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La Grande Madre e le sue costellazioni archetipiche

IV. Struttura

1. Avvicendamenti archetipici nell'inconscio collettivo modernista

1.1 La Grande Madre e le sue costellazioni archetipiche

Il compito di definire in modo esaustivo l’archetipo della Grande Madre risulta particolarmente arduo. Di derivazione religiosa e comprendente in sé innumerevoli varietà di figurazioni mitiche afferenti al tipo della dea-madre91, esso ingloba, come

qualsivoglia archetipo, una quantità assai vasta di concetti, simboli, aspetti92

, immagini e forme apparentemente indipendenti che, se a volte si escludono vicendevolmente, altre, invece, si integrano, concorrendo a creare una complessa, composita e poliedrica entità numinosa. Con l’espressione coscienza matriarcale, afferente all’archetipo della Grande Madre, non ci si riferisce semplicemente ad uno stadio politico-storico-sociologico né al semplice dominio dell'archetipo della Grande Madre, ma ad “una situazione psichica totale nella quale l'inconscio (e la femminilità) dominano mentre la coscienza (e la maschilità) non sono ancora pervenute all'autonomia e all'indipendenza”93:

“la coscienza lunare, come anche potremo chiamare la coscienza matriarcale, non è mai disgiunta dall’inconscio, poiché è una fase spirituale dell’inconscio stesso”94.

Con coscienza matriarcale si intende, dunque, una situazione psichica "in cui, quindi “maschile' e 'femminile' sono termini simbolici e non vanno identificati

91 Cfr. C. G. Jung, Madre, cit., p. 21. 92 Ivi, p. 29.

93 E. Neumann, La psicologia del Femminile, Roma, Casa Editrice Astrolabio, 1975, p. 46 (d’ora in avanti

ci riferiremo a questo testo con l'abbreviazione Psicologia).

37 concretamente con 'uomo' e 'donna' come portatori di caratteristiche sessuali precise”95

:

“l’uomo e la donna, da un punto di vista psicologico, sono bisessuali, in quanto nel loro inconscio ci sono anche istanze del sesso opposto, l''Anima' per l'uomo, e l''Animus' per la donna"96.

Analizzando i termini che definiscono l’archetipo, ci interessa sottolineare, dunque, come madre non si riferisca ad una concreta relazione di filiazione personale, ma ad una più complessa e generica situazione psichica e transpersonale dell'Io posto all’interno della coscienza, e come l'aggettivo grande richiami una generica dimensione di superiorità che questo archetipo specifico rappresenta nei confronti di tutto ciò che è stato creato; nell'espressione Grande Madre, l’immagine materna è, cioè, da ricondursi ad una significativa dimensione di creazione collettiva97 e

psichica prima ancora che individuale: “ogni oggetto grande che abbraccia e contiene, avvolge, nasconde, protegge, mantiene e nutre uno piccolo, appartiene al dominio materno primitivo”98. La Grande Madre, prima di farsi rappresentazione

specifica del Femminile è, quindi, simbolo transpersonale, per eccellenza, dell’inconscio stesso, inteso nella dimensione uroborica in cui la distinzione polare tra sessi ancora non è data: ”l’azione dell’archetipo primordiale della Grande Madre si basa su uno stato originario in cui ogni cosa è intrinsecamente mescolata alle altre, è indistinta, fluida e inafferrabile”99

. Secondo le teorizzazioni di Erich Neumann, proprio dalla totalità caotica della dimensione psichica originaria indistinta (rappresentata dall'Uroboros, simbolo della sizigia divina) in cui Maschile e Femminile, positivo e negativo sono fusi assieme100

, sarebbe avvenuta una primigenia scissione da cui deriverebbero tanto l’archetipo del Grande Padre101

quanto quello della Grande Madre, forme più evolute dei più primordiali archetipi del Maschile e del Femminile102 uroborico.

95 Ivi, p. 46. 96 Ibidem.

97 Cfr. A. Vitolo, introduzione a C. G. Jung, Madre, cit., p. 10. 98 E. Neumann, Origini, cit., p. 34.

99 Ivi, p. 284.

100 Cfr. E. Neumann, Origini, cit., pp. 27-53. 101 Cfr. ivi, pp. 105-124.

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Schema tratto da E. Neumann, Grande Madre, cit., p. 29.

Non è un caso che il serpente-drago sia uno dei simboli teriomorfi privilegiati della Grande Madre103. Animale che per molte culture rappresenta un vero e proprio

doppio lunare, in quanto, come l’astro, si eclissa e muta: rigenerandosi nel corso del tempo, questo costituisce un “triplice simbolo della trasformazione temporale, della fecondità e della perennità ancestrale”104. Il serpente racchiude simbolicamente in sé

il riassorbimento mortale a cui ciascuno è destinato a cedere prima di entrare a far parte di un più ampio ciclo di rinascite, rappresentando anche l’aspetto inconscio inteso come essenza che avvolge nelle sue spire e soffoca, pronto a trascinare l’umanità nelle profondità dei suoi informi abissi. Connesso in modo indissolubile all’eterno ritorno del ciclo vegetativo, nel serpente sono racchiuse le tracce di ogni fecondità ibrida ed auto-fecondante. Se rientra nella costellazione del Femminile in quanto simbolo lunare, la forma dello stesso richiama la virilità del Maschile in modo incontrovertibile, configurandosi, così, come una delle massime manifestazioni simboliche dell’ermafroditismo: “il simbolismo ofidico cela pertanto

103 Cfr. Idem, The fear of the feminine and other essays on feminine psychology, Princeton University Press,

1994, p. 240 (d’ora in avanti ci riferiremo a questo testo con l'abbreviazione Fear).

39 il triplice segreto della morte, della fecondità e del ciclo”105 e si associa tanto alla luna

quanto all’acqua. Il serpente, in tutte le mitologie, è posto in relazione con l’umidità dei fiumi per le sue forme sinuose ed è inteso come portatore di pioggia e di fecondità. Anche l’oceano primordiale mostra un’analoga fusione di elementi maschili e femminili nell'espressione dell'indifferenziazione originaria, tipica del serpente-drago uroborico106

. Proprio nel simbolismo acquatico del serpente si ravvisa l’esistenza di un principio Maschile generatore e fecondante direttamente connesso al proprio vaso-utero femminile, con chiare tendenze ermafrodite. Questo animale lunare si fa, in un solo momento, parte del Femminile e accompagnatore esterno dello stesso107: “the emergence of the Earth archetype of the Great Mother brings

with it the emergence of her companion, the Great Serpent”108. Come esplicitato dalla

forma chiusa, perfettamente circolare, del serpente uroborico che si morde la coda (Draco interfecit se ipsum, maritat se ipsum, impraegnat se ipsum109: accoppiamento

dell’essere bisessuale alchemico), questo simbolo lunare contiene in sé tanto la tendenza creatrice quanto quella distruttrice in qualità di opposti non ancora divisi110

: “in accordo con la natura paradossale del linguaggio simbolico, […] il circolo dell’Uroboros non è solo la ‘figura perfetta’, ma anche il simbolo del ‘caos’ e dell’amorfo”111. Non a caso “nel mondo occidentale antico, ma specialmente nelle

civiltà orientali, gli opposti si trovano spesso riuniti nella stessa figura, senza che la coscienza sia turbata da un paradosso del genere”112. Si pensi, ad esempio, all’insolita

femminilizzazione di eroi o di divinità maschili (come Ercole, Sansone o Gilgamesh) o alla virilizzazione di divinità femminili (come la romana Venus Barbata, la Fortuna o Didone-Astarte)113. Solo in stadi successivi le figure miste furono sostituite da altre

sessualmente non ambigue114. La tendenza alla coincidentia oppositorum,

quell’orientamento di natura sincretica e simbolica che condensa ogni polarità, deriva dalla natura stessa dell’inconscio e si registra pressoché nella totalità delle tradizioni religiose115: “l’androginato divino non è altro che una formula arcaica della

bi-unità divina”116. E, ancora: “l’androgino è la diade per eccellenza, che attribuisce

105 Ivi, p. 397.

106 Cfr. E. Neumann, Grande Madre, cit., pp. 214-218. 107 Cfr. ivi, pp. 147-148.

108 Idem, Fear, cit., p. 197. 109 Idem, Origini, cit., p. 31.

110 Cfr. C. L. Iandelli, “Introduzione alla simbolica del serpente: uno studio psicologico - analitico e

storico – religioso” in Rivista di Psicologia Analitica, Vol. II, n. 2, 1971, pp. 320-360.

111 E. Neumann, Origini, cit., p. 248. 112 C. G. Jung, Madre, cit., p. 61. 113 Cfr. G. Durand, Strutture, cit., p. 360 114 Cfr. E. Neumann, Origini, cit., p. 60. 115 Cfr. G. Durand, Strutture, cit., p. 358 116 M. Eliade cit. in ivi, p. 359.

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lo stesso rilievo alle due fasi, ai due tempi del ciclo”117. La stessa luna, simbolo per

eccellenza della Grande Madre, si presenta come un momento di particolare condensazione simbolica, e non solo in virtù della valenza triadica che la contraddistingue, ma per via della natura uroborica del Femminile primigenio. Anche in virtù di questo, “l’iconografia sottolinea sempre l’ambivalenza delle divinità assimilabili alla luna”118

.

Con il progressivo sviluppo dell’Io, si passa dalla Grande Madre uroborica alla Grande Madre propriamente detta119

, in cui si compenetrano e coesistono il carattere

elementare e il carattere trasformatore. Il carattere elementare, con determinante

materna e materica (definita da Jung come Mater natura), contiene e mantiene stabile ed immutabile tutto ciò che si forma e nasce dall’inconscio-Femminile. Questo carattere fondante della Grande Madre pone l'accento sulla staticità, sulla conservazione, sul carattere inerziale della gravitazione psichica definita da Neumann come originariamente matriarcale120

. Il carattere trasformatore, al contrario, rappresenta l'aspetto dinamico della psiche che, in contrasto con la tendenza conservatrice, spinge al mutamento e alla trasformazione costante dei contenuti psichici (Mater spiritualis121). Attorno ad un'immagine iniziale ancora informe e

ambigua del Femminile122

, gradualmente sono andati cristallizzandosi sempre più simboli (inizialmente di provenienza quasi esclusivamente naturale) quali manifestazioni di questi due attributi tipici e fondanti, radicati tanto nel mito quanto nel rito. Queste proiezioni del Femminile a livello cosciente, sul piano del mondo, continuarono comunque a lungo a costituire un'integrazione ordinata e coerente dei due principali tratti dell’archetipo123. Con il tempo, la separazione progressiva della

coscienza dall’inconscio uroborico, ha dato il via allo sviluppo della coscienza

patriarcale. Prima ancora di rappresentare un successivo stadio sociologico o politico,

con questa solitamente si intende la consapevolezza dell'Io percepita come centrata su sé stessa e totalmente disgiunta dall'inconscio, in un atto di totale rinnegamento della totalità originaria da cui essa proviene124

. L’accento patriarcale sarebbe, di conseguenza, la tendenza dell'Io a liberarsi dell'inconscio, dominandolo: “per la

117 G. Durand, Strutture, cit., p. 361. 118 Ivi, p. 358.

119 Cfr. E. Neumann, Origini, cit., p. 60. 120 Cfr. Idem, Grande Madre, cit., pp 34-37. 121 Cfr. G. Jung, Madre, cit., p. 47.

122 Nella presente ricerca, da questo momento in poi, si utilizzerà il termine Femminile come sinonimo

di Grande Madre, nonostante teoricamente questi rappresentino due momenti successivi nello sviluppo della coscienza.

123 Cfr. E. Neumann, Grande Madre, cit., pp. 21-23. 124 Cfr. Idem, Psicologia, cit., p. 21.

41 psicologia, tutte le polarità sono subordinate a questa suddivisione primaria”125 della

psiche tra inconscio e coscienza. Se in epoca primitiva, quindi, le variegate sfumature dell’archetipo del Femminile si presentavano fuse in un tutt'uno indistinto, col volgere dei secoli e con lo sviluppo della coscienza patriarcale prese sempre più piede, come forma di dominio ermeneutico, l’ordinamento di detti elementi in una configurazione formale di stampo analitico:

“La concezione unitaria del grande archetipo femminile, concezione che appartiene alle originarie esperienze della donna e che era ancora rappresentata dal cielo degli dèi con le sue dee in opposizione tra loro, nel mondo patriarcale si dissolve”126.

Una delle conseguenze principali del rafforzarsi di un sistema, come avvenne nel caso della coscienza patriarcale in seno allo sviluppo psichico occidentale, è l’estromissione progressiva di tutto ciò che non sia familiare e che non apporti ulteriori conferme ed evidenze alla stabilità del sistema stesso. Tutto ciò che attiene al regno dell’ignoto e del non-familiare tende esponenzialmente ad essere censurato ed omesso nella misura in cui non può essere agilmente assimilato all’interno del sistema senza alterare pericolosamente la coesione e l’unità dello stesso127:

“[…] Gli sforzi dell’umanità sono stati interamente volti al ‘consolidamento della coscienza’, mediante i riti, le représentations collectives, i dogmi: che erano le dighe, le muraglie erette contro i pericoli dell’inconscio […]”128.

Alla dicotomia coscienza-inconscio, si è, così, andata sommando una successiva categorizzazione recante i segni ‘positivo’ e ‘negativo’, a conseguenza della necessità della coscienza di applicare a questa macro-distinzione delle metafore inerenti al valore129:

“[…] in its struggle against the Mother Goddess, the conscious mind, in tis historical development, has had great difficulty in asserting itself so as to reach its -patriarchal- independence. The insecurity of this conscious mind […] is always bound up with fear of the unconscious […]. In the history of the development of the conscious mind […] the collective powers that threaten and devour the conscious mind both from without and within, are regarded as Feminine. A negative evaluation […] is therefore necessary and inevitable for a masculine, patriarchal conscious mind that is still weak”130.

125 J. Hillman, Puer, cit., p. 72.

126 E. Neumann, Amore e Psiche, cit., p. 87 e p. 96. 127 Cfr. Idem, Fear, cit., p. 275.

128 C. G. Jung, Inconscio, cit., p. 41. 129 Cfr. J. Hillman, Puer, cit., p. 75. 130 E. Neumann, Fear, cit., p. 172.

42 E ancora:

“An entire ideology of patriarchy that fundamentally conceives of the Feminine as a ‘negative Feminine’ is collectively part and parcel of [a] defensive position in which the man resists the transformative character of the Feminine”131.

Con il progredire dell’ideologia patriarcale nel corso della storia, è andata sempre più enfatizzandosi una connotazione negativa dell’inconscio veicolato dall’archetipo del Femminile:

“Quel che l’Io sperimenta come distruttività è anzitutto la carica energetica soverchiante dell’inconscio, e in secondo luogo la debolezza, la scarsa resistenza e l’inerzia della propria struttura psichica. […] L’emergere di questa immagine provoca nel sistema della coscienza una reazione difensiva di paura. […]. La nebulosa forza d’attrazione esercitata […] dall’inconscio si cristallizza in una qualità negativa la quale, essendo riconosciuta come ostile alla coscienza e all’Io, provoca una reazione difensiva e autoprotettiva dell’Io”132.

Ne deriva che “il matriarcato, che rappresentava la supremazia dell’inconscio, diventa ora negativo. Per questo la madre assume il carattere del drago e della Madre Terribile”133

. Tutto ciò che attiene alle dimensioni ‘elevate’ e progredite della coscienza, veicolata dal Maschile, fu identificato con un positivo librarsi dello spirito sugli abissi dell’inconscio, mentre tutto ciò che proviene dal ‘basso’ dell’inconscio, specularmente, assunse i tratti di una sorta di ‘carcere ctonio’, riprovevole, torbido e temibile134. Con il progressivo sviluppo della coscienza, il Femminile inteso come

rappresentazione dell’inconscio fu, cioè, sempre più avvinto al rischio di una regressione nello stesso, subendo un costante processo di frammentazione volto a detronizzare l'archetipo e ad esorcizzare il timore da questo generato:

“[…] We […] find the attempt to overcome the fear of the Feminine by splitting the Feminine and woman whom the man cannot handle in her wholeness”135.

Con l’emersione della coscienza patriarcale dall’indistinto dell’inconscio, non solo si fece più evidente una caratterizzazione negativa dell’archetipo del Femminile nella sua interezza, ma anche una percezione polarizzata dello stesso, attribuendo ad esso lati luminosi e lati oscuri, rappresentati da figurazioni mitiche di "dee buone" e di "dee cattive” che evidenziano e mettono in corrispondenza dialettica alcuni tratti dell’archetipo contrapposti tra loro136:

“[…] sul piano teoretico l’archetipo non è diviso in poli. L’archetipo per se è ambivalente e paradossale, abbraccia spirito e natura, psiche e materia, coscienza e inconscietà: in esso sì e

131 Ivi, p. 262.

132 E. Neumann, Origini, cit., p. 262. 133 Ivi, p. 167.

134 Cfr. C. G. Jung, Inconscio, cit., p. 37. 135 E. Neumann, Fear, cit.,. 262.

43 no sono un’unica cosa. Non c’è né giorno né notte, semmai un albeggiare continuo. L’opposizione implicita nell’archetipo si scinde in due poli quando esso entra nella coscienza egoica. […]. Per la psicologia, la base ontologica della polarità è la coscienza dell’Io; la qualità della polarità, che può andare dalla antitesi conflittuale alla armoniosa cooperazione, dipende dalla relazione psicologica esistente tra coscienza egoica e inconscio. Per ogni scintilla di luce che strappiamo all’ambivalenza archetipica, illuminando con la candela del nostro Io un chiaro cerchio di consapevolezza, contemporaneamente rendiamo più buio il resto della stanza. Nell’istante in cui accendiamo la candela, creiamo le ‘tenebre fuori’, come se la nostra luce fosse un furto, una sottrazione di paradossale luce archetipica alla penombra crepuscolare”137.

In questo senso, intendiamo come ciascuno dei due caratteri fondamentali della Grande Madre (elementare e trasformatore) sia considerato come depositario, a sua volta, di una soggiacente ambivalenza, di una bipolarità dialettica in cui le componenti generative e trasformative positive si oppongono alle contrarie dimensioni d’ombra, terrificanti e distruttive138; la coscienza dissocia e smembra

l’Universale in un accumulo di particolari: “non c’è coscienza senza differenziazione degli opposti”139

.Questo medesimo processo diairetico si applica, dunque, anche alla visione che la coscienza ha dell’inconscio140

:

“To our conscious mind the archetypal realm appears in terms of the differentiation of groups of symbolic opposites; there is no other way in which we can describe and understand the forms in which it appears to us”141.

E ancora:

“Come l’apparato digerente scompone il cibo nei suoi elementi fondamentali, così la coscienza scioglie il grande archetipo in gruppi e simboli archetipici, che in seguito può assimilare come qualità e attributi dell’archetipo grazie alle proprie capacità di percezione, intellezione, ordinamento ed elaborazione. […]. Una coscienza che si evolve, perciò, deve scindere la bivalenza del contenuto in una struttura fatta di qualità contrapposte. […] Razionalizzazione, astrazione e disemotivizzazione sono espressioni della tendenza ‘divoratrice’ della coscienza egoica ad assimilare gradualmente e progressivamente i simboli”142.

Nel percorso che conduce l’individuo e l’umanità stessa alla progressiva evoluzione lungo lo sviluppo storico, il processo di distinzione dell’indistinto in polarità opposte è, quindi, da intendersi come un processo del tutto funzionale all’emersione della coscienza: “nella funzione analitico-riduttiva della coscienza è sempre attiva la tendenza a difendersi dall’inconscio e dal pericolo di venirne sopraffatti”143

. Un’analisi schematica ed analitica dell’archetipo della Grande Madre, come quella offerta da Neumann, né vuole né può essere, dunque, una visione completa ed

137 J. Hillman, Puer, cit., pp. 72-73.

138 Cfr. A. Vitolo in C. G. Jung, Madre, cit., p. 14. 139 C. G. Jung, Madre, cit., p. 52.

140 Idem, Inconscio, cit., p. 38. 141 E. Neumann, Fear, cit., p. 165. 142 Idem, Origini, cit., pp. 286-287. 143 Ivi, p. 279.

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esaustiva dell'archetipo, ma si offre semplicemente come uno strumento d'utile approssimazione alla comprensione dello stesso:

"[...] in un'esposizione relativa alla psicologia del profondo, il massimo esito raggiungibile è un misto di schematizzazione poggiante sulla coscienza e di singolarità del materiale [...]. [...] la realtà psichica sfugge al nostro desiderio di descriverla in modo regolare"144.

E ancora:

“[…] we cannot make any statement about archetypes except from the standpoint of our conscious mind, which are subjects to certain inherent limitations. Paradoxically, however, the archetype is a power whose intrinsic realty functions beyond the scope of our conscious minds and their limitations”145.

L'approssimazione schematica proposta da Neumann in merito all'archetipo della Grande Madre presenta una struttura determinata da due assi intersecati in cui M+ ed M- costituiscono le polarità del carattere elementare (M come Madre e come

Materia) nei suoi tratti positivi e negativi, mentre A+ e A- costituiscono gli estremi

dell’asse trasformatore, analogamente polarizzato (A come Anima). La Grande Madre elementare si esprime, così, da un polo positivo che dona la vita e che include l'atto di generare, creare, proteggere, scaldare, nutrire (M+) fino ad uno negativo, opposto, che conduce alla morte tramite una volontà aggressiva di soffocare, fissare,

catturare, trattenere, ridurre e divorare (M-)146

. Analogamente, il carattere trasformatore dell’archetipo si muove su di un asse retto da polarità positive e negative (A+ e A-) che spaziano dal nutrire, ispirare e sublimare come estrema trasformazione positiva al

disgregare e dissolvere dell’ipogeo della trasformazione negativa: ogni mutazione

derivante dal contatto con la Grande Madre può, infatti, essere più o meno evolutiva, percepita come fonte di sviluppo o come distruzione, come trasformazione anelata o paventata. Questi due assi fondamentali dell'archetipo della Grande Madre si compenetrano e si definiscono a vicenda (rappresentando la distinzione primaria tra materiale/corporeo - M - e spirituale/psichico - A), sovrapponendosi a tratti, ma sempre agendo ed esprimendosi in una condizione di predominio dell'uno sull'altro147.

144 Idem, Grande Madre, cit., p. 88. 145 Idem, Fear, cit., p. 165.

146 Cfr. Idem, Grande Madre, cit., pp. 71-72. 147 Cfr. ivi, pp. 38-43.

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Schema tratto da E. Neumann, Grande Madre, cit., p. 88.

Le parti circolari della schema rappresentano le manifestazioni evolutive dell'archetipo nei progressivi "campi di concentrazione" dei fenomeni psichici. Il Femminile si sviluppa, cioè, a partire da una base elementare (rappresentata dal cerchio più interno), fino a giungere ai tratti di trasformazione (cerchio intermedio) e, infine, a quelli di trasformazione spirituale (terzo cerchio) che rappresentano lo stadio più evoluto dell'espressione dell'archetipo della Grande Madre tanto nell'inconscio quanto nelle coscienze individuali148. I due assi che si intersecano con il

terzo cerchio danno vita alle quattro categorie dei Misteri femminili: della

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Vegetazione, dell'Ispirazione, di Morte e dell'Ebbrezza. Affronteremo più avanti nella

trattazione le descrizioni più dettagliate corrispondenti a queste distinzioni nelle sezioni dedicate alle specifiche polarità del Femminile, per ora basti ricordare in che senso Neumann utilizza la parola mistero:

"Con il termine 'mistero' definiamo non solo la festa dei misteri, nella sua concretezza e determinatezza storica, per esempio i misteri eleusini, ma più in generale una sfera psichica comune a tutto il genere umano, incentrata su un archetipo, che consiste di riti, misteri, concezioni, usi e comprende un'intera trama di simboli uniti da un legame dell'inconscio"149.

Grazie al dinamismo archetipale, si passa, dunque, da un cerchio più interno in cui prevale il carattere elementare ad un secondo cerchio in cui, pur non rinnegando il