IV. Struttura
1. Avvicendamenti archetipici nell'inconscio collettivo modernista
1.2 Ipertrofismo della coscienza patriarcale e rivoluzione epistemologica
1.2.1 Verso il sincretismo della coscienza matriarcale
Sul finire dell'Ottocento, il sistema epistemologico positivista, apparentemente perfetto ed inattaccabile e sulla cui presunta solidità si rifletteva la stabilità dell'intera società borghese, iniziò gradualmente ad essere messo in discussione286:
“There are certain period in history in which a number of advanced thinkers, usually working independently one of another, have proposed views on human conduct so different from those commonly accepted at the time -and yet manifestly interrelated- that together they seem to constitute an intellectual revolution. The decade of the 1890’s was one of such periods. In this decade and the one immediately succeeding it, the basic assumptions of eighteenth- and nineteenth-century social thought underwent a critical review from which there emerged the new assumptions characteristic of our own time”287.
Con il susseguirsi di numerosi progressi nei diversi settori delle scienze288 l'ideologia
positiva si trovò ad affrontare nuove sfide conoscitive che finirono per dimostrare la relatività degli stessi presupposti su cui questa era fondata. Paradossalmente, infatti, fu proprio a causa di alcune scoperte scientifiche a cui si era giunti mediante l'applicazione del metodo positivo che lo stesso fu messo in discussione in modo definitivo ed irreversibile:
“Siamo presi e irretiti in esperienze senza meta, e il nostro giudizio, con tutte le nostre categorie, si rivela impotente. L’interpretazione umana viene meno, poiché alla turbolenta situazione vitale creatasi non si adatta alcuna interpretazione tradizionale. […] É una rinuncia al nostro potere, non deliberatamente voluta ma impostaci dalla natura; una piena, inequivocabile sconfitta, coronata dal timor panico della demoralizzazione […]”289.
Con il progredire degli studi290, non fu, infatti, più possibile ignorare le discrepanze
riscontrate tra le previsioni del modello classico e la realtà empiricamente
286 Per le riflessioni afferenti alla crisi del positivismo abbiamo seguito soprattutto, L. Zea, op. cit., pp.
434 e segg.
287 H. Stuart Hughes, Consciousness and Society, ;Transaction Publishers;, ;2002;, p. 33.
288 Ad esempio, sul finire del secolo, si fece sempre più acceso il dibattito sulle geometrie non euclidee
(quelle cioè che rifiutano il quinto postulato di Euclide e che avevano visto la luce attorno agli anni ’30 dell’Ottocento) in cui si dimostrava la validità relativa degli assiomi, mentre la matematica veniva rinnovata dalla nascita di diverse correnti antagoniste, quali il logicismo, il formalismo e l’intuizionismo: si arriverà in questo modo sino all’enunciazione del teorema di Gödel che, nei primi decenni del XX secolo, dimostrerà in modo rigoroso l’impossibilità di attribuire una fondazione logica alla matematica.
289 C. G. Jung, Inconscio, cit., pp. 55-56.
290 Le scoperte che, più di tutte, contribuirono a minare alle fondamenta l’edificio del meccanicismo
ottocentesco si ebbero nell’ambito della fisica. Dal XVII secolo era, infatti, prevalsa un’immagine meccanicistica del mondo a scapito di ogni pretesa organicistica: la fisica classica, ricorrendo alle leggi del moto e della gravitazione, era stata in grado, almeno fino alla prima metà del XIX, di descrivere in modo del tutto soddisfacente la totalità degli avvenimenti visibili tramite l'applicazione rigorosa di formule sperimentalmente verificate. Sul volgere del secolo, però, fu lo stesso modello meccanicista a risultare obsoleto, dopo quasi due secoli di primato indiscusso (risale, infatti, al 1687, la pubblicazione dei Pilosophiae Naturalis Principia Mathematica di Newton). Sul piano sperimentale, si produssero risultati talmente inaspettati da disorientare profondamente gli scienziati ed indurli a postulare nuove teorie anche in aperta contraddizione con gli assunti precedentemente accettati. Uno dei primi dogmi
69 osservabile291: non restò altro da fare che prendere atto tanto dell’inadeguatezza di
determinati parametri del modello newtoniano quanto della conseguente diminuzione della funzione euristica dell’impianto meccanicistico da esso derivante e su cui si fondava il metodo positivista. Si arrivò, così, a dover ammettere l'inconsistenza del concetto stesso di materia, ritenuta, lungo tutto il secolo XIX, come l’unico dato immutabile e certo della realtà. Accettando l'idea della mutabilità della materia, si affermò in modo implicito anche la conseguente mutabilità di una cultura e di un ordine sociale fondate su di essa292. Durante gli ultimi decenni del
XIX secolo, il determinismo meccanicistico di natura prometeica, in cui pressoché tutti gli intellettuali avevano riposto la propria fiducia, affrontò, dunque, una crisi talmente evidente da non lasciare altra scelta se non quella di archiviare la validità assoluta della fede positivista, esasperazione della coscienza patriarcale, aprendo la strada a riflessioni epistemologiche del tutto rivoluzionarie. Il logocentrismo di matrice razionalistica che aveva caratterizzato l’Occidente per secoli andò in crisi
del modello positivo ad essere intaccato fu il principio della reversibilità che stava alla base della fisica di Newton. Nella negazione della reversibilità completa dell’energia termica in energia meccanica, infatti, sostenuta nel secondo principio della termodinamica (enunciato dal fisico tedesco Rudolf Clausius nel 1850), e nella conseguente nozione di entropia, elaborata nel decennio successivo, si può ravvisare una delle prime avvisaglie di inadeguatezza delle idee positiviste. Le scoperte riguardanti le forze elettromagnetiche, in particolare, svolsero un ruolo decisivo nell’incrinare le basi del modello meccanicistico ed aprire la strada alla nascente fisica quantistica. Verso la metà dell’Ottocento si datano gli esperimenti e le scoperte sull’elettricità e sul magnetismo di Ørsted e Faraday. Al 1831 risale la scoperta dell’induzione elettromagnetica. Partendo da questi risultati, Maxwell riuscì poi a formulare il concetto di campo e a concepire le famose equazioni con cui tentò di unire i fenomeni ottici, elettrici e magnetici (presentate al mondo accademico in A Treatise on
Electricity and Magnetism del 1873). Paradossalmente, fu proprio il tentativo di applicare il metodo
meccanicistico a quei pochi fenomeni che non riuscivano ad inserirsi nel modello newtoniano ciò che contribuì ad innescare i cambiamenti di rotta che rivoluzionarono la fisica nel giro di pochissimi anni. Sul finire del secolo, problemi quali la determinazione delle proprietà dell'etere e la spiegazione degli spettri di radiazione emessi dai corpi solidi rimanevano, infatti, irrisolti, attirando l'attenzione di molti studiosi della fisica. La lunga serie di importanti scoperte che misero in discussione il modello classico della fisica risalgono praticamente tutte, infatti, all’ultimo decennio del secolo. I raggi X, ad opera di Wilhelm Conrad Röntgen, e l'elettrone, per merito di Thomson, fanno il loro ingresso nel mondo accademico entrambi nel 1895 mentre il concetto di radioattività, grazie ad Antoine-Henri Becquerel, sarà reso noto l’anno seguente. Il contributo di Maxwell insieme alle trasformazioni di Lorentz forniscono la base per gli studi di Albert Einstein che cercherà, poi, di conciliare le incompatibilità tra la relatività galileiana ed i fenomeni elettromagnetici. Il tentativo di superare questi limiti fu da lui presentato in una conferenza del 1905: con la teoria della relatività ristretta, e quella generale di dieci anni posteriore, la meccanica newtoniana fu definitivamente sconvolta giacchè il tempo, da concetto assoluto, secondo la nuova formulazione, era da concepirsi, invece, come una semplice variabile dipendente dalla velocità dell’osservatore. L’energia quantizzata venne postulata, con l’aiuto di una costante matematica, da Max Planck già nel 1900 e fu ripresa dagli studi di Einstein sull’effetto fotoelettrico poi: i risultati degli esperimenti condotti in quegli anni, tra cui la scoperta dei raggi catodici, prescindevano da ogni possibile spiegazione teorica entro il quadro della fisica classica e porteranno, nei decenni successivi, a scoperte importantissime come quelle di Bohr sulla struttura atomica.Gli studi sull’elettromagnetismo avevano già prepotentemente distolto l’attenzione dalla materia, che aveva smesso di essere considerata l'elemento predominante del reale: tutte le nuove formulazioni della fisica indicavano sempre più quanto l’energia, e non la materia, fosse, l’unica entità reale in natura.
291 Fu ciò che avvenne, ad esempio, nel caso di esperimenti riguardanti sistemi con velocità molto
elevate (come nel caso dei fotoni) o dimensioni spaziali molto piccole (a livelli molecolari ed atomici).
70
per l’impossibilità di continuare a nominare e classificare il mondo con gli strumenti offerti dalla coscienza patriarcale. All'alba del XX secolo, tutto ciò che era stato brutalmente represso da questa, in quanto non corrispondente all’ordine canonico imposto dalla ragione e perciò escluso ed esiliato dai piani della coscienza, ritornò con forza alla superficie dell’inconscio collettivo. Il tentativo di riequilibrare la cultura del tempo verso un'integrazione di quella dimensione matriarcale-inconscia rappresentata dalla Grande Madre avvenne in conseguenza di quella tendenza innata che manifesta ogni sistema culturale al fine di bilanciare l'impulso all'autoconservazione e le pressioni emergenti scaturenti dalle esigenze di rinnovamento dei singoli individui che compongono293 il sistema stesso. Se il
compito dell’ego individuale è quello di bilanciare la tendenza tra introversione e centroversione, mantenendo una posizione intermedia tra i due, non dobbiamo dimenticare come questa stessa esigenza di stabilità sia un compito che spetta non solo al singolo individuo, ma anche alla stessa collettività. Per mantenersi psichicamente sana, questa non deve né lasciarsi travolgere dalle pulsioni del proprio inconscio, né estrometterlo completamente dal piano dell'elaborazione cosciente294. In reazione ad una cultura fondata esclusivamente sull’estroversione e
sull’osservazione ‘a distanza’ del mondo esterno, le nuove generazioni reagirono, dunque, opponendo un netto rifiuto dell’istanza patriarcale:
“[L’] istanza paterna, la cui necessità per la cultura e per lo sviluppo della coscienza è fuori discussione, è l’organo culturale che trasmette all’Io del singolo i valori e in contenuti del collettivo. Però, a differenza dell’istanza materna, essa è per sua natura relativa, è condizionata dal tempo e dalle generazioni e non possiede il carattere di assolutezza del materno”295.
In reazione all’eccessiva centralità del Grande Padre e al fine di contrastare la tendenza monopolizzante esercitata dalla dimensione fenomenica sulla coscienza, si assiste, nella collettività del tempo, ad una compensazione che si muove con evidenza in direzione dell’opposto atteggiamento introverso, fondato sulla coscienza matriarcale e sul mondo interiore del noumeno a questa connesso. Durante i momenti di crisi delle dominanze culturali, la coscienza solitamente tende, infatti, a rivolgersi a contenitori psichici più antichi, nel chiaro tentativo di recuperare fonti di sopravvivenza alternative296. L’archetipo della Grande Madre si offrì, cioè, alla
coscienza collettiva come detentore di un sapere spirituale per troppo tempo ignorato. Si era reso necessario passare attraverso un momento di impoverimento e
293 Cfr. E. Neumann, Origini, cit., pp. 318-319. 294 Cfr. Idem, Fear, cit., p. 274-275.
295 Idem, Origini, cit., p. 160. 296 Cfr. J. Hillman, Pan, cit., p. 13.
71 di rimozione totale del regime dell’inconscio e dei simboli che lo esprimono per poter nuovamente sperimentare il bisogno di rivolgersi all’archetipo del Femminile in modo finalmente consapevole297. Neumann illustra la capacità di adattabilità della
psiche alla formazione di nuove situazioni archetipiche e ci pare che le sue considerazioni, riportate di seguito, possano essere agilmente estese anche alla psiche collettiva, intesa come coscienza storica di un'epoca che si apre a fasi di transizioni e di passaggio:
"[...] non vogliamo dire solo che un Io primitivo, facilmente disgregabile, sperimenta il numinoso a confronto della propria mancanza di forma; anche in fasi transitorie della coscienza e in situazioni di mutamento di personalità, quando, per una ragione qualsiasi, si costella una nuova situazione archetipica, l'elemento archetipico si presenta prepotentemente alla coscienza-Io come indefinito- numinoso e anonimo- transpersonale. La coscienza reagisce nella situazione individuale esattamente come nello sviluppo collettivo poiché viene sopraffatta e soccombe. Solo a poco a poco vengono formandosi modelli di adattamento all'archetipo che, per ciò che riguarda il soggetto, portano ad uno sviluppo, a un arricchimento e a un ampliamento della coscienza [...]"298.
Alla saggezza dell’apporto gnoseologico offerto all’inconscio collettivo dall'archetipo del Femminile e dalla coscienza matriarcale si rivolge anche il principio Maschile e patriarcale in quei momenti di crisi della cultura in cui la razionalità e la coscienza patriarcale non si dimostrano in grado di pervenire ad una soluzione:
“[…] Lo de arriba (orden, razón y signo) y lo de abajo (des-orden, cuerpo, rito y simbolo) no son sistemas rigidamente enfrentados por un dualismo absoluto que los opone como totalidades definitivamente aisladas una de otra. Son registros culturales que se superponen y se mezclan localmente gracias a fuerzas transpositivas de desplazamiento y reabsorción de parte de los signos de la modernidad”299.
Per superare la stasi psichica, la collettività tardo-ottocentesca si affidò alla dimensione matriarcale, mistico-sciamanica dell'esistenza che, anche qualora propugnata da rappresentanti maschili (quali in massima parte furono, di fatto, i filosofi fin de siècle o gli artisti modernisti), non cessa mai di contenere in sé le tracce dell’archetipo della Grande Madre, inteso come germe dell'essenza femminile300
contenuta in ogni singolo individuo. Alla coscienza patriarcale, a cavallo tra Otto e Novecento, si affiancò, dunque, anche la coscienza matriarcale con la sua azione speculare e sotterranea, ma altrettanto necessaria e significativa301
:
“In ciascuna epoca due meccanismi antagonistici di motivazioni si impongono: uno è oppressivo, nel senso sociologico del termine, e contamina tutti i settori dell’attività mentale, sovradeterminando al massimo le immagini e i simboli veicolati dalla moda, l’altro, al
297 Cfr. C. G. Jung, Inconscio, cit., p. 43. 298 E. Neumann, Psicologia, cit., p. 16.
299 N. Richard, "Feminismo, experiencia y representación" in Revista Iberoamericana, Vol. LXII, n. 176-
177, Luglio-Dicembre 1996, p. 737.
300 Cfr. E. Neumann, Grande Madre, cit., p. 294. 301 Cfr. Idem, Psicologia, cit., p. 47.
72
contrario, abbozzando una rivolta, un’opposizione dialettica, in seno al totalitarismo di un dato regime immaginario, suscita i simboli antagonistici”302.
L’emersione della Grande Madre e della coscienza matriarcale ad essa connessa sul finire del XIX secolo è da intendersi, quindi, come il ritorno del rimosso che minaccia l’assetto archetipico dominante303
nel corso di un processo di necessaria presa di coscienza di tutte quelle regioni dell’esperienza che la coscienza patriarcale da secoli aveva relegato nel silenzio della censura:
“La storia non sarebbe altro che una vasta ‘realizzazione simbolica’ delle aspirazioni archetipiche frustrate. Le proiezioni immaginarie e mitiche si coagulerebbero poco a poco, in imitazioni attive, in modi di vita che si codificano in concetti socializzati, solidificati in sistemi pedagogici che a loro volta frustrano gli altri regimi dell’aspirazione archetipica. Ciò spiegherebbe le diastoli e le sistoli della storia dell’immaginario […]. La dialettica delle epoche storiche si riduce dunque al duplice movimento, più o meno gravato di incidenti evenemenziali, del passaggio teorico da un regime d’immagini all’altro […]”304.
Avvalendosi di quello specifico processo di evocazione archetipica che Durand definisce come “il ritorno di Ermete", l'intermediario per antonomasia, la cultura di fine Ottocento fu ri-orientata e traghettata in una fase di transizione che dalle obsolete e riduttive concezioni tradizionali basate sull’ipertrofismo della coscienza patriarcale si aprirono ad una nuova maniera di intendere la riflessione sul mondo e sull'uomo. Per far sì che la cultura potesse accedere al nucleo numinoso di questo archetipo lunare-matriarcale fu necessario che
“[…] la questione stessa del senso non dipendesse più da un sistema di segni in grado di formularla in termini di verità o di errore, ma da un percorso di pensiero con il quale il soggetto possa fondare in modo sempre originale e ‘iniziatico’ la sua relazione con il mondo. Può esserci quindi una presenza riattualizzata di Ermete – il mediatore, l’ermeneuta – ovunque vi sia rinnovamento di senso, ovvero nel momento in cui una arcaicità originale riorienti un tragitto significativo, ne mediatizzi le pluralità costitutive, ne equilibri gli antagonismi"305.
Il dio lunare dei passaggi di stato, l’interprete306, “maestro di mediazioni e di
sintesi”307
, si attivò nell’inconscio collettivo per ri-orientare la coscienza durante quel delicato periodo di rinnovamento e metamorfosi epocale: "se il ‘cangiante Ermete’ viene invitato a fare da guida è perché, tra tutti gli dei, è il più bravo a legare e a sciogliere, a stabilire delle mediazioni tra l’anima (sempre singolare ma nondimeno
302 G. Durand, Strutture, cit., p. 479. 303 Cfr. E. Neumann, Fear, cit., p. 173. 304 G. Durand, Strutture, cit., p. 478. 305 F. Bonardel, Op.cit., pp. 131-132
306 Platone stesso, nel Cratilo, fa derivare il nome di Ermete da '.#<)'ύ/, ‘interprete’ (cfr. B. M.
Tordini Portogalli (a cura di), Corpo ermetico e Asclepio, Milano, SE, 1997, p. 153).
73 aperta al mondo) e l’universalità dei simboli e dei miti, tra il sacro e il profano”308.
Ancora citando Bonardel:
“Forse fu proprio per il fatto di aver costantemente affermato il suo desiderio di unità, che l’ermetismo fu chiamato a essere una risorsa in certi momenti di transizione della storia delle idee, durante i quali le filosofie, le scienze e le religioni rivelate furono in grado di ri-orientare l’uomo verso una speranza di salvezza e di rigenerazione spirituale che non passasse attraverso una qualche chiesa o un qualche sistema di conoscenze riconosciuto. Dovremmo vedere nelle metamorfosi di Ermete lungo i secoli la prova della sua abilità nel trattare – in modo diverso rispetto alle filosofie razionaliste – le relazioni sempre complesse tra l’Uno e il molteplice, tra la materia e lo spirito. Ermete forse non è altro che l’ermeneuta per eccellenza, colui che presiede a tutte le vere rinascite, a tutte le trasformazioni e le incarnazioni riuscite”309.
Il binomio archetipico matriarcale-ermetico indirizzò la collettività verso il superamento del piano materiale che era stato inteso fino a quel momento come unica realtà rilevante ed indagabile. Quest’ultimo non fu, però, negato o invalidato totalmente: si tentò, piuttosto, di affiancare ad esso la conoscenza di tutto ciò che potesse essere utile per cogliere la coesione relazionale esistente anche al di là della molteplicità delle espressioni fenomeniche. Trovando questo senso nascosto, interiore, e partecipandone, l’uomo avrebbe potuto giustificare, in esso, anche la propria stessa esistenza. Le alterazioni lungo l'asse che oppone la coscienza prometeico-patriarcale all’inconscio ermetico-matriarcale che avvennero nell'inconscio collettivo di fine Ottocento si tradussero in uno scontro di natura generazionale tra il mondo del Senex e la forza d'innovazione creatrice veicolata dal Puer Aeternus nella forma delle nuove generazioni di intellettuali. Il risultato di questo scontro generazionale (ed epocale) fu il raggiungimento del necessario equilibrio tra la cristallizzazione delle passate esperienze dell'umanità e la possibilità di utilizzare queste pregresse esperienze come un punto di partenza verso uno stadio evolutivo successivo della coscienza umana: “la compensazione è condizione necessaria per un rapporto produttivo tra l’Io e l’inconscio”310. Sommando, cioè,
l’affinamento intellettivo delle nuove generazioni allo studio ed alla manipolazione della materia celebrata dalla cultura precedente si sarebbe potuto operare in maniera congiunta per rapportarsi al reale in modo del tutto nuovo, tanto in senso materiale quanto spirituale311. A fine Ottocento, alla sapienza tecnologica andarono, così,
affiancandosi modalità altre del sapere, nel tentativo di completare la percezione umana del reale e di affrontare la gestione consapevole della stessa grazie allo
308 F. Bonardel, Op.cit., pp. 131-132 309 Ivi, pp. 15-17.
310 E. Neumann, Origini, cit., p. 334. 311 Cfr.A. Faivre, Ermes, cit., p.14.
74
slittamento verso la coscienza matriarcale; in essa è contenuto ciò che è definibile come cultura ermetica:
“[…]Ci pare di poter individuare una cultura ermetica se si presentano le caratteristiche seguenti: 1) la convinzione che esista un’energia vivificante e intelligente (consapevole) che permea ed è all’origine della manifestazione universale, e, in particolare di quel fenomeno che chiamano vita […]; 2) la credenza in una possibile forma di immortalità fisica dell’essere umano; 3) una rappresentazione del mondo, sottomesso ad una legge intangibile (fato, heimarmene, ecc.); 4) l’esistenza di una tecnologia metallurgica sufficientemente evoluta”312.
Anche Eco riflette sull'idea di una ‘semiosi ermetica’ che avrebbe “assunto forme riconoscibili e documentabili nei primi secoli dell’era cristiana, si è sviluppato in modo alquanto clandestino nel periodo medievale, ha trionfato con la scoperta umanistica degli scritti ermetici, si è fuso nella più ampia corrente dell’ermetismo rinascimentale e barocco, non è scomparso con l’affermarsi della scienza quantitativa galileiana ed è andato a fecondare le estetiche romantiche, l’occultismo ottocentesco e [...] molte teorie critiche contemporanee”313. Ermete rappresenta, cioè, “lo spirito di
una particolare formazione dell’esistenza che ritorna sempre e tra le più diverse condizioni. […] si può effettivamente parlare della figura di Hermes come di una ‘maniera’ che in pari tempo è un’idea”314
.
La riscoperta tendenza sincretico-matriarcale si estese gradualmente agli ambiti del pensiero più prettamente scientifici. Anche alcuni scienziati, in contrasto col positivismo di più stretta osservanza ed in sintonia con l’anti-intellettualismo degli