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La “general acceptance” della comunità internazionale

La risoluzione n. 2177 sintetizza due diverse tendenze, rispettivamente di natura giuridica e politica. Innanzitutto, si colloca all’interno del contesto evolutivo del sistema di sicurezza collettiva delle Nazioni Unite e, in particolare, nel quadro normativo del Capitolo VII della Carta ONU; secondariamente, si inserisce nella tendenza sopra evidenziata volta a considerare le crisi sanitarie nella loro valenza di possibili minacce alla sicurezza348.

L’apertura dei cancelli del Capitolo VII alle epidemie testimonia «the change perception of threats in a globalized world»349. Possiamo quindi riprendere le classificazioni elaborate nel precedente capitolo, chiedendoci se siano presenti i requisiti di natura oggettiva che permetterebbero al Consiglio di Sicurezza di affermare la presenza di una minaccia alla pace e, in via gradata, se siano stati rispettati alcuni limiti procedurali che garantirebbero una base di legittimazione all’attività del Consiglio di Sicurezza più solida di quella fornita dal mero rispetto delle maggioranze previste.

Il rispetto di questi ultimi limiti – ricordiamo – non costituisce

347 Posizione di S. ELBE, Haggling over Viruses: The Downside Risk Securitizing Infetious Diseases, (2010) 25 Health Policy and Planning, p. 476, riportata a sua volta da G.L.BURCI, Op. cit., p. 36.

348 G. L. BURCI, Op. cit, p. 31. 349 Ibidem.

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in sé un’accettazione, che sarebbe necessaria, da parte della comunità internazionale di un ampliamento della nozione di minaccia alla pace in termini giuridici, rappresentandone piuttosto un fattore indicativo. Si pone, in altre parole, come elemento necessario ma non sufficiente affinché si possa ritenere acquisito questo consenso.350

Ritengo che nel caso della risoluzione n. 2177, laddove non sia evidente la presenza dei primi requisiti oggettivi, siano stati pienamente rispettati almeno due dei tre argomenti di natura procedurale. In questo esame, è necessario tenere in considerazione una peculiarità della ris. 2177, ovvero la non attuazione di misure esecutive. L’espansione del concetto di minaccia alla pace è infatti solo potenziale, avendo il Consiglio di Sicurezza espanso il proprio dominio nell’area delle gravi epidemie, senza tuttavia colonizzarla con l’imposizione di misure coercitive. Si ricorda infatti che l’istituzione della missione UNMEER è stata opera del Segretario Generale in virtù dei poteri ad egli conferiti dalla Carta delle Nazioni Unite.

Possiamo affermare con certezza che l’epidemia di Ebola rimane al di fuori dal “settled core” della nozione di pace, e dalla conseguente interpretazione negativa della stessa come situazione di assenza di conflitti armati interstatali, e si colloca ai margini anche dell’interpretazione positiva, che identifica la pace come un insieme di situazioni in grado di poter provocare una situazione di conflitto a medio o lungo termine351.

Piuttosto, si inserisce nella “contested penumbra” del concetto

350 V. supra, Cap. II, § 5; cfr N. KRISCH, Op. cit., p. 1293.

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di pace, e troverebbe una copertura nella definizione di “pace” fornita da John Major nel 1992. Questa ulteriore apertura del Consiglio di Sicurezza rappresenta il culmine di una recente prassi volta a porre al centro della propria attività di tutela l’individuo oltre allo Stato.

3. 1 Valutazione sulla presenza dei requisiti oggettivi di una minaccia alla pace

Una prima valutazione riguarda il rispetto da parte del Consiglio di Sicurezza del principio di sussidiarietà. Su questo punto, possiamo facilmente affermare che l’epidemia va oltre le capacità di risposta a livello nazionale. A suffragio di questa tesi si collocano sia la richiesta da parte delle autorità della Liberia, della Guinea e della Sierra Leone che le Nazioni Unite venissero investite della vicenda, che le stesse dichiarazioni dei rappresentanti dei suddetti Governi immediatamente dopo l’adozione della risoluzione n. 2177352.

L’unica spiegazione di natura fattuale o normativa fornita dalla risoluzione n. 2177 riguarda il rischio che «the peacebuilding and

352 Il Ministro degli Affari Esteri della Liberia ha affermato: «[i]n spite of our efforts, buttressed by those of international partners …, the Ebola virus disease continues to sprint faster than our collective efforts to contain it» (UN Doc. S/PV.7268, p. 23); il Ministro degli Esteri della Guinea ha evidenziato come «[d]espite the courageous preventive measures taken by our States to contain the spread of the disease, the scourge has continued its devastation and continues to defy human intelligence» (Ivi, p. 24); di analogo tenore le parole del Ministro degli Esteri e della Cooperazione Internazionale della Sierra Leone: «[d]espite the deployment of all such measures, the crisis has deepened and the virus remains one step, or even many steps, ahead of our efforts» (Ivi, p. 26).

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development gains of the most affected countries concerned could be reversed in light of the Ebola outbreak»353 e il riconoscimento che

the outbreak is undermining the stability of the most affected countries concerned and, unless contained, may lead to further instances of civil unrest, social tensions and a deterioration of the political and security climate.354

Manca dunque, alla luce di entrambe le interpretazioni di pace, la sussistenza di un requisito fattuale in grado di ricondurre la situazione a una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale «actually and trasparently»355.

Sembra invece essere pienamente rispettato il secondo criterio, di natura legale, ben collocandosi la risoluzione n. 2177 all’interno della previsione dell’art. 1(3) della Carta delle Nazioni Unite, che identifica come fine dell’organizzazione:

[t]o achieve international co-operation in solving international problems of an economic, social, cultural, or humanitarian character, and in promoting and encouraging respect for human rights and for fundamental freedoms for all without distinction as to race, sex, language, or religion.

L’epidemia di Ebola costituisce una minaccia di natura umanitaria con amplissime ripercussioni sul piano sociale. Di conseguenza, il rispetto dei fini delle Nazioni Unite, richiesto dall’art. 24 della Carta delle Nazioni Unite, sembra essere garantito.

La stessa conclusione non è immediata per il rispetto dell’art. 25, che subordina la vincolatività delle risoluzioni all’esercizio di un

353 S/RES/2177 (2014).

354 Ibidem; v. G. L. BURCI, Op. cit., p. 29.

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potere intra vires da parte del Consiglio. Questa valutazione è strettamente collegata alla titolarità in capo al Consiglio di Sicurezza di inserire nella propria agenda materie di natura sanitaria, nonché al rispetto di alcuni limiti procedurali.

Alla luce anche della recente prassi, con cui il Consiglio ha progressivamente esteso il proprio intervento a nuove tipologie di minacce, questa risoluzione sembra inserirsi all’interno di un’interpretazione estensiva della double strategy356, che

legittimerebbe l’attività del Consiglio sulle ripercussioni, in termini di tensioni sociali e non di conflitti armati, che potrebbero esserci a livello regionale qualora il dilagare dell’epidemia non venisse arginato.

3. 2 Il rispetto dei limiti procedurali: il consenso statale

Tre sono stati i limiti procedurali teorizzati in grado di indicare un possibile consenso globale ai progressivi allargamenti del concetto di “minaccia alla pace” e alla conseguente attività del Consiglio di Sicurezza ex Capitolo VII.

Il primo riguarda il consenso dello Stato all’interno del quale la misura del Consiglio di Sicurezza dispiegherebbe i propri effetti, e si fonda sul ruolo che il diritto internazionale ha tradizionalmente riconosciuto al consenso del sovrano legittimo di uno Stato, in grado anche di legittimare un’intrusione all’interno della propria sovranità.

356 V. supra, Cap. II, § 4.1

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Nel caso della “risoluzione Ebola” gli Stati coinvolti possono essere pacificamente identificati nella Liberia, nella Guinea e nella Sierra Leone, che hanno partecipato alla riunione del Consiglio di Sicurezza del 18 settembre rappresentati a livello ministeriale. I tre rappresentanti, che avevano specificamente chiesto al Presidente del Consiglio di Sicurezza di organizzare una sessione proprio sul tema, si sono espressi in modo assai favorevole all’adozione della risoluzione, co-sponsorizzando la stessa. In particolare, il Ministro degli Affari Esteri della Liberia si è così espresso:

[w]e therefore thank the Security Council for the forward-looking resolution 2177 (2014), adopted here today, and encourage all Member States, to support the resolution through concrete actions357

esprimendo inoltre la propria gratitudine al Segretario Generale per l’istituzione della missione UNMEER e per le altre iniziative di contrasto all’epidemia, e agli Stati Uniti per le risorse messe a disposizione, incluso l’invio di forze militari.358 In termini simili si è espresso il Ministro degli Esteri della Guinea:

[m]y delegation welcomes the Council’s unanimous adoption of resolution 2177 (2014) and the very impressive number of States – 130 – that co- sponsored it. The Council has thereby demonstrated its correct understanding of the urgent need for a global comprehensive solution to face an unprecedented scourge that truly threatens peace and security in the entire West African region – our collective security, I would say.359

357 UN Doc. S/PV.7268, p. 24. 358 Ivi, p. 23.

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Infine, il Ministro degli Esteri e della Cooperazione Internazionale della Sierra Leone ha affermato di «fully appreciate the unanimous adoption of resolution 2177 (2014)»360

Queste affermazioni ritengo siano sufficienti per poter affermare un pieno consenso da parte degli Stati coinvolti all’inserimento dell’epidemia di Ebola all’interno dell’agenda del Consiglio di Sicurezza, integrando così il primo requisito procedurale.

3. 3 (Segue) L’inclusività del processo di adozione della risoluzione

A identica soluzione si arriva analizzando il terzo argomento procedurale teorizzato da Krisch, legato all’inclusività e alla trasparenza del processo decisionale in seno al Consiglio. L’approvazione unanime della risoluzione n. 2177 è stata infatti caratterizzata dalla co-sponsorizzazione di 131 Stati alla risoluzione e dalla partecipazione alla sessione di oltre cento Stati, invitati ex art. 31 della Carta delle Nazioni Unite e art. 37 delle provisional rules of procedure del Consiglio di Sicurezza.

Al riguardo, il Presidente del Consiglio di Sicurezza, Samantha Power, ha evidenziato l’eccezionalità del supporto internazionale a questa risoluzione:

[t]oday’s resolution is important. It is a call to action, not just from the Security Council, but from the entire United Nations family. Today’s resolution has a 130 sponsors – the most sponsors ever for any Security

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Council resolution in the history of the United Nations. That means that the 2,176 resolutions that came before this one had fewer sponsors. This is a degree of unanimity and unity that we rarely see.361

Anche la sussistenza di questo secondo argomento procedurale sembra pertanto accertata.

3. 4 (Segue) La partecipazione di organizzazioni regionali o specializzate

Rimane, infine, da valutare il rispetto del terzo limite, ossia il livello di partecipazione delle organizzazioni regionali. In questo caso, vista la natura della minaccia, il requisito della presenza di un’organizzazione regionale potrebbe essere assimilato alla presenza di un’organizzazione istituzionalmente preposta alla tutela della sanità pubblica.

Con riguardo al primo aspetto il Consiglio di Sicurezza si è limitato, nel preambolo della risoluzione, a

[w]elcoming the effords of the African Union (AU), in coordination with bilateral partners and multilateral organizations, to craft a united, comprehensive and collective African response to the outbreak … and also the effords of the Economic Community of West African States

(ECOWAS) to support steps to contain the spread of Ebola virus.362

L’Unione Africana, per sua parte, ha reagito allo scoppio dell’epidemia istituendo una propria missione civile-militare, la

361 Ivi, p. 8.

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African Union Support to Ebola outbreak in West Africa (ASEOWA)363, in cooperazione con l’Organizzazione Mondiale per la Sanità e lo United Nations Office for the Coordination of Humanitarian Affairs (OCHA).

Ben più pregnante è invece la cooperazione istituita fra il Consiglio di Sicurezza e istituzioni specializzate, in primis l’Organizzazione Mondiale per la Sanità. A questo proposito, nella risoluzione 2177 è ribadita l’importanza delle IHR (2005) e riconosciuto «the central role of the World Health Organization (WHO)»364. Inoltre, nella parte operativa, il Consiglio di Sicurezza

[r]equests the Secretary-General to help to ensure that all relevant United Nations System entities, including the WHO and UNHAS, in accordance with their respective mandates, accelerate their response to the Ebola outbreak.365

Encourages the WHO to continue to strengthen its technical leadership and operational support to governments and partners [and] monitor Ebola transmission.366

Queste previsioni rafforzano ulteriormente la stretta collaborazione fra Nazioni Unite e OMS nella risposta internazionale all’Ebola, e evidenziano la volontà del Consiglio di Sicurezza di garantire all’OMS un ruolo centrale nell’organizzazione della risposta all’epidemia.

363 La decisione iniziale è stata presa dal Peace and Security Council dell’Unione Africana il 19 agosto 2014, cui ha fatto seguito, l’8 settembre, una decisione dell’Executive Council (Ext/EX.CL/Dec.1 (XVI), <http://pages.au.int/sites/default/ files/Final%20Decision%20Ext %20EX%20CL_E.pdf>).

364 S/RES/2177 (2014). 365 Ivi, § 11.

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Di conseguenza, almeno sul piano procedurale, due dei tre limiti necessari per poter considerare presente un effettivo consenso internazionale all’ampliamento dei margini di azione del sistema di sicurezza collettiva sono stati pienamente rispettati. Il rispetto di un terzo limite, legato alla partecipazione di organismi più ‘vicini’ alla minaccia, ha garantito un importante ruolo di coordinamento all’OMS, anche se non sembra che ci sia ad oggi una piena coordinazione fra la risposta a livello di Nazioni Unite e le risposte delle organizzazioni regionali.

Qualora aderissimo alla teoria del “sostegno informale” la valutazione diventerebbe più immediata. In questa prospettiva, l’amplissimo consenso informale degli Stati, rappresentato dal numero di sponsorizzazioni alla risoluzione e dal tenore degli interventi in sede di approvazione da parte di molti Stati non membri del Consiglio, sarebbe formalizzato dalla risoluzione dell’Assemblea Generale n. 69/1, approvata per consensus in un organo, quale l’Assemblea Generale, dove ciascuno Stato è titolare di un uguale diritto di voto.

3. 5 Valutazioni conclusive sull’adozione della ris. 2177.

Le considerazioni fin qua esposte non sono in grado di sciogliere i dubbi, di natura politica, legati alla possibilità per il Consiglio di Sicurezza di andare oltre gli argini tradizionalmente scavati attorno al sistema di sicurezza collettiva, ma che la stessa pratica del Consiglio di Sicurezza negli ultimi due decenni sembra voler progressivamente erodere. Allo stesso tempo, però, queste

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valutazioni testimoniano la presenza di un fortissimo e trasversale consenso internazionale alla risposta delle Nazioni Unite alla crisi dell’Ebola.

Inoltre, e in modo più pregnante, se i quindici membri del Consiglio di Sicurezza si sono limitati ad adottare una risoluzione di alto valore simbolico ma che non prevede misure esecutive, né tanto meno coercitive, la missione UNMEER, che potrebbe concretamente sollevare un numero maggiore di perplessità legate principalmente alla presenza di personale militare adibito alla cura dei pazienti, è stata formalmente appoggiata – seppur con una risoluzione giuridicamente non vincolante – dall’Assemblea Generale, organo unanimemente riconosciuto come il più rappresentativo all’interno dell’intero sistema delle Nazioni Unite.

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C

ONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

The world’s “fasten seat belt” light is illuminated. Turbulence is testing the multilateral system, national institutions and people’s lives.

[BAN KI-MOON,69°UNGA,24settembre 2014]

Fin dall’epilogo della Guerra Fredda, durante la quale l’attività del Consiglio di Sicurezza era rimasta paralizzata a causa dei veti incrociati degli Stati Uniti e del blocco sovietico, il sistema di sicurezza collettiva delle Nazioni Unite ha cominciato a espandersi rapidamente.

Questo ha dato origine a un vivace dibattito, sia in Dottrina che all’interno della comunità internazionale, sulla possibilità per il Consiglio di Sicurezza di estendere il proprio dominio su ambiti di competenza attribuiti ad altri organi delle Nazioni Unite. Da una parte, si invoca la natura vincolante e la conseguente effettività delle risoluzioni del Consiglio, a fronte della natura di soft law delle decisioni degli altri organi dell’organizzazione; dall’altra, la mancanza di democraticità e di rappresentatività dell’organo, che non legittimerebbe questo ampliamento di competenza. Nella ricerca di un possibile compromesso che, come ci siamo ripromessi all’inizio dell’elaborato, sia in grado di non rinunciare alla forza normativa delle risoluzioni del Consiglio senza sacrificare il ruolo del consenso degli Stati, non si può prescindere dalla natura politica dell’organo.

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come le due risoluzioni che hanno suscitato maggiori perplessità fra quelle adottate negli ultimi anni, rispettivamente la n. 2177 sull’epidemia di Ebola e la n. 2178 sui foreign fighters, entrambe

approvate in occasione del dibattito inaugurale della

sessantanovesima Assemblea Generale alla presenza di

rappresentanti statali di livello apicale, abbiano visto la partecipazione di un altissimo numero di Stati. Molti Paesi non membri del Consiglio, costituenti più della metà della comunità internazionale, hanno infatti preso parte alle sedute del Consiglio di Sicurezza che hanno portato all’adozione di queste risoluzioni, esplicitando il proprio consenso in dichiarazioni di appoggio alle misure adottate.

Questo permette di poter accertare un consenso internazionale alla base delle progressive estensioni del sistema di sicurezza collettiva e una trasparenza procedurale, che sono estranee all’oscurità e alla rapidità che hanno caratterizzato l’adozione della ris. 1373 – la prima di natura legislativa – e che possono sopperire alle carenze dell’organo in termini di rappresentatività. In altre parole, un’interpretazione estensiva dell’art. 31 della Carta delle Nazioni Unite, che sembra ad oggi suffragata dalla prassi internazionale, permette di poter riconoscere, in determinate situazioni, la presenza di una volontà dell’intera comunità internazionale di utilizzare i poteri del Consiglio di Sicurezza per fronteggiare nuove tipologie di minacce. Una modalità operativa per facilitare l’espressione di questo consenso, seguita per le risoluzioni 2177 e 2178, potrebbe consistere proprio nell’approvazione di queste misure parallelamente a importanti conferenze o meeting internazionali, quali le sessioni inaugurali

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dell’Assemblea Generale, in modo da permettere la partecipazione di rappresentanti statali al più alto livello.

Possiamo dunque delineare un sistema di limiti polimorfo, che associ a un nucleo centrale e fisso ulteriori requisiti costruiti sulla specificità della situazione. Il centro, immutabile, di questo meccanismo si identifica con la presenza di un consenso ampio e trasversale della comunità internazionale alla misura ‘innovativa’ in discussione all’interno del Consiglio di Sicurezza.

La parte variabile acquisirà di volta in volta diverse caratteristiche: nel caso di espansioni ulteriori dell’area della pace e sicurezza internazionale sarà dunque necessario almeno il consenso delle autorità degli Stati all’interno dei quali le misure andrebbero a

incidere e, possibilmente, alla presenza contestuale di

organizzazioni regionali o specializzate; nel caso di misure di natura legislativa – la cui effettività rimane comunque legata alla cooperazione volontaria degli Stati – la validità di queste sarà subordinata al rispetto del principio di proporzionalità e all’ulteriore consenso internazionale sulla sussistenza di una minaccia alla pace, nonché alla conformità delle misure adottate con il diritto internazionale generale.

Qualora il Consiglio rispettasse questi limiti, e le risoluzioni n. 1540 (2004), 2177 (2014) e 2178 (2014) sembrano aver consolidato questa via, avremo una sorta di codificazione, per opera delle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, di misure su cui si è già formato un consenso internazionale, per far fronte alle nuove minacce globali.

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B

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