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L'influenza linguistica dell'italiano in Corsica

3. Le relazioni tra Corsica e Italia

3.5 L'influenza linguistica dell'italiano in Corsica

Quando nell'830 il marchese di Toscana Bonifacio fondò l'omonima città in Corsica, l'unione tra quest'ultima e l'Italia si consolidò a tutti gli effetti e continuò con il figlio Adalberto. In particolare, a partire da questi anni iniziò la vera comunanza linguistica tra le due sponde del Mar Tirreno, iniziata verso il 780 in cui i legami tra le rive del Tirreno erano già visibili.

Gli stretti rapporti tra la Corsica e la penisola italiana, in particolare con l'arco centrale

dell'Italia, costituito principalmente dalla Toscana e da Roma, continuarono anche oltre il dominio pisano, considerato determinante per il primo sviluppo dei dialetti corsi, in prevalenza quelli settentrionali, i quali subirono una radicale “toscanizzazione”.

Quando il popolo parla di “lingua” corsa, che affianca il francese nel linguaggio parlato e scritto dell'isola, si riferisce proprio a quella lingua utilizzata da Dante nel Duecento e Trecento, caratterizzata da una forte influenza del toscano arcaico, con radici linguistiche provenienti dalla Sardegna.

Una conseguenza diretta di questa profonda impronta linguistica di matrice toscana fu la scarsa influenza che ebbe, al contrario, Genova sull'isola in campo linguistico: i contatti che la Corsica mantenne con l'Italia centrale ostacolarono l'influsso del genovese nei dialetti corsi, lasciando un contributo linguistico povero rispetto alla durata della dominazione nell'isola. Nel periodo genovese, l'italiano iniziava sempre più a prendere piede e divenne ben presto lingua colta ed ufficiale, con tratti e somiglianze con un toscano arcaico.

La Toscana era la regione italiana che più aveva raggiunto un'unità completa in ambito linguistico, portando così il suo dialetto a divenire la lingua per l'intera penisola e per le isole vicine, tra cui la Corsica. L'integrazione culturale e linguistica all'Italia si accompagnò, soprattutto nella zona Nord e Nord-est dell'isola, ad una vasta integrazione anche di tipo economico, sociale e politico in maniera molto spontanea e naturale.106 Lo

dimostrò anche la partecipazione del popolo corso ad alcune guerre della Repubblica, tra cui la guerra delle isole Baleari nel 1114.

Una possibile spiegazione della somiglianza così forte tra la lingua italiana, in particolare quella toscana antica, e quella corsa può derivare dal fatto che entrambe possiedono una comune origine latina. La presenza dei Romani sull'isola, infatti, durò ben sette secoli, durante i quali una matrice latina lasciò inevitabilmente un segno ben visibile in campo linguistico.

Sulle due sponde del Mar Tirreno, arcaicamente veniva parlato quasi un unico dialetto, mentre la lingua “ufficiale” era appunto la lingua latina.

La dominazione romana fu, dunque, non solo molto prolungata sull'isola, ma anche

molto potente, e la diffusione della lingua latina fu facilitata anche dal fatto che nel XIII secolo si sviluppò il processo di evangelizzazione, il quale permise al latino di essere molto usato in materia religiosa, soprattutto in occasione di incontri e cerimonie.

Come affermò Paul Arrighi, politico francese e creatore dell'almanacco letterario corso L'annu Corsu, “la langue corse n'est pas la fille, mais la soeur de la langue toscane”, dal momento che si tratta di due lingue con diverso prestigio letterario, ma derivanti dalla stessa radice, la lingua popolare latina.107

La matrice latina nel corso dei secoli venne dimenticata dalla collettività corsa nel corso degli anni, al contrario della presenza linguistica italiana, che diede un'impronta linguistica significativa. Merito soprattutto della scuola, che prevedeva anche l'insegnamento dell'italiano come lingua scolastica.

L'analogia con il toscano è anche legata ad immigrazioni consistenti di popolazione dall'Italia, appartenenti a differenti ceti sociali : marinai, mercanti, contadini, muratori contribuirono da un lato ad incrementare la popolazione locale, dall'altro a stimolare l'afflusso di nuove popolazioni dalla penisola, che ben presto imposero la propria lingua.

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Già dalla fine del '700, la consulta generale di Bastia impose l'uso esclusivo del francese negli atti processuali e nei contratti. A partire dai primi dell' 800, dopo l'annessione dell'isola da parte della Francia, l'italiano parlato come lingua culturale assunse sempre meno rilievo in Corsica, nonostante i libri stampati fossero scritti in maggioranza ancora in italiano e le prediche, in ambito ecclesiastico, venissero svolte ancora in lingua italiana. Era il corso la vera lingua parlata sull'isola, il quale lasciava all'italiano il ruolo di lingua ufficiale e spesso scritta.

Tuttavia, già dalla metà dell'800, la penetrazione francese si diffuse in molti ambiti, tra cui quello linguistico; la situazione pertanto mutò rapidamente e ben presto si constatò che lentamente anche in Corsica stava per verificarsi il processo di “francesizzazione” dei dialetti, i quali a poco a poco iniziarono a perdere le proprie specificità per

107 Antoine Ottavi, Á propos de la langue corse et de la langue italienne, in sito web

www.accademiacorsa.org, gennaio 2000

assumere aspetti e connotazioni linguistiche sempre più simili alla lingua francese. 109

Le difficoltà di inserimento del francese all'interno dell'isola però non mancarono, a causa soprattutto dell'isolamento a cui la Corsica fu da sempre sottoposta. Le problematiche che incontrò la penetrazione del francese furono legate, inoltre, anche alla presenza di una classe colta molto legata all'Italia, la quale permise lo sviluppo di una radicata letteratura in lingua italiana e l'interesse di scrittori corsi a cercare fama e gratificazioni presso le varie accademie letterarie italiane.110 Per tutto l'800 infatti visse

una vastissima letteratura italiana di Corsica, sostenuta soprattutto da figure intellettuali quali i poeti Pietro Lucciana e Salvatore Viale, quest'ultimo definendo la lingua italiana “patria dei corsi”. 111 Per molto tempo, l'italiano rappresentò quindi la lingua colta

dell'isola e lo stesso Pasquale Paoli lo considerava lingua nazionale. Tuttavia, già alla fine del XIX secolo, l'italiano piano piano scomparve del tutto: le pubblicazioni in italiano diminuirono radicalmente e la lingua francese fu impiegata in tutti gli scritti corsi, giornali e libri.

L'abate Letteron, dopo aver constatato la supremazia linguistica del francese, avviò la stampa di importanti opere riguardanti la trasmissione della storia culturale e politica corsa, tradotte in lingua francese, all'interno del “Bulletin de la Société des Sciences historiques et naturelles de la Corse”.

Il 1849 vide l'ultimo accenno di stampa in lingua italiana, attraverso la pubblicazione di due riviste mensili: la prima, La Corsica - rivista politico-letteraria, diretta da Giovan Paolo Borghetti, fu redatta in italiano per alimentare l'antico spirito indipendentista della Corsica, ma non ebbe un gran successo di pubblico; la seconda, La guida del popolo, fu pubblicata fino al 1870, anno in cui l'italiano scomparve per sempre dal settore editoriale. Iniziarono i primi titoli di pubblicazioni in lingua francese, sostituendo a poco a poco quelli in italiano.

Una sentenza del 4 agosto 1859 della Corte di Cassazione francese, sotto Napoleone III, vietò giuridicamente l'uso della lingua italiana in Corsica negli atti pubblici e ne fu soppresso definitivamente l'insegnamento. La fine dell'utilizzo della lingua italiana fu

109 Bruno Migliorini, Storia della lingua italiana, Bompiani, 1994, pp. 620-621 110 I Loi Corvetto, A. Nesi, op.cit.

principalmente un fatto culturale e sociale, in cui venne meno una vera e propria caratterizzazione di lingua e cultura; la situazione che si creò con la fine dell'uso della lingua corsa fu diversa, in quanto fu il risultato della violenza del potere e del lento sgretolarsi della stessa società come entità autonoma.112

Dopo la fine della prima guerra mondiale, infatti, la struttura sociale propria corsa andò disintegrandosi e la situazione si aggravò con la presenza francese sempre più invadente. La lingua francese prima penetrò in ambito politico ed amministrativo, poi in campo scolastico, e infine religioso. La struttura rimasta più a lungo legata alla tradizione italiana e corsa fu quella religiosa, dove la lingua italiana riuscì ad imporsi e a mantenere un importante primato linguistico. I libri religiosi e le prediche rimasero in italiano e in dialetto corso per molto tempo, fino a quando anche in ambito ecclesiastico l'italiano dovette sottomettersi al suo progressivo abbandono. Tra gli ultimi elementi sopravvissuti in italiano sono gli inni religiosi, cantati tuttora in lingua originale.

Nonostante tutto, il dialetto corso è considerato da molti una lingua vera e propria, tanto che il linguista Niccolò Tommaseo lo definì “il più perfetto dei dialetti italiani”, volendo richiamare l'inconfondibile radice toscana.113

In Corsica tutt'oggi non è presente una forma linguistica più prestigiosa di un'altra: le varianti della lingua corsa hanno tutte lo stesso valore e vengono legittimate allo stesso modo, a dimostrazione che la Corsica è una realtà molto più unita e coesa di quanto talvolta venga descritta. Nonostante la Francia abbia perpetuato la sottrazione del patrimonio linguistico italiano al popolo corso, la Corsica non perse mai la sua identità nazionale per assumere gli aspetti tipici della società francese, in quanto il popolo corso non era un popolo composto da italiani, ma da corsi che, terminata l'influenza linguistica, culturale e politica dell'Italia, si risvegliarono ancor più legati alla propria patria.

Analizzando nel suo complesso l'evoluzione della lingua corsa, è importante distinguere tre forme di “cambiamento”, dovute a cause diverse anche se talvolta correlate: la prima è l'evoluzione interna, lenta e costante di ogni lingua, che non può essere evitata a causa dei cambiamenti socio-culturali che influiscono anche in ambito

112 Sabino Acquaviva, op. cit., pp. 85-87 113 Manlio Morandi, op. cit.

linguistico all'interno di un territorio; la seconda riguarda un'evoluzione dovuta al passaggio da lingua orale e popolare a lingua scritta: fondamentale è questo livello di trasformazione, in quanto la lingua diventa lingua ufficiale, attraverso l'uso di frasi più complesse e di una subordinazione sempre più frequente, mantenendo tuttavia lo statuto di “lingua parlata del popolo”, basso e colloquiale; la terza forma implica un radicale cambiamento per la lingua corsa, dal momento che viene a poco a poco sostituita dall'influenza diretta del francese, invadendo ogni ambito della vita pubblica e culturale.

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