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L’interiorità creatrice e la riconquista dell’Anima

IV. Struttura

1. Avvicendamenti archetipici nell'inconscio collettivo modernista

1.3 L’incesto uroborico e la rivoluzione modernista

1.3.2 L’interiorità creatrice e la riconquista dell’Anima

Nell’illustrare la figura dell’eroe archetipico che compie l’incesto uroborico con la Grande Madre, Jung fa riferimento ad un mito che, seppur con sintassi diverse, fa parte del patrimonio religioso collettivo dell’umanità:

“Nell’inno gnostico all’anima, il figlio è mandato dai genitori a cercare la perla che si è staccata dalla corona del re padre. La perla giace nel profondo di una sorgente custodita da un drago, […], nell’ebbro mondo degli appetiti carnali, delle ricchezze della natura fisica e spirituale. Il figlio ed erede si avvia in cerca della gemma e dimentica tra i piaceri sé stesso ed il suo compito, finché una lettera del padre gli ricorda quale sia il suo dovere. Si mette allora in viaggio verso l’acqua e si tuffa nell’oscura profondità della fonte sul cui fondo trova la perla che poi offrirà alla divinità più eccelsa”589.

Nell'ipogeo del proprio movimento discendente all’interno del Femminile, in questo specifico mito gnostico descritto da Jung, l'Eroe-Puer ottiene un arricchimento, simboleggiato dalla perla. Questa si fa rappresentazione simbolica dello scopo

586 Cfr. G. Wehr, op. cit., p. 13.

587 Cfr. B J. Gibbons, op. cit., pp. 230-234. 588 Cfr. E. Neumann, Origini, cit., p. 139. 589 C. G. Jung, Inconscio, cit., p. 35.

131 mitologico sotteso ad ogni confronto contro il drago uroborico dell’inconscio, solitamente espresso anche mediante la figura della prigioniera o, in più genericamente, del ‘tesoro’, entrambi intesi come oggetti preziosi di arduo recupero590. Negli antichi miti connessi ai riti della fertilità, la vittoria sul mostro e

sugli eventuali antagonisti che si frappongono tra questo e l’eroe è il presupposto necessario per il ricongiungimento del giovane eroe con la Dea Terra, al fine di garantire il rinnovamento della fertilità e la propagazione della stessa nell’anno successivo al rituale: “la liberazione e la conquista della prigioniera nel combattimento contro il drago rappresentano uno sviluppo ulteriore dell’antico rituale della fertilità”591. Ci si è già soffermati sulla valenza della discesa

nell’interiorità inconscia compiuta dai modernisti ispano-americani da intendersi come funzione di compensazione in seno alla coscienza collettiva del tempo. Ciò che ci interessa sottolineare ora è la pregnanza della manipolazione consapevole delle dimensioni interiori e lo stato di fecondità creativa che da essa deriva. Dal contatto con le profondità uroboriche, l’eroe emerge sempre trasformato592

:

“La trasformazione del maschile che avviene col combattimento contro il drago comprende anche una trasformazione del suo rapporto col femminile; questa trasformazione è simboleggiata nella liberazione della prigioniera dal potere del drago […]”593.

Il tesoro recuperato dall’artista che affronta coraggiosamente la discesa nella propria interiorità, contrastando le inibizioni della cultura dominante, è rappresentazione simbolica dell’incontro del tutto transpersonale (che attiene, cioè, ad un dato psichico collettivo relativo all’umanità intera) tra un’istanza maschile (quella della coscienza) ed una femminile (quella dell’inconscio)594

:

“Con la liberazione della prigioniera, una parte del mondo femminile dell’inconscio che era sentita come ostile ed estranea, viene ora sentita, se non dalla coscienza sicuramente dalla personalità dell’uomo, come amichevole e come parte di lui”595.

Per un soggetto creatore nella cui superficie cosciente prevalga un’istanza maschile, la perla sottratta nei meandri dell’inconscio è rappresentazione dell’Anima, cioè di quella fondamentale componente uroborica respinta, in quanto contro-sessuale, all’interno delle profondità inconsce596:

590 Cfr. E. Neumann, Origini, cit., p. 177. 591 Ivi, p. 179. 592 Cfr. ivi, p. 174. 593 Ivi, pp. 179-180. 594 Cfr. ivi, p. 177. 595 Ivi, p. 184. 596 Cfr. ivi, p. 178.

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“Il primordiale potere creativo della psiche, che nei miti della creazione era stato proiettato nel cosmo, viene ora sperimentato come umano, cioè come una parte della personalità dell’uomo: la sua anima”597.

Con Anima, infatti, non si intende l’anima rationalis, ma l’aspetto più trasformante e fecondo racchiuso nelle profondità dell’inconscio, la vita pulsante e in perenne divenire che si cela dentro alla prigione della coscienza e che reclama di essere in essa reintegrata598

:

“L’eroe è colui che possiede una sua anima perché l’ha conquistata lottando. Pertanto non può esistere attività eroica o creativa senza la conquista dell’anima, e la vita individuale dell’eroe è profondamente collegata alla lotta per la conquista psichica dell’anima”599.

Gli artisti, nel contatto con le forze represse nell’inconscio, furono “in grado di ridare all’uomo tutta la sua capacità comprensiva e immaginativa, facendolo di conseguenza non solo una delle parti passive del mondo in cui è inserito, ma un soggetto attivo e operante”600

.

Il profondo rilievo attribuito in ambito ispano-americano all'evoluzione psichica sottesa alla creazione personale è ben percepibile nel contributo alla cultura del primo Novecento offerto da José Enrique Rodó, responsabile di aver forgiato le menti di molti giovani intellettuali ed artisti e di averli spronati a sviluppare una coscienza genuinamente umanistica in grado di lottare ed opporsi efficacemente al riduzionismo utilitaristico del mondo industrializzato. Il saggio del filosofo uruguaiano, Ariel601, scritto nel 1900, esercitò una grandissima influenza sulla cultura

ispano-americana del tempo, soprattutto sullo specifico mondo del modernismo letterario. L’autore, che dedicò buona parte della propria attività intellettuale al tentativo di fomentare la nascita di uno spirito politico adeguato ai cambiamenti culturali del tempo, indirizzò questo sermone laico dagli intenti apertamente formativi (e che tanto si approssima, simbolicamente, alle lettera del padre dell’inno gnostico citato da Jung) a la juventud de América (intesa, dunque, manifestamente come incarnazione archetipica del Puer Aeternus), incitandola ad intraprendere un percorso personale ed eroico al fine di evolversi intellettualmente. Rodó, sottolineando l’unità morale ed intellettuale del mondo ispano-americano, chiedeva ai giovani di fondare la propria esistenza su leggi etiche radicate nell’amore per

597 Ivi, p. 189.

598 Cfr. C. G. Jung, Inconscio, cit., p. 48. 599 E. Neumann, Origini, cit., p. 329.

600 C. Bonvecchio, “Il simbolo ritrovato”, introduzione a G. Durand, Immaginazione, cit., p. 10.

601 Utilizzando in modo allegorico personaggi tratti dalla commedia shakespeariana La Tempesta

(Prospero, Ariel e Calibano), Rodó dipinse, nel suo saggio, un quadro delle relazioni intercorrenti a inizio del XX secolo tra Ispano-america e Stati Uniti.

133 l’armonia e per la bellezza, intese come tratto caratterizzante del mondo ispanico nella sua interezza:

“La liberazione e la conquista della prigioniera da parte dell’eroe corrispondono alla scoperta di un nuovo mondo psichico. […]. Il mondo dell’arte, della pittura, della poesia e della musica, che gravita attorno alla prigioniera liberata, si apre come un continente vergine strappato al mondo dei genitori primordiali”602.

Unendo l’amore per l’arte alla stima per la saggezza della Grecia antica di cui il mondo ispano-americano si proclamava erede, Rodó esortava le nuove generazioni a contrastare le tendenze materialistiche rappresentate dal mondo nordamericano. Anche alla luce di questo invito all’azione, le nuove generazioni accolsero la possibilità di farsi parte attiva nella costruzione del proprio futuro:

“Chi giunge a liberare la prigioniera e a conquistare il tesoro, entra in possesso dei tesori dell’anima, che non sono solo desideri, immagini di qualcosa che uno non ha e che vorrebbe avere, bensì precisamente immagini di possibilità, cioè di qualcosa che uno può e deve avere. Il compito dell’eroe è risvegliare queste immagini, ‘che vogliono e debbono uscire dalla notte’,per ‘conferire al mondo un volto migliore’”603.

L’uomo del primo Novecento, finalmente svincolato dal determinismo materialista, acquisì consapevolezza di essere direttamente responsabile dei propri atti, tanto di quelli più eroici quanto di quelli pavidi e tendenti alla stagnazione psichica. In seguito alla nuova attenzione posta dalla Modernità alle dimensioni più interiori della psiche, fu riconsiderato, conseguentemente, anche il valore assoluto della creazione artistica in quanto esperienza ed attività prettamente umana. Mutata in modo così drastico la fenomenologia della percezione, ne derivò anche che il rapporto dell'artista con la realtà venne profondamente influenzato dall'evoluzione del concetto stesso di esperienza: la realtà oggettiva non si osservava più passivamente ed il soggetto artistico riacquistava, finalmente, un ruolo eroicamente attivo nel processo di conoscenza604. Possedendo la capacità di creare attivamente, il

Puer-eroe deve rispondere in prima persona alla vocazione alla verticalità. L’ambizione spirituale veicolata dall'archetipo del Puer Aeternus si sommò al gusto estetico nella scelta di rivolgersi ai processi intuizionistici della coscienza matriarcale605 che permettono di comprendere il flusso in costante divenire

dell’energia creatrice. Non a caso il trascendentalismo romantico e simbolista, inteso come profonda aspirazione a fondare l’esistenza umana in una dimensione totalmente al di là della contingenza materiale, fu un vero e proprio leitmotiv sotteso a

602 E. Neumann, Origini, cit., p. 184. 603 Ivi, p. 189.

604 Cfr. R. Deidier, op. cit., p. 21-22. 605 Cfr. J. Hillman, Puer, cit., p. 101.

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tutta la produzione modernista. La concezione dell'arte durante l'epoca della Modernità, assorbendo molte caratteristiche proprie del periodo romantico606

, apparve come una vera e propria operazione di conoscenza607. Di fronte alla perdita

della fede nell’ortodossia religiosa cristiana, e nel clima di rinnovata spiritualità che caratterizzò la cultura fin de siécle, i poeti seppero farsi canali privilegiati di comunicazione con lo spirito religioso del tempo608

:

“Il paesaggio è disseminato di luoghi sacri, di templi, di chiese, di monumenti a ricordare i luoghi in cui la religione o l’arte hanno depositato i loro contenuti archetipici nello spazio mondano, e dappertutto il canone transpersonale dei valori è impresso nella comunità a cui esso appartiene”609.

Questo rinnovato atteggiamento dello spirito, che Rodó auspicava di vedere nella gioventù ispano-americana e a cui li esortava, fu presentato e, successivamente

606 Uno degli autori romantici più conosciuti ed apprezzati dai modernisti, William Blake, sosteneva,

ad esempio, che “l’immaginazione è una scintilla divina nel cuore dell’esistenza umana” ed anche che: “[…] l’immaginazione […] è il corpo divino presente in ogni uomo, quel potere mediatore, quel ponte gettato tra mondo del divenire e Realtà assoluta che solo permette di sfuggire ai vincoli materiali e temporali; potere, inoltre, non più mimetico, ma platonicamente fornito, dalle ali di eros, di capacità di anamnesi che trovano misteriose conferme nel mondo dei sogni; potere, infine, unificante e creatore, Einbildungskraft, forza immaginativa che rende possibile, mediante la creazione artistica o l’intuizione religiosa dell’Infinito, la riunificazione col Tutto” (W. Blake cit. in B. J. Gibbons,

op. cit., p. 151 e p. 165 e in G. Filoramo, Religione, cit., p. 41). Citando Paz in merito a Blake, riportiamo:

“La figura de William Blake condensa las contradicciones de la primera generación romántica. […] Creía que ‘el mundo de la imaginación es el mundo de la eternidad, mientras que el mundo de la generación es finito y temporal’. Esta idea lo acerca a los gnósticos y a los iluminados, pero su amor al cuerpo, su exaltación del deseo erótico y del placer –‘aquel que desea y no satisface su deseo engendra pestilencia’- lo oponena a la tradición neoplatónica” (O. Paz, Hijos, cit., p. 81). Fichte, a sua volta, affermava che “la considerava essere ‘la vera possibilità della nostra coscienza, della nostra vita e del nostro essere’. Secondo Novalis, ‘il mondo intero è solo una forza immaginativa sensibilmente percettibile che ha assunto la forma di un meccanismo’”( B. J. Gibbons, op. cit., pp. 165-166). Molti importanti filosofi del tempo, quali furono Herder, Schelling e Schlegel furono fervidi sostenitori dell’inimmaginabile potenza della creatività umana (cfr. ivi, p. 152.). W. B. Yeats parimenti sosteneva che “il principio centrale di tutta la magia di potere è che tutto ciò che formuliamo nell’immaginazione, se lo formuliamo con sufficiente vigore, si realizza nelle circostanze della vita, agendo sia attraverso la nostra anima che attraverso gli spiriti della natura” (W. B. Yeats, cit. in ivi, p. 163.). Coleridge, poi, fu quello tra i romantici che maggiormente teorizzò questa potenza immaginativa: “egli dice che ‘l’immaginazione nell’uomo è probabilmente un grado minore del potere creativo di Dio’. […] L’immaginazione secondaria, quella del poeta, differisce dalla primaria ‘solo nel grado e nel modo delle sue operazioni’”( B. J. Gibbons, op. cit., p. 166.); egli giunse ad affermare, infatti, che Dio è “visto per simboli solo“(Ivi, p. 61.). Citando Paz in merito a Coleridge: “[…] Coleridge también dijo que la religión ‘is the poetry of Mankind’; años antes, adolescente casi, Novalis había escrito: ‘La religión es poesía práctica’. Y en otro fragmento: ‘La poesía es la religión original de la humanidad’. […] los poetas románticos fueron los primeros en afirmar, lo mismo ante la religión oficial que ante la filosofía, la anterioridad histórica y espiritual de la poesía. Para ellos la palabra poética es la palabra de la fundación”; “Para todos los fundadores – Wordsworth, Coleridge, Hölderlin, Jean-Paul, Novalis, Hugo, Nerval- la poesía es la palabra del tiempo sin fechas. Palabra del principio: palabra de fundación. Pero también palabra de desintegración: ruptura de la analogía por la ironía, por la conciencia de la historia que es conciencia de la muerte” (O. Paz, Hijos, cit., pp. 80-81 e p. 85). Il ruolo di primo piano riservato dai romantici all’immaginazione creatrice andava di pari passo con quello da questi attribuito alla creazione materiale: la Natura, in questa poetica, risultò, infatti, sommamente glorificata proprio in virtù delle forze invisibili che la percorrono e la rendono un’entità organica e complessa, degna di ammirazione e rispetto.

607 Cfr. R. Deidier, op. cit., p. 125. 608 Cfr. O. Paz, Hijos, cit., p. 147. 609 E. Neumann, Origini, cit., p. 326.

135 accolto, come una vera e propria chiamata all’azione eroica, come risposta ad una necessità morale di riequilibrare la cultura di fronte agli eccessi del materialismo ipertrofico del Senex/Grande Padre. Ureña commenta, infatti, al riguardo:

“La grande originalidad de Rodó está en haber enlazado el principio cosmológico de la evolución creadora con el ideal de una norma de acción para la vida. Puesto que vivimos trasformándonos, y no podemos impedirlo, es un deber vigilar nuestra propia transformación constante, dirigirla y orientarla. [...] la fe en el destino personal debe apoyarse en la confianza de que nunca se habrá agotado nuestra energía, de que subsisten en nuestro espíritu capacidades para manifestaciones nuevas, vigor para superarnos en el trabajo”610.

Il ripiegamento nelle dimensioni inconsce della creazione artistica fu percepito dai modernisti come il rifugio ideale per il soggetto creatore, libero di celebrare la propria completa autonomia dal resto del mondo. L’arte per l’arte fu il motto dei nuovi artisti che, scendendo nel contatto rigenerante con il Femminile uroborico, si astrassero dalla desolante frammentazione della coscienza, aspirando alla fecondità che precede la creazione di un mondo proprio, privo di giustificazioni e di referenti esterni:

“La saggezza lunare dell’attendere, del ricevere e del maturare accoglie tutto nella sua totalità, trasforma ciò che ha accolto e sé stessa con esso. Si tratta sempre di interezza, modellamento e realizzazione, e cioè di creatività, e non bisogna mai dimenticare che proprio la creatività è legata per sua natura alla coscienza matriarcale; infatti l’inconscio, e non la coscienza, è creativo ed ogni prestazione creativa presuppone tutti questi atteggiamenti di gravidanza e di rapporto […] caratteristici della coscienza matriarcale”611.

In “El reino interior”, Darío esplicitamente dichiara: Mi alma frágil se asoma a la

ventana obscura / de la torre terrible en que ha treinta años sueña. Il poeta non occulta la

tensione che lo spinge verso il tesoro, premio ultimo della ridiscesa nell’interiorità e dell’incesto uroborico. L’Anima qui è presentata direttamente al lettore come la prigioniera preziosa che attende di essere liberata dai legami che la tengono avvinta alla coscienza e da cui timidamente si affaccia:

“La torre, el camino, y la escritura son las superficies que reflejan un itinerario único: el descenso del alma a las regiones infernales. […] Podemos leer entonces “El reino interior” como el ritual de una (auto)revelación, al mismo tiempo que de ocultamiento”612.

Ugualmente, in “Yo soy aquél…”, che costituisce il manifesto di Cantos de vida y

esperanza (1905), il poeta indugia nella descrizione di un viaggio chiaramente

allegorico verso la sagrada selva, verso il bosque ideal dentro cui, rinchiusa, Psiquis

610 P. H. Ureña, La obra de José Enrique Rodó in Conferencias del Ateneo de la Juventud,pp. 73-74, cit. in L.

Zea, op. cit., p. 461.

611 E. Neumann, Psicologia, cit., p. 73.

612 F. Morán, “Con Hugo fuerte y con Verlaine ambiguo”: El reino interior o los peligroso itinerarios del

deseo en Rubén Darío?” in Revista Iberoamericana, Vol. LXXII, Num. 215-216, Aprile-Settembre 2006, p. 492.

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vuela613.Gli artisti modernisti si rifugiarono nel reino interior dell’inconscio uroborico

in cui il soggetto artistico può riconoscersi come esistente, al tempo stesso, tanto in una dimensione assoluta quanto relativa. Attraverso lo strumento dell'immaginazione simbolica, soggetto percepente ed oggetto percepito acquistano un valore psichico equivalente: lavorando con l’effimero, con l’hic et nunc dell'interiorizzazione dell'esperienza umana, la spiritualità moderna poté accedere all’eternità del flusso vitale e creativo che scorre ininterrotto. Charles Baudelaire, in un saggio del 1863, affermò che “la modernità è il transitorio, il fuggitivo, il contingente, la metà dell’arte, di cui l’altra metà è l’eterno e l’immutabile”614

. L’arte modernista si fece portavoce della lacerante intensità sottesa a questa tensione dualistica: nella transitorietà dell’instante e nella potenza dell’emozione vissuta attraverso una rete di segni particolari, l’artista tentava, ai limiti del paradosso, di ravvisare l’universale, l’immutabile e trascendente mondo degli archetipi. Affidandosi alla sintesi intuitiva, l’artista-Eroe espresse la volontà di sperimentare un contatto diretto, gnosticamente trasformante, con la realtà noumenica: ricorrendo alla saggezza veicolata dalla coscienza matriarcale, si apriva alle percezioni extrasensoriali che permettono di oltrepassare i limiti cronologici del proprio tempo. Il reino interior, luogo dell’incesto uroborico con la Grande Madre, si converte in un vero e proprio topos figurativo interno in cui la soggettività si fa protagonista indiscussa di uno spazio ritenuto fondante per l’origine di ogni produzione estetica e che giunse ad assumere i contorni di un vessillo di rivendicazione esistenziale, di resistenza e di opposizione ai dettami della coscienza patriarcale che, fino a quel momento aveva deprivato l’arte e l’artista delle proprie funzioni più ideologicamente elevate. Rubén Darío, in Los Raros, denunciò l’ipertrofismo della coscienza patriarcale, nel suo scagliarsi contro un’epoca che demoliva le cattedrali per costruire edifici commerciali, accomunando il proprio lamento a quello di tutti gli artisti "amigos del alma". Si pensi, inoltre, al racconto “El Rey burgués” in cui il

Rey burgués è descritto come una figura immersa in un accumulo materialistico volto

a screditare l’arte in senso meramente ornamentale. La figura del re si contrappone con estrema evidenza a quella del poeta, inteso come portatore di una rivalutazione in senso spirituale e gnoseologico della creazione artistica. L’autore stesso, in Historia

de mis libros, scioglie ogni ambiguità in merito a questa contrapposizione:

613 Cfr. M. A. Salgado, “El autorretrato modernista y la literaturización de la persona poética” in AIH.

Actas X, 1989, pp. 959-967.

137 “El símbolo es claro, y ello se resume en la eterna protesta del artista, contra el hombre práctico y seco, del soñador contra la tiranía de la riqueza ignara”615.

All’attività censoria e castrante del Rey burgués non a caso si contrappone l’accoglienza uterina della Reina Mab616 che protegge gli artisti, evidente simbolo

della Grande Madre inconscia sotto la cui egida lunare si esplica ogni istanza genuinamente creatrice:

“Il processo creativo si svolge non sotto i raggi cocenti del sole, ma nella fredda luce riflessa della luna, quando grande è l’oscurità dell’inconscio: la notte e non il giorno è il tempo della procreazione. Ad essa appartengono l’oscurità e il silenzio, il segreto, il tacere e l’essere svelati”617.

Anche nel romanzo El hombre de oro riappare nuovamente una comparazione tra la visione dell’arte proposta dal Senex borghese e quella convogliata dallo spirito del Puer nella contrapposizione delle figure di Orazio e Mecenate.

I modernisti ispano-americani, soprattutto mediante il portavoce del movimento, chiesero a gran voce rispetto per la figura del poeta: nel quadro di una sempre più difficile compatibilità tra l’individuo e le esigenze della collettività, questi appariva, infatti, come l’unico individuo in grado di realizzare appieno la dimensione umana. Sull’onda di un nuovo misticismo di stampo neo-romantico, l’artista, riscoperto sacerdote depositario della potenza intuitiva, sottolineava doppiamente la propria