La risoluzione n. 2177, pur non prevedendo misure esecutive rientranti nel novero di quelle indicate negli artt. 41 e 42 della Carta delle Nazioni Unite, rappresenta il riconoscimento – almeno su un piano simbolico – della natura di minaccia alla pace e alla sicurezza
internazionale di un’epidemia, consacrando un’ulteriore
espansione, quanto meno potenziale, dei confini del Capitolo VII. Con l’adozione di questa risoluzione sembra inoltre culminarsi il processo di c.d. securitization della salute pubblica all’interno del sistema di sicurezza collettiva delle Nazioni Unite, che a sua volta si ricollega al processo di progressivo allargamento della nozione di “minaccia alla pace”331. Questo cambio di visione si accompagna tuttavia a possibili criticità dovute alle peculiarità della materia sanitaria.
La sicurezza pubblica ha cominciato gradualmente a comparire nei programmi nazionali di sicurezza a partire dagli anni ’90, a seguito delle prime preoccupazioni per i possibili attacchi di bioterrorismo e la ripresa di alcuni focolai di epidemie che si ritenevano estinte da decenni, e sempre più diffusamente con gli “Anthrax attacks” del 2001 negli Stati Uniti e lo scoppio dell’epidemia di SARS nel 2003332. A questa evoluzione si ricollega una prima risposta pionieristica degli Stati Uniti, con l’approvazione nel 2002 della National Security Strategy, che ha inserito la salute pubblica al centro dell’agenda di sicurezza degli Stati Uniti:
331 G. L. BURCI,J.QUIRIN, Op. cit. 332 G. L. BURCI, Op. cit, p. 33.
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[t]he scale of the public health crisis in poor countries is enormous. In countries afflicted by epidemics and pandemics … growth and development will be threatened until these scourges can be contained. Resources from the developed world are necessary but will be effective only with honest governance, which supports prevention programs and provides effective local infrastructure.333
Una risposta internazionale è arrivata nel 2004 dal già citato report dell’High-level Panel on Threats, Challenges, and Change, “A more secure world: our shared responsibility”. Nel documento si afferma che «[a]ny event or process that leads to large-scale death or lessening of life chances … is a threat to international security»334, prevedendo nello specifico un programma di cooperazione fra il Consiglio di Sicurezza e l’Organizzazione Mondiale della Sanità:
[g]iven the potential international security threat posed by the intentional release of an infectious biological agent or an overwhelming natural outbreak of an infectious disease, there is a need for the WHO Director- General, through the Secretary-General, to keep the Security Council informed during any suspicious or overwhelming outbreak of infectious disease.335
Il Consiglio di Sicurezza dovrà essere inoltre «prepared to support international action to assist in cordon operations» qualora lo Stato colpito non sia in grado di garantire la quarantena degli individui infetti.336
333 The National Security Strategy of the United States of America (September 2002), p. 27 (<http://www.state.gov/documents/organization/63562.pdf>).
334 UNGA, Report of the High-level Panel on Threats, Challenges and Change (2 dicembre 2004), UN Doc. A/59/565, p. 2.
335 Ivi, p. 47. 336 Ibidem.
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Due ulteriori spunti sono forniti dal report del Segretario Generale “In Larger Freedom” e dal documento conclusivo del World Summit, entrambi del 2005. Nel primo, il Segretario Generale ha così dichiarato:
I myself stand ready, in consultation with the Director-General of the World Health Organization, to use my powers under Article 99 of the Charter of the United Nations to call to the attention of the Security Council any overwhelming outbreak of infectious disease that threatens international peace and security.337
Nel secondo, gli Stati hanno riconosciuto come le malattie infettive siano in grado di «pose severe risks for the entire world and serious challenges to the achievement of development goals»338, impegnandosi quindi a garantire una «full implementation of our obligations under the International Health Regulations»339.
Infine, in occasione dell’organizzazione di un open debate del Consiglio di Sicurezza per il 23 novembre 2011 sul tema di “Maintenance of international peace and security: new challenges to international peace and security and conflict prevention”, il rappresentante portoghese – titolare della presidenza del Consiglio di Sicurezza – ha inviato una lettera al Segretario Generale evidenziando il rischio per la pace e per la sicurezza causato dal dilagare di malattie infettive e pandemie, identificato come una delle tre principali sfide alla pace e alla sicurezza internazionale340.
337 UNGA, In Larger Freedom: Towards Development, Security and Human Rights for All (21 marzo 2005), UN Doc. A/59/2005, p. 29.
338 UNGA, 2005 World Summit Outcome (24 ottobre 2005), UN Doc. A/RES/60/1, p. 15.
339 Ivi, p. 16.
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In occasione del dibattito del 23 novembre, sia il Segretario Generale che i rappresentanti intervenuti – tra i quali il Direttore Generale
dell’OMS, Margaret Chan341 – hanno condiviso queste
preoccupazioni.
La ratio che ha portato a scalfire la tradizionale separazione fra sicurezza e salute pubblica si rinviene nell’idea per cui il dilagare su scala sovra-nazionale di malattie altamente infettive possa minare la stabilità degli Stati sui piani economico, politico e sociale, causando anche l’evacuazione di parte della popolazione e, di conseguenza, l’estensione della minaccia e dell’instabilità su un più ampio piano regionale, coinvolgendo anche Stati terzi342.
Una seconda teoria – c.d. “synergy thesis”343 – parte dal presupposto che il sistema sanitario pubblico costituisca la prima linea di difesa contro lo scoppio di un’epidemia. Di conseguenza, un rafforzamento di questo sistema sul piano della biosecurity perseguirebbe il duplice fine di difendere gli Stati sia dalla minacce causate dagli armamenti biologici che dalle epidemie ‘naturali’, quali l’Ebola, oltre a permettere di indirizzare alle misure adottate in risposta a queste epidemie le ampie risorse economiche e militari tradizionalmente investite nei settori della sicurezza e della difesa344.
341 UN Doc. S/PV. 6668, p. 7; Margaret Chan ha fatto riferimento ad alcuni focolai di Ebola.
342 G. L. BURCI, Op. cit, p. 35.
343 La denominazione è di D. FLIEDER, riportata in G. L. BURCI, Op. cit., p. 35. 344 G. L. BURCI, Op. cit, p. 35.
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2. 1 Le critiche a questa impostazione
Alle argomentazioni appena evidenziate sono state opposte due obiezioni, di diversa natura. Innanzitutto, su un piano storico, è stato rilevato come due fra le più gravi epidemie del secolo scorso – l’influenza c.d. “spagnola” e la pandemia di HIV/AIDS in Africa – non abbiano avuto ripercussioni sul piano della stabilità politica degli Stati colpiti345.
La seconda criticità, di maggior rilievo, deriva da un’estensione dell’approccio tradizionale della dottrina alla base del sistema di sicurezza collettiva, ispirata al binomio minaccia-difesa, a situazioni di natura sanitaria. È stato obiettato infatti che la caratterizzazione di una situazione come minaccia alla sicurezza comporti un tendenziale spostamento delle risposte dalla società civile a strutture militari e di intelligence, che rischiano di sfociare in violazioni dei diritti umani o nell’imposizione di misure coercitive346. In particolare, e questa sarà una delle sfide principali della missione UNMEER, la presenza di personale militare, o comunque non sanitario, rischia di minare l’affidamento da parte dei pazienti al personale di cura e la stessa tutela dei soggetti colpiti dall’epidemia, inficiando il livello di efficienza della risposta internazionale.
Da ultimo, un simile approccio su cui fondare una cooperazione internazionale, che si baserebbe principalmente sul perseguimento di interessi di natura nazionale, rischia di appesantire i processi internazionali di dialogo e negoziazione sul
345 Ibidem.
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problema sanitario in sé, aprendo la porta a possibili ulteriori divergenze di natura politica347.
3. La “general acceptance” della comunità internazionale alla