sa-rebbe più alcuna misura nell’ordinamento che abbia efficacia di giudicato e ciò, si badi bene, senza che alcun giudice abbia accertato una sopravvenienza in punto di fumus.
È proprio questa inscindibilità tra i due requisiti della tutela cautelare che, a nostro avviso, è ontologicamente incompatibile con il giudicato.
Infatti, a seguito della revoca della misura per sopravvenuta carenza di periculum in
mora, il riconoscimento di un giudicato porterebbe a due risultati alternativi, entrambi
inaccettabili: ammettere che un provvedimento in ipotesi istituzionalmente stabile sia travolto per ragioni che esulano dall’oggetto del giudicato stesso (i.e. il fumus boni
iuris) ovvero ritenere che un provvedimento seppur revocato continui a produrre effetti
quanto all’oggetto dell’accertamento presupposto.
Quanto precede ci sembra, dunque, sufficiente a dimostrare come l’oggetto stesso dell’accertamento in sede cautelare sia strutturato in modo tale da porre al centro l’esi-stenza di un periculum in mora, di cui il fumus boni iuris rappresenta solamente il suo necessario completamento85: la mancanza di apparenza del diritto cautelato comporta il venir meno anche del periculum, sicché è questa, in ultima analisi, la ragione per cui il giudice è chiamato a verificare anche il requisito del fumus86.
Nella ricostruzione tra i diversi regimi di efficacia delle misure cautelari e dei prov-vedimenti di accertamento con prevalente finalità esecutiva, occorre dunque porre par-ticolare attenzione a questa essenziale differenza in punto di oggetto dell’accertamento
85 Ci sembra questa l’implicita premessa logica su cui BARLETTA, La riproposizione, cit., 217 ss.,
ritiene che il riferimento al “diverso processo”, per il quale l’autorità del provvedimento cautelare non sarebbe invocabile, debba essere interpretato restrittivamente. Secondo l’A. l’autorità del provvedi-mento interinale non potrebbe essere invocata in relazione ai processi aventi una funzione diversa da quella cautelare, con la conseguenza che essa opererebbe senza alcun ostacolo per gli ulteriori giudizi cautelari. Sicché il provvedimento cautelare non potrebbe essere modificato/revocato per fatti quanto-meno già dedotti nel precedente giudizio cautelare. Una tale interpretazione non ci pare però accoglibile, atteso che difetta una base legale per sostenerla. Benché, infatti, l’art. 12, lett. c), l. n. 366/2001, esclu-desse, come visto, che il provvedimento cautelare acquistasse “efficacia di giudicato in altri giudizi
promossi per finalità diverse” (corsivo nostro), tale soluzione è stata, come visto, ampiamente disattesa
dal legislatore delegato che, in luogo dell’efficacia di giudicato, ha preferito ricorrere all’espressione “autorità”, così privando di ogni ulteriore rilevanza il prosieguo della legge delega sul punto. La que-stione sarà più diffusamente approfondita al capitolo IV, pf. 6, al quale si rinvia per ogni ulteriore os-servazione in proposito.
86 Del resto, è per tale ragione che il legislatore, nella disciplina dei singoli procedimenti cautelari, si
premura di disciplinare i requisiti di periculum in mora con maggiore attenzione rispetto al fumus boni
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del giudice. Benché in entrambe le forme di tutela la vera ratio dell’istituto non sia tanto l’immutabilità dell’accertamento quanto, rispettivamente, l’assicurazione della situazione sostanziale dedotta e la possibilità per il ricorrente di ottenere un titolo ese-cutivo, l’unico presupposto “funzionale” degli accertamenti con prevalente funzione esecutiva è l’apparenza del diritto87.
Proprio per tali ragioni, solamente tale ultima tipologia di tutela può configurare un’azione di accertamento, dal momento che oggetto della cognizione è pur sempre la sola esistenza del diritto, seppur raggiunta in forme, anche istruttorie, diverse dal mo-dello ordinario. Si spiega così perché, solamente per questi istituti, una volta superata la tradizionale tesi dell’incompatibilità tra cognizione sommaria e giudicato, non vi siano ragioni per escludere l’immutabilità dell’accertamento.
Le osservazioni che precedono non possono invece estendersi ai provvedimenti cau-telari, in cui il vero oggetto della cognizione del giudice è il periculum in mora. È dunque questa, a nostro avviso, la corretta ricostruzione del rapporto tra tutela caute-lare e cosa giudicata.
Si tratta di ricostruzione che non necessita il ricorso all’ambigua lettera dell’art.
669-octies, 9° comma, c.p.c., ma che si fonda sui principi generali, consolidati ben prima
dell’introduzione di detta norma. Ancora una volta, dunque, si conferma come l’intro-duzione della disposizione in commento non possa fondarsi sulla necessità di chiarire un aspetto – inattitudine delle decisioni cautelari al giudicato – che appariva pacifico anche prima della riforma.
Certamente, la norma ha il pregio di ribadire tale inattitudine al giudicato, se non sul piano letterale quantomeno a fortiori (è chiaro che se non è invocabile l’autorità della misura in un diverso giudizio, significa quantomeno che essa è sfornita di ogni autorità di cosa giudicata), ma ci sembra incontestabile che vi sia molto di più nella ratio legis e nella sua lettera.