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Le nozioni di “pace” e di “minaccia alla pace”.

Ancora più delicata e ambigua è la situazione di minaccia alla pace, sovente invocata dal Consiglio di Sicurezza per legittimare un’azione ex Capitolo VII199. La stessa nozione di “minaccia alla pace”, utilizzata in passato solo con riferimento a situazioni di conflitto bellico fra Stati200, a partire dagli anni ’90 si è «presta[ta] ad inquadrare i più vari comportamenti di uno Stato»201, ricomprendendo anche «conflitti interni, attività di terrorismo, atti di genocidio, violazioni gravi e sistematiche dei diritti umani fondamentali»202. All’interno di questa nozione, come evidenziato nel capitolo precedente203, sono stati fatti rientrare anche il terrorismo internazionale e la proliferazione di armi nucleari con riferimento ad attori non statali, in generale.

Tradizionalmente questo concetto è stato ritenuto essere subordinato a una scelta soggettiva e discrezionale del Consiglio di Sicurezza, ma non sono mancati Autori che hanno – come vedremo nelle prossime pagine – provato a identificare alcuni requisiti necessari della nozione di “minaccia alla pace” e i limiti che restringono la discrezionalità del Consiglio di Sicurezza nella

199 B.CONFORTI C.FOCARELLI, Op. cit., p. 222.

200 A. DE GUTTRY,F.PAGANI, Op. cit., p. 50.

201 B. CONFORTI, C. FOCARELLI, Op. cit., p. 222.

202 A. DE GUTTRY, F. PAGANI, Op. cit., p. 50. Per un elenco dettagliato delle tipologie di questioni che sono state definite minaccia alla pace, v. B.

CONFORTI, C. FOCARELLI, Op. cit., p. 223.

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determinazione di una situazione di questa natura204. Come prima cosa è utile riprendere quanto solo accennato nel paragrafo precedente sul concetto di “pace”. Questo termine è stato oggetto di un’interpretazione estensiva “positiva” e di una riduttiva “negativa”. La seconda vede la pace come una situazione di «absence of armed conflict between states»205, e si fonda su un’interpretazione sistematica degli articoli 1(1) e 2(4) della Carta delle Nazioni Unite, che induce a ritenere che una determinata situazione, per poter essere classificata come minaccia alla pace, «has to have the potential of provoking armed conflict between states in the short or medium turn»206, senza che tuttavia sia necessario che sfoci in un conflitto armato, il quale risulterebbe invece coperto dalle altre due situazioni indicate dall’art. 39.

Questa interpretazione è stata ritenuta troppo restrittiva dai teorizzatori della “pace”, indicata dall’art. 39, come comprendente anche «friendly relationship between states and other economic, social, political and environmental conditions which are needed for a lasting, conflict free society»207, e questa posizione è stata riaffermata in un celebre intervento del Primo Ministro del Regno Unito John Major, in qualità di Presidente del Consiglio di Sicurezza, nel 1992:

[t]he absence of war and military conflicts amongst States does not in itself ensure international peace and security. The non-military sources of instability in the economic, social, humanitarian and ecological fields have

204 A. ORAKHELASHVILI, The Power of the UN Security Council to Determine the Existence of a “Threat to the Peace”, 1 Irish Yearbook of International Law (2006), p. 61.

205 E. DE WET, The Chapter VII Powers of the United Nations Security Council, Hart Publishing, Oxford, 2004, p. 138.

206 Ibidem (il corsivo è aggiunto). 207 Ivi, p. 139.

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become threats to peace and security. The United Nations, working through the appropriate bodies, needs to give the highest priority to the solution of these matters.208

Tuttavia, la struttura e la composizione stessa del Consiglio di Sicurezza inducono a ritenere che quest’organo, affinché possa operare in modo efficiente, non sia titolato ad attivarsi per prevenire qualsiasi situazione che possa sfociare in un conflitto internazionale a lungo termine, dovendosi limitare a quelle situazioni che possano concretizzarsi nella nascita di ostilità nel breve o medio periodo209. Una simile interpretazione conferirebbe al Consiglio di Sicurezza una funzione di governatore globale non prevista dalla Carta delle Nazioni Unite, e usurperebbe di fatto le prerogative dell’Assemblea Generale e del Consiglio Economico e Sociale e i rispettivi poteri di raccomandazione previsti dagli artt. 14210 e 60211 della Carta ONU212. Alla luce di queste considerazioni, la stessa dichiarazione del Presidente Major del 1992 può essere riletta come riferita a un impegno necessario da parte dell’intera Organizzazione delle Nazioni Unite, non confinata al ruolo del Consiglio di Sicurezza213.

208 S/23500, p. 3.

209 E. DE WET, Op. cit., p. 139

210 «Subject to the provisions of Article 12, the General Assembly may recommend measures for the peaceful adjustment of any situation, regardless of origin, which it deems likely to impair the general welfare or friendly relations among nations, including situations resulting from a violation of the provisions of the present Charter setting forth the Purposes and Principles of the United Nations» (UN Charter, art. 14)

211 «Responsibility for the discharge of the functions of the Organization set forth in this Chapter [IX, on the international economic and social co-operation] shall be vested in the General Assembly and, under the authority of the General Assembly, in the Economic and Social Council, which shall have for this purpose the powers set forth in Chapter X» (UN Charter, art. 60).

212 Sul punto si veda anche N. KRISCH, Op. cit., p. 1277. 213 E. DE WET, Op. cit., p. 140

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Aderire all’interpretazione negativa non esclude di poter configurare anche dei conflitti interni come minaccia alla pace, ma subordina questa possibilità agli effetti di questi sulle relazioni internazionali, ritenendo la natura “interna” del conflitto come non decisiva214.

Se è vero infatti che negli ultimi anni è emersa un’interrelazione sempre più stretta fra la pace e la sicurezza e condizioni più ampie di sviluppo sociale215, allo stesso tempo le questioni sociali, economiche, di sviluppo, e legate ai diritti umani rimangono di primaria competenza dell’Assemblea Generale e del Consiglio Economico e Sociale216. Al riguardo, è stato evidenziato che questa divergenza interpretativa corrisponde alle tradizionali dinamiche e ambiti di influenza in seno alle Nazioni Unite:

while ‘the North’ is ready to see more issues dealt with by the SC, where it has relatively more influence, ‘the South’ wishes to retain the GA as the principal forum for debate and action.217

Allo stesso tempo è stato fatto presente che la struttura della Carta non risulterebbe inficiata qualora si aderisse a un’interpretazione “positiva” del concetto di pace – ampliando quindi il possibile ricorso all’art. 39 – in presenza di situazioni che producano gravi sofferenze umane218. Questo possibile compromesso si basa su un’interpretazione teleologica della Carta della Nazioni Unite e dello stesso Preambolo, che sigla la volontà di perseguire la pace e

214 Ivi, p. 141; questa impostazione, che prende il nome di “double strategy”, sarà approfondita infra, Cap. II, § 4.1.

215 N. KRISCH, Op. cit., p. 1277. 216 Ibidem.

217 Ivi, p. 1278.

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la sicurezza internazionale dopo aver assistito alle tragiche sofferenze umane causate dalla seconda guerra mondiale219, con la conseguenza che situazioni che presentano un elevato grado di human suffering configurerebbero automaticamente una minaccia alla pace. Tuttavia, svincolare il concetto di pace da una situazione di assenza di conflitti internazionali rischia di rendere non definito il concetto stesso di pace internazionale, con una conseguente erosione della struttura della Carta delle Nazioni Unite220.

Pertanto, affinché possa essere esercitato, almeno in via ipotetica, un qualche tipo di controllo, occorre accogliere l’interpretazione “negativa” del concetto di pace. Diversamente, questo diventerebbe così ampio da essere potenzialmente in grado di comprendere qualsiasi questione interna, senza riguardo alle eventuali conseguenze sul piano delle relazioni internazionali, e il Consiglio si troverebbe portatore di una discrezionalità totale, non controllabile e in grado di minare l’efficienza stessa della propria attività221. Se questo è vero su un piano teorico, nei prossimi paragrafi saranno analizzate alcune recenti risoluzioni dove il

Consiglio di Sicurezza sembra essersi avvicinato a

un’interpretazione più estensiva222.

Riprendendo la teorizzazione di Krisch223, possiamo scindere il concetto di “minaccia alla pace” in due parti, ovvero – usando le stesse parole dell’Autore – «a settled core, a contested penumbra, and

219 Ibidem.

220 Ibidem. 221 Ivi, p. 144. 222 Ivi, p. 142.

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blurred lines between them»224, e il “nocciolo” di questo concetto si identifica con la concezione negativa di pace. Il nucleo indiscusso di una “minaccia alla pace”, rappresentato da un conflitto armato fra Stati imminente o già iniziato, si può infatti legare a tre ulteriori filoni interpretativi.

In primo luogo, quanto all’ampiezza cronologica e spaziale della minaccia, è dibattuto fino a che punto il Consiglio di Sicurezza, come nel caso delle risoluzioni n. 1373 e 1540, possa spingersi fino ad adottare misure di natura preventiva per far fronte a minacce di natura generale.

Secondariamente, con riguardo alla portata della situazione, si è verificata una progressiva evoluzione dell’approccio utilizzato dal Consiglio di Sicurezza. Se la nozione tradizionale di “minaccia alla pace” riguarda i conflitti interstatali, rimane in dubbio se l’azione del Consiglio di Sicurezza possa riguardare anche situazioni di natura interna. Laddove per situazioni interne con risvolti sulla stabilità regionale o internazionale sembrano sussistere minori dubbi, il problema principale ha riguardato le poche situazioni con ripercussioni esclusivamente interne.225

Un terzo aspetto riguarda i soggetti colpiti, sul quale si è avuta un’ulteriore evoluzione della prassi del Consiglio di Sicurezza, passando da un approccio classico, volto alla protezione degli Stati, a una maggiore apertura a tutela degli individui e dei loro diritti. In particolare, maggiori perplessità sono state sollevate sulla possibilità per il Consiglio di rispondere a gravi violazioni dei

224 Ivi, p. 1279

225 Il punto sarà ripreso analizzando la prassi del Consiglio di Sicurezza, infra, Cap. II, § 4.1.

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diritti umani o a violazioni dei principi democratici e della rule of law. Questi rilievi si sono affiancati all’ampio dibattito sulla responsibility to protect, ovvero la teorizzazione di una responsabilità in capo ai governi nazionali e alla comunità internazionale di «protect populations from genocide, war, crimes, ethnic cleansing and crimes against humanity»226.

3. I limiti alla discrezionalità del Consiglio di Sicurezza nel