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CAPITOLO 5: BOLLE SPECULATIVE NEL MERCATO DELL’ARTE

5.4. Analisi storica: le principali bolle speculative nel mercato dell’arte

5.4.1. La bolla speculativa Giapponese [1986-1991]

La bolla speculativa giapponese fu una bolla formatasi nel periodo tra il 1986 e il 1991, riguardante il mercato immobiliare giapponese e quello azionario.

L’analogia con il mercato finanziario portò ad un rialzo nei prezzi delle opere d’arte, che spesso viene interpretato come un boom speculativo, cioè come un rigonfiamento artificiale dei prezzi causato dalla premura che hanno i buyer a voler incassare subito i profitti derivati dalla vendita delle opere.

La teoria del mercato sostiene che quando vi è una crescita nei prezzi, questa sia legata ad un successivo aumento dell’offerta, in quanto ad alti prezzi corrispondono alti volumi. Queste caratteristiche hanno segnato il mercato alla fine degli anni ’80 del ‘900221.

Il surriscaldamento economico di quegli anni aveva investito anche il mercato dell’arte, e in particolare il mercato dell’arte Impressionista e Post-Impressionista, che ha vissuto uno dei momenti più complicati della sua storia222.

Il 31 marzo 1987 il dipinto Girasoli di Van Gogh venne acquistato da Yasuo Goto, battuto all’asta da Christie per 40 milioni di dollari circa, diventando all’epoca il quadro più costoso di sempre.

I mesi successivi furono segnati da un’ondata di record. Gli Iris di Van Gogh vennero battuti a 53,9 milioni di dollari da Sotheby; nel maggio 1990, il Bal au Moulin de la Galette di Renoir fu acquistato da Ryoei Saito per 78,1 milioni di dollari da Christie a New York.

Sebbene questi record ci facciano pensare ad un periodo favorevole del mercato, in realtà si tratta di un’illusione. Un anno e mezzo dopo, il 6 dicembre 1992, infatti, il dipinto Le Jardin à Auvers di Van Gogh, uno dei più importanti quadri realizzati dal pittore prima del suicidio, venne aggiudicato per soli 55 milioni di dollari. Volgendo l’attenzione al mercato finanziario, un andamento simile lo ebbe l’indice Nikkei 225, segmento della borsa di Tokyo che, nel pomeriggio del 29 dicembre 1989, raggiunse il suo massimo storico di 38957.44 punti e, nemmeno tre anni dopo,

221 Art market trends 2002, Artprice, www.artprice.com

222R. KRӒUSSL, T. LEHNERT, N. MARTELIN, Is there a bubble in the art market?, Luxembourg School of Finance, University of Luxembourg, Maggio 2014, p. 13 sg.

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il 18 agosto 1992, cinque mesi prima della vendita di Le Jardin à Auvers, scese a quota 14309.41, risultato che non si vedeva dal marzo 1986.

Il declino dei prezzi dei titoli giapponesi, il calo nei prezzi degli immobili e dei terreni oltre che un aumento del tasso di disoccupazione, portarono gli investitori a guardare all’arte come possibile asset verso cui investire. L’impressionismo e il Post-Impressionismo furono i segmenti verso i quali gli acquirenti giapponesi rivolsero maggior interesse. Questi movimenti artistici, secondo l’importante analisi condotta da Fabian Bocart, Ken Bastiaensen e Peter Cauwels223, risulterebbero essere altamente co-integrati con l’indice Nikkei 225, a differenza di altri movimenti artistici quali la Modern Art e l’Old Master. Questo studio ha contribuito ad investigare il comportamento dei prezzi dell’arte impressionista durante il periodo considerato, ad individuare la bolla speculativa e la tempistica ad

223 F. BOCART, K. BASTIAENSEN E P. CAUWELS, The 1980s price bubble on (post) impressionism, ACEI working paper series, Novembre 2011.

Figura 5.10. Trend dell’indice Nikkei 225 dal 1984 al 1991 (grafico costruito sulla base dei dati ricavati da

www.finance.yahoo.com) 0,00 5000,00 10000,00 15000,00 20000,00 25000,00 30000,00 35000,00 40000,00 45000,00

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essa connessa, ma soprattutto ad analizzare il motivo per cui i giapponesi si concentrarono su questo segmento e non su altri. A tale scopo, i tre ricercatori hanno costruito tre differenti indici, uno per gli Impressionist Works on Paper (IWOP), il secondo per i Modern Art Works on Paper (MAWOP) e infine il terzo per gli Old Master Drawings (OMD).

Fonte: F. BOCART, K. BASTIAENSEN E P. CAUWELS, The 1980s price bubble on (post) impressionism, ACEI working paper series, Novembre 2011.

I diversi indici hanno considerato esclusivamente i lavori su carta realizzati nel periodo tra il 1 gennaio 1975 e il 30 dicembre 1994. Il 1975 è l’anno base dei relativi indici cui è stato assegnato il valore 100.

Dei tre indici, quello relativo all’arte impressionista sembra essere quello maggiormente colpito dalla bolla speculativa, riscontrata tra il giugno 1986 e il gennaio 1990. Una delle ipotesi di tale corrente esplosiva è che le opere impressioniste stavano entrando attivamente nel mercato dell’arte globale. La forte co-integrazione emersa tra l’indice IWOP e il Nikkei 225 suggerisce che gli investitori giapponesi, attivi sul mercato finanziario, possano avere influenzato

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direttamente il mercato dell’arte impressionista. Questo conferma, inoltre, che una correlazione tra l’arte e i titoli finanziari possa in determinati casi esistere.

Fonte: F. BOCART, K. BASTIAENSEN E P. CAUWELS, The 1980s price bubble on (post) impressionism, ACEI working paper series, Novembre 2011.

Dal confronto tra i tre indici artistici e il Nikkei 225 emerge che dopo il 1990 si ha un picco a destra nei prezzi sia per l’OMD sia per il MAWOP, segnando un ritardo di sei mesi rispetto all’IWOP e al Nikkei 225, perfettamente correlati. Il MAWOP risulta dunque solamente co-integrato, con un certo ritardo, con l’IWOP, mentre l’OMD lo è con il MAWOP. Ciò suggerisce che l’IWOP e il Nikkei 225 stavano conducendo la bolla mentre l’OMD e il MAWOP la stavano seguendo (si veda la figura 5.12).

Ci si chiede, infine, quali siano state le motivazioni per cui gli investitori abbiano preferito l’Impressionismo rispetto ad altri movimenti artistici.

È noto che la scoperta o riscoperta di un movimento artistico da parte di studiosi o di musei possa portare ad un rialzo dei prezzi. Questa ipotesi, tuttavia, sembra improbabile nel caso della bolla dell’Impressionismo e del Post-Impressionismo,

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dal momento che questi movimenti godevano, da quasi un secolo, di un’affermazione e di un riconoscimento universale. Infatti, è bene ricordare che il termine ‘impressionismo’, nato nel 1974, venne assegnato in senso dispregiativo nei confronti dell’arte di Monet e in particolar modo nei confronti del suo quadro successivamente intitolato Impression, soleil levant. Questo termine, che venne adattato dagli artisti per descrivere tutto il movimento, fu impiegato anche per intitolare alcune mostre dell’epoca; nello specifico quella allestita nel 1910 presso le Grafton Galleries di Londra per merito del critico Rogert Fry. Quest’ultimo, come sottolinea Nathason224, utilizzò il termine ‘post-impressionismo’ riferendosi ad un gruppo che oggi comprende molti movimenti diversi che vanno dal Modernismo al Proto-cubismo. Come correnti artistiche, l’Impressionismo e il Post-Impressionismo hanno una visibilità internazionale a partire dalla 1a metà del XX secolo, soprattutto a Londra e a Parigi dove si cominciano a aprire musei e mostre ad esse dedicate. In aggiunta, anche negli Usa si riscontravano i primi interessamenti; nel 1929 venne fondato il Museum of Modern Art a New York e nello stesso anno si apriva al suo interno una mostra dedicata a Van Gogh, Cezanne, Gauguin e Seurat. Nel 1935 segue un’esposizione incentrata sulle opere di Van Gogh. Anche nell’ex-URSS cresceva l’interesse per le opere di questi movimenti artistici; circa settanta opere erano state sequestrate in Germania dopo la II Guerra Mondiale, per aumentare la collezione dell’Hermitage. In Oriente, nel 1959, infine, aprì a Tokyo il National Museum of Western Art per esibire dipinti occidentali come quelli realizzati da Renoir, Monet, Gauguin e Moreau facenti parte della collezione del giapponese Matsukata Kojiro.

Pertanto, l’Impressionismo e il Post-Impressionismo non possono essere considerati come ‘scoperti’ negli anni ’70 e ’80 del ‘900. Al contrario, è più probabile che le radici della bolla degli anni ’80 possano trovarsi all’interno dei legami storici esistenti tra l’Impressionismo e il Giappone; in particolare, durante la 2a metà del XIX secolo quando l’Europa (soprattutto la Francia) era soggetta al ‘Giapponismo’, ovvero un’influenza da parte della cultura giapponese su quella

224 C. A. NATHASON, The American Reaction to London’s First Grafton Show in Archives of American Art Journal, Vol. 25, N. 3, 1985, pp. 2–10.

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occidentale. In Europa, particolarmente in Francia e Inghilterra, cominciavano a circolare stampe giapponesi che artisti come Degas, Monet, Van Gogh, Manet per citarne alcuni utilizzavano come modelli. Nel 1988 viene allestita la mostra ‘Japanisme’ presso le Galeries Nationales du Grand Palais a Parigi e al Museum of Western Art di Tokyo.

L’impressionismo e il Post-Impressionismo potrebbero essere visti come il primo segno di una tangibile influenza da parte della cultura giapponese su quella europea. Un’influenza che, non solo nell’arte ma anche nell’economia finanziaria, raggiungeva alti livello negli anni ’80. In questo contesto, per un giapponese comprare l’arte del tardo XIX secolo negli anni ’80 del ‘900 voleva dire non solo ottenere un dipinto europeo ma anche acquistare parte della storia giapponese: la precoce influenza giapponese nel mondo moderno; era come riconquistare parte del proprio patrimonio culturale225.