• Non ci sono risultati.

L’ USO DEGLI STRUMENTI PROCESSUALI AL COSPETTO DI UNA QUESTIONE POLITICA

SOMMARIO: Osservazioni preliminari - Sez. I: La gestione dei tempi processuali - 1. L’incidenza dei poteri del Presidente della Corte costituzionale sull’andamento dei lavori - 2. La possibile manipolazione dei tempi processuali: dilazione e contrazione in relazione alla politicità della q.l.c. - Sez. II: L’esito del controllo sui requisiti di ammissibilità delle questioni politiche - 1. La duttilità e l’evoluzione della categoria delle decisioni processuali - 2. L’inammissibilità per rispetto della discrezionalità del legislatore - 2.1. (Segue) in ipotesi concernenti scelte affidate alle valutazioni politiche del legislatore - 2.2. (Segue) in ipotesi connotate da una pluralità di soluzioni possibili - 2.3. (Segue) in ipotesi di incostituzionalità accertata ma non dichiarata - 2.4. (Segue) in ipotesi caratterizzate da barlumi di incostituzionalità - 2.5. (Segue) in ipotesi di esercizio non irragionevole di discrezionalità - 2.6. (Segue) Considerazioni conclusive - 3. Connessione e/o commistione tra decisioni d’inammissibilità e decisioni di merito nel richiamo alla discrezionalità - Sez. III: Il possibile ruolo di filtro degli strumenti processuali - 1. Ricognizione degli strumenti processuali quali modalità concrete di “selezione dei casi” - 2. Questione politica vs “tono” costituzionale della questione di legittimità nel giudizio sulle leggi in via incidentale?

Osservazioni preliminari

L’analisi compiuta nel capitolo precedente, in relazione alla delimitazione della nozione di questione politica e alle implicazioni che quest’ultima genera sull’estensione del sindacato costituzionale, consente di spostare l’attenzione sulle concrete modalità mediante le quali la Corte costituzionale affronta, nel giudizio in via incidentale, una questione che presenta margini di politicità. Occorre, quindi, valutare quali strumenti possano a tal fine essere utilizzati dalla Corte e quale uso ne sia stato fatto in concreto.

In particolar modo, considerando i limiti che il sindacato della Corte costituzionale incontra allorquando la questione di legittimità costituzionale sia riconducibile nell’alveo delle delineate categorie di “questione politica”, preme concentrarsi non su tutti i possibili strumenti dei quali la Corte dispone, ma solo su quelli processuali e, tra questi, analizzare quelli che consentono di effettuare un vaglio preliminare sulla “giustiziabilità” della questione “politica”.

L’interazione tra sindacato della Corte e questione politica sarà analizzata dall’angolo visuale del giudizio in via incidentale e, rispetto a questo, si tenterà di evidenziare che sono proprio gli strumenti processuali “l’arma” più utile della quale dispone la Corte costituzionale per effettuare le iniziali ed imprescindibili valutazioni circa la “giustiziabilità” della questione. Infatti, mentre nel caso della giurisdizione sui conflitti di attribuzione tra poteri dello Stato la presenza della fase preliminare consente una liminare valutazione sulla giustiziabilità della controversia, l’assenza di previsioni analoghe nei giudizi sulle leggi può ritenersi indirettamente colmata dalla stessa Corte mediante l’utilizzo o la “creazione” di “momenti valutativi” preliminari a quelli di merito1

.

Quali elementi idonei ad assolvere una simile funzione possono individuarsi, da un lato, le concrete modalità di gestione dei tempi processuali e, dall’altro, le decisioni processuali, ed in particolar modo quelle di inammissibilità per rispetto della discrezionalità del legislatore.

Vengono, innanzitutto, in rilievo quegli strumenti attinenti alla tempistica processuale, sotto la duplice prospettiva dell’uso che il Presidente della Corte costituzionale può fare dei suoi poteri per incidere sull’andamento dei lavori e sulle concrete possibilità di modulazione dei tempi della decisione, che consentono alla Corte di attendere il momento più idoneo per decidere; vale a dire, quando la questione si sia eventualmente “depurata” dall’eccessivo tasso di politicità che prima possedeva.

Per quanto concerne la seconda – e più rilevante – modalità di estrinsecazione degli strumenti processuali, occorre prendere le mosse dall’evoluzione che la categoria delle decisioni processuali ha subito nel corso del tempo, per focalizzarne la ratio della stessa e la positiva conformazione. In

1 Cfr. G. Z

particolare, si prenderanno in considerazione quelle decisioni nelle quali l’inammissibilità è dovuta a caratteristiche oggettive della questione che ne precludono l’esame del merito e, cioè, quei casi che non potrebbero essere esaminati nel merito dalla Corte, anche se le relative questioni di legittimità fossero prospettate in modo diverso. Nell’ambito di tali questioni, non scrutinabili nel merito, rientrano quelle che sono «prospettate in modo tale che alla Corte si richiede un intervento di tipo “legislativo” o comunque un’intrusione nello spazio riservato alla discrezionalità del legislatore»2. Il ricorso della Corte ad una decisione di inammissibilità, in questi casi, è come se attestasse una propria “incompetenza” rispetto a scelte complesse spettanti al legislatore. Tuttavia, lo strumento dell’inammissibilità si è prestato ad un uso “bifronte”, in quanto mentre in alcuni casi la Corte ha sapientemente utilizzato le decisioni processuali quale strumento di “autolimitazione”, soprattutto in presenza di questioni che rientrano nella sfera discrezionale del legislatore, in altre situazioni, invece, ne ha abusato per evitare di pronunciarsi su delicate questioni di legittimità costituzionale. In tal modo il rispetto della discrezionalità del legislatore funge da “schermo” che, in relazione alle peculiarità del caso concreto, orienterà la Corte verso l’una o l’altra alternativa.

D’altronde, occorre considerare che proprio il richiamo alla discrezionalità del legislatore consente alla Corte costituzionale, nella scelta della tecnica decisoria più adeguata alla situazione concreta, di adottare “indifferentemente” tipologie decisorie diversificate, oscillanti dall’inammissibilità all’infondatezza. Si rende, quindi, necessario comprendere i motivi che inducono il giudice costituzionale ad utilizzare una decisione d’inammissibilità in luogo di una d’infondatezza e viceversa.

L’excursus su tali tematiche potrà consentire di trarre elementi utili per un’eventuale ricostruzione degli strumenti processuali quali indiretti selettori delle questioni di legittimità costituzionale ed induce a riflettere sulla possibilità di rintracciare il requisito del “tono costituzionale” anche nel giudizio sulle leggi in

2 M. L

UCIANI, Le decisioni processuali e la logica del giudizio costituzionale incidentale, Padova, 1984, 95.

via incidentale3; induce, altresì, ad interrogarsi circa la possibilità di configurare tale “tono” come requisito sotteso alla questione di legittimità costituzionale, mancando il quale occorrerà arrestarsi al vaglio processuale della stessa. Un simile aspetto crea probabilmente delle “tensioni”, sia considerando che il “tono costituzionale” è una categoria di dubbio riscontro anche nella sua “naturale”

sedes materiae (per il potenziale assorbimento nei requisiti soggettivi e/o

oggettivi), ciò che ne rende ancor più difficoltoso l’eventuale trapianto – pur con le necessarie e dovute differenziazioni – in un ambito diverso, sia per i rischi che l’emersione di un simile “filtro” comporta anche sul ruolo e sulla legittimazione dell’organo costituzionale che se ne avvale.

3 Sulla tendenza ad una maggiore sensibilità per il problema del “tono” nei giudizi della

Corte v. P. BIANCHI, La creazione giurisprudenziale delle tecniche di selezione dei casi, Torino, 2000, 273.

Sez. I