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L’esperibilità erga alios della revisione europea

5. Soluzioni de iure condito

1.4. L’esperibilità erga alios della revisione europea

La giurisprudenza formatasi precedentemente alla pronuncia del Supremo Consesso si era posta il problema ed aveva offerto soluzioni divergenti.

In particolare, la sentenza Dell’Utri20, – pur disconoscendo l’identità tra il caso sottoposto al suo scrutinio e la vicenda Contrada – nel formulare alcune enunciazioni di principio, preconizzava un impiego generalizzato dell’istituto della revisione europea nei casi dei c.d. “fratelli minori”. Il principio di diritto formulato dalla Suprema Corte è così massimato: «[l]o strumento per adeguare l’ordinamento interno ad una decisione definitiva della Corte EDU va individuato, in via principale, nella revisione introdotta dalla sentenza additiva della Corte costituzionale n. 113 del 2011, applicabile sia nelle ipotesi di vizi procedurali rilevanti ex art. 6 della Convenzione EDU, sia in quelle di violazione dell’art. 7 della stessa Convenzione che non implichino un vizio assoluto di responsabilità (per l’assenza di una norma incriminatrice al momento del fatto), ma solo un difetto di prevedibilità della sanzione – ferma restando la responsabilità penale – o che comunque lascino aperte più soluzioni del caso; lo strumento dell’incidente di esecuzione, invece, può essere utilizzato solo quando l’intervento di rimozione o modifica del giudicato sia privo di contenuto discrezionale, risolvendosi nell’applicazione di altro e ben identificato precetto senza necessità della previa declaratoria di illegittimità costituzionale di alcuna norma, fermo restando che, qualora l’incidente di esecuzione sia promosso per estendere gli effetti favorevoli della sentenza della Corte EDU ad un soggetto diverso da quello che l’aveva adita, è necessario anche che la predetta decisione (pur non adottata nelle forme della “sentenza pilota”) abbia una obiettiva ed effettiva portata generale, e che la posizione dell’istante sia identica a quella del caso deciso dalla Corte di Strasburgo».

Al di là della condivisibile estensione dell’impiego della revisione europea ai casi involgenti non solo violazioni processuali ma anche violazioni sostanziali, ciò che desta perplessità è l’applicabilità dello strumento in parola al di fuori del singolo caso oggetto della decisione europea. Sul punto, è d’uopo evidenziare che in giurisprudenza si sono formati due orientamenti contrapposti.

Un primo orientamento, nei casi in cui occorra dare attuazione ad una sentenza “pilota” emessa nei confronti dello Stato italiano o quando la Corte edu abbia accertato una violazione di carattere generale, sembrerebbe ammettere l’attivazione dello strumento della revisione europea anche da parte dei “fratelli minori”21.

Un secondo orientamento22, per vero maggioritario, ha viceversa ritenuto essenziale, ai fini del procedimento di revisione europea, che la sentenza della Corte edu da applicare sia stata emessa “nella stessa vicenda”, a prescindere dalla natura “pilota” o meno, con ciò escludendo l’esperibilità dell’impugnazione straordinaria da parte di soggetti diversi dal ricorrente vittorioso a Strasburgo.

Come anticipato nel capitolo che precede, l’orientamento restrittivo da ultimo citato risulta assolutamente preferibile. Ed infatti, dal testo della sentenza additiva n. 113 del 2011 della Corte Costituzionale, già oggetto di approfondita analisi, emerge chiaramente come una delle condizioni essenziali per l’attivazione della “nuova” ipotesi di revisione sia proprio la sussistenza di una sentenza di condanna della Corte europea dei diritti dell’uomo alla quale lo Stato italiano debba conformarsi.

21 Cfr. Cass., Sez. 6, 23 settembre 2014, n. 46067, Scandurra, cit.; Cass., Sez. 6, 2 marzo 2017, n.

21635, Barbieri, in C.E.D. Cass. 269945: «[l]a c.d. "revisione europea" introdotta dalla Corte Costituzionale con la sentenza additiva n. 113 del 2011, presuppone la necessità di conformarsi ad una sentenza definitiva della Corte edu, vincolante ai sensi dell'art. 46 della Convenzione: necessità che ricorre quando la sentenza sia stata resa sulla medesima vicenda oggetto del processo definito con sentenza passata in giudicato, oppure quando abbia natura di "sentenza pilota", riguardante situazione analoga verificatasi per disfunzioni strutturali o sistematiche all'interno del medesimo ordinamento giuridico, ovvero, ancora, quando abbia accertato una violazione di carattere generale, desumibile dal "dictum" della Corte edu e ricorra una situazione corrispondente che implichi la riapertura del dibattimento».

22 Cfr. Cass., Sez. 1, 23 ottobre 2018, n. 56163, Bruno, in C.E.D. Cass. 274557, con nota di G.

BIONDI, La Cassazione e i fratelli minori di Lorefice, in www.penalecontemporaneo.it, 21 marzo

2019; Cass., Sez. 2, 20 giugno 2017, n. 40889, Cariolo, in C.E.D. Cass. 271198, con note di S. BERNARDI, La Suprema Corte torna sui limiti di operabilità dello strumento della “revisione

europea”: esclusa l’estensibilità ai “fratelli minori” del ricorrente vittorioso a Strasburgo, in www.penalecontemporaneo.it, 26 settembre 2017; P.MAGGIO, I limiti della "revisione europea", in Cass. pen., 2017, 4321 ss. In senso analogo v. Cass., Sez. 1, 20 dicembre 2017, n. 30704, dep. 2018, Tuccio, non mass.; Cass., Sez. 1, 11 ottobre 2017, n. 16900, dep. 2018, Florio, non mass.

Se ciò non bastasse, è lo stesso Giudice delle Leggi23, chiamato a pronunciarsi sulla questione di legittimità costituzionale dell’art. 106 d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (c.d. codice del processo amministrativo) e degli artt. 395 e 396 del codice di procedura civile, «nella parte in cui non prevedono un diverso caso di revocazione della sentenza quando ciò sia necessario, ai sensi dell’art. 46, par. 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, per conformarsi ad una sentenza definitiva della Corte europea dei diritti dell’uomo», ad avere fornito nella sentenza n. 123 del 2017 un’interpretazione autentica del proprio precedente dictum.

In particolare, la Corte Costituzionale, nell’accingersi ad affrontare ex

professo la questione di legittimità costituzionale offerta alla sua attenzione, si

esprime nei seguenti termini: «[l]’esame della censura sollevata dal rimettente va condotto separatamente per i ricorrenti nel giudizio per revocazione che hanno adito vittoriosamente la Corte di Strasburgo e per quelli che non hanno attivato lo strumento processuale convenzionale, ma versano nella medesima situazione sostanziale. (…) Per i secondi, questa Corte si è già pronunciata in senso negativo, perché l’obbligo di riapertura del processo, posto dall’art. 46 della CEDU, “nel significato attribuitole dalla Corte di Strasburgo, non concerne i casi, diversi da quello oggetto della pronuncia, nei quali per l’ordinamento interno si è formato il giudicato” (sentenza n. 210 del 2013). Vi è, infatti, “una radicale differenza tra coloro che, una volta esauriti i ricorsi interni, si sono rivolti al sistema di giustizia della CEDU e coloro che, al contrario, non si sono avvalsi di tale facoltà, con la conseguenza che la loro vicenda processuale, definita ormai con la formazione del giudicato, non è più suscettibile del rimedio convenzionale” (così la citata sentenza n. 210 del 2013). (…) Per i soggetti che hanno adito vittoriosamente la Corte di

Strasburgo, invece, questa Corte, con la sentenza n. 113 del 2011, ha riconosciuto

23 Corte Cost., sentenza 7 marzo 2017 n. 123, in www.cortecostituzionale.it, con note di G.V.A.

PETRALIA, Conflitto tra giudicato nazionale e sentenze delle corti europee: nota a margine di corte costituzionale n. 123/2017, in Rivista AIC, 2017, 4, 13 novembre 2017; F.FRANCARIO, La violazione

del principio del giusto processo dichiarata dalla CEDU non è motivo di revocazione della sentenza passata in giudicato. Prime considerazioni su Corte cost., 26 maggio 2017, n. 123, in federalismi.it, 2017, n. 13, 1 ss.; R.CONTI, L’esecuzione delle sentenze della Corte edu nei processi non penali dopo

Corte cost. n. 123 del 2017, in Consulta online, 2017, 333 ss.; A.RANDAZZO, A proposito della sorte

del giudicato amministrativo contrario a pronunzie della Corte di Strasburgo (note minime alla sent. n. 123 del 2017 della Corte costituzionale), in Osservatorio Costituzionale dell’Associazione italiana dei costituzionalisti, 2017, n. 3, 1 ss.

l’esistenza dell’obbligo convenzionale di riapertura del processo penale, allorquando ciò sia necessario per conformarsi a una sentenza della Corte EDU, e conseguentemente ha introdotto nell’art. 630 del codice di procedura penale una specifica ipotesi di revisione della sentenza passata in giudicato»24.

Non pare, dunque, di potersi discostare da quanto autorevolmente affermato dalla Consulta, la quale ha ribadito l’utilizzabilità dello strumento processuale della revisione europea da parte del singolo ricorrente a Strasburgo nei cui confronti la violazione convenzionale sia stata accertata, escludendone radicalmente la possibilità di impiego nei confronti dei soggetti che versano nella medesima situazione sostanziale.