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Il viaggio della delegazione torioese io Russia nel 1913

Nel documento Cronache Economiche. N.331, Luglio 1970 (pagine 50-58)

Piero Cazzola

L'Esposizione di Torino del 1911, a t t u a t a per celebrare il cinquantenario dell'Unità d'Italia, si era chiusa in un clima festoso di collaborazione fra le Nazioni europee, nella cultura, nei com-merci, nel lavoro; e non poco interesse aveva destato la partecipazione della Russia all'Espo-sizione stessa, come già abbiamo avuto occa-sione di ricordare da queste colonne.

Non stupirà perciò che, allo scopo di espri-mere tangibilmente la gratitudine della città

per tale partecipazione e di rinnovare in pari tempo dei contatti personali, che portassero a un maggior incremento dei rapporti econo-mico-commerciali, una delegazione torinese par-tisse per la Russia, su invito delle Amministra-zioni municipali e delle Camere di commercio di Pietroburgo e di Mosca.

Il viaggio durò dal 6 al 27 giugno 1913; la Città di Torino era degnamente rappresen-t a rappresen-t a dal suo Sindaco, sen. conrappresen-te Teolilo Rossi MÉfÌM)|jM

di Montelera (che nel periodo 1902-09 era stato Presidente della Camera di commercio ed artigianato), dagli assessori Ceriana, Pomba, Cauvin, nonché dal consigliere Vicarj e dal capo-gabinetto del Sindaco, Rovetti; ed anche l'Amministrazione provinciale aveva inviato un suo membro, il consigliere Levis, valente pittore. La Camera di commercio di Torino a sua volta era rappresentata dal presidente, comm. Fer-dinando Bocca, dal vice-presidente avv. Boz-zalla, dai consiglieri Celestino Bellia, Pellosio, Fasano, Oderio, Corinaldi e dal segretario generale, avv. Casimiro Dogliotti. Partecipa-vano infine al viaggio alcune personalità del-l'industria subalpina: l'ing. Giovanni Sacheri, il cav. Silvano Venchi, l'avv. Valentino e il sig. Edgardo Bellia, il cav. Annibale Piovano, il cav. Francesco Querena, il sig. Vittorio Rossi; oltre a due rappresentanti di istituti bancari, l'avv. Renato Moris e il col. Carlo Spin-garda amministratore delle « Opere Pie di S. Paolo », come allora veniva chiamato l'Isti-t u l'Isti-t o S. Paolo.

La delegazione torinese toccò nel suo viaggio non soltanto Pietroburgo e Mosca, ma anche Varsavia, Kiev e Odessa. L'accoglienza rice-vuta fu delle più cordiali; il Sindaco Rossi era, tra l'altro, latore di una lettera autografa del Ministro degli esteri italiano, di S. Giuliano, al collega russo, Sazonov. Il presidente della Camera di commercio russo-italiana, Jermolov, a capo di un comitato, dimostrò ai torinesi schietta simpatia e larga ospitalità, t a n t o da lasciare nei partecipanti grati ricordi e durevoli impressioni, come vedremo.

A Pietroburgo, che stava per diventare Pietrogrado, usciva allora, bimestralmente, un Bollettino (bilingue) della Camera di commercio russo-italiana: esso era uno specchio fedele dell'attività svolta a prò' degli scambi

commer-Fig. 2 - P i e t r o b u r g o - M e m b r i della delegazione a c o l l o q u i o con gli ospiti russi.

Fig. 3 - Pietroburgo - La Cattedrale di S. Isacco.

ciali fra i due Paesi e aveva una certa diffusione anche negli ambienti economici italiani. Vale la pena di registrare, in quegli anni precedenti la prima guerra mondiale, anche un intensifi-carsi delle relazioni culturali, la presenza di numerosi studenti russi nelle nostre Università, soprattutto a Torino, a Milano e a Napoli, e il successo dell'ic Opera » e del « Balletto russo » fra il pubblico italiano. Per converso continuava a suscitare ammirazione fra i russi la musica e l'arte italiana: il nostro scultore Canonica era addirittura disputato a Pietroburgo, dove aveva eseguito, con mano maestra, oltre a numerosi busti e ritratti di personaggi e belle dame, due grandiosi monumenti equestri, uno al Granduca Nicola e ai Combattenti della guerra russo-turca, e l'altro allo zar Ales-sandro II, andati purtroppo entrambi distrutti nei giorni della Rivoluzione d'Ottobre.

Nello stesso anno 1913 il nostro Ministero dell'agricoltura, industria e commercio inviava poi a Pietroburgo in forma ufficiale l'avv. Giancarlo Castagna. Di tale missione commer-ciale rimane un volume di preziosi «appunti», come modestamente ebbe a intitolarlo l'autore, cui rimandiamo il lettore interessato (1), al quale pure indichiamo un ampio ed accurato (1) GIANCARLO CASTAGNA, Un anno di missione

Fig. 4 - Lavra della T r i n i t à e di S. Sergio (ora Zagorsk). La delegazione in visita, accompagnata da un pop.

studio sull'economia russa dell'epoca e sui rap-porti commerciali con l'Italia, steso da un com-petente in materia, l'avv. Giovanni Gorrini, console onorario russo a Torino (2).

Vale ora la pena di citare un garbato « diario di viaggio », che uno dei membri della dele-gazione torinese, l'industriale Valentino Bellia, ebbe a pubblicare anni dopo (3). Esso è di piacevole lettura e ci porta con la fantasia, dalla pensilina di P o r t a Nuova, attraverso mezza E u r o p a sino alle rive del Baltico, non senza farci soffermare brevemente a Vienna, nel parco di Schònbrunn, prima di affrontare gli altopiani slesiani e le grandi pianure po-lacche. Varsavia, allora sotto la dominazione russa, è vista con occhio di particolare simpa-tia, per i comuni ideali d'indipendenza degli Italiani e dei Polacchi; e poi si giunge, passando per Bjalistok, Crocino e Pskov, e familiarizzan-dosi col caratteristico paesaggio russo, alla città dello « zar riformatore », a Pietroburgo, la finestra aperta sull'Europa, come la defini

Fig. 5 - Lavra della T r i n i t à - La delegazione in visita.

il nostro Algarotti. La delegazione torinese ri-mase ammirata del grandioso stile « mitteleu-ropeo ». dei suoi palazzi, delle accademie, dei ministeri, riconobbe la mano degli italiani, soprattutto del Rastrelli e del Quarenghi, nel rococò e nel neoclassico imperanti. Poi ci fu la visita allo zar a Càrskoe Selò, cui si giunse per una ferrovia particolare; e qui i torinesi pote-rono nuovamente ammirare un'opera del grande

Rastrelli: il famoso palazzo di Caterina II e il magnifico parco, prima di essere introdotti in visita da Nicola II, che li ricevette con sim-patia, nella semplice uniforme del reggimento Preobrazenskij, caro al suo avo Pietro il Grande. Non meno interessante fu poi la visita alla « casa del popolo », una benemerita istituzione comprendente tre teatri, biblioteche, sale di conferenze e ristoranti popolari: i rappresen-tanti di una lega per la temperanza, predicando contro gli abusi dell'alcool, chiedevano al pubblico, senza troppo successo, che prestasse giuramento di astinenza.

Durante il soggiorno a Pietroburgo non fu di-menticata la visita alla cattedrale di S. Isacco, alle ricchissime collezioni d'arte dell'Ermitage, al monastero Smolnyj, al palazzo e al parco di Peterhof, oggi Petrodvorec, sul quieto golfo di Finlandia. Poi si parti per Mosca, che lasciò stupefatti per la sua impronta tipicamente russa, per il gran numero delle sue chiese e la poderosa mole del Kremlino, dove è presente la mano geniale dei nostri architetti del '100, da Fioravanti, ad Aloisio, a Solari, ad altri. Visitandolo, il Bellia lo defini « il Campidoglio dell'Impero russo » e ammirò la Moscova scor-rere lenta e sonnacchiosa alle spalle della città,

(2) JEAN GORRINI, La Russie (VaujourcVhui et les intcréts

italiens, Tiirin, 1915.

(3) VALENTINO BELLIA, Un viaggio in Russia (ricordi

del viaggio della delegazione torinese nel giugno 1913), Torino,

1925.

con le sue torri d'ogni foggia, innalzantesi fra palazzi immensi, conventi, e cupole d'oro sfavillanti al sole. Ma anche Mosca, dopo qualche giorno di visite e ricevimenti, fu lasciata per raggiungere Kiev, la madre delle città russe, dove la delegazione ebbe ancora la fortuna di visitare l'antica Lavra, o « Monastero delle grotte », con le sue celle, le catacombe, la chiesa, andata parzialmente distrutta durante gli eventi dell'ultima guerra, e la cattedrale di S. Sofìa, costruita nell'XI secolo sul modello di quella di Costantinopoli. A Kiev, capitale dell'Ukraina, il granaio della Russia, fu visitata un'Esposizione agricolo-industriale e alcuni sta-bilimenti, il che diede l'occasione per utili contatti personali. E infine, con una p u n t a t a su Odessa, città piena di vita, di commerci, di gente di varie nazionalità, dove già si respira l'aria del Mediterraneo, la delegazione con-chiudeva felicemente il suo viaggio.

Queste dunque le impressioni del Bellia, ma altre, più strettamente economiche, furono quelle del comm. Bocca quando, al suo rientro in Italia, concedette al giornalista Borgatta una ampia intervista pubblicata su « Il Sole » (4).

È interessante notare a questo proposito (ciò che venne subito rilevato) che non si era trat-tato soltanto del compimento di un programma formale di restituzione di visite, ma erano state considerate « le condizioni, le vie, le possibilità dei nostri scambi commerciali con quell'enorme Paese » e « constatato, attraverso la cordialità e l'entusiasmo con cui » la delega-zione era stata accolta « dalle personalità poli-tiche e dai circoli commerciali, la possibilità di un miglioramento progressivo, che può co-minciare a breve scadenza, con tali relazioni ».

« Il Sole » osservava poi, per bocca del suo collaboratore, che « tali relazioni non occupano, per la q u a n t i t à e valore della somma di merci che le costituiscono, uno dei primi posti nel commercio internazionale dei due Paesi », giac-ché « la lontananza dei due mercati, la man-canza di vie dirette, la scarsissima reciproca conoscenza dei gruppi commercianti, salvo rare eccezioni, la inesistenza di un movimento di emigranti, ed altre cause minori, non hanno consentito quello sviluppo dei rapporti com-merciali che è avvenuto con altri Paesi più lontani della Russia ». Ma dopo tali constata-zioni, invero non del t u t t o esatte (giacché per

M r i m

v. ifiiNiWHk

-(4) « 1 nostri scambi commerciali con la Russia e il loro

avvenire (conversando col comm. F. Bocca) », di GINO BORGATTA,

ne « Il Sole », G luglio 1913.

Fig. 7 - Lavra della T r i n i t à - La delegazione in visita, con Rossi D o g l i o t t i in p r i m o piano.

contro nostri operai avevano lavorato in Rus-sia, alle miniere ukraine, alle ferrovie caucasiane e alla Transiberiana, alla costruzione di palazzi pubblici e privati, sul finire del secolo e al principio dell'attuale), il Borgatta notava che ad ogni modo, negli ultimi anni, un non indif-ferente incremento nel commercio reciproco si era avuto, passandosi, nelle importazioni, da 157,1 milioni di lire nel 1907 a 234,7 nel 1911, e nelle esportazioni da 11 milioni di lire nel 1907 a 50,8 nel 1911; e inoltre che «la percen-tuale dell'incremento è assai maggiore per l'esportazione italiana, ma le sue cifre assolute rimangono meno del 22% delle importazioni russe ». Ed anche un'altra differenza saltava subito agli occhi: «la prevalente proporzione dei prodotti greggi ed alimentari nelle impor-tazioni, di quelli semilavorati e lavorati nelle esportazioni », il che era alquanto incoraggiante, constatata « la diversità dei gruppi di merci su cui le rispettive esportazioni possono mag-giormente basarsi ».

Certo, come osservava l'intervistato comm. Bocca, non si poteva pensare a sostituire in un giorno la predominante esportazione stra-niera, ma chi conosceva i risultati dei nostri sforzi per molti prodotti, « come le automo-bili, le sete, i lavorati di cotone, i fiammi-feri, ecc., che sono riusciti a progredire felice-mente anche in mercati già dominati dalle esportazioni inglesi, tedesche, francesi, non può affatto disperare che una volta messo il pro-dotto italiano al contatto diretto del consu-matore russo, molto si possa fare, malgrado le attuali condizioni ». Aggiungeva il comm. Bocca che era « questo contatto diretto che gli espor-tatori italiani, con la ragionevole collaborazione del Governo, devono proporsi anzitutto »; e ci-t a v a poi le cause principali, a suo giudizio, della scarsa importanza delle nostre esporta-zioni in Russia. Esse consistevano « nel non avere noi con un'opera efficace, a d a t t a , siste-matica, t e n t a t o la conquista di quel mercato, né assicurate condizioni sufficienti di dirette ed economiche comunicazioni, oltre al non aver cercato di porre quelle condizioni doganali che, con piccolo o nullo sacrificio reciproco, possono grandemente favorire l'incremento di questi scambi ».

L'industriale torinese notava in proposito che « particolarmente infelice è lo stato dei

Fig. 8 - Peterhof - La grande fontana e il canale di Sansone, nel parco del palazzo.

Fig. 9 - Mosca - La piazza e il t e a t r o Bol'soj. Fig. IO - Mosca - I Grandi Magazzini (ora G U M ) .

Fig. I I - Mosca - M e m b r i della delegazione in partenza per un'escursione (Teofìlo Rossi accanto all'autista).

trasporti, non diretti ed assai lenti e costosi per scali alle frontiere, spese per intermediari spedizionisti, ecc., per via di terra, e pure assai gravosi per via di mare, in quanto spesso le navi che ci portano merci dalla Russia deb-bono tornarvi quasi vuote ». Siffatti inconve-nienti nei trasporti erano dovuti al fatto che sin'allora la Russia non aveva aderito alla Convenzione di Berna, ma grazie all'opera delle Camere di commercio miste si sperava che tale adesione non tardasse oltre, almeno per alcune delle più importanti merci dello scambio reciproco, e fosse pure possibile stabilire tariffe più miti e meglio coordinate per l'intero per-corso, d'accordo con gli Imperi Centrali, allora alleati dell'Italia.

Osservava ancora il Bocca come, oltre le age-volazioni nei trasporti, fosse necessario al com-mercio italiano « un lavoro di più efficace cono-scenza e conquista del mercato russo »; a tal fine, e a parte il miglioramento delle tariffe doganali, si doveva contare sull'opera del Governo per « un servizio più largo, continuo, attivo di agenti ed addetti commerciali, la cui attuale defìcenza ben può desumersi dal fatto che in Russia non esiste che un nostro console di carriera ». A dimostrazione « dell'op-portunità indiscutibile di questo servizio di studio, d'informazioni, suggerimenti, indirizzi », il Bocca citava l'esempio della Germania, « che deve in non piccola parte il posto attualmente occupato nel commercio russo all'intenso ed efficace lavoro organico dei suoi agenti e dei suoi consoli ».

Per quanto riguardava poi l'opera dei nostri esportatori privati, il Bocca riferiva l'opinione dell'intera delegazione torinese al suo ritorno dal viaggio, che cioè fosse necessario « man-darvi e tenervi per quanto è possibile dei rap-presentanti e commessi viaggiatori che cono-scano il consumatore locale, la lingua ed offrano le merci coi prezzi e le misure del Paese ». Gli effetti negativi dei ritardi nei pagamenti da parte dei russi, condizionati alle vendite dei loro prodotti agricoli, potevano poi venire attenuati se non, al momento, dalla Banca italo-russa, di auspicata costituzione, dalle grandi Banche private italiane che già parte-cipavano alle operazioni della nostra espansione commerciale. Riteneva infatti il Bocca che « il mercato russo ha un'indefinita potenza di assorbimento del manufatto, per il carattere Fig. 12 - Mosca - L'ambasciata italiana.

Fig. 13 - Kiev - In battello sul D n e p r (in p r i m o piano il c o m m . Bocca e la signora Bellia).

Fig. 14 - Kiev - Monastero delle G r o t t e (Kievo-Pecerskaja Lavra). L'ac-coglienza della delegazione da parte del clero ortodosso (sulla destra, Teofìlo Rossi e Ferdinando Bocca).

Fig. 15 - Kiev - Monastero delie G r o t t e - La delegazione in visita.

Fig. 16 - Kiev - Monastero delle G r o t t e - La delegazione in visita.

della sua economia agricolo-estrattiva, la vasti-tà del territorio, la scarsezza proporzionale della sua produzione industriale »; per cui era proprio sui manufatti in genere (sete, cotonate, automobili, macchine e strumenti, ecc.) ch'egli pensava dovessero accentuarsi i tentativi di una più larga esportazione italiana.

Come risultava infatti dalle statìstiche degli ultimi anni, tenevano il primo posto nella scala dei prodotti da noi esportati in Russia le sete gregge di diverse qualità (da meno di un milione di lire nel 1907-08 a 30,8 milioni nel 1911); indi gli agrumi (da 2,1 milioni nel 1907 a 4,5 milioni nel 1911), lo zolfo (da 1,4 milioni nel 1908 a 2,3 milioni nel 1911), il corallo lavorato (per 3,1 milioni nel 1911), i marmi (per 0,9 milioni nel 1911), le macchine e il ferro lavorato (per 0,7 milioni sempre nel 1911). Mentre tipiche esportazioni italiane, come gli olii d'oliva, erano diminuite da 3,4 milioni di lire nel 1907 a 0,5 milioni nel 1911; senza dire del posto del t u t t o trascurabile che ave-vano altri nostri prodotti, come i vini, i vermut, gli alcooli, ecc., che nel 1911 non raggiunge-vano, in blocco, la cifra di un milione di espor-tazioni.

Tirando le fila sull'argomento, il Borgatta osservava che « anche negli scambi dei puri prodotti agricoli un miglioramento doganale possa avere dei profondi reciproci effetti; e che un regime russo più favorevole pei nostri agru-mi, fiori freschi, olio d'oliva, vini e liquori, zolfo, ecc., corrispondente ad una riduzione dei nostri dazi sui cereali, sotto t a n t i altri aspetti cosi opportuna per l'economia italiana, potrebbe conferire possibilità e spinta d'incre-mento indefinito ad esportazioni che oggi hanno un'importanza esigua»; ma che, in definitiva, la cosa essenziale era che la delegazione tori-nese, col suo viaggio, avesse additato « queste vie e, osiamo sperare, iniziato le faticose opere auspicate ».

Si aggiunga che i dati statistici del breve periodo (poco più d'un anno), che ancora inter-corse fra il viaggio di cui s'è detto e lo scoppio della prima guerra mondiale, confermarono la tendenza ch'era già in a t t o negli scambi italo-russi. L ' a u m e n t o delle esportazioni italiane nel 1913 infatti fu dovuto non t a n t o ad una mag-gior richiesta dei prodotti tradizionali, quanto a quella dei macchinari, e s o p r a t t u t t o delle automobili, che avevano appunto a Torino, come ognuno sa, il loro più importante centro di produzione. Mentre infatti nel 1907 ne erano state esportate esattamente 4 unità, nel 1910 tale cifra era già salita a 46, per arrivare nel 1913 al numero di 147, per un valore di quasi due milioni di franchi.

Fig. 17 - Odessa - Il porto.

E ancora vale la pena di citare un esempio pratico di collaborazione fra gli industriali dei due Paesi: la costituzione cioè, a Torino, nel 1908, della « Società italo-russa per l'amianto », che mise in coltivazione e poi sfruttò, invero per breve tempo, per il sopravvenire della Rivoluzione d'Ottobre, la miniera di Bazènovo, negli Urali, sulla ferrovia di Perni, ove il mi-nerale estratto era di ottima qualità, come quello che si trova nei giacimenti del Piemonte e del Canadà.

E cosi, chiudendo questa scorribanda nel

Fig. 18 - Odessa - In visita per la città.

tempo andato e rimeditando sulle acute opi-nioni, i profetici giudizi, le lungimiranti inizia-tive dei nostri padri, dovremo constatare l'an-zianità dei rapporti economico-commerciali fra Torino e la Russia, che oggi si riassumono nel nome di « Togliattigrad ».

Dobbiamo alla cortesia della marchesa Spinola, figlia del compianto Sindaco Bossi di Montelera e devota custode dei cimeli paterni, le fotografie che presentiamo, scattate nel corso del viaggio della delegazione in Russia dall'assessore Alberto Cauvin e dall'avv. Casimiro Dogliotti, allora segretario generale della Camera di commercio di Torino.

Il più arduo problema economico dell'epoca.

L'espansione permanente

Nel documento Cronache Economiche. N.331, Luglio 1970 (pagine 50-58)