• Non ci sono risultati.

L'espansione permanente nelle economie progredite

Nel documento Cronache Economiche. N.331, Luglio 1970 (pagine 58-61)

. Antonio Trincheri

L'espansione permanente, anche se richiede qualche limitazione nei vantaggi settoriali e particolari, rappresenta veramente l'interesse generale in quanto porta alla sicurezza dell'occu-pazione e dei redditi. Si considera ancora non pienamente possibile la relazione nello stesso tempo dei due obiettivi fondamentali che sono la piena occupazione e la stabilità monetaria. Forse occorre indicare un solo obiettivo che entrambi li comprende: l'espansione ordinata e continuativa. Sorge cosi l'impegno di conse-guire l'espansione senza l'inflazione e di

prose-guirla il più a lungo possibile.

Non è vero che la stabilità dei prezzi sia possibile soltanto con un alto livello di disoc-cupazione. La piena occupazione in Germania con il relativo elevato sviluppo economico, si sono accompagnati sino al 1967 con un aumento di prezzi intorno al 2% annuo. Troviamo anche dei buoni esempi negli Stati Uniti. Durante il 1953 la disoccupazione è stata del 2,7% (un minimo record) e si è avuta la stabilità dei prezzi. Durante il 1966 con una situazione di quasi stabilità dei prezzi la disoccupazione era inferiore al 4%.

Sino a ieri ci si è proposti di attenuare le fasi espansionistiche e quelle recessive; oggi si cerca di evitare che l'espansione degeneri nel-l'inflazione, perché ciò porta il vantaggio di far durare l'espansione e di non cadere nella recessione.

Stop and go.

Lo sviluppo economico non è ancora riu-scito ad essere continuativo ma subisce saltuarie interruzioni, con pause e recessioni; è questo il cosi- detto andamento «stop and go » e cioè con fermate e partenze. Infatti dalla recessione si passa, in genere entro breve tempo (non più di un anno) all'espansione che vede aumenti di salari, di prezzi, di produzione; l'espansione poi degenera in « boom » e cioè in una

espan-sione disordinata con la rincorsa prezzi-salari; le misure finanziarie a difesa del valore della moneta e della bilancia dei pagamenti arrestano il « boom », cui segue una fase di rallentamento o di recessione (e cioè di « stop »); in seguito altre misure stimolano la ripresa (vale a dire il « go ») e cosi via. Sarebbe certo preferibile, dopo essere partiti, non doversi fermare.

Non si può pensare ad uno sviluppo perfet-tamente regolare; si può però cercare uno sviluppo privo di inversioni di tendenza, almeno sin quando non si verificano eccezionali avveni-menti politici o bellici. Una dichiarazione del ministro laburista inglese signora Barbara Castle alla camera dei comuni ha perfettamente cen-trato il più arduo problema economico del-l'epoca: « se si vuole assicurare un'espansione stabile e continua, bisogna spezzare il legame finora automatico tra espansione ed inflazione ».

Raffreddamento dell'espansione.

Finora molti errori sono stati commessi più o meno in tutti i paesi. Anzi tutto non si è riusciti ad influire sufficientemente sulle cause del disordine espansionistico, non per mancanza di conoscenza economica, ma per scarsità di poteri in alto e di responsabilizzazione in basso. Giunti agli eccessi espansionistici si è provve-duto, quasi sempre in ritardo, con mezzi o inadeguati o troppo frenanti. Si t r a t t a invece di prevenire gli eccessi di espansione e di procedere tempestivamente quando vi sono i primi sin-tomi di slittamento espansionistico.

Quando si intravvedono sintomi di prossimo surriscaldamento dell'espansione occorre non indugiare a prendere le misure necessarie per il raffreddamento. Quanto maggiore è la tempe-stività degli interventi, tanto più forte ne è l'efficacia e soprattutto le misure possono essere più dolci e graduali.

Vi è un ordine di priorità nei provvedi-menti, al fine di non danneggiare l'economia

ed ottenere egualmente dei risultati; cosi oc-corre manovrare il bilancio pubblico prima di ricorrere alla politica monetaria. Uno strumento di cui sinora non si è fatto uso ma clic è pro-posto con profonda convinzione da economisti molto esperti, come Walter Heller, è il risparmio sull'aumento naturale del gettito fiscale; non spendere in tutto o in parte il cosi detto divi-dendo fiscale, significa alleggerire la spinta al-l'espansione. Dovrebbe essere questo il mezzo meno disturbante ma 11011 meno efficace del-l'azione preventiva (e curativa quando occorra) dell'inflazione.

Altre misure di sicura efficacia che non turbano sensibilmente l'andamento economico sono: la cessazione degli incrementi del credito concesso dal sistema bancario e il minor aumento delle spese pubbliche.

Interventi dolorosi.

Solo quando non bastano le misure indicate si ricorre ad interventi più drastici quali sono l'aumento del tasso di sconto, le restrizioni nel credito, l'aumento delle imposte, la ridu-zione dei dazi doganali. Purtroppo queste mi-sure non sono innocue. Anzi i provvedimenti antinflazionistici sono tutti più o meno dolo-rosi. Cosi gli alti tassi d'interesse impediscono determinate iniziative, ne rendono più costose altre e colpiscono particolarmente le imprese meno capaci di autofinanziamento. L'aumento delle imposte, oltre alle resistenze politiche che incontra, jirovoca diminuzione di risparmio e tentativi di evasione. La riduzione dei dazi doganali per incrementare l'offerta di beni dall'estero, può incidere sensibilmente sulle ri-serve valutarie. Ma non vi sono altri mezzi per frenare l'inflazione.

Per i motivi sopra indicati l'impegno mag-giore e generale deve essere quello di prevenire le situazioni inflazionistiche, anziché lamen-tarsi delle cure dopo che l'inflazione è stata provocata. Non è affatto vero che l'inflazione sia un male inevitabile, f a t t a eccezione per i periodi bellici. L'inflazione è la conseguenza di errori privati e pubblici, nazionali ed inter-nazionali, che con l'esperienza del passato si dovrebbe essere in grado di evitare.

Aspetti internazionali.

L'espansione permanente è pure molto con-dizionata dalla risoluzione di importanti pro-blemi internazionali di cui ricorderò i più notevoli.

Anzi t u t t o la liquidità internazionale, in vista di ulteriori e regolari incrementi del

commercio internazionale, è ormai assicurata dagli accordi raggiunti con il Sud Africa per l'oro e dall'applicazione dei diritti speciali di prelievo.

Influisce invece negativamente (anche se con minor peso rispetto al passato) la situa-zione economica statunitense che periodica-mente si trova in bilico tra lo sviluppo e la recessione. Una notevole (anche se niente af-fatto unica) responsabilità va attribuita agli Stati Uniti d'America, sia perché sono il paese che ha il più alto prodotto lordo nel mondo (circa mille miliardi di dollari), sia perché il dollaro è la moneta riserva internazionale.

Da quasi quattro anni i prezzi statunitensi aumentano oltre il limite di tolleranza (3% an-nuo) e le autorità non sono riuscite a frenarli adeguatamente. Vi è però l'attenuante della guerra nel Viet Nani, indubbiamente stimola-trice delle spese pubbliche e degli investimenti privati.

Resta il fatto che anche il più grande paese del mondo riesce ad andare nella luna ma non a dominare in certi periodi i costi di produzione. Se l'amministrazione Nixon riuscirà a stabi-lizzare i prezzi, anche per gli altri paesi diven-terà più facile un'espansione ordinata. Infatti le industrie esportatrici dei vari paesi trovereb-bero meno conveniente l'esportazione e i prezzi dovrebbero essere più contenuti anche per accrescere le vendite sui mercati interni. Dimi-nuirebbe pure la tensione degli alti tassi d'in-teresse sui vari mercati finanziari.

I prezzi delle materie prime.

Una delle cause delle perturbazioni nell'an-damento economico si trova nelle variazioni dei prezzi delle materie prime. Quando questi prezzi diminuiscono i paesi fornitori (che in parte sono arretrati) peggiorano gravemente la loro bilancia di pagamento. Quando invece i prezzi delle materie prime aumentano le nazioni industrializzate si trovano inevitabil-mente aumentati i costi di produzione; per di più l'aumento dei prezzi delle materie prime accentua la psicosi rialzista, per cui gii effetti sui prezzi dei prodotti finiti risultano superiori a quelli che dovrebbero obiettivamente essere. Il problema è attualmente allo studio dei competenti organismi internazionali: la Con-ferenza delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo ( U N C T A D ) , l'Organizzazione per l'agricoltura (FAO), la Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo ( B I R D ) . Sino a ieri ci si è preoccupati principalmente della caduta dei prezzi delle materie prime che pro-voca l'arresto dello sviluppo nei paesi arretrati.

Sarà d'ora in poi necessario vedere pure l'aspet-to rialzista che danneggia i paesi industrializ-zati.

Consistenti finanziamenti internazionali ed opportuni orientamenti produttivi potranno regolare l'offerta delle materie prime in modo da evitare i periodi di sovrabbondanza e i periodi di scarsità. Ancora una volta risulta evidente la prevalente convergenza di inte-ressi di tutti i paesi (ricchi e poveri) verso un andamento regolare della vita economica.

Psicosi rialzista.

Le prolungate fasi di inflazione hanno cau-sato la psicosi generale del rialzo dei prezzi; questa psicosi è diventata una vera malattia sociale e rende impossibile un ordinato sviluppo economico; occorre combatterla recisamente con i fatti in tutti gli ambienti. Il punto centrale dell'azione antinflazionistica preventiva è la stabilizzazione dei costi, agendo sulle cause perturbatrici.

L'inflazione provocata dalla spinta dei costi si ha in questi casi:

1) aumento dei salari oltre al limite della jiroduttività;

2) aumento dei prezzi delle materie prime e dei prodotti importati;

3) aumento delle imposte gravanti sulla produzione o sulla distribuzione commerciale; 4) scarsità di mano d'opera qualificata; a questa causa non è stata ancora data t u t t a l'attenzione che si merita; infatti una grossa difficoltà che s'incontra nell'espansione econo-mica è la non disponibilità di mano d'opera in determinati settori e qualifiche; la scarsità di personale adeguato rafforza la tendenza rialzista dei salari; in questo campo occorrono decisivi interventi per un adeguamento quali-tativo e quantiquali-tativo dell'offerta di lavoro alla

domanda di lavoro, attuando la riqualificazione e la mobilità della mano d'opera;

5) investimenti superiori al risparmio di-sponibile; per questo motivo delle brevi pause riflessive nel decorso degli investimenti sono necessarie in certi momenti per dare tempo al risparmio di formarsi ed anche per non eccedere nella struttura produttiva.

Stabilizzazione dei costi.

Il punto fondamentale da tener presente in t u t t a la problematica della stabilizzazione è quello di non passare nella generalità dei pro-cessi produttivi alla fase dei costi crescenti. Se-si riesce su questo punto Se-si ha molte probabilità di evitare tutto l'andamento ciclico. In ogni caso un'eventuale cedenza di domanda privata non stimolata da previsioni rialziste, può essere supplita da un aumento di spese sociali in quelle utilità collettive che necessariamente restano in coda nelle fasi di espansione.

Alla stabilità dei costi e quindi dei prezzi fa da contorno il pareggio della bilancia dei pagamenti, la massima occupazione, la flessi-bilità delle entrate e delle spese pubbliche in funzione compensativa rispetto alla domanda privata.

Lo sviluppo senza inflazione per le economie altamente capitalizzate è soltanto un problema di visioni realistiche ma non egoistiche a tutti i livelli e di volontà generale (imprese, sindacati, consumatori, governo). Se si vuol condurre una politica di sviluppo (che è di lungo pe-riodo) non si possono condurre contempora-neamente politiche di breve periodo antitetiche con quelle di lungo periodo. A maggior ragione quando si mira a riforme di struttura, la stabi-lità economica diventa la base indispensabile per poter procedere senza troppi imprevisti. A tal fine nella vita economica si richiede una certa saggezza impegnativa per tutti.

Nel documento Cronache Economiche. N.331, Luglio 1970 (pagine 58-61)