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Le strutture della propaganda

3.3 L’Italian Library of Information

La progressiva perdita di importanza dell’ufficio stampa della Italy-America Society non significava un disinteresse del regime e, nello specifico, dell’ambasciata di Washington per un organismo capace di svolgere un’opera di propaganda negli Stati Uniti. Il venir meno della cooperazione attiva della banca Morgan spingeva il fascismo a fare maggiore affidamento sugli enti gravitanti attorno alla comunità italo-americana. Questa, infatti, stava procedendo a una ristrutturazione del proprio associazionismo per far fronte alle difficoltà finanziarie prodotte dalla crisi economica. Molte società etniche confluivano all’interno dell’OSIA, impegnato nella sua campagna per coalizzare le varie comunità italo-americane del paese e rafforzare negli emigrati e nei loro discendenti lo spirito di italianità110. Nonostante l’OSIA appoggiasse apertamente il regime, esso non era un organismo alle dirette dipendenze di                                                                                                                

106 Cfr. G.G.MIGONE, Gli Stati Uniti e il fascismo, cit., 299-304, 309, 320-323. 107 Cfr. S.SANTORO, La propaganda fascista negli Stati Uniti, cit., p. 84.

108 Cfr. ACS, MCP, DGSP, Busta 219, fasc. I.68 Stati Uniti 1935 I parte, sf. I.68.32.5, Garabelli a Rosso, 12

agosto 1935 e 16 settembre 1935.

109 Cfr. ACS, MCP, DGSP, Busta 219, fasc. I.68 Stati Uniti 1935 I parte, sf. I.68.74, Guidi a De Peppo, 14

Aprile 1936.

Roma, ma una associazione autonoma le cui finalità erano in armonia con quelle perseguite dal fascismo. Altre organizzazioni usate dal governo italiano come strumenti di propaganda erano la Casa Italiana alla Columbia University, l’Italian Historical Society e la Società Dante Alighieri. Queste, tuttavia, operavano soprattutto nel campo della cultura e non potevano svolgere le funzioni proprie di un ufficio stampa.

Il governo fascista si trovava così sprovvisto di un effettivo organismo di propaganda proprio alla vigilia della guerra etiopica. Questa grave lacuna era evidenziata nella lunga relazione stilata da Bernardo Bergamaschi, un funzionario del ministero per la Stampa e propaganda inviato negli Stati Uniti nell’ottobre 1935 per valutare quali iniziative adottare per difendere gli interessi italiani nel difficile periodo del conflitto etiopico111. Analizzando gli orientamenti dell’opinione pubblica americana, Bergamaschi aveva individuato alcuni “punti di appoggio” su cui far leva per predisporre una “resistenza organizzata” a favore della causa italiana: le correnti isolazioniste presenti nel Congresso e nella stampa; alcuni ristretti settori del pubblico americano apertamente favorevoli all’Italia; le comunità italiane. Preso atto dell’esistenza di queste possibili leve, occorreva però predisporre una “base di appoggio all’azione di propaganda che potrà essere svolta attraverso le comunità italiane” e tale da “accentrare e valorizzare i consensi di quella parte di opinione pubblica americana a noi favorevole”. Tuttavia, la realizzazione di questo piano non era semplice,

perché implica problemi finanziari, di persone e di organizzazione; perché urta in pieno in talune difficoltà materiali; perché tocca da vicino uno tra i più spinosi problemi italo-americani: quello della propaganda italiana in America, anche fuori e al di là delle attuali contingenze, e implica la demolizione di vecchi sistemi, sui quali troppo si è camminato, non più rispondenti

alle attuali sempre crescenti necessità112.

A questo proposito, notava Bergamaschi, il conflitto etiopico “ci ha trovato in America quasi completamente impreparati”. All’infuori di alcuni citati organismi di specifico carattere culturale (in particolare la Casa Italiana alla Columbia University e la Dante Alighieri), le istituzioni preesistenti, quali la Italy-America Society e la Italian Historical Society perseguivano solo scopi parziali e non erano dotate di mezzi sufficienti per svolgere un’effettiva opera di propaganda. Al di fuori della comunità italo-americana, un’azione propagandistica era svolta dalle ditte e dagli enti turistici italiani (in particolare l’Italian Line), ma si trattava di un advertising puramente commerciale. Di fronte a questa situazione, Bergamaschi affermava:

quel che manca è la propaganda intesa come azione tecnicamente organizzata, strettamente rispondente alle peculiari necessità locali (e non informata a schemi aprioristici troppo spesso stridenti con quelle necessità) per la sistematica e continua difesa, illustrazione, irradiazione del

pensiero, della realtà, delle ragioni italiane113.

Il problema della propaganda, quindi, non poteva essere trattato solo dal punto di vista culturale e commerciale, poiché era un problema essenzialmente politico. Inoltre, l’azione di propaganda, pur avendo nelle comunità italiane il suo fulcro, non doveva indirizzarsi                                                                                                                

111 Cfr. ACS, MCP, Reports, Busta 9, fasc. 101, Bergamaschi, Relazione a S.E. il ministro, 18 ottobre 1935. 112 Ibidem.

unicamente agli emigrati e ai loro figli, ma doveva piuttosto rivolgersi agli americani; sia perché la loro opinione contribuiva a determinare quella degli italo-americani, sia perché essi costituivano un importante “campo da coltivare” per stimolare le relazioni commerciali e i flussi turistici. Del resto, gli stessi italo-americani si stavano progressivamente americanizzando, perciò era inutile continuare a utilizzare gli ormai logori appelli alla preservazione di una italianità integrale. Il fatto che le nuove generazioni non parlassero più la lingua italiana non rifletteva necessariamente un minor spirito d’italianità. Al contrario, i giovani italo-americani davano prova, proprio durante il conflitto etiopico, della loro solidarietà con la patria d’origine114.

Ciò che serviva era un linguaggio nuovo e accattivante, espressione di quella società di massa e dei suoi moderni mezzi di comunicazione che rappresentavano l’ambiente in mezzo al quale gli italo-americani vivevano e dal quale erano fortemente influenzati115. A questo proposito, Bergamaschi aveva chiesto la consulenza di una delle più importanti agenzie pubblicitarie di New York, la Wendell P. Colton Company, la quale aveva stilato un piano

“for further promoting American good will toward Italy in general, and toward her tourist and commercial interest in particular”116. La società così definiva il piano:

It is not a crude publicity scheme which might cause future embarrassment to the Italian Government, similar to the Senatorial investigation of the German Government’s paid publicity representative in the United States last year. It is not a “propaganda” campaign in the accepted

sense of the word117.

Esso mirava a coordinare e combinare la tremendous force dei principali e più moderni mezzi di comunicazione di massa – stampa, cinematografia, radio – per produrre una reazione favorevole dell’opinione pubblica americana verso l’Italia. La relazione esordiva affermando che per molti anni il governo italiano “enjoyed a highly favorable position in the minds of the

American people”. Tuttavia, gran parte di questo consenso era scemato a causa della guerra

d’Etiopia perché, era scritto nel rapporto, il pubblico americano non aveva compreso il problema coloniale italiano. Per mutare questo orientamento sfavorevole, era necessario, quindi, presentare l’attuale conflitto come un’impresa di sviluppo coloniale. A tal fine, i pubblicitari della Wendell P. Colton consigliavano di dare particolare enfasi ai benefici apportati dal governo italiano alle sue colonie di Tripoli e Rodi e, in generale, di mostrare i                                                                                                                

114 Cfr. Ibidem. 115 Cfr. Ibidem.

116 Cfr. ACS, MCP, Reports, Busta 9, fasc. 101, Wendell P. Colton Company, A plan for promoting favorable

public opinion for Italy in America.

La Wendell P. Colton non era la prima agenzia pubblicitaria a proporre un piano per migliorare l’immagine dell’Italia presso il pubblico americano. Nel 1925, un progetto simile era stato proposto a Caetani e, in seguito, a De Martino da un’altra società di New York, la Hazard Advertising Corporation. In esso, la ditta illustrava una

“very comprehensive advertising campaign”, svolta attraverso la pubblicazione di articoli e foto su giornali e

riviste, la proiezione di pellicole cinematografiche e la diffusione di messaggi radiofonici. Finalizzato soprattutto a incrementare le relazioni commerciali e i flussi turistici verso l’Italia, il piano prevedeva di far conoscere agli americani, oltre alle tradizionali bellezze naturali e culturali della penisola, gli aspetti più moderni della vita italiana e i progressi economici e industriali realizzati dal paese sotto il governo fascista. Cfr. ASMAE, AW 1925-1940, Busta 60, fasc. 601, Hazard Advertising Corporation, Plan to procure publicity for Italy.

117 ACS, MCP, Reports, Busta 9, fasc. 101, Wendell P. Colton Company, A plan for promoting favorable public

progressi realizzati dall’Italia nel campo economico, nei servizi sociali, nelle scienze e nell’industria sotto il regime fascista. Questo risultato poteva essere raggiunto attraverso molte iniziative: pubblicare dati e statistiche; invitare giornalisti e uomini d’affari americani a visitare l’Italia e le sue colonie per prendere atto direttamente delle grandi realizzazioni del regime; diffondere messaggi radio di importanti personalità italiane molto note in America, come ad esempio Guglielmo Marconi; e, infine, utilizzare pellicole cinematografiche e materiale fotografico per mostrare le attrattive turistiche della penisola e gli aspetti moderni della vita italiana. Per mettere in atto questo piano, la Wendell P. Colton formulava un preventivo di 200 mila dollari. Più difficile da determinare era, invece, la durata della campagna pubblicitaria che sarebbe dipesa molto dalle condizioni internazionali e dai loro effetti sull’opinione pubblica americana118.

L’idea di Bergamaschi, quindi, era di ricorrere alle moderne strategie di marketing elaborate dalla Wendell P. Colton per integrare il tradizionale progetto dell’ambasciata di organizzare gli italo-americani in un influente blocco politico-elettorale. Per fare ciò, tuttavia, occorreva avere una base operativa, di un ufficio incaricato di coordinare le iniziative tese a promuovere l’immagine dell’Italia negli Stati Uniti. Bergamaschi individuava nella recentemente costituita Unione Italiana d’America lo strumento idoneo per svolgere questo lavoro119. Fin dallo scioglimento della FLNA nel 1929, che aveva dimostrato l’inevitabile

insuccesso di qualsiasi tentativo diretto a fascistizzare gli italo-americani a causa della ferma opposizione delle autorità locali, era stata avvertita la necessità di creare a un organismo che, privo di un marcato carattere politico, riuscisse a coordinare e indirizzare le attività delle comunità italiane per difendere gli interessi nazionali in America. Nel febbraio 1935, la Direzione generale degli italiani all’estero aveva elaborato un progetto per la costituzione di una Unione Littoria Italo-Americana, finalizzata a rispondere a queste esigenze e organizzata con un comitato centrale a New York e sedi periferiche nei principali centri del paese120. L’iniziativa era stata inizialmente abbandonata, avendo l’ambasciata a Washington espresso i propri timori in merito alle possibili negative reazioni americane verso qualsiasi attività diretta a fare opera di propaganda121. In seguito, messo da parte l’aggettivo “Littoria”, era

stato deciso di porre le basi per una nuova Unione Italiana d’America, al di sopra di ogni sospetto sia per gli obiettivi assegnati sia per le persone chiamate a dirigerla. Il compito principale della nuova organizzazione era di

                                                                                                               

118 Cfr. Ibidem.

119 Sull’Unione Italiana d’America e la successiva Italian Library of Information cfr. S.LUCONI,G.TINTORI,

L’ombra lunga del fascio, cit., pp. 33-60.

120 Cfr. ASMAE, AP 1931-1945, Stati Uniti, Busta 28, fasc. 9, Pro-memoria sull’Unione Italo-Americana, senza

data [1935].

121 In questa circostanza la prudenza dell’ambasciata era condivisa anche da Piero Parini, direttore della

Direzione generale degli italiani all’estero, che suggeriva di eliminare l’aggettivo “Littoria” dal nome dell’associazione per evitare le prevedibili polemiche. Egli però era contrario ad abbandonare del tutto il progetto, il cui obiettivo doveva essere: “Creare cellule, intellettuali che siano esempio di un apporto di spirito e di mente della nostra razza all’America; esaltare le masse italiane per il grande lavoro da esse dato all’America; formare intorno ai Consolati un ambiente italo americano meno pedestre e sciatto dell’attuale. In altri termini bisogna dare alle masse italiane che stanno diventando con ritmo accelerato, parte integrante della popolazione americana una cordiale ma sempre più platonica attestazione di simpatia e curare la formazione di élites”. Cfr. ACS, MCP, DGSP, Busta 220, fasc. I.68 Stati Uniti 1935 II parte, sf. I.68.7, Parini a Rosso, 11 marzo 1935.

colmare l’abisso che ormai separava la generazione dei vecchi emigrati dalla gioventù italo- americana nata negli Stati Uniti che per il grado di evoluzione intellettuale raggiunto e per la tendenza a elevarsi socialmente emancipandosi dall’ambiente modesto in cui era cresciuta, non poteva essere acquisita all’Italia che attraverso un’opera intelligente e lenta di riconquista

spirituale122.

L’Unione Italiana d’America iniziava ufficialmente la sua attività il 18 luglio 1935. A dirigerla erano Ugo Veniero D’Annunzio, come presidente, ed Eugenio Casagrande di Villaviera, che ricopriva la carica di segretario generale123. Figlio del noto poeta Gabriele, Ugo Veniero D’Annunzio si era laureato in ingegneria meccanica e, dopo aver preso parte alla prima guerra mondiale, aveva trascorso molti anni in America, prima come rappresentante di automobili per la Isotta-Fraschini a New York, poi come vice-presidente dell’American Aeronautical Corporation e, infine, come consulente della Bellanca Aircraft

Corporation124. Già in passato egli era stato impegnato in un’azione di propaganda quando,

tra il settembre e il dicembre 1920, si era adoperato per promuovere la causa fiumana in America125. Ora era chiamato a dirigere un organismo il cui scopo era, in generale, quello di svolgere una energica azione “per una maggiore comprensione reciproca dei due Paesi e per la valorizzazione dell’Italia fascista di fronte alla pubblica opinione degli Stati Uniti”; in particolare, doveva “far sentire il peso della massa dei nostri connazionali qui residenti nell’atteggiamento dell’America di fronte al conflitto italo-etiopico”126. Pertanto, l’attività di D’Annunzio e di Casagrande era finalizzata soprattutto a mobilitare gli elettori italo- americani, chiamati a svolgere un’azione di lobbying sul Congresso per impedire l’approvazione di leggi potenzialmente nocive degli interessi dell’Italia. Questo scopo era ben espresso, sebbene temperato dal continuo richiamo alla lealtà verso le istituzioni democratiche americane, in un appello rivolto dall’Unione Italiana d’America agli italo-americani:

Il contributo enorme dato da nostra gente alla scoperta, all’indipendenza e allo sviluppo di questo Paese; il nostro provato lealismo verso la grande nazioni di cui facciamo parte; la nostra indiscussa fedeltà alle istituzioni americane, ci conferiscono il diritto e il dovere di partecipare sempre più largamente alla vita pubblica di questo paese di far sentire la nostra voce, chiara, squillante, e soprattutto sincera, nei consensi che dirigono le sorti del più potente e del più equanime tra i paesi del mondo. Non unicamente nell’odierna crisi internazionale, ma in ogni e qualsiasi evenienza, noi abbiamo il sacrosanto diritto di impostare sul nostro lealismo e sul nostro contributo la questione del prestigio del nostro buon nome e della nostra importanza nei riguardi del paese di cui siamo parte così importante. E ciò spiga il nostro logico interessamento al mantenimento delle buone relazioni tra la nostra Terra d’origine e la nostra Patria d’adozione. Per poter realmente contare dobbiamo fondere e unificare le nostre forze finora disorganizzate, collegarle in un unico blocco granitico contro il quale s’infrangeranno invano gli assalti di coloro che vorrebbero vederci di nuovo disuniti e impotenti. […]. Iniziato il movimento, ottenuta la risposta entusiastica della massa è venuto il momento di formare le file,

                                                                                                               

122 ASMAE, AP 1931-1945, Stati Uniti, Busta 28, fasc. 9, Pro-memoria sull’Unione Italo-Americana, senza

data.

123 Cfr. Un’azione degli Italiani d’America, in «Corriere della Sera», 19 luglio 1935.

124 Sulla figura di U.V. D’Annunzio cfr. G.D’ANNUNZIO, Carteggio inedito con il figlio Veniero (1917-1937), a

cura di M.G.DI PAOLO, Mursia, Milano, 1994, pp. 111-113.

125 Cfr. Ivi, pp. 8-9.

d’inquadrarsi. […] Camerati! Da tutti gli Stati d’America questa nostra massa generosa e magnifica, che finora non era stata che “un gigante bendato”, si muove con slancio irresistibile,

conscia del suo diritto, del suo dovere, della sua forza127.

Molto abilmente, D’Annunzio non si appellava ai sentimenti nazionalistici o nostalgici verso la patria d’origine, ma al mantenimento di buone relazioni tra questa e gli Stati Uniti. Le sue parole si concentravano sul ruolo degli italo-americani nella società americana, sul loro contributo al progresso del paese e sulle loro prospettive future nell’ambito della patria d’adozione.

I risultati ottenuti da D’Annunzio erano subito soddisfacenti e lo stesso Mussolini esprimeva il suo compiacimento, invitando l’ambasciata a dare tutto il suo appoggio all’iniziativa128. In breve tempo D’Annunzio riusciva a far aderire centinaia di associazioni coloniali al programma dell’Unione Italiana d’America che, così, arrivava a rappresentare una massa di 400 mila italo-americani129. Il successo dell’impresa era dovuto, oltre che alle personali doti di D’Annunzio, al carattere apolitico che egli aveva dato all’azione della società. Questa decisione, tuttavia, non aveva mancato di suscitare alcune polemiche da parte dei fascisti più intransigenti. Infatti, Pietro Pupino Carbonelli, fiduciario della Segreteria generale dei fasci all’estero per l’America del Nord, aveva lamentato l’apoliticità e l’assoluta mancanza di spirito fascista mostrati dall’Unione nello svolgere la sua attività. A queste accuse, D’Annunzio aveva replicato definendole infondate e riaffermando che lo scopo dell’organizzazione era di svolgere una sana opera d’italianità senza destare i sospetti delle autorità locali130. Un’azione politica di stampo fascista, necessariamente in conflitto con i valori della democrazia americana, avrebbe solo suscitato la diffidenza e la preoccupazione degli italo-americani. Per guadagnare il loro sostegno era indispensabile, invece, non mettere in alcun modo in contrasto il legame con la patria d’origine con la lealtà al paese d’adozione. Solo seguendo questa linea guida, l’Unione Italiana d’America era riuscita, durante la discussione al Congresso per il rinnovo del Neutrality Act, a mobilitare diverse centinaia di associazioni per l’approvazione di una risoluzione favorevole al rinnovo della legge vigente. Un indirizzo prontamente fatto proprio da parlamentari e funzionari dell’amministrazione centrale, preoccupati di non perdere il sostegno degli elettori italo-americani131.

Oltre a creare una sorta di federazione dell’associazionismo italo-americano, l’Unione Italiana d’America si impegnava anche in una vera e propria campagna propagandistica per difendere il punto di vista nazionale durante il conflitto italo-etiopico attraverso la stampa, la

                                                                                                               

127 Un appello agli Italiani dell’Unione Italiana d’America, in «Il Progresso Italo-Americano», 25 febbraio

1936.

128 Cfr. ASMAE, AP 1931-1945, Stati Uniti, Busta 23, fasc. 2, sf. 47, Mussolini a Rosso, 1 settembre 1935. 129 Cfr. ACS. MCP, Reports, Busta 9, fasc. 101, D’Annunzio a Bergamaschi, 4 ottobre 1935.

130 Cfr. ASMAE, AP 1931-1945, Stati Uniti, Busta 28, fasc. 9, Pro-memoria sull’Unione Italo-Americana, senza

data.

131 Nel testo della risoluzione era scritto: “We loyal American citizens who are interested in the welfare of

America, request the members of the Congress to be cautious in voting on the new pending neutrality legislation, and do hereby urge each and every member of Congress that, if there exists a real desire to protect the interests of the American nation, to then reenact the neutrality legislation which is now in full force and effect”. Cfr.

ACS, MCP, DGSP, Busta 219, fasc. I.68 Stati Uniti 1935 I parte, sf. I.68.69, Resolution regarding proposed

pubblicazione di opuscoli e l’organizzazione di conferenze illustrative132. Tuttavia, la sua azione era frenata dall’esiguità dei fondi a disposizione133; una cogente difficoltà rilevata da Bergamaschi, il quale proponeva di trasformare l’organismo diretto da D’Annunzio in una vera e propria centrale propagandistica fascista in America. L’Unione Italiana d’America, in breve, pur preservando il suo nome, doveva essere assorbita nei quadri della Dante Alighieri che, opportunamente rafforzata e valorizzata, sarebbe dovuta andare oltre i suoi tradizionali compiti culturali e linguistici. Inoltre, occorreva fornire all’Unione gli strumenti adatti per svolgere la propria azione propagandistica nei confronti del pubblico americano. A questo proposito, Bergamaschi avanzava una serie di proposte: l’acquisto di una stazione radiofonica che, posta sotto il diretto controllo del governo italiano, sarebbe stata un indispensabile canale per tutte le comunicazioni radiofoniche dall’Italia; un contratto pubblicitario con la Wendell

P. Colton Company; accordi con ditte americane per lo scambio di film di attualità italiani da

proiettare in America; l’unificazione di tutte le attività pubblicitarie delle società italiane, statali o parastatali, presenti a New York. Infine, data la molteplicità delle attività propagandistiche, Bergamaschi suggeriva di istituire un “Consigliere per la Stampa” presso l’ambasciata, il quale doveva controllare e coordinare i vari servizi di propaganda e curare i contatti tra il nuovo organismo, Washington e Roma. Il costo dell’intera operazione era di 325 mila dollari, 80 mila dei quali servivano per acquistare la stazione radiofonica134.

In realtà, il preventivo fissato da Bergamaschi era stato stabilito dallo stesso D’Annunzio. Questi, infatti, aveva incontrato il funzionario del ministero e gli aveva illustrato un suo