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La ricerca della legittimazione delle misure di sicurezza alla luce della

2. Il rinnovo della riflessione sul sistema del doppio binario nel secondo dopoguerra

2.2. La ricerca della legittimazione delle misure di sicurezza alla luce della

Dopo aver preso atto dei motivi che determinarono la crisi del sistema del doppio binario nel suo complesso ed essendo “divenuta la Costituzione una «realtà

60 E. MUSCO, La misura di sicurezza detentiva “cit.”, p. 192.

61 E. MUSCO, La misura di sicurezza detentiva “cit.”, p. 192.

62 E. MUSCO, La misura di sicurezza detentiva “cit.”, p. 193.

63 E. MUSCO, La misura di sicurezza detentiva “cit.”, p. 194.

64 E. MUSCO, La misura di sicurezza detentiva “cit.”, p. 194.

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concreta» nell’esperienza normativa”66, la dottrina giunse ad affrontare il problema del fondamento della misura di sicurezza e della sua legittimazione sostanziale alla luce dei principi costituzionali. Si trattava in definitiva di cercare nelle norme della costituzione una risposta alle originarie questioni, affrontate dalla dottrina alla fine del diciannovesimo secolo, che avevano determinato la nascita delle misure di sicurezza detentive e quindi del sistema del doppio binario67; tali questioni erano costituite in particolare dalla disputa sull’esistenza e sulla rilevanza penale del libero arbitrio, sulla funzione della pena e sul suo fondamento e dunque, in altri termini, sulle sorti del principio di colpevolezza68.

Il terreno per questa riflessione complessiva sul doppio binario fu preparato, come si è anticipato sopra, attraverso alcune elaborazioni dottrinali circoscritte all’analisi di alcuni aspetti soltanto della disciplina delle misure di sicurezza: si fa riferimento in particolare, per quanto riguarda il panorama italiano, all’analisi dell’illustre costituzionalista, Carlo Esposito, il quale esaminò la legittimità costituzionale della misure di sicurezza con riferimento alle disposizioni dell’art. 25 commi 2 e 3 della costituzione italiana che, se in relazione alle pene sanciscono il principio di legalità con espressa previsione del principio di irretroattività affermando letteralmente che «nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso», in relazione alle misure di sicurezza enunciano il solo principio di legalità disponendo che «nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge».

Partendo dalla mancata previsione espressa del divieto di retroattività per le misure di sicurezza l’Esposito di domanda se “sia lecito al legislatore ordinario applicare ai delinquenti una misure di sicurezza non prevista al momento della commissione del fatto”69: rilevando come in tal caso l’efficacia pratica del principio di irretroattività della legge penale potrebbe essere in sostanza elisa perché al legislatore sarebbe possibile introdurre pene retroattive configurandole come misure di sicurezza, egli sostenne in conclusione l’opportunità di riformare il diritto vigente in senso conforme all’insieme dei principi costituzionali, e con riferimento specifico

66 E. MUSCO, La misura di sicurezza detentiva “cit.”, p. 197.

67 E. MUSCO, La misura di sicurezza detentiva “cit.”, p. 228.

68 E. MUSCO, La misura di sicurezza detentiva “cit.”, p. 203.

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al sistema del doppio binario sostenne l’eliminazione delle misure di sicurezza a carico degli imputabili70.

Anche in Germania sorsero alcuni orientamenti dottrinali che, analogamente a quelli italiani, erano volti ad un ripensamento dell’istituto delle misure di sicurezza con riferimento alle norme costituzionali71: Hellmuth Mayer e Karl Alfred Hall negarono la conformità del fondamento giuridico della misura di sicurezza detentiva, individuato nella necessità di assicurare la difesa sociale, al principio sancito dall’art. 1 della costituzione secondo il quale «la dignità dell’uomo è intangibile», in quanto questa “sacrifica[ndo] la libertà della persona all’utilità generale […] abbassa l’uomo a mero oggetto per gli scopi degli altri”72, privandolo della sua dignità. Essi, rinnegando espressamente l’ideologia utilitarista che pretendeva di fondare la legittimità degli istituti sulla loro utilità o, in altri termini, sulla loro conformità allo scopo, sostennero l’illegittimità costituzionale della custodia di sicurezza in quanto “lesiva della dignità dell’uomo costituzionalmente protetta”73.

Il merito di questi primi interventi fu senza dubbio quello di aver svolto un esame critico del sistema sanzionatorio del doppio binario in relazione alle norme e ai principi costituzionali, che non fosse finalizzato unicamente alla sua «correzione» e «razionalizzazione» nell’ottica della sua necessaria conservazione, ma che fosse invece capace di offrire soluzioni differenti rispetto a quelle adottate dal legislatore74. Si arrivò così all’avvio della «riflessione costituzionale avente ad oggetto il problema della legittimazione sostanziale della misura di sicurezza detentiva»75 definito da Musco come «il problema della giustificazione stessa della misura, […] della sua legittimazione ad esistere, quale provvedimento che priva il cittadino della libertà personale»76. Il leit motiv di questo ampio movimento dottrinale, che fu condotto, in Italia come in Germania, attraverso l’elaborazione di diverse teorie, può essere individuato nella presa di coscienza di come la logica meramente utilitaristica sottesa alla creazione concettuale delle misure di sicurezza, come sanzioni fondate

70 E. MUSCO, La misura di sicurezza detentiva “cit.”, p. 200.

71 E. MUSCO, La misura di sicurezza detentiva “cit.”, p. 201.

72 E. MUSCO, La misura di sicurezza detentiva “cit.”, p. 201.

73 E. MUSCO, La misura di sicurezza detentiva “cit.”, p. 202.

74 E. MUSCO, La misura di sicurezza detentiva “cit.”, p. 200.

75 E. MUSCO, La misura di sicurezza detentiva “cit.”, p. 204.

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esclusivamente sulla prevenzione della criminalità e rivolte al raggiungimento di questo unico scopo, si presti a subire pericolose derive nel senso della violazione dei diritti umani77. I risultati aberranti che le misure di sicurezza rivolte ai delinquenti abituali conobbero nell’esperienza del regime nazista (si pensi in particolare alla castrazione fisica dei delinquenti abituali autori di reati sessuali introdotta nel 1939 ed alla successiva introduzione della pena di morte nei confronti dei delinquenti abituali avvenuta nel 1941) avevano mostrato chiaramente come la logica delle prevenzione non riuscisse di per sé ad incontrare limite alcuno, neppure nel rispetto dei diritti fondamentali dell’individuo, e che pertanto questa fosse insufficiente a giustificare la privazione della libertà personale dell’individuo78. Di qui il tentativo di individuare altrove gli elementi che, limitando la giustificazione preventiva79, consentissero di rendere compatibili le misure di sicurezza detentive con i diritti fondamentali tutelati dalla costituzione80.

Un primo tentativo in questo senso fu effettuato da alcuni autori i quali ricercarono un «limite etico»81 alla giustificazione puramente preventiva della misura di sicurezza: viene in rilievo innanzitutto la teoria elaborata da Welzel il quale affermò la necessità di individuare una «giustificazione morale»82 di tali provvedimenti sanzionatori che oltrepassano il limite della colpevolezza, “negando che questa giustificazione possa essere rintracciata in esigenze puramente utilitaristiche della collettività”83. Come la pena trova giustificazione e argine nel «principio etico della retribuzione morale»84, così anche la misura di sicurezza deve trovare un fondamento sul piano etico poiché la legittimità della privazione del diritto fondamentale alla libertà personale non può discendere dalla sola considerazione dell’utilità o della conformità allo scopo del provvedimento; in tal caso l’uomo si troverebbe ad essere utilizzato come mezzo per il raggiungimento di uno scopo, degradato a mero strumento di politica criminale85.

77 M. PELISSERO, Pericolosità sociale e doppio binario “cit.”, p. 329.

78 M. PELISSERO, Pericolosità sociale e doppio binario “cit.”, p. 329.

79 M. PELISSERO, Pericolosità sociale e doppio binario “cit.”, p. 330.

80 M. PELISSERO, Pericolosità sociale e doppio binario “cit.”, p. 330.

81 M. PELISSERO, Pericolosità sociale e doppio binario “cit.”, p. 331.

82 M. PELISSERO, Pericolosità sociale e doppio binario “cit.”, p. 331.

83 E. MUSCO, La misura di sicurezza detentiva “cit.”, p. 215.

84 M. PELISSERO, Pericolosità sociale e doppio binario “cit.”, p. 331.

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Così egli individuò la giustificazione morale della misura di sicurezza detentiva nell’idea secondo la quale la libertà esterna è subordinata al possesso della libertà interna: solo chi possiede la libertà interna regolata dall’autodeterminazione morale può pretendere di godere della libertà esterna o sociale. Diviene dunque giustificata e legittima l’applicazione di una misura di sicurezza detentiva ai soggetti che, a causa di un vizio di mente o di cattive abitudini, sono privi di quella libertà interiore che è condizione necessaria il possesso della libertà esteriore86.

Tale teoria tuttavia sembra essere interamente costruita intorno ad una valutazione puramente arbitraria che deduce l’assenza della libertà interiore di un individuo dalla commissione di un reato87; ed inoltre l’accertamento di tale assenza della libertà interiore, quantomeno in relazione ai soggetti imputabili, non sembra meno incerto dell’accertamento della pericolosità sociale.

Una teoria molto simile fu elaborata da Stree il quale si discostò da Welzel soltanto per aver sostituito l’elemento dell’assenza di libertà interiore con l’esistenza del «pericolo dell’abuso della libertà esteriore»88 in quanto elemento più certo su cui fondare la giustificazione morale della privazione della libertà a titolo di misura di sicurezza.

Condivide il nucleo centrale delle teorie qui esposte, ossia l’affermazione della “necessità di «eticizzare» la misura di sicurezza”89, l’analisi effettuata da Bettiol il quale sostenendo una concezione del diritto penale rigorosamente retributiva, considerata l’unica compatibile con i principi e i valori enunciati dalla Costituzione, ritiene che le misure di sicurezza così come previste e disciplinate dal codice Rocco siano anticostituzionali90.

Secondo l’autore la legittimità della loro esistenza potrebbe realizzarsi soltanto riconducendo tali istituti al mondo morale, al mondo dei valori, individuandone un fondamento sul piano etico: in questo senso egli ritiene che la giustificazione della misure di sicurezza dovrebbe essere individuata nel principio etico della carità91. Tale giustificazione però renderebbe del tutto evidente l’estraneità delle misure di

86 M. PELISSERO, Pericolosità sociale e doppio binario “cit.”, p. 331.

87 E. MUSCO, La misura di sicurezza detentiva “cit.”, p. 218.

88 M. PELISSERO, Pericolosità sociale e doppio binario “cit.”, p. 332.

89 E. MUSCO, La misura di sicurezza detentiva “cit.”, p. 208.

90 E. MUSCO, La misura di sicurezza detentiva “cit.”, p. 208.

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sicurezza al mondo del diritto penale in quanto questo, nella sua ricostruzione, è governato dall’idea di retribuzione, «unica idea morale in grado di legittimare l’applicazione della sanzione penale»92. Le misure di sicurezza invero non rientrerebbero affatto nella categoria della sanzione in quanto “non possono pretendere l’espiazione di una colpa, per il semplice fatto che questa non esiste”93.

Secondo Bettiol dunque in conclusione il sistema delle misure di sicurezza dovrebbe essere espunto dal diritto penale per essere invece collocato nell’ambito dell’attività amministrativa che lo Stato svolge in campo sociale94.

Tali tentativi di fondare la legittimità delle misure di sicurezza individuandone una giustificazione sul piano etico non furono tuttavia ritenuti sufficienti per arginare le possibili derive della sola logica preventiva e furono presto oggetto di numerose critiche: il limite etico in realtà sarebbe inficiato anch’esso da una sostanziale arbitrarietà, sia che esso sia rinvenuto nell’assenza di libertà morale sia che sia individuato nella carità, non diversamente da quanto accada nell’ambito di una giustificazione puramente utilitaristica basata sulla necessità di difendere la società dagli individui pericolosi.

Un secondo tentativo, che invero si colloca anch’esso in una prospettiva etica, fu fatto da alcuni autori nel senso di ricercare “sul piano della umanizzazione delle misure un limite al loro fondamento”95. Fu innanzitutto ancora Bettiol che fondando le misure di sicurezza sul concetto di carità pose l’attenzione sul contenuto della misura di sicurezza che dovrebbero consistere in un trattamento volto a «recuperare l’uomo, in ogni sua funzione fisiologica e spirituale, non già sopprimerlo per un presunto interesse generale»96.

Ma soprattutto questa via fu percorsa dal fondatore del movimento della

Défense sociale nouvelle, Marc Ancel, il quale come si è già accennato, costruì la

propria teoria intorno al concetto di rieducazione dell’autore del reato, che come unico fine di qualsiasi provvedimento sanzionatorio, nell’ottica di una più generale umanizzazione del sistema sanzionatorio, costituirebbe ad un tempo il fondamento

92 E. MUSCO, La misura di sicurezza detentiva “cit.”, p. 209.

93 E. MUSCO, La misura di sicurezza detentiva “cit.”, p. 211.

94 E. MUSCO, La misura di sicurezza detentiva “cit.”, p. 211.

95 M. PELISSERO, Pericolosità sociale e doppio binario “cit.”, p. 334.

96 BETTIOL, I problemi di fondo delle misure di sicurezza, in Stato di diritto e misure di sicurezza, Padova, 1961, in E. MUSCO, La misura di sicurezza detentiva “cit.”, p. 207.

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della legittimità della privazione della libertà personale dell’individuo ed il limite alle istanze di prevenzione della criminalità97.

La portata di questa impostazione sarà analizzata più dettagliatamente tra poco con specifico riferimento all’esperienza francese, per due ordini di ragioni. Perché, da un lato, fu proprio in Francia (paese dove tale movimento è nato e si è sviluppato) il paese in cui essa esplicò la maggior efficacia sul piano pratico, influenzando la dogmatica degli istituti ed in seguito la loro evoluzione sul piano delle riforme legislative. Dall’altro lato, per la diversità del profilo sul quale questa corrente di pensiero concentrò la propria analisi del tema (ossia sul piano dell’esecuzione delle sanzioni) rispetto alle altre che si stanno qui analizzando, che invece ricercarono un limite di carattere generale alla logica preventiva delle misure di sicurezza dal punto di vista della loro legittimazione ad esistere98.

Fu infine percorsa una terza via nella ricerca di un fondamento della misura di sicurezza diverso rispetto alla mera utilità, che svolgesse la funzione di limite garantistico della logica preventiva, da alcuni studiosi tedeschi, i quali rifiutarono “l’idea della giustificazione etica dell’esistenza della misura”99.

Nowakowski e Stratenwerth individuarono quale unica giustificazione

possibile della misura di sicurezza, come provvedimento privativo della libertà personale che travalica il limite del principio di colpevolezza, «il principio del superiore interesse della comunità ad impedire la commissione di reati»100: essi affermarono cioè che la limitazione della libertà personale a titolo di misura di sicurezza potesse ritenersi giustificata solo laddove l’interesse pubblico alla difesa della collettività fosse prevalente101. Fu introdotta così nella riflessione sulla legittimazione della misura di sicurezza l’idea che “il problema della misura di sicurezza [fosse] un problema di bilanciamento di interessi”102, in particolare tra l’interesse della società a difendersi dal reato e l’interesse del singolo alla tutela della libertà personale.

97 M. PELISSERO, Pericolosità sociale e doppio binario “cit.”, p. 335.

98 Cfr. infra, cap. IV, par. 2.3.

99 E. MUSCO, La misura di sicurezza detentiva “cit.”, p. 223.

100 E. MUSCO, La misura di sicurezza detentiva “cit.”, p. 223.

101 M. PELISSERO, Pericolosità sociale e doppio binario “cit.”, p. 337.

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Sosteneva infatti Nowakowski l’esistenza, alla base della misura di sicurezza, di un’inevitabile contrapposizione di interessi, affermando letteralmente che “da un lato c’è il bisogno di sicurezza della società, dall’altro lato ci sono i diritti della persona, che devono essere sacrificati per la soddisfazione del contrapposto interesse”103. La misura di sicurezza sarebbe dunque giustificata laddove essa si basasse su una «corretta valutazione degli interessi in gioco»104, dalla quale risulti che l’interesse della società a difendersi dal reato è prevalente rispetto all’interesse del diritto di libertà del singolo. Nell’effettuare tale bilanciamento “la prevenzione della criminalità non può essere considerata un valore assoluto”105, e la misura di sicurezza risulta ammissibile solo quando la sua applicazione risulti necessaria in relazione agli interessi da tutelare.

Stratenwerth poi fornisce un’indicazione più precisa degli elementi da

prendere in considerazione per effettuare tale bilanciamento: si tratta innanzitutto del rapporto di rango tra i due interessi, tenuto conto della gravità del reato che si prevede possa essere commesso106. In secondo luogo si deve considerare l’entità del pericolo della commissione del reato, essendo sufficiente per i reati più gravi la sola possibilità della commissione, per i reati di media gravità almeno la relativa probabilità mentre per i reati minori, altrimenti detti reati bagatellari, è necessaria la certezza; infine si deve tenere conto del grado di afflittività della misura di sicurezza107.

“Il principio del bilanciamento degli interessi, così limpidamente descritto, ha offerto la base per indicare come limite alle esigenze preventive il principio di proporzionalità, al quale è stata attribuita una funzione di argine del potere punitivo statuale, del tutto analoga a quella che il principio di colpevolezza svolge nell’ambito della pena”108: in effetti proprio il principio di proporzionalità, “comprensivo al suo interno del principio di necessità”109, è ancora oggi utilizzato dagli organi di giustizia

103 F. NOWAKOWSKI, Die Rechtsstaatlichkeit der vorbeugenden Maßnahmen, in Festschrift für Hellmuth von Weber, Bonn, 1963, in M. PELISSERO, Pericolosità sociale e doppio binario “cit.”, p. 337.

104 M. PELISSERO, Pericolosità sociale e doppio binario “cit.”, p. 337.

105 M. PELISSERO, Pericolosità sociale e doppio binario “cit.”, p. 338.

106 E. MUSCO, La misura di sicurezza detentiva “cit.”, p. 225.

107 E. MUSCO, La misura di sicurezza detentiva “cit.”, p. 225.

108 M. PELISSERO, Pericolosità sociale e doppio binario “cit.”, p. 338.

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costituzionale come parametro per verificare la conformità delle misure di sicurezza alla costituzione. Questo è avvenuto in particolare in Germania dove la Corte Costituzionale ha più volte ribadito la legittimità sostanziale, alla luce dei principi costituzionali, della custodia di sicurezza, misura di sicurezza detentiva esclusivamente finalizzata alla difesa sociale e sganciata dal principio di colpevolezza, a condizione che la sua disciplina e la sua applicazione non superino il limite rappresentato dal rispetto del principio di proporzionalità110; e, ancora, il principio di proporzionalità è stato utilizzato dal Conseil constitutionnel francese come criterio per valutare la conformità costituzionale della rétention de sûreté introdotta nel 2008, come si vedrà analiticamente in seguito111.