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Valanghe e difesa

Nel documento Cronache Economiche. N.331, Luglio 1970 (pagine 61-73)

Umberto Bordelli

La valanga, come la frana, si manifesta quando l'attrito, che il suo peso esercita contro lo strato immobile su cui scorre, non è sufficien-temente elevato per opporsi a tale moto di rapida discesa. E superfluo ricordare le leggi elementari dell'equilibrio dei corjji sul piano inclinato. Diremo solo che, a parità di scabro-sità di superfìci a contatto, aumentando la inclinazione del piano (fig. 1), avviene che il corpo apjnoggiatovi, scorra. L'angolo minimo capace di provocare tale moto è misura del coefficiente di attrito. Nel caso nostro, l'attrito fra lo strato di neve che scorre —- la valanga — e quello sottoposto e immobile è variabile; ossia può pericolosamente diminuire senza darne avviso esterno; e in tal modo, come purtroppo si osserva, una massa di neve, che oggi è ferma e sembra rimanga tale, si mette in moto subi-taneo, con forte accelerazione e pericolo.

Quali sono le cause che j >r o v o c a no tale diminuzione di a t t r i t o ? Alcune sono manifeste: uno strato di neve, caduta in precedenza, si è conservata gelata e dura sotto quella caduta in seguito. L'attrito fra tali strati è minimo. Basta un leggero sgelo alla superficie perché il peso dello strato superiore divenga maggiore e provochi condizioni di attrito in diminuzione, se la variazione di temperatura arriva fino alla superficie critica di contatto, ossia fra lo strato inferiore pesante, gelato e rigido, e quelli superiori, che in tal modo possono scorrere; poi, gli sciatori che in massa recidono, coi loro sci lo strato superficiale, che può entrare nel gioco delle forze in equilibrio: cosi almeno si crede da esperti. Quello che sembra una delle cause massime di diminuzione di attrito fra strato di fondo — immobile — e la valanga,

o ' come rappresentato in fig. 2, è la vibrazione. Forse il problema non è mai stato posto in giusta luce.

Ne tracceremo gli estremi, in breve. Se un corpo qualsiasi, metallico per esempio, scorre su piano, pure metallico, quando questo venga ad assumere angoli crescenti col piano, per un valore minimo a3 (vedi fig. I), esso potrà scorrere per un angolo minore — e spesso molto minore — quando o al piano o al corpo stesso venga applicata una vibrazione,

appro-priata come frequenza e ampiezza. La vibra-zione opera quindi riducendo il coefficiente di attrito; il che è dimostrato dall'angolo minore che il piano inclinato fa con quello orizzontale, quando la vibrazione e applicata, rispetto al-l'angolo analogo, necessario (angolo a3,) quando la vibrazione era assente.

Fig. I - Il c o r p o P grava sul piano inclinato, e il suo peso viene scomposto in due forze, l'una normale al piano, N e l'altra tangenziale T. Q u e s t ' u l -t i m a provoca la discesa del c o r p o lungo il piano, se la forza N non genera a t t r i t o eccessivo, ossia se tale a t t r i t o è m i n o r e di T.

Facendo r o t a r e il piano p a t t o r n o al punto F, si passa dall'angolo a1 all'angolo a2, ecc. Raggiunto l'angolo a3, il corpo discende lungo il piano per quanto d e t t o sopra. I corpi lisci hanno l'angolo a3 assai piccolo; anche il piano inclinato dev'essere liscio.

Fig. 2 - Disposizione preparatoria di valanghe: sopra, s t r a t o molle, ossia neve fresca; s o t t o , neve dura, ghiacciata, che offre un coefficiente d ' a t t r i t o basso fra la sua superfìcie e quella di c o n t a t t o della neve fresca (sup. c o n t . superfìcie contatto).

Fig. 3 - A n g o l i di a t t r i t o . Q u e l l o maggiore a3 m i n i m o , è l'angolo di fig. I, per cui il c o r p o comincia a scendere lungo il piano. È l'angolo m i n i m o di a t t r i t o . Il c o r p o e il piano non sono s o t t o p o s t i a vibrazione. Invece, quando esiste vibrazione l'angolo a + A t t r . è m i n o r e del precedente, pur essendo sufficiente per provocare il m o t o del c o r p o P (fig. I) lungo il piano. La vibrazione funge da lubrificante. N o n o c c o r r e qui separare le superfìci del c o r p o e del piano per d i m i n u i r e l'angolo di a t t r i t o , i n t r o -ducendovi il lubrificante.

Per tale ragione fondamentale, se il manto nevoso è sottoposto al passaggio di sciatori, o se è vicino a una sede ferroviaria a una strada percorsa da automezzi pesanti, possono aver luogo vibrazioni pericolose per l'equili-brio. D'altra parte, se intendiamo far « partire » la frana, prima che essa abbia raggiunto spes-sori troppo rilevanti ed una massa troppo peri-colosa, potremo, valendoci di appropriate vibra-zioni da applicarsi come vedremo in seguito, fare scendere la massa nevosa, ancora in equi-librio ma vicino al limite di stabilità.

Osservatorio " in loco ".

Il coefficiente di attrito fra strati diversi di nevi, cadute prima e dopo, in condizioni di temperatura diverse e che producono piani rigidi, gelati e a coefficiente di attrito assai basso, e nevi susseguenti, il cui spessore aumen-ti, può venire studiato sperimentalmente ripro-ducendo in apposito laboratorio, posto nelle vicinanze delle zone franose, gli strati nevosi, e dando loro inclinazioni diverse — variabili sperimentalmente — per riprodurre le condi-zioni in natura, e per misurare di quanto si sia ancora lontani da quelle condizioni di

Fig. 4 - Osservatorio all'aperto, in zone soggette a valanghe. S, s t r a t o di fondo, gelato, su cui scorre la valanga s; di questo s t r a t o s o c c o r r e d e t e r -minare sia la pendenza pericolosa (facendo variare l'angolo a) sia lo spes-sore pericoloso, esponendo l'apparecchio alle nevicate. Quando, aumen-tando, in regime di sperimentazione, l'angolo a fino a un dato l i m i t e , si o t t i e n e la valanga sperimentale, per quel dato spessore di s, significa che nelle zone ad a (inclinazione) prossima a quella sperimentata, ossia la minima che muove la valanga, siamo in regime pericoloso, che p e r m e t t e la formazione di valanghe al vero. Prima di raggiungere tale regime di peri-colo, si p r o v o c h e r a n n o valanghe parziali, di massa m i n o r e , come si nota in fig. 5.

equilibrio che si denominano pericolose e che abbiamo tratteggiate sopra.

In fig. 4 abbiamo riprodotto un piano incli-nato, da laboratorio, di superfìcie circa 3 X 3 m, ad inclinazione variabile, entro angoli speri-mentali, dedotti dalle condizioni delle incli-nazioni locali dei pendii nevosi. Si riproduca su tale piano inclinato lo strato di « fondo », ossia quello su cui verrà a scorrere la massa nevosa caduta in seguito, e lo si conservi alla temperatura vicina a quella che verrebbe ad assumere in natura, misurata da apposite sonde. L'osservatorio avrà la funzione di seguire la natura, lo spessore, la levigatezza, la durezza e resistenza ai carichi degli strati che possono rappresentare « fondo » su cui scorreranno le nevi seguenti. Sopra tale strato, o a tali strati, se la formazione è multipla, si disporranno le nevi successive, negli spessori naturali, misu-rati pur essi dal vero.

Non è necessario, naturalmente, aspettare che le circostanze si avvicinino a valori perico-losi: in altre parole, non si attenderà che si produca la valanga « al vero ». Ma facendo variare l'inclinazione del piano sperimentale, si determinerà quell'aumento che sarebbe neces-sario perché, in natura, la valanga fosse in condizione di rottura di equilibrio, ossia di di-scesa pericolosa.

In cifre: se occorre aumentare di soli dieci o quindici gradi l'inclinazione del piano, per produrre la valanga, in natura le condizioni sono assai vicine al pericolo vero di caduta di una valanga pericolosa. Pertanto, sarà questa l'inclinazione sufficiente perché si debba inter-venire per produrre una valanga artificiale, che dovrà risultare meno voluminosa, meno veloce, meno dannosa di quella che si produrrebbe se non si fosse proceduto a scaricare artificialmente la neve sovrapposta allo strato di fondo, come abbiamo indicato.

L'attrito viene diminuito dalle vibrazioni.

Valendoci della nota esperienza del piano levigato, con sovrapposto un corpo metallico, il cui angolo minimo di equilibrio è assai dimi-nuito quando vi si applichi una appropriata vibrazione, descriveremo un vibratore tipico, che ha possibilità di variare la propria frequenza di vibrazione e l'intensità applicata, in modo da produrre, col minimo di energia trasmessa alla massa nevosa, quella diminuzione di coef-ficiente di attrito che abbia potere di produrre la valanga « artificiale » senza attendere la formazione di quella « naturale », certamente maggiore e assai più dannosa.

In fìg. 5 si notino le due masse eccentriche M, Mj, rispetto all'asse attorno a cui possono

rotare. Se tali masse rotano in senso contrario, avremo delle sovrapposizioni di effetto di forza centrifuga, che si annullano oppure si sommano, creando, appunto, una vibrazione in un dato piano, che è sempre ortogonale a quello che contiene la retta che unisce tali centri di rotazione. In fig. 5 a) si produrranno oscillazioni orizzontali, in quella e) inclinate, in modo da dirigersi nello stesso senso e collo stesso angolo del piano di fondo, sovra cui ver-rebbe a scorrere da sola la frana, se la neve so-vrapposta assumesse spessore sufficiente, il che noi intendiamo impedire, appunto provocandone la caduta prematura, e di natura non jaericolosa. L'apparecchio vibratore descritto in fig. 5 verrà adoperato in laboratorio, per determinare la relativa facilità con cui si potranno produrre gli effetti di valanga anticipata suddetti. Dopo la esperienza di laboratorio, se si nota che le condizioni di equilibrio si fanno vicine a quelle limite, ossia atte a dar luogo alla valanga, si trasporterà l'esperienza in natura, e mediante un vibratore di massa appropriata, si appli-cheranno vibrazioni atte a iniziare il moto della massa di neve, ossia della valanga vera e propria. Sarà opportuno promuovere la for-mazione, mediante vibrazioni appropriate, di una piccolissima valanga per avere confer-ma delle esperienze effettuate in laboratorio. Poi, si applicheranno le forze coi valori neces-sari, e si provocherà l'effetto finale, in scala massima.

Osservazioni odierne e possibilità di inter-venti.

Spesso si leggono trattazioni del problema: « possibilità di formazione di valanghe », e risulterebbe un fatto consolante: che vi sono persone scientificamente capaci di prevedere i pericoli di prossime valanghe. Non pare, però, che essi possano instaurare veri e propri sistemi di misura, ma che vi perduri sempre un forte coefficiente di « fatalità » come viene definito, forse nascondendo un certo grado di impossibilità sia di prevedere, che di difendersi dalle frane; e di questo fanno fede, purtroppo, le numerose vittime della frana: sciatori, lavo-ratori, zone alberghiere, e simili.

Nelle interessanti trattazioni di sistemi di difesa dalle frane, si parla di esplosivi. Certo, l'esplosivo ha potere di suscitare vibrazioni e di produrre l'effetto che abbiamo studiato: la diminuzione dell'attrito fra fondo e neve sovrapposta; non, certo, di dare un tale im-pulso a t u t t a la massa che frana, atto a darle il primo abbrivo. Pertanto, anche gli esplosivi potranno essere meglio adoperati, dopo lo studio dell'attrito che abbiamo descritto.

Fig. 5 - a) Apparecchio v i b r a t o r e , composto di due masse eccentriche, uguali, r o t a n t i in senso c o n t r a r i o . Nella posizione della figura, le masse eccentriche F,-F, annullano il l o r o effetto centrifugo. Invece, quando esse sono disposte lungo la linea orizzontale, esse si sommano e produ-cono una forza 2F, variabile in senso, che dona l'effetto vibrante, qui disposto in direzione orizzontale. La forza 2F varia sinusoidalmente. b) Lo stesso producente vibrazione verticale.

c) Applicazione alla massa di neve inclinata che si deve vibrare per pro-d u r r e una pro-d i m i n u z i o n e pro-di a t t r i t o fra gli s t r a t i e provocare la valanga artificiale, m o l t o prima di quella naturale, per evitarne il volume e l ' i m p e t o ed eliminarne i danni.

Le due masse (come in a) sono racchiuse in una scatola metallica che si allarga in basso, dove viene immersa nella neve da r i m u o v e r e con va-langa artificiale. A l solito le forze in gioco sono le 2F. S u p e r i o r m e n t e si vede il cavo d e l l ' e l i c o t t e r o che cala il v i b r a t o r e , mosso da m o t o r i e l e t t r i c i (non segnati), alimentati da una dinamo installata s u l l ' e l i c o t t e r o .

Gli elicotteri per la difesa dalle valanghe.

L'elicottero è un punto fisso nel cielo. Esso si può abbassare su qualsiasi punto della terra: nel caso nostro, laddove si voglia applicare un urto, per mezzo di un esplosivo. Si t r a t t a vera-mente di un urto vero e proprio ? o piuttosto di una eccitazione, tramite le masse e le elasti-cità, alla vibrazione ? di quella vibrazione che ar-rivi, sotto forma d'onde elastiche, fino al piano di fondo, come l'abbiamo chiamato, che è quello che divide la lieve solida, elastica, resistente, e che sostiene quella fresca, leggera, che ha potere di scivolarvi sopra e di diventare valanga ?

Il problema non comporta certamente rispo-ste chiare e definitive. Forse nessuno ha

investi-Fig. 6 - Elicottero E che si sposta lungo la linea di massima pendenza della frana, trasci-nando la massa M che contiene l'esplosivo Q (vedi segnata l'azio-ne in direziol'azio-ne dello scoppio). In fig. 6 a) la massa M dirige l'azione dell'esplosivo in dire-zione quasi normale a quella della superficie nevosa. Meglio, in fìg. 6 b) si nota la scomposizione dell'effetto esplo-sivo in N ed in P, in modo da operare impulsi atti a far scor-rere la neve (valanga artificiale) lungo la S.

gato il semplice effetto di un esplosivo dirom-pente quando la carica esplode nella pietra compatta ed unita. Forse, le onde che si creano, in ragione delle note q u a n t i t à in gioco, elasti-cità e massa, sono capaci di sovrapporsi, le incidenti colle riflesse, e, in tal modo, superare, nella massa della roccia, i carichi di rottura, alla compressione ed allo scorrimento. Il potere dirompente, allora, sarebbe in diretta relazione colle prime fessure determinantesi nella roccia, da cui possono partire quelle successive che sbriciolano la massa, e che danno il valore dirompente all'esplosivo.

Il nostro caso, neve di differente resistenza, massa, elasticità, è assai più complicato. E se non vogliamo affidarci al semplice effetto di-rompente dell'esplosione, potremo per mezzo dell'elicottero fare avvenire esplosioni ripetute, nella massa della neve, affondando le cariche di qualche metro — cosa facile, servendosi di sonde metalliche che portino la carica —, nelle zone più adatte, laddove l'esperienza ci indica che siamo sopra la linea da cui si staccano le valanghe.

Mediante opportune masse di ferro, che strisciando sulla neve, o pochi decimetri sotto, si orientino, trascinate dal cavo che le cala dall'elicottero, possiamo dare un orientamento alle esplosioni delle cariche di esplosivo che in tali masse è contenuto, colla bocca del minuscolo cannone — chiamiamolo ili tal modo — diretta verso la linea di massima

pendenza della probabile valanga, e che viene individuata al moto dell'elicottero, in senso contrario a quello che la valanga avrebbe se le dessimo il tempo di formarsi. In fig. 6 si nota la disposizione accennata. L'elicottero E trascina affondata la massa M, un centinaio di kg, lungo la linea di massima pendenza della ipotetica frana: la superficie della neve è segnata con N. Automaticamente, tale massa M si dispone anch'essa lungo la traiettoria dell'eli-cottero; e quando si fa esplodere la carica Q per mezzo di un cavetto elettrico, l'esplosione si dirige verso detta linea di massima pen-denza. In fig. 6 a), la massa M è di forma differente. La carica di esplosivo invia la propria onda esplosiva verso il basso. In tal modo vi sarà certamente una componente d'urto che colpisce in pieno la superficie di divisione fra le due nature nevose, quella fissa, dura, elastica, sottostante, e quella superiore, come abbiamo spesso detto. In fig. 6 b) si vedono le due componenti, la N, normale, e la P, parallela, e questa agisce nel senso di proiet-tare la neve superiore in una valanga artificiale, di effetto t a n t o minore quanto meno si sarà atteso l'accumulo pericoloso di neve sulla superficie di scorrimento S che dovrà essere s t a t a individuata in precedenza colle osserva-zioni dette sopra.

L'elicottero dovrà trascinare tale massa M per il breve tempo necessario alla sua orien-tazione. Si potranno trascinare parecchie masse,

e le cariche fatte esplodere successivamente, in modo che la serie dei tempi sia intervallata in modo costante. Quello che abbiamo esposto per il vibratore, nella parte che riguarda la frequenza di oscillazione di tale apparecchio, e i suoi effetti di diminuzione dell'attrito esi-stente fra le due superfici nevose, la fissa e la mobile, potrà essere applicato alla succes-sione delle esplosioni, che avverranno colla stessa frequenza che nell'oscillatore campione, in laboratorio, hanno messo in evidenza il massimo effetto di diminuzione di attrito, ossia di capacità massima di provocare la va-langa.

In tal modo ci potremo difendere meglio da tali pericoli.

Una variante di tale metodo, consiste nel fare avvenire le esplosioni nell'aria a poca distanza dalla superficie nevosa. In tal modo le onde d'urto provocate dall'esplosione, investono la neve, e vi si inoltrano. Passando dall'aria alla neve, la direzione del raggio dell'onda sferica d'urto, devicrà avvicinandosi alla normale tracciata nel punto d'urto, sulla superficie nevosa, come avviene per i raggi luminosi che operano una deviazione simile, passando dall'aria al cristallo del prisma. E ancora, l'urto sotto forma d'onda procederà sotto la superficie della neve, fino ad incontrare il noto strato elastico e compatto, a superficie con attrito minimo. E anche li, avremo una com-ponente lungo la china della neve compatta, come detto per il caso precedente, e o l'urto,

o la concomitanza delle esplosioni con periodo atto a diminuire al massimo l'attrito, opere-ranno il distacco delle due superfici e io scor-rimento deila valanga artificiale di dimensioni ridotte e non pericolose.

Che se volessimo fare avvenire le esplo-sioni in fase al naturale periodo di oscillazione della neve — lo strato superiore, — potremmo avvantaggiarci di tal fatto e suscitare solle-citazioni elevatissime, atte a disgregare la massa della neve e a suscitare il più volte ricordato slittamento.

Principio basilare della diminuzione del-l'attrito.

Aumentando la velocità fra due superfici, se ne diminuisce l'attrito, anche se fra le super-fici non sia disposto un corpo lubrificante, come olio o grasso; perché in questo caso, un aumento della velocità porta ad un maggiore assorbi-mento da parte del lubrificante di energia, ossia di attrito, che si trasforma in calore. Se invece i corpi sono secchi, come è il caso dei due strati di neve più volte accennati, l'aumento di velo-cità diminuisce l'attrito. Per tale ragione, ab-biamo applicato e vibrazioni e esplosioni tem-porizzate, come si è detto.

Un esperimento di esemplare semplicità, potrà mettere in evidenza la verità dell'asserto suddetto. In fig. 8 si è rappresentata una stri-scia di carta da disegno, larga cm 5 e lunga cm 70-80, su cui posa una moneta sufficiente-mente pesante: ottimo lo scudo d'argento dei

Fig. 7 - Elicottero E, moventesi lungo la linea di massima pen-denza della neve caduta. In C si ha un apparecchio ad esplo-sione, a ripetizione, che invia onde esplosive verso la neve, dall'aria. Tali onde incontrano, sotto un dato angolo, la super-ficie nevosa. L'onda provoca due componenti d ' u r t o , l'una nor-male alla neve e l'altra lungo la china. Quella normale rag-giunge la zona di neve dura sot-tostante ( N . D . = neve dura) e la mette in vibrazione, perché le cariche sono ripetute, successive e ad intervalli di tempo prefìs-sati. La componente tangenziale imprime un m o t o lungo la china. Scopo finale: il provocare va-langhe r i d o t t e di volume, per impedire i pericolosi accumuli di neve.

L'elicottero potrà essere fermo ed operare allo stesso modo.

tempi passati, ma soltanto per la sua massa e il suo volume. La striscia di carta è piegata, in basso, a riccio, come si vede in figura, e vedremo l'uso di tale particolare. Ora, se io opero leggere trazioni, prudentissime, sulla carta, prendendo nelle dita il riccio suddetto, io noto che non mi è possibile di impedire che

M

T

Fig. 8 - Su un tavolo 7 una striscia di carta S che porta una moneta M. Con un colpo S in senso verticale rapidissimo, si fa s c o r r e r e la striscia di carta e la moneta rimane in piedi, senza muoversi. Ciò d i m o s t r a che alla velocità i m p a r t i t a (elevata) l ' a t t r i t o non era sufficiente per trascinare una moneta.

la moneta caschi. Sono gli inevitabili piccoli impulsi che si comunicano alla stessa. Ma se io mi armo di una bacchetta non elastica, una riga da disegno lunga cm 70-80, circa, e applico un velocissimo colpo al riccio di carta, io noto che la moneta non cade, e la carta su cui era appoggiata ha potuto scorrere, senza comunicarle nessun impulso. L ' a t t r i t o è di t a n t o diminuito durante il breve tempo dello scorrimento della carta su cui posava la moneta, che non è risultato sufficiente per abbatterla.

In tal modo, un aumento di velocità sempre, in condizioni analoghe, determina una dimi-nuzione di attrito. Ma come applicare alla

Nel documento Cronache Economiche. N.331, Luglio 1970 (pagine 61-73)