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L’odierno doppio binario francese di fronte al Conseil constitutionnel

Essendo stata nel 2008 ufficialmente portata a compimento la «conversione della Francia al doppio binario»148, la questione della legittimità costituzionale delle misure di sicurezza detentive si è posta in primo piano in un ordinamento come quello francese dove la giurisprudenza costituzionale non aveva ancora dovuto confrontarsi con questa tematica. Il diritto penale francese in effetti, è bene ricordarlo in questa sede, aveva sì conosciuto una misura di sicurezza a carattere custodiale (a ben vedere, a carattere custodiale e coloniale), la relégation introdotta nel 1885 e rivolta ai soggetti plurirecidivi149, ma questa non fu mai oggetto di una specifica riflessione da parte del Conseil constitutionnel. Questo per due ragioni principali: in primo luogo per il fatto che la relégation, sebbene presentasse tutti i caratteri distintivi delle misure di sicurezza e fosse considerata tale da un’ampia parte della dottrina più autorevole, era qualificata sul piano formale come pena complementare, essendo la categoria delle misure di sicurezza sconosciuta alla dogmatica del diritto penale francese150.

In secondo luogo, ciò fu dovuto alla circostanza sopra descritta relativa alla peculiare evoluzione che ebbe il diritto costituzionale in questo paese, ove la costituzione della V repubblica fu in un primo momento considerata esclusivamente come la fonte dei principi regolatori il funzionamento delle istituzioni statuali151; la Costituzione del 1958 infatti, che tra le altre cose istituì il Conseil constitutionnel, contiene soltanto le norme relative all’ordinamento della Repubblica mentre non presenta una parte che, analogamente a quanto fa la costituzione italiana nella parte prima, enunci i principi fondamentali dell’ordinamento e sancisca i diritti e doveri dei cittadini, in generale ed in materia di diritto penale. L’enunciazione costituzionale dei principi fondamentali del diritto penale avvenne in Francia a partire dagli anni settanta quando il Conseil constitutionnel creò il c.d. «bloc de constitutionnalité» attribuendo valore costituzionale ai testi cui il preambolo della costituzione del 1958 fa espresso rinvio, tra i quali in particolare rileva la Déclaration des Droit de

148 M. PELISSERO, Il controllo dell’autore imputabile pericoloso nella prospettiva comparata. La rinascita delle misure di sicurezza custodiali, 2011, in Diritto Penale Contemporaneo – www.penalecontemporaneo.it.

149 Cfr. supra, cap. II, par. 1.1.

150 Cfr. supra, cap. II, par. 3.

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l’homme et du citoyen del 1789 che contiene numerose norme che enunciano diritti e

libertà fondamentali dell’individuo con specifico riferimento alla materia penale152. Il Conseil constitutionnel quindi non si era mai trovato a doversi pronunciare sulla legittimità costituzionale delle misure di sicurezza detentive; ciò fino al 2008, momento in cui il doppio binario, nella sua accezione più stretta, fece ingresso nel diritto penale francese, con l’introduzione della rétention de sûreté, misura di sicurezza detentiva rivolta ad autori di reato pienamente imputabili nei confronti dei quali trova applicazione in seguito ed in aggiunta alla pena detentiva 153.

3.1. La decisione n° 2008-562 DC.

All’indomani dell’approvazione della legge sulla rétention de sûreté avvenuta l’8 febbraio 2008 da parte del parlamento, con procedura d’urgenza, il Conseil

constitutionnel fu investito della questione di costituzionalità della medesima legge a

seguito della proposizione di due ricorsi parlamentari, provenienti uno da alcuni membri dell’Assemblea Nazionale e l’altro da alcuni senatori, e di una serie di ricorsi informali proposti dal sindacato della magistratura, da giuristi appartenenti all’ambiente universitario e forense ed infine dalla società civile che presentò una petizione popolare sostenta da migliaia di firmatari contro l’introduzione della

rétention de sûreté154. Deputati e senatori proposero due ricorsi distinti anche se in gran parte identici nel contenuto.

Il ricorso proveniente dai deputati dell’Assemblea Nazionale asseriva innanzitutto che l’introduzione della rétention de sûreté fosse incostituzionale perché in contrasto con il principio di colpevolezza, principio fondamentale del diritto penale francese, di rango costituzionale, il quale postula che un individuo possa essere privato della libertà personale solo in ragione della commissione di un fatto di reato proprio e colpevole155. Il Conseil constitutionnel ha in effetti attribuito valore di

152 Cfr. supra, cap. IV, par. 2.

153 Cfr. supra, cap. III, par. 2.2.

154 C. LAZERGES, La rétention de sûreté: le malaise du Conseil constitutionnel, in RSC, 2008, p. 731.

155 Saisine par 60 députés – 2008-562 DC, in http://www.conseil-constitutionnel.fr/conseil-

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principio costituzionale al principio di colpevolezza facendolo discendere dal combinato disposto degli articoli 8 e 9 della Déclaration des droits de l’homme et du

citoyen: lo ha fatto nella decisione n° 99-411 DC del 16 giugno 1999, affermando

che “la culpabilité ne saurait résulter de la seule imputabilité matérielle d'actes

pénalement sanctionnés; qu'en conséquence […]la définition d'une incrimination, en matière délictuelle, doit inclure, outre l'élément matériel de l'infraction, l'élément moral, intentionnel ou non, de celle-ci”156, e lo ha ribadito nella decisione n° 2003-467 DC del 13 marzo 2003157. In tal modo il Consiglio costituzionale ha affermato che il principio generale del diritto penale, enunciato all’art. 121-3 del codice penale, secondo cui «il n'y a point de crime ou de délit sans intention de le commettre», costituisce un principio di rango costituzionale158.

I ricorrenti affermavano che nel caso di specie non vi fosse né l’elemento materiale né l’elemento morale del reato e che dunque il principio fondamentale del diritto penale francese - “celui de l’absence de détention dans le cas où il n’y a pas

d’infraction”159 - venisse brutalmente disconosciuto dalla rétention de sûreté che, privando della libertà personale uomini e donne, già condannati e puniti, per prevenire «un crime virtuel»160 che questi sarebbero portati a compiere in ragione della loro pericolosità in maniera del tutto indipendente dalla loro volontà, costituirebbe quindi un’ipotesi di detenzione arbitraria come tale in contrasto con l’art. 66 della costituzione.

La questione centrale sollevata dai ricorrenti era poi quella concernente la natura giuridica dell’istituto dalla quale dipenderebbe la legittimità di profili sostanziali della disciplina della rétention: in effetti, si tratterebbe di stabilire se questa sanzione rappresenti una sanzione a carattere repressivo o invece una misura di sicurezza di carattere esclusivamente preventivo perché nel primo caso ad essa

156 Conseil constitutionnel, 16 juin 1999 n° 99-411 DC, considerant 16; Saisine par 60 députés – 2008-562 DC “cit.”.

157 J.-H. ROBERT, La punition selon le Conseil constitutionnel, in Cahiers du Conseil constitutionnel n° 26 (Dossier: La Constitution et le droit pénal), août 2009.

158 J.-H. ROBERT, La punition selon le Conseil constitutionnel, in Cahiers du Conseil constitutionnel n° 26 (Dossier: La Constitution et le droit pénal), août 2009.

159 Saisine par 60 députés – 2008-562 DC, in http://www.conseil-constitutionnel.fr/conseil-

constitutionnel/francais/les-decisions/acces-par-date/decisions-depuis-1959/2008/2008-562-dc/saisine-par-60-deputes.101673.html.

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sarebbero applicabili tutte le garanzie previste dall’art. 8 della Déclaration des droits

de l’homme et du citoyen, e cioè i principi di legalità e di necessità delle pene,

mentre nel secondo caso sarebbero applicabili le sole garanzie derivanti dall’art. 9 della stessa dichiarazione, costituite dal principio della presunzione di innocenza e della necessità dei provvedimenti di carcerazione preventiva.

I deputati sostenevano la natura repressiva della rétention de sûreté, che rappresenterebbe inequivocabilmente una pena, in ragione del suo contenuto privativo della libertà personale, affermando dunque che per il solo fatto che tale misura si concreti in una privazione della libertà personale, essa consista in una pena; di qui, l’applicabilità della garanzie previste dalla Déclaration del 1789 all’art. 8. La

rétention de sûreté ed in particolare l’aspetto della disciplina che la vede applicabile

in modo retroattivo sarebbero non conformi alla costituzione per contrasto con il principio di legalità sancito dall’art. 8 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino e con il principio di necessità delle pene previsto allo stesso articolo, in quanto costituirebbe una pena non necessaria161.

I senatori dell’opposizione proposero dal canto loro un ricorso fondato su motivi in gran parte coincidenti con quelli già sollevati dai membri dell’Assemblea Nazionale, ponendo anch’essi a fondamento dell’asserita incostituzionalità della

rétention de sûreté la questione relativa alla sua natura giuridica: per il solo fatto di

essere una misura privativa della libertà personale la rétention non può essere qualificata come misura di sicurezza162. Essa costituisce una pena in quanto, consistendo in una privazione della libertà, il suo carattere punitivo è evidente; né tantomeno potrebbe essere considerata una modalità di esecuzione della pena, come era stato invece sostenuto a proposito della surveillance judiciaire, in quanto comporta una privazione della libertà personale del tutto autonoma e distinta rispetto a quella derivante dalla pena detentiva, già espiata, per il reato commesso163. In questo modo secondo i ricorrenti la rétention configurerebbe «une peine prononcée

161 C. LAZERGES, La rétention de sûreté: le malaise du Conseil constitutionnel “cit.”, p. 733.

162 Saisine par 60 sénateurs – 2008-562 DC, in http://www.conseil-constitutionnel.fr/conseil-

constitutionnel/francais/les-decisions/acces-par-date/decisions-depuis-1959/2008/2008-562-dc/saisine-par-60-senateurs.101674.html.

199 pour une infraction qui n’a pas été commise, puisque hypothétique»164, ciò che rappresenterebbe un’aperta violazione del principio di legalità e del principio di necessità delle pene. Altresì centrale era la critica rivolta alla stessa nozione di pericolosità che si presenta come imprecisa e che, non potendo essere oggetto di una valutazione certa, non potrebbe in alcun modo costituire il fondamento e la giustificazione di una sì grave privazione della libertà, indeterminata nella durata e potenzialmente perpetua165; quest’ultima potendo essere rinnovata indefinitamente sulla sola base di una probabilità di recidiva rappresenterebbe una violazione manifesta del principio di proporzione.

Furono inoltre proposti due ricorsi informali al Conseil constitutionnel provenienti uno dal syndicat de la magistrature (corrispondente all’Associazione Nazionale Magistrati italiana) e l’altro da alcuni giuristi appartenenti all’ambiente universitario e forense, sotto la forma di una lettera aperta indirizzata ai membri del Consiglio costituzionale. Questi due ricorsi contestavano innanzitutto l’incostituzionalità della procedura d’urgenza con cui fu approvata la legge, denunciandone l’insussistenza dei presupposti giustificativi di nel caso di specie e, più in generale, l’incostituzionalità dell’utilizzo generalizzato di tale procedura, laddove invece questa dovrebbe essere utilizzata solo in situazioni di carattere eccezionale166.

Per quanto concerne le censure di carattere sostanziale mosse all’istituto in esame, la questione sollevata era ancora una volta imperniata sul problema della natura giuridica della rétention: per i membri della magistratura non vi è alcun dubbio che questa sanzione rappresenti una pena nel senso stretto del termine, come risulta evidente dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo in materia la quale adotta una nozione sostanziale di reato e pena ed individua come indici del carattere punitivo di una sanzione, tra gli altri, la natura e la gravità del suo contenuto ed il fatto che sia pronunciata da un giudice penale, affermando che laddove una sanzione conduca ad una privazione della libertà personale tanto grave

164 C. LAZERGES, La rétention de sûreté: le malaise du Conseil constitutionnel “cit.”, p. 734.

165 C. LAZERGES, La rétention de sûreté: le malaise du Conseil constitutionnel “cit.”, p. 735.

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da svolgere anche una funzione repressiva essa costituisca una pena ai sensi dell’art. 7 della Convenzione.

La qualificazione giuridica della rétention come pena sarebbe poi richiesta anche dalla precedente giurisprudenza del Conseil il quale, con la decisione n° 87-237 DC del 30 dicembre 1987, ha affermato l’applicabilità delle garanzie previste in materia di pene dall’articolo 8 della Déclaration des droits de l’homme (in particolare dei principi di necessità e proporzionalità della pena e del principio di legalità e di irretroattività) a tutte le sanzioni non espressamente qualificate come pene aventi «le

caractère d’une punition»167, anche se pronunciate da un’autorità non giudiziaria168. Essendo quindi indubbia la natura di pena della rétention de sûreté per la sua natura privativa della libertà personale, veniva affermato che la sua introduzione, a prescindere dalla sua applicazione retroattiva, avrebbe costituito una grave violazione dei principi fondamentali del diritto penale francese, a cominciare dal principio di legalità. Affermavano inoltre i membri del syndicat de la magistrature che anche laddove la rétention non costituisse una pena in senso stretto, rappresenterebbe in ogni caso una sanzione ed in quanto tale dovrebbe necessariamente essere determinata nella durata, “sauf à revenir à la logique des

positivistes qui n’est pas celle de la Déclaration de 1789, ni celle de notre droit pénal”169.

I medesimi rilievi furono mossi dai giuristi firmatari della lettera indirizzata al

Conseil, i quali sottolinearono inoltre come la rétention de sûreté non potrebbe in

alcun modo essere qualificata come misura di sicurezza in ragione del fatto che tale categoria di sanzioni penali sia assente dal codice penale del 1992 in quanto il legislatore si rifiutò espressamente di sancirne l’esistenza. Volendo procedere ad una tale qualificazione giuridica il legislatore dovrebbe procedere ad «une réécriture

167 J.-H. ROBERT, La punition selon le Conseil constitutionnel, in Cahiers du Conseil constitutionnel n° 26 (Dossier: La Constitution et le droit pénal), août 2009; C. LAZERGES, La rétention de sûreté: le malaise du Conseil constitutionnel “cit.”, p. 736.

168 J.-H. ROBERT, La punition selon le Conseil constitutionnel “cit.”; Conseil constitutionnel, 30 Décembre 1987 n° 87-237 DC, considerant 15: “Considérant que le principe ainsi énoncé ne concerne pas seulement les peines prononcées par les juridictions répressives mais s'étend à toute sanction ayant le caractère d'une punition même si le législateur a laissé le soin de la prononcer à une autorité de nature non judiciaire”.