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Capitolo 3. Food marketing communication

3.1. L’evoluzione del Customer Journey

Lo scenario digitale registrato nei primi mesi del 2020, a livello mondiale, ha evidenziato che quasi 4,54 miliardi di persone, ogni giorno, sono connesse ad internet e che ben 3,8 miliardi della popolazione mondiale utilizza i social network come mezzo di comunicazione. Questo sta a significare che, oggi, più del 60% della popolazione è in grado di navigare su internet ed è online.

Avendo un occhio di riguardo per il Belpaese, le stime ottenute dal report Digital 2020 di We Are Social e Hootsuite rilevano che l’Italia, con una penetrazione dell’82%, conta quasi 50 milioni di persone connesse e ben 35 milioni attive sui social. Inoltre, in media gli italiani impiegano circa 6 ore della loro giornata online, spendendo 2 di queste sui social media e le restanti su smart TV, piattaforme di streaming e di gaming.

Nel dettaglio, il report ha evidenziato che YouTube è il social network più usato dagli italiani, seguito da WhatsApp, Facebook, Instagram (con una crescita del 9% rispetto al 2019) e Massenger. All’ottavo posto della classifica, poi, si posiziona Pinterest, che deve essere sicuramente menzionato poiché registra un trend positivo del 29% rispetto al 24% dell’anno scorso84. L’incremento dell’adozione degli strumenti digitali da parte di un

numero di persone sempre maggiore, che ha abbracciato con entusiasmo la rivoluzione dell’informazione e continua a farlo tutt’ora, permette di comprendere quanto sia fondamentale anche per le aziende/ristoratori rivedere il tradizionale modello di comunicazione, prevalentemente basato su una comunicazione one-to-many.

Inoltre, una ricerca sulla comunicazione food ha affermato che del campione di aziende analizzato con fatturato superiore ai 10 miliardi, quasi il 68% adotta strategie di digitalizzazione. Tuttavia, lo studio ha anche rilevato che la comunicazione digitale delle aziende del settore si trova, ancora, ad uno stadio poco sviluppato, infatti di questo 68% oltre il 26% di aziende destina meno dell’1% del budget a disposizione per la comunicazione alla comunicazione digitale. Questo permette di osservare che, nonostante sia ormai appurata l’importanza della comunicazione digitale per le aziende del settore, sono ancora molto poche quelle che effettivamente si impegnano in tal senso.

Il mancato impegno nella comunicazione digitale potrebbe essere ricercato in una delle cause principali rilevate dallo stesso studio: la maggior parte delle aziende ha dichiarato

di perseguire gli obiettivi primari della brand reputation e della brand awareness e solo successivamente l’obiettivo dell’engagement dei consumatori. Questo, purtroppo, è dettato dal fatto che le aziende italiane del settore food, vantando una forte storia ed una solida tradizione, si preoccupano principalmente di mantenere alto il buon nome piuttosto che creare advocacy, fare in modo che i follower diventino ambasciatori del brand, oppure ancora attivare modalità di social listening85.

Nonostante i dati rilevati sulla comunicazione digitale nel settore food non siano dei migliori è fondamentale approfondire il tema, poiché moltissime aziende (meno italiane e più straniere) si sono già ampiamente rese conto sia dell’importanza dei social media come strumento di marketing e comunicazione sia della necessità di rendere interattiva e digitalizzata l’esperienza di consumo86.

Ad ogni modo, a seguito dell’avvento della digitalizzazione, il customer journey del consumatore ha subito una modifica molto importante, passando dal tradizionale processo di scelta conosciuto come percorso ad imbuto (customer funnel) a quello definito circolare.

Mentre in passato il consumatore effettuava la scelta d’acquisto attraverso un percorso di scrematura che, gradualmente, restringeva il campo d’azione ed era prevalentemente controllato dall’azienda, oggi, egli interagisce con un vasto numero di touchpoint, talvolta fisici talvolta digitali, non tutti facilmente controllabili dall’azienda. Infatti, i punti di contatto con cui le aziende devono lavorare e confrontarsi non sono solo gli owned media come un sito web o un blog, i paid media come uno spot, un annuncio stampa o un banner, ma anche gli earned media, nonché recensioni e commenti da parte degli utenti. La differenza sostanziale tra i tre tipi di strumenti è che mentre i primi sono totalmente controllabili dall’azienda perché di sua proprietà e i secondi a pagamento dalla stessa, gli earned media sono i cosiddetti media guadagnati. Il concetto di media guadagnato fa riferimento alla capacità dell’azienda di essere online e in una posizione favorevole non perché paga o gestisce autonomamente gli strumenti che ha a disposizione, bensì perché qualcuno che non è pagato decidere liberamente di scrivere qualcosa su di lei. È facile comprendere, dunque, quanto sia fondamentale per le imprese riuscire a definire strategie di comunicazione efficaci che, a loro volta, siano in grado di suscitare una sensazione positiva agli occhi degli spettatori al punto tale da far nascere in loro il

85 https://www.focusmarketing.it/2019/07/29/food-e-comunicazione-digitale-quanto-investono-le-aziende/ 86 https://www.cru.agency/blog/social-media-marketing-e-food-trend

desiderio di condividerla con gli altri. Ed è proprio in questa circostanza che possiamo richiamare alla mente la differenza tra i contenuti PGC e UGC: mentre i primi sono creati e diffusi dalle aziende, i secondi sono creati e diffusi dagli utenti e ormai considerati più importanti dei precedenti, perché percepiti più veritieri e sinceri. Dunque, ancora una volta, questa differenza fa percepire come la relazione di fiducia e reciprocità ormai insita negli individui-utenti sia diventata una qualità che permette la costruzione di reti sociali e di momenti di condivisione.

In particolare, gli earned media giocano un ruolo fondamentale nel nuovo customer journey del consumatore perché mentre il cutomer funnel prevedeva una successione lineare di fasi, di cui una delle costruzioni teoriche più diffuse riprende il modello delle “4A” di Derek Rucker della Kellogg School of Management, permettendo all’azienda di avere maggior controllo sul consumatore durante l’intero processo di acquisto, il modello circolare interrompe questa linearità dando al consumatore la possibilità di saltare da una fase all’altra senza vincoli. Di conseguenza, il modello circolare è in grado di limitare la capacità di controllo dell’azienda e garantire al consumatore la possibilità di reperire un numero maggiore di informazioni ed effettuare una scelta più consapevole. A tal proposito, il nuovo customer journey aggiunge al tradizionale modello un’altra A trasformandosi nel modello delle “5A”, il quale rappresenta un percorso irregolare che contempla l’alternanza tra touchpoint fisici e digitali e la possibilità, per il consumatore, di restringere e ampliare continuamente il numero di brand/ristoranti presi in considerazione.

3.1.1. Pre-connettività e digitalizzazione

Il modello delle 4A di Derek Rucker (figura 3.1.) rappresenta un’evoluzione del più antico modello AIDA di E. St. Elmo Lewis (1872 – 1948), considerato uno dei principali pionieri della pubblicità in America, il quale parte dal presupposto che sia solo la pubblicità veicolata dal brand l’unico elemento ad impattante sulle decisioni d’acquisto del consumatore. Il modello AIDA si compone di 4 fasi: Attenzione, Interesse, Desiderio e Azione. In particolare, l’attivatore delle prime tre fasi sarà proprio la pubblicità con il compito di far conoscere il brand all’individuo, comunicargli tutti i vantaggi derivanti dal suo uso e consumo e far nascere in lui il bisogno di provarlo. Questo modello incarna

perfettamente un percorso individuale e verticale, poiché il cliente è solo davanti alla pubblicità e non ha la possibilità di dialogare e interagire con altre persone prima di giungere alla quarta ed ultima fase, ovvero quella dell’azione87.

L’evoluzione del modello appena descritto è quello teorizzato da Rucker e si differenzia prevalentemente per la considerazione di un momento successivo all’acquisto, ovvero quello legato al grado di fidelizzazione del consumatore a seguito del consumo, misurato attraverso la metrica del riacquisto. Sostanzialmente, non si tratta di un’evoluzione radicale poiché, ancora una volta, il consumatore riceve un input dalla sola pubblicità che risulta essere l’unico punto di contatto che ha con l’azienda.

La digitalizzazione e l’era della connettività, invece, hanno reso obsoleti i modelli appena descritti portando alla definizione del modello delle 5A (figura 3.2.), il quale determina il passaggio dal concetto di scelta personale a quello di scelta sociale, e conferendo particolare importanza alle due fasi di Ask e Advocate.

Dunque, questo permette di comprendere che il modello delle “4A”, nell’era della pre- connettività rappresentava molto bene la relazione di fiducia tra l’azienda e il cliente poiché la prima riusciva a controllare meglio le opinioni del secondo e gli strumenti utilizzati, ma nell’era della digitalizzazione le aziende hanno dovuto stravolgere le strategie di marketing a cui erano abituate ed addentrarsi nel sentiero del marketing digitale. Infatti, se in passato il cliente creava da sé un’opinione sul prodotto e lo commentava con una cerchia ristretta di amici, adesso la sua opinione è fortemente influenzata dalla comunità, sin dall’inizio della ricerca del prodotto, al punto tale che molte delle scelte di acquisto di un individuo sono, in realtà, “nativamente sociali88”.

In conclusione, è possibile osservare che se si è in grado di incrementare la brand advocacy aumenterà anche la brand awareness e questo è dettato dal fatto che i consumatori sono ormai abituati a condividere le esperienze di acquisto sui canali online, prestando particolare attenzione al livello di fedeltà che si riesce ad instaurare reciprocamente. Inoltre, è possibile comprendere con maggior facilità come mai oggi non si parli più solo di mercati B2B e B2C, ma anche di mercati H2H, ovvero human-to-human. L’intento è quello di far percepire ancor di più quanto sia possibile per un’azienda entrare in contatto con il cliente finale: l’idea di fondo è che in qualsiasi forma di relazione commerciale, la controparte è un essere umano, che sia esso venditore o acquirente, in un

87 https://www.glossariomarketing.it/significato/aida/ 88 Ibidem Stigliano, G., Kotler, P., (2018)

circolo vizioso in cui l’acquirente può trasformarsi anche in venditore/produttore e viceversa89.

89 Ibidem Stigliano, G., Kotler, P., (2018)

Figura 3.1. Modello delle 4A

Figura 3.2. Modello delle 5A