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L’inammissibilità per rispetto della discrezionalità del legislatore

L’ ESITO DEL CONTROLLO SUI REQUISITI DI AMMISSIBILITÀ DELLE QUESTIONI POLITICHE

2. L’inammissibilità per rispetto della discrezionalità del legislatore

Le decisioni di inammissibilità possono, come visto, essere adottate per un ampio ventaglio di motivi, tra i quali rileva quello del coinvolgimento di scelte discrezionalmente spettanti al legislatore. Se il vaglio sulla sussistenza dei requisiti di ammissibilità della questione registra la connotazione “politica” di quest’ultima, l’adozione di una decisione processuale, che ne segue, sarà caratterizzata dal riscontro di un ostacolo ad esaminare il merito che non può essere superato dal giudice a quo. La formula adottata dovrebbe essere, quindi, quella dell’inammissibilità con effetto preclusivo nei confronti del giudice remittente73.

L’uso dello strumento processuale, in ipotesi siffatte, si renderebbe necessario perché verrebbero all’attenzione del giudice costituzionale valutazioni

Pace, Milano, 2006, 903 ss.; M. LUCIANI, Le funzioni sistemiche della Corte costituzionale, oggi, e

l’interpretazione “conforme a”, in www.federalismi.it; V. SCIARABBA, L’“interpretazione

conforme” tra sindacato diffuso (su “norme”) e ipotesi di “graduazione della costituzionalità”: spunti di riflessione, in AA.Vv., I principi generali del processo comune ed i loro adattamenti alle

esperienze della giustizia costituzionale, cit., 481 ss.; AA.Vv., Interpretazione conforme e tecniche

argomentative, a cura di M. D’Amico e B. Randazzo, Torino, 2009; AA.Vv., Corte costituzionale,

giudici comuni e interpretazioni adeguatrici, Milano, 2010.; E. LAMARQUE, La fabbrica delle

interpretazioni conformi a Costituzione tra Corte costituzionale e giudici comuni, in AA.Vv., La

fabbrica delle interpretazioni. Atti del 7° Convegno della Facoltà di Giurisprudenza Bicocca (Milano, 19-20 novembre 2009), a cura di B. Biscotti, P. Borsellino, V. Pocar e D. Pulitanò,

Milano, 2012, 37 ss.; E. LAMARQUE, E. LAMARQUE, Corte costituzionale e giudici nell’Italia

repubblicana, Roma-Bari, 2012. 72

Tale carattere risiederebbe nel fatto che il rapporto di assorbimento del vizio “inferiore” ad opera di quello collocato in una posizione “superiore” funzionerebbe solo tra discrezionalità ed altri vizi e non, quindi, solo tra quest’ultimi, o almeno non in termini tali da rintracciare una possibile regola.

73 Il «riferimento alla discrezionalità del legislatore rende in effetti la questione

tendenzialmente non riproponibile, non essendo tale motivo di inammissibilità rimuovibile ad opera del remittente»: G.P. DOLSO, Le decisioni di inammissibilità nella recente giurisprudenza

della Corte, in AA.Vv., La prassi degli organi costituzionali, a cura di A. Barbera e T. Giupponi, Bologna, 2008, 556.

afferenti il merito legislativo e, di conseguenza, potrebbe palesare il riscontro di un «difetto di giurisdizione» della stessa Corte74.

Occorre, quindi, valutare come attraverso lo strumento

dell’inammissibilità la Corte costituzionale faccia fronte alla discrezionalità del legislatore. L’uso dello strumento processuale appare come il modo più diretto per rispettare il disposto dell’art. 28 della legge n. 87 del 1953 ed evitare che la Corte, con l’analisi nel merito della q.l.c., invada la sfera della discrezionalità legislativa. Si verificherà successivamente se tale modalità sia anche quella più appropriata sotto il profilo della tutela e della garanzia della situazione sostanziale sottesa alla questione sollevata ed in generale in relazione al ruolo al quale la Corte costituzionale è chiamata.

Le decisioni di inammissibilità per rispetto della sfera discrezionale del legislatore75 non sono numerosissime – almeno, quelle nelle quali il richiamo alla discrezionalità figuri espressamente – e costituiscono una piccola parte delle decisioni di inammissibilità76. Tale dato, tuttavia, non incide sul loro rilievo, anche in considerazione della centralità di talune delle tematiche che hanno condotto ad una pronuncia d’inammissibilità.

D’altronde, si tratta di decisioni estremamente utili per ragionare sul modo con il quale la Corte si relaziona con la sfera politica, nonché, come meglio si evidenzierà successivamente, per tentare di comprendere come di fatto si articoli il triangolo Corte - legislatore - giudici.

Per analizzare tale tipo di decisioni di inammissibilità è opportuno premettere che la discrezionalità del legislatore, quale vero e proprio limite per il sindacato della Corte costituzionale, può intervenire ad un duplice livello: in una

74 Cfr. G. S

ILVESTRI, Legge (controllo di costituzionalità), in Dig./Disc. pubbl., IX,

Torino, 1994, 154.

75

Sul tema v. anche R. BASILE, Le decisioni di manifesta inammissibilità e infondatezza

per rispetto della discrezionalità del legislatore, in AA.Vv., La ridefinizione della forma di

governo attraverso la giurisprudenza costituzionale, a cura di A. Ruggeri, Napoli, 2006, 437 ss. 76

Si assiste, dopo una crescita che raggiunge il 20% delle pronunce di inammissibilità nel 1992, ad una progressiva riduzione, pari al 6/7 % nel corso del 2000, sino ad assestarsi nel 2006 sul 12%: cfr. G.P. DOLSO, Le decisioni di inammissibilità nella recente giurisprudenza della

Corte, cit., 551.

In particolar modo, può notarsi che dal 2006 la percentuale delle decisioni di inammissibilità (comprese quelle di manifesta inammissibilità) oscilla prevalentemente tra il 10 e il 12%, con un significativo aumento nel 2010 raggiungendo la soglia di circa il 17 %, al quale fa, tuttavia, da contrappeso l’anno 2011, nel corso del quale si registra la soglia minima di circa il 6 %.

fase iniziale, arrestando il giudizio al livello delle valutazioni processuali (mediante, quindi, una decisione di inammissibilità), ed in un secondo momento, fungendo da termine per demarcare l’ampiezza dell’intervento nel merito della q.l.c. che la Corte si ritiene legittimata ad effettuare (come nel caso dell’intervento additivo “a rime non obbligate”). Si prenderanno in considerazione solo le ipotesi del primo livello, in quanto le altre – quali tecniche decisorie di merito – esulano dall’oggetto del presente lavoro; ma ciò nonostante queste ultime verranno in rilievo incidenter tantum, per comprendere, con l’analisi che sarà svolta infra, se vi possa essere, ed in che termini, una connessione tra decisioni processuali e decisioni di merito proprio in relazione alla discrezionalità del legislatore.

Pertanto, la discrezionalità rileva quale limite al sindacato della Corte costituzionale, comportando che per le caratteristiche oggettive della stessa questione di legittimità – id est l’afferenza alla discrezionalità stessa – non si possa esaminare il merito. Tuttavia, bisogna tener presente che l’articolazione dell’inammissibilità per rispetto della discrezionalità è di tale complessità da consentire di individuare anche decisioni che, pur essendo processuali, finiscono di fatto con il lambire il merito della questione. Infatti, la formula della “discrezionalità del legislatore” si presenta come un passe partout, un grimaldello77 utilizzabile dalla Corte in modo indifferenziato sia nell’alveo di pronunce processuali o di merito sia con intensità diversa all’interno di una medesima formula decisoria.

Per tentare di pervenire ad una sia pur limitata chiarezza nell’analisi, è possibile effettuare una classificazione delle decisioni di inammissibilità rese per il riscontrato carattere di afferenza della questione alla discrezionalità del legislatore78. Tale catalogazione può far leva su un’iniziale bipartizione tra

77

Sul carattere “trasversale” di tale formula v. F. FELICETTI, Discrezionalità legislativa e

giudizio di costituzionalità, in Foro it., 1986, I, 23; T. MARTINES, Motivazione delle sentenze

costituzionali e crisi della certezza del diritto, in AA.Vv., La motivazione delle decisioni della

Corte costituzionale, a cura di A. Ruggeri, Torino, 1994, ora in Opere, II, Fonti del diritto e giustizia costituzionale, Milano, 2000, 804; R. ROMBOLI, La mancanza o l’insufficienza della

motivazione come criterio di selezione, in AA.Vv., La motivazione delle decisioni della Corte

costituzionale, cit., 343; F. DAL CANTO, I rapporti tra Corte costituzionale e Parlamento: sguardo

d’insieme su una coabitazione inevitabilmente difficile, in Studi pisani sul Parlamento, a cura di E.

Rossi, II, Pisa, 2008, 245.

78 In dottrina tali decisioni sono state variamente classificate, v. ad es. la ricostruzione

fatta da F. FELICETTI, Discrezionalità legislativa e giudizio di costituzionalità, cit., 22 ss., che le distingue in relazione all’ambito materiale; E. ROSSI, Corte costituzionale e discrezionalità del

decisioni nelle quali la discrezionalità rileva tout court, in modo “secco”, perché la Corte costituzionale riconosce semplicemente che la questione proposta coinvolge delle valutazioni e delle scelte politiche spettanti al legislatore79, e decisioni nelle quali il richiamo alla discrezionalità viene variamente “articolato” e/o motivato80. Quest’ultima partizione può essere meglio compresa mediante un’ulteriore suddivisione interna81

, distinguendo: a) decisioni nelle quali si avverte l’assenza di una soluzione costituzionalmente obbligata, di talché la scelta tra più opzioni alternative non può che spettare al legislatore82; b) decisioni nelle quali vi è il riconoscimento della non irragionevolezza della scelta discrezionale effettuata dal legislatore83; c) decisioni nelle quali è possibile intravedere una tendenziale incostituzionalità, rispetto alla quale la Corte, dietro lo schermo del limite della discrezionalità, non prende alcuna posizione84; d) decisioni nelle quali la Corte accerta l’incostituzionalità della disciplina oggetto della q.l.c., ma non la dichiara, constatando che si tratta di una materia riservata al legislatore85. Queste

legislatore nel periodo 1987-1989, in AA.VV.,La giustizia costituzionale ad una svolta, cit., 214

ss., che fa leva sull’impianto motivazionale; C. CAPOLUPO, Le decisioni di inammissibilità, in AA.Vv.,La discrezionalità del legislatore nella giurisprudenza della Corte costituzionale (1988- 1998), cit., 1 ss., che tiene in considerazione la «maggiore o minore propensione della Corte

costituzionale ad esprimersi sulla esatta configurazione di un’area sottratta al sindacato di legittimità».

79 V. sentt. nn. 202, 325 e 376 del 2008; e ord. n. 369 del 2006.

Sulla pericolosità di un tal tipo di decisioni, in quanto la “scarsità” dell’impianto motivazionale potrebbe essere una potenziale espressione dell’intento della Corte costituzionale di non decidere una questione invero decidibile nel merito v. L. ELIA, La guerra di Spagna come

“fatto ideologico”: un caso di “political question”, cit., 1749 ss. 80

Mentre «nella prima tipologia di decisioni la scelta della Corte appare del tutto slegata da una valutazione dell’attività legislativa con riferimento al parametro costituzionale, che è in genere quello del principio di uguaglianza, nelle altre decisioni l’inammissibilità scaturisce quasi sempre dal confronto tra attività legislativa e norme costituzionali»: C. CAPOLUPO, Le decisioni di

inammissibilità, cit., 8. 81

Per una più articolata tipologia della discrezionalità del legislatore nelle motivazioni d’inammissibilità v. C. CAPOLUPO, Le decisioni di inammissibilità, cit., 3 ss.

82 Cfr. tra le decisioni più recenti: le ordd. nn. 346 del 2006, 233 del 2007, 31, 58, 116,

177, 186, 270, 293, 299, 316, 333, 379, 406, 421 del 2008, 119 del 2009, 4, 274 e 336 del 2011, 138 del 2012; e le sentt. nn. 202, 240, 251, 325, 376 e 431 del 2008, 257 del 2010, 117 e 274 del 2011, 36 e 134 del 2012.

83 In tale ipotesi, tuttavia, si assiste a valutazioni che di fatto concernono il merito della

questione e che in quanto tali dovrebbero piuttosto essere contenute in una decisione di infondatezza. Cfr. C. CAPOLUPO, Le decisioni di inammissibilità, cit., 12 s.

84 V., ad es., le sentt. nn. 109 e 163 del 2005.

85 Ad es., ex multis, nelle sentt. nn. 125 del 1992 (con nota di R. P

INARDI, Discrezionalita

legislativa ed efficacia temporale delle dichiarazioni di incostituzionalita: la sent. 125 del 1992 come decisione di incostituzionalita accertata ma non dichiarata, in Giur. cost., 1992, 1083 ss., e

di M. CARDUCCI, «Impostazione del petitum» e inammissibilità della questione, in Giur. cost., 1992, 1090 ss.), 431 del 1993 [anch’essa con nota di R. PINARDI, Osservazioni a margine di

ultime, in particolare, possono a loro volta essere o meno caratterizzate dalla presenza di un monito o di un invito rivolto al legislatore per sollecitarne l’intervento.

Bisogna tenere presente che è ben possibile che una medesima decisione possa variamente essere ricondotta a due o più di tali sottocategorie di inammissibilità per discrezionalità. Basti ad es. pensare alla sentenza n. 61 del 200686, relativa all’acquisizione automatica del cognome paterno per i figli legittimi, nella quale si riconoscono i seguenti aspetti: l’afferenza della tematica alla discrezionalità in quanto risultano prospettabili più soluzioni, «la scelta tra le quali non può che essere rimessa al legislatore»87; che si tratta di una disciplina anacronistica – anche alla luce del panorama internazionale – e non più compatibile con i valori costituzionali88, tanto da necessitare, quindi, di una rivisitazione ad opera del legislatore; che «l’intervento che si invoca con la ordinanza di rimessione richiede una operazione manipolativa esorbitante dai poteri della Corte»89; che «tenuto conto del vuoto di regole che determinerebbe una caducazione della disciplina denunciata, non è ipotizzabile, come adombrato nella ordinanza di rimessione, nemmeno una pronuncia che, accogliendo la questione di costituzionalità, demandi ad un futuro intervento del legislatore la successiva regolamentazione organica della materia»90.

Tale sentenza è, pertanto, un esempio delle molteplici direzioni che lo strumento dell’inammissibilità può assumere all’interno della medesima pronuncia e, in particolar modo, della possibilità di usare tale strumento per invitare o ammonire il legislatore ad intervenire ai fini dell’adeguamento di una

legislativa quale argomento non pertinente), in Giur. cost., 1993, 3559 ss.], 72 del 1997, 332 del

2003, 175 del 2004, 109 del 2005, 61 del 2006 e 22 del 2007.

86

V. le considerazioni di V. ONIDA, Presentazione, in Viva vox Constitutionis, a cura di V. Onida - B. Randazzo, Milano, 2007, XIII, in base alle quali «la pronuncia di inammissibilità motivata dalla impossibilità di effettuare scelte discrezionali fra più soluzioni possibili si traduce in un vero diniego di giustizia o in una indebita dichiarazione di impotenza».

87

Corte cost., sent. n. 61 del 2006, cons. in dir., punto 2.3.

88 Cfr. Corte cost., sent. n. 61 del 2006, cons. in dir., punto 2.2.: «l’attuale sistema di

attribuzione del cognome è retaggio di una concezione patriarcale della famiglia, la quale affonda le proprie radici nel diritto di famiglia romanistico, e di una tramontata potestà maritale, non più coerente con i principi dell’ordinamento e con il valore costituzionale dell’uguaglianza tra uomo e donna».

89 Corte cost., sent. n. 61 del 2006, cons. in dir., punto 2.3. 90 Corte cost., sent. n. 61 del 2006, cons. in dir., punto 3.

disciplina o comunque della regolazione diversa della materia, in modo tale da renderla compatibile con il dettato costituzionale.

Si tenterà, attraverso esemplificazioni tratte dalla giurisprudenza più recente, di analizzare singolarmente le varie tipologie di inammissibilità in ragione del rispetto della discrezionalità del legislatore per individuarne gli aspetti caratteristici e trarne considerazioni di sintesi su tale categoria.

2.1. Le ipotesi concernenti scelte affidate alle valutazioni politico-

discrezionali del legislatore

La prima sottocategoria di inammissibilità per rispetto della discrezionalità del legislatore è quella delle ipotesi nelle quali vengono in rilievo scelte affidate alle valutazioni politiche del legislatore. Tale sottocategoria ricomprende, quindi, in generale tutti quei casi nei quali la Corte costituzionale ritiene di non poter scandagliare il merito per la sussistenza di un ambito materiale rientrante nella sfera della discrezionalità legislativa. Occorre tenere presente che la capacità espansiva di tale sottocategoria è idonea a ricomprendere non solo le ipotesi nelle quali il giudice costituzionale riconosce tout court la sussistenza di valutazioni discrezionali in capo al legislatore91, ma anche quelle che più propriamente costituiscono esemplificazioni delle sottocategorie che verranno prese in considerazione nel prosieguo della trattazione.

Pertanto, quale collante, si assumerà come punto di osservazione il piano materiale nel quale la discrezionalità del legislatore si esplica. In tale tentativo assolve un ruolo dirimente l’interpretazione datane dalla giurisprudenza costituzionale: si tratta, infatti, di un ambito che, non essendo determinabile a

priori, viene delimitato ex post, in via progressiva e variabile, ad opera degli

orientamenti assunti dalla Corte costituzionale. Sicché attraverso l’analisi delle decisioni di quest’ultima è possibile – pur nella varietà dei casi e pur riscontrando

91 Possono essere fatte rientrare in tale categoria anche le ipotesi in cui la Corte adotta

l’inammissibilità per rispetto della discrezionalità quando le si chiede un intervento creativo per colmare una «lacuna ideologica» perché si «invoca una disciplina di materie e situazioni che il legislatore non ha, per il momento, ancora preso in considerazione»: G. ZAGREBELSKY, Giustizia

espressioni della discrezionalità legislativa in tutti gli ambiti del diritto – trarre delle indicazioni su quegli ambiti nei quali maggiore è il riconoscimento di una discrezionalità politica.

Si tratta soprattutto delle scelte effettuate in ambito penale, alle quali si affiancano il settore dell’immigrazione – che, di fatto, costituisce per lo più una

species del settore penalistico –, quello della c.d. discrezionalità tecnico-

scientifica92 e, infine – ma non certamente, dal punto di vista delle relative ipotesi concrete – quello degli istituti processuali e della loro disciplina. Per ciascuno di questi campi “privilegiati” di manifestazione della discrezionalità si cercherà di valutare quale sia, da un lato, la direzione che assumono le scelte del legislatore e, dall’altro, l’orientamento della Corte per salvaguardare le stesse e, nondimeno, assolvere il proprio compito di garante della Costituzione.

Relativamente al settore penale le direttrici di manifestazione della discrezionalità legislativa si muovono lungo il crinale dell’an, del quid e del

quomodo delle scelte di politica criminale. A fronte di tale ampia estensione,

l’atteggiamento della Corte costituzionale risulta essere improntato ad estrema cautela, sicché numerose sono le ipotesi nelle quali si perviene ad una declaratoria di inammissibilità, per la presenza di una scelta discrezionalmente spettante al legislatore, in merito alla determinazione della qualità e dell’entità della pena da comminare per un determinato tipo di illecito penale, nonché, a monte, per l’individuazione delle stesse condotte punibili93. Unico limite all’esplicazione di

92 Per una ricostruzione sull’incidenza della scienza e della tecnica nel giudizio di

costituzionalità e sulle tecniche decisorie adoperate per farvi fronte v., per tutti, G. D’AMICO,

Scienza e diritto nella prospettiva del giudice delle leggi, Messina, 2008. 93

Ex multis, v. ordd. nn. 172 e 234 del 2003, 254 del 2005, e sent. n. 394 del 2006, in base alla quale « la configurazione delle ipotesi criminose e la determinazione delle sanzioni per ciascuna di esse rientrano nella discrezionalità del legislatore. Gli apprezzamenti in ordine alla “meritevolezza” ed al “bisogno di pena” – dunque sull’opportunità del ricorso alla tutela penale e sui livelli ottimali della stessa – sono infatti, per loro natura, tipicamente politici: con la conseguenza che un sindacato sul merito delle scelte legislative è possibile solo ove esse trasmodino nella manifesta irragionevolezza o nell’arbitrio» (cons. in dir., punto 7.1.).

Indicazioni in tal senso possono ravvisarsi anche in pronunce di infondatezza: v., a ad es., l’ord. n. 262 del 2005 e la sent. n. 225 del 2008, nella quale si evidenzia che «l’ampia discrezionalità che – per costante giurisprudenza di questa Corte – va riconosciuta al legislatore nella configurazione delle fattispecie criminose, si estende anche alla scelta delle modalità di protezione penale dei singoli beni o interessi. Rientra, segnatamente, in detta sfera di discrezionalità l’opzione per forme di tutela avanzata, che colpiscano l’aggressione ai valori protetti nello stadio della semplice esposizione a pericolo; nonché, correlativamente, l’individuazione della soglia di pericolosità alla quale riconnettere la risposta punitiva» (cons. in

siffatte scelte discrezionali è dato dal rispetto del parametro della ragionevolezza94: infatti, il contrasto con quest’ultimo è «espressione di un uso distorto della discrezionalità»95. Il riconoscimento del descritto limite, che costituisce un vero e proprio leitmotiv nell’area della discrezionalità, si è realizzato, come noto, gradualmente96, sia con la contestuale “affrancazione” del principio di ragionevolezza da quello di eguaglianza, sia con l’affermarsi del carattere pervasivo ed ineliminabile del controllo stesso di ragionevolezza.

La discrezionalità di cui gode il legislatore penale ha indotto la Corte costituzionale ad adottare un atteggiamento di rigoroso self-restraint in merito alla possibilità di adottare decisioni che possano comportare l’introduzione di nuove figure delittuose o ampliare l’ambito di operatività di ipotesi di reato già previste97, con il conseguente ricorso a pronunce di inammissibilità per evitare un sindacato su scelte legislative di politica criminale98.

94 V. le ordd. nn. 234 del 2003, 212 del 2004, 262 del 2005 e 394 del 2006, e le sentt. nn.

409 del 1989 e 250 del 2010. E così, ad es., in quest’ultima pronuncia si afferma che «l’individuazione delle condotte punibili e la configurazione del relativo trattamento sanzionatorio rientrano nella discrezionalità del legislatore: discrezionalità il cui esercizio può formare oggetto di sindacato, sul piano della legittimità costituzionale, solo ove si traduca in scelte manifestamente irragionevoli o arbitrarie» (cons. in dir., punto 5).

Occorre, d’altronde, tener presente che, pur nel riconoscimento di un’ampia discrezionalità al legislatore penale nell’effettuazione di siffatte scelte, è comunque necessario il rispetto dei principi fondanti del diritto penale, sicché attraverso le maglie del controllo di ragionevolezza viene in rilievo la verifica della conformità ai principi di offensività, di personalità della responsabilità penale, di materialità e di colpevolezza.

Per una ricostruzione dell’articolazione della ragionevolezza con specifico riferimento al settore penale v. A. BEVERE, Ragionevolezza del trattamento sanzionatorio penale nella

legislazione e nella giurisprudenza, G. INSOLERA, Controlli di ragionevolezza e riserva di legge in

materia penale, V. MANES, Attualità e prospettive del giudizio di ragionevolezza in materia

penale, tutti in AA.Vv., La ragionevolezza nella ricerca scientifica ed il suo ruolo specifico nel

sapere giuridico. Atti del convegno di studi Roma, 2-4 ottobre 2006, a cura di A. Cerri, Roma,

2007, III, rispettivamente 1 ss., 13 ss., 31 ss.

95 Ordd. nn. 58 del 1999, 144 del 2001 e 234 del 2003. In particolar modo nella prima

decisione richiamata – pur trattandosi di un dispositivo di infondatezza – la Corte si spinge sino ad affermare che un tal uso distorto raggiunge «una soglia di evidenza tale da atteggiarsi alla stregua