Se nel paragrafo precedente abbiamo delineato il quadro
256 Ivi, p. 233.
257 Ibidem.
258 Supra, Cap. I, § 2.1. 259 Supra, Cap. I, § 5.
260 B.CONFORTI,C.FOCARELLI, Op. cit., p. 233; sul punto si veda inoltre A.
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normativo e teorico all’interno del quale il Consiglio di Sicurezza può definire una situazione come minaccia alla pace, occorre ora valutare come si è evoluta la prassi del Consiglio di Sicurezza, che ha evidenziato un progressivo allargamento dei confini del sistema della sicurezza collettiva delle Nazioni Unite. Questo è andato progressivamente a ricomprendere anche la violazione di obblighi fondamentali per la comunità internazionale – talvolta con le connesse emergenze umanitarie – e la stessa inosservanza di misure vincolanti del Consiglio di Sicurezza, alcune volte identificando specifiche situazioni come “uniche” o “eccezionali” per smontarne la forza di precedente per decisioni future261.
Sul tema si è sviluppato un dibattito molto ampio262, di conseguenza mi limiterò all’esame di due esempi che hanno visto il Consiglio di Sicurezza ampliare significativamente il proprio raggio di azione. Questi due casi, che vanno ad aggiungersi al dibattito sull’attività “legislativa” analizzata nel primo capitolo, riguardano alcune misure contro la pandemia di HIV/AIDS e contro il traffico illegale di risorse naturali e fauna selvatica.
4. 1 La “double strategy”
Soprattutto con riferimento ai conflitti interni, che sembrano rimanere esclusi dall’interpretazione negativa di “pace”, il Consiglio
261 Cfr. S. MARCHISIO, Op. cit., p. 217; si veda anche infra, Cap. II, § 5.
262 Cfr., ex multis, E. DE WET, Op. cit., M. ZAMBELLI, La constatation des situations de l’article 39 de la Charte des Nations Unies par le Conseil de sécurité, Helbing & Lichtenhahn, Bâle, 2002.
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di Sicurezza ha frequentemente appoggiato quella che è stata definita la c.d. “double strategy”, fondando l’utilizzazione dei propri poteri ex Capitolo VII sull’impatto che la situazione interna ha sulle relazioni internazionali263. Il Consiglio di Sicurezza ha utilizzato questo approccio con riguardo alla situazione della Rhodesia Meridionale, al regime di apartheid in Sudafrica, all’oppressione ed espulsione delle minoranze curde e sciite in Iraq nel 1991, al conflitto nella Ex Jugoslavia e, sempre più frequentemente, a situazioni interne al continente africano264.
Per contro, sono state identificate alcune situazioni in cui il Consiglio sembra aver disatteso questa strategia, adottando risoluzioni che hanno guardato alla situazione interna a uno Stato come una minaccia alla pace in sé, svincolata dal possibile effetto di questa sulle relazioni internazionali265. Tuttavia, l’unico caso in cui sembra essere stato effettivamente sganciato questo legame è stata l’azione del Consiglio di Sicurezza riguardo alla situazione somala266, ritenendo che la totale assenza di un’autorità governativa in uno Stato c.d. “fallito” comporti che anche la sola esistenza di gravi crisi umanitarie possa costituire una minaccia alla pace267. In via eccezionale, ma solo qualora ricorrano specifiche circostanze, il
263 E. DE WET,Op. cit., p. 150; si veda anche A. PETERS, Novel practice of the Security Council: Wildlife poaching and trafficking as a threat to the peace, EJIL Talk, 12 febbraio 2014, (<http://www.ejiltalk.org/novel-practice-of-the-security-council- wildlife-poaching-and-trafficking-as-a-threat-to-the-peace>).
264 Per un’analisi di questi casi, con precisi riferimenti bibliografici, si veda E.
DE WET, Op. cit., pp. 150-155.
265 Ma non la sola assenza di un regime democratico. Cfr. Ivi, p. 155.
266 Non è pacifico, considerando la globalità delle risoluzioni adottate dal Consiglio di Sicurezza sulla situazione somala, che il Consiglio abbia effettivamente voluto svincolare la minaccia alla pace dallo scoppio di un conflitto armato internazionale. Sul punto si veda Ivi, p. 158.
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legame potrebbe scindersi anche in presenza di un colpo di stato militare e di un sistema governativo non democratico (Haiti)268.
4. 2 La risposta alla pandemia di HIV/AIDS
Un caso in cui parrebbe che il Consiglio di Sicurezza sia andato oltre i propri poteri, oltre alla risoluzione sull’epidemia di Ebola che sarà esaminata compiutamente nel prossimo capitolo, riguarda una risoluzione sulla pandemia di HIV/AIDS. Per la prima volta nella propria storia, il 10 gennaio 2000, il Consiglio di Sicurezza ha affrontato una questione di natura sanitaria. Nell’occasione, il Vice Presidente degli Stati Uniti Al Gore, in qualità di Presidente del Consiglio di Sicurezza, ha sottolineato come «the havoc wreaked and the toll exacted by HIV/AIDS threatened the world’s security»269, e che «the fight against AIDS in Africa was an immediate priority, which must be part and parcel of the international community’s work for peace and security in that continent»270, affermando che un’interpretazione teleologica dell’agenda del Consiglio di Sicurezza – finalizzata alla protezione delle vite umane – avrebbe dovuto comprendere, oltre alla prevenzione di conflitti armati, nuove sfide globali quali la tutela dell’ambiente, la lotta internazionale a droghe e corruzione, la
268 Ivi, p. 161. In Dottrina è stato ritenuto che il Consiglio di Sicurezza abbia disatteso la double strategy anche nel caso delle azioni militari dell’UNITA in Angola a partire dal 1993 e delle risoluzioni del 1999 sul Timor Est. Sembra, tuttavia, corretto aderire all’impostazione di E. DE WET, che riconosce l’esistenza di una dimensione internazionale delle situazioni oggetto dell’azione del Consiglio di Sicurezza. Cfr. E. DE WET, Op. cit., pp. 162-167.
269 UN Press Release, SC/6781 (2000). 270 Ibidem.
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risposta alle minacce dovute alla disponibilità di nuove armi di distruzione di massa, e la stessa pandemia di HIV/AIDS271.
A prescindere dalla definizione della situazione come “minaccia alla sicurezza”, invece che “minaccia alla pace”272, non c’è accordo sulla volontà da parte del Consiglio di Sicurezza di ritenere la proliferazione della pandemia come una minaccia alla pace ai sensi dell’art. 39 della Carta ONU, nonostante il dibattito in seno al Consiglio rifletta la chiara volontà da parte di alcuni Stati di procedere in questa direzione. Nel testo della risoluzione, infatti, il Consiglio di Sicurezza, ha sottolineato che «the HIV/AIDS pandemic, if unchecked, may pose a risk to stability and security», limitandosi tuttavia ad auspicare e incentivare una crescente sensibilizzazione delle forze di peace-keeping sulla prevenzione e sul controllo della diffusione della pandemia273. In proposito, è stato evidenziato che, qualora il Consiglio di Sicurezza avesse agito diversamente, avrebbe agito ultra vires274.
4. 3 Lo sfruttamento illegale di risorse naturali e il bracconaggio di fauna selvatica
A partire dagli anni ’90 il Consiglio di Sicurezza ha cominciato a considerare la questione dei c.d. “diamanti insanguinati”, evidenziando lo stretto legame fra il loro
271 Cfr. Ibidem, sul punto si veda anche E. DE WET, Op. cit., p. 173. 272 Cfr. E. DE WET, Op. cit., p. 173.
273 In particolare, si vedano S/RES/1308, §§ 1 e 3. 274 E. DE WET, Op. cit., p. 176
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sfruttamento e i conflitti in Angola, nella regione dei Grandi Laghi, in Sierra Leone e in Liberia275. Nonostante l’azione del Consiglio fosse ampiamente supportata dalla comunità internazionale276, durante un general debate sul tema nel 2007, alcuni Stati hanno denunciato uno straripamento delle misure rispetto ai poteri conferiti al Consiglio di Sicurezza, dal momento che lo sfruttamento illegale di risorse naturali era stato affrontato senza riferimento a una particolare conflitto277.
Una rilevante evoluzione di questo approccio si è avuta con l’approvazione di tre recenti risoluzioni, con cui il Consiglio di Sicurezza ha condannato, adottando anche un regime di targeted sanctions, il traffico illegale di risorse naturali e fauna selvatica nella Repubblica Centrafricana (risoluzioni n. 2127278 e 2134279) e in Congo (ris. 2136280). La portata innovativa dell’insieme di queste tre risoluzioni risiede in due principali aspetti. Da una parte, il Consiglio di Sicurezza ha ritenuto espressamente che la situazione della Repubblica Centrafricana costituisce una minaccia alla pace (ris. 2127 e 2134), dopo aver definito questa situazione come «characterized by a total breakdown in law and order [and] the absence of the rule of law»281.
275 N. KRISCH, Op. cit., p. 1289.
276 Alcuni Stati hanno tuttavia sollevato rilievi sull’adeguatezza dell’azione del Consiglio di Sicurezza; cfr. N. KRISCH, Op. cit., p. 1289, nota n. 140.
277 N. KRISCH, Op. cit., p. 1289, nota n. 141. 278 S/RES/2127 (2013).
279 S/RES/2134 (2014). 280 S/RES/2136 (2014).
281 Il testo della risoluzione si rifà al report del Segretario Generale sulla Repubblica Centrafricana (15 novembre 2013), UN Doc. S/2013/677; si vedano in particolare §§ 8 e 9. Si veda, sulla questione, A. PETERS, Op. cit.
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In secondo luogo, è stato affermato282 che con queste risoluzioni il Consiglio di Sicurezza abbia qualificato de facto il bracconaggio e il traffico illegale di fauna selvatica come una minaccia alla pace. Il Consiglio di Sicurezza, «noting that poaching and trafficking of wildlife are among the factors that fuel the crisis in the CAR» (ris. 2127), ha appoggiato anche in questa occasione la “double strategy”, mettendo in luce
the linkage between the illegal exploitation of natural resources, including poaching and illegal trafficking of wildlife, illicit trade in such resources, and the proliferation and trafficking of arms as one of the major factors fuelling and exacerbating conflicts in the Great Lakes region of Africa.283
Questi due aspetti inducono a ritenere che l’azione ex Capitolo VII del Consiglio di Sicurezza si stia progressivamente evolvendo, aprendosi anche a una concezione “positiva” di pace284, che garantisca un ruolo di maggior rilievo all’interno delle politiche globali per la pace e la sicurezza alla protezione dell’ambiente e alla sopravvivenza e al benessere delle specie animali285.
Per converso, con riguardo alla portata della situazione oggetto di valutazione da parte del Consiglio di Sicurezza, la “double strategy” e l‘esiguità delle eccezioni a questa testimoniano la riluttanza da parte degli Stati di ritenere integrati i requisiti di una minaccia alla pace in presenza di una crisi umanitaria esclusivamente interna a uno Stato286. La minaccia all’ordine
282 A. PETERS, Op cit.
283 S/RES/2136 (2014); per un’analisi dell’intera questione, si veda A. PETERS, Op. cit.
284 Cfr. supra, Cap. II, § 2. 285 A. PETERS, Op. cit.
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internazionale rimane dunque un presupposto per configurare una minaccia alla pace, ma allo stesso tempo le conseguenze dei conflitti interni e delle sistematiche violazioni su larga scala dei diritti umani e del diritto umanitario che accompagnano questi conflitti portano quasi sempre a una destabilizzazione regionale, con una conseguente “internazionalizzazione” del conflitto287.
5. L’espansione della nozione di minaccia alla pace: limiti