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3. Orizzonti di modifica

3.2. La Commissione Palazzo

L’ultima commissione ministeriale temporanea investita di riformare il sistema sanzionatorio e, per quel che qui interessa, il sistema di esecuzione penale è stata la Commissione Palazzo, istituita per volere dell’allora Guardasigilli Annamaria Cancellieri con D.M. 10 giugno 2013.

I lavori della Commissione di studio avevano il compito di “elaborare proposte di interventi in tema di sistema sanzionatorio penale” attraverso la “prospettazione dei criteri e delle direttive per la elaborazione di uno o più testi normativi che muovano anche delle conclusioni cui altre commissioni

parlamentari o ministeriali sono eventualmente pervenute”305.

Come evidenziato in un editoriale dallo stesso Presidente di Commissione, il Prof. Francesco Palazzo, era encomiabile l’approccio con cui il Ministro della Giustizia aveva compiuto la nomina, in quanto appariva per la prima volta essere stata superata “quella inveterata logica emergenziale, peraltro del tutto plausibile nelle instabili condizioni delle nostre perenni emergenze, di

provvedere sui più caldi fronti processuale ovvero esecutivo - penitenziario”306.

Era, dunque, data la possibilità di elaborare un articolato normativo organico, che non fosse il portato di scelte impulsive e dettate dall’immediata necessità di reagire a eventi di forte impatto emozionale.

I lavori della Commissione Palazzo hanno trovato il loro ultimo sbocco nella relazione approvata all’unanimità il 4 ottobre 2013 e trasmessa il successivo 22 ottobre all’ufficio legislativo del Ministero della Giustizia.

Con riferimento alla proposta di modifica del sistema delle preclusioni penitenziarie, del quale l’art. 4-bis o.p. rappresenta la disposizione centrale, la Commissione presentò un documento interinale in cui prospettava la revisione del sistema probatorio cui subordinare l’accesso ai benefici penitenziari e alle misure alternative per i soggetti autori dei reati ricompresi nell’elenco tassativo del medesimo art. 4 bis, comma 1, o.p.

La proposta insisteva, dunque, nel riformulare le modalità di acquisizione della prova limitatamente ai delitti di ‘prima fascia’.

Riteneva la Commissione, coerentemente con le censure mosse negli anni addietro da dottrina e giurisprudenza, che fosse necessario rimodulare siffatto regime probatorio tenendo conto delle sempre maggiori esigenze di natura special-preventiva.

Ciò si traduceva nella previsione di ampliare le possibilità di accesso ai benefici attraverso la trasformazione dell’attuale presunzione di pericolosità

305 Così in D.M. 10 giugno 2013.

306 PALAZZO F., Fatti e buone intenzioni. A proposito della riforma delle sanzioni penali, 10 febbraio 2014, www.penalecontemporaneo.it.

sociale in assenza di collaborazione giudiziale ex art. 58-ter o.p. da assoluta a relativa307.

La Commissione ravvisava tale necessità partendo dalla considerazione che dalla mancata collaborazione non si poteva dedurre con certezza la contingenza dei collegamenti con la criminalità organizzata e, dunque, la non avvenuta rieducazione del soggetto.

In secondo luogo, veniva rilevato come il regime preclusivo di cui all’art. 4-bis o.p. rendeva di fatto l’ergastolo ostativo, con evidente incompatibilità con la recente giurisprudenza CEDU, che si era espressa affermando il principio in base al quale “a tutti i detenuti, compresi gli ergastolani, dev’essere offerta la possibilità di rehabilitation e la prospettiva di un release, nel caso in cui un

percorso rieducativo si venga a realizzare”308.

In termine di relazione, la Commissione ricordava, infine, che il mancato allineamento con la giurisprudenza di Strasburgo avrebbe comportato tangibili conseguenze in termini di responsabilità e obblighi di risarcimento per il nostro

Paese309.

3.2.1. La proposta di legge n. 3091/15: possibile un’imminente modifica dell’art. 4-bis o.p.?

Partendo dalle considerazioni svolte nella suddetta relazione, alcuni parlamentari hanno inteso portare avanti quelle istanze di modifica attraverso la presentazione di un’autonoma proposta di legge, precisamente la n. 3091,

depositata alla Camera dei Deputati il 4 maggio 2015310, a prima firma dell'On.

Enza Bruna Bossio.

Data la brevità delle modifiche propugnate (in articolo unico), si riporta di seguito il testo dell’art. 1 della proposta di legge: “All’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1-bis sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e altresì nei casi in cui risulti che la mancata collaborazione non escluda il sussistere dei presupposti, diversi dalla collaborazione medesima, che permettono la concessione dei benefici citati»;

b) dopo il comma 3-bis è aggiunto il seguente:

307 PALAZZO F., Fatti e buone intenzioni. A proposito della riforma delle sanzioni penali, cit. 308 Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, 9 luglio 2013, Grande Chambre, Vinter e altri c. Regno

Unito, ric. 66069/09.

309 Così nella Relazione conclusiva, datata 4 ottobre 2013, riportante “Revisione delle norme che vietano la concessione di benefici nei confronti di detenuti o internati non collaboranti”, comparsa il 19 febbraio 2014 su www.penalecontemporaneo.it.

310 Il testo e la relativa relazione di accompagnamento sono disponibili sul sito della Camera dei Deputati all'indirizzo www.camera.it.

«3-ter: Le informazioni previste dal presente articolo non devono contenere pareri sulla concessione dei benefici, bensì fornire elementi conoscitivi concreti e specifici fondati su circostanze di fatto espressamente indicate che dimostrino in maniera certa l’attualità di collegamenti dei condannati o internati con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva. Gli eventuali pareri espressi dagli organi preposti non possono essere utilizzati nella motivazione della decisione». (...)”

La proposta di iniziativa parlamentare, che mantiene la tradizionale ‘struttura a fasce’ dell’art. 4-bis o.p., può essere scomposta in due unità fondamentali: da una parte si cerca di coniugare l’incentivazione della collaborazione di giustizia con la valorizzazione di altri elementi idonei a fornire la prova del superamento dell’attualità dei vincoli associativi, dall’altra si tenta di rinvigorire le prerogative del giudice dell’esecuzione, la cui discrezionalità è fortemente svilita nella stesura attuale della norma.

Con riferimento al primo punto, la proposta intende trasformare la presunzione di pericolosità da assoluta a relativa, rendendo più agevole la prova della cessazione dei collegamenti con la criminalità organizzata; a questo fine la collaborazione di giustizia diventa solo uno degli strumenti idonei al superamento di tale presunzione, e non più l’unico.

Accanto ad essa si prevede possano sussistere altri elementi, liberamente valutabili dal giudice, in grado di sancire il distacco del soggetto interessato dall’associazione criminale di appartenenza.

Come ben evidenziato dagli stessi firmatari della proposta di legge, tali elementi possono essere: “dissociazione esplicita, prese di posizione pubbliche, adesione a modelli di legalità, interesse per le vittime dei reati, radicamento del nucleo familiare in diverso contesto territoriale (…) ma anche l’impegno profuso

per l’adempimento delle obbligazioni civili derivanti da reato (…)”311.

Tale considerazione ha come presupposto la possibilità che la mancata collaborazione non sia necessariamente il segno della volontà di mantenere i collegamenti con l’organizzazione malavitosa; il legislatore ha il dovere di tutelare anche quei soggetti che potrebbero essere ostacolati nell’intraprendere il percorso collaborativo da altri fattori.

Significativamente, nell’introdurre il testo di modifica all’art. 4-bis o.p., si presenta una dettagliata casistica volta a sostenere tale argomento: “Si pensi alla valutazione del rischio per l’incolumità propria o, soprattutto, dei familiari, al rifiuto morale di rendere dichiarazioni di accusa nei confronti di uno stretto congiunto o di persone legate da vincoli affettivi o di parentela, al ripudio di un concetto utilitaristico di collaborazione che prescinda da un effettivo ravvedimento interiore, al caso in cui la scelta di non collaborare sia riferita a

311 P.D.L. 3091/15; tali argomentazioni sono state a loro volta espunte dalla Relazione conclusiva della Commissione Palazzo.

vicende criminose ormai del tutto concluse e sia dovuta al rifiuto di permutare opportunisticamente vantaggi propri con la privazione della libertà di persone

non più legate ad attività criminose”312.

La valutazione di questi elementi viene, dunque, rimessa al giudice di sorveglianza, al quale è affidato il dovere di svolgere adeguata motivazione delle ragioni che fanno presupporre la persistenza di attuali vincoli associativi ovvero il loro decadimento.

Per questa via sarebbero contemperate le esigenze di difesa sociale con l’altrettanto importante necessità di garantire il diritto di difesa e l’individualizzazione del trattamento penitenziario e sarebbe espunta dal nostro ordinamento la presunzione assoluta di pericolosità sociale in mancanza di collaborazione giudiziale, che poca attenzione denota rispetto alle peculiarità del caso concreto.

3.2.1. (segue) Considerazioni sulla proposta di legge n. 3091/15

Pur non essendo ancora stato oggetto di dibattito parlamentare, ma solo di discussione in Commissione Giustizia in sede referente, possono comunque essere compiute delle prime valutazioni sulla proposta di legge qui

esaminata313.

A parere di chi scrive, le modifiche suesposte potrebbero costituire un punto di equilibrio tra le istanze di prevenzione generale e quelle di prevenzione speciale.

Nonostante si rilevi che l’articolazione a ‘fasce’ permanga a base dell’impalcatura dell’art. 4-bis o.p., non si può non osservare l’apprezzabile sforzo di considerare le principali censure mosse alla norma dalla recente dottrina.

Tale parziale riscrittura della disposizione comporterebbe importanti conseguenze sul piano dell’acquisizione probatoria, che verrebbe armonizzata con i principi generali del trattamento esecutivo.

La collaborazione di giustizia rimarrebbe uno strumento ineliminabile di contrasto al crimine organizzato, ma non sarebbe l’unico elemento valutabile dal giudice dell’esecuzione ai fini della verifica di cessata pericolosità sociale

312 P.D.L. 3091/15; anche in questo caso la proposta di legge riferisce, riportandole alla lettera, le argomentazioni svolte nella Relazione conclusiva della Commissione Palazzo.

313 Se si fosse interessati a un approfondimento delle posizioni espresse dai membri della Commissione Giustizia, aventi valore certamente più politico che giuridico, un riassunto online è proposto da Emilio Quinteri su www.emilioquinteri.wordpress.com. In questa sede l'autore mette in evidenza le opinioni favorevoli e contrarie rispetto alla proposta di legge n. 3091/15 e ricorda i diversi emendamenti che i gruppi hanno presentato in vista della redazione di un testo base da presentare per l'approvazione alla Camera dei Deputati.

del soggetto314; per questa via la magistratura di sorveglianza si riapproprierebbe della propria discrezionalità giurisdizionale.

Si può allora dire che tale proposta di legge, che ricordiamo radicarsi sui

lavori della Commissione Palazzo, verrebbe certamente salutata con favore315 e

potrebbe rappresentare un momento di contemperamento tra i valori in campo.