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6. I benefici oggetto di esclusione o restrizione

6.3. Le misure alternative

Per misure alternative alla detenzione si intendono una serie di istituti penitenziari caratterizzati da spiccate finalità di natura special-preventiva.

In questa ampia categoria rientrano strumenti che, per quanto differiscano tra loro in termini di concreto funzionamento, hanno quale nota comune l'intento

di far espiare la pena extra moenia246, ovvero all'esterno del penitenziario e con

modalità particolari.

Da un punto di vista dottrinale non vi è pieno accordo su quali misure debbano essere sussunte sotto tale etichetta, mentre dal punto di vista legislativo (che è quello qui adottato) il riferimento è rappresentato dal capo VI della l. 26 luglio 1975, n. 354, nota come legge sull'ordinamento penitenziario.

Le misure ivi disciplinate, e richiamate nel comma 1 dell'art. 4-bis o.p. attraverso il rinvio operato dal capo VI, sono: l'affidamento in prova ordinario (art. 47 o.p.), la detenzione domiciliare ordinaria (art. 47-ter o.p.), il regime di semilibertà (art. 48 o.p.).

In questo paragrafo si cercherà, dunque, di enucleare per ciascuna di esse ambito di operatività, obiettivi e modalità di svolgimento; si darà poi conto di

245 Corte Cost., sent. 11 dicembre 1995, n. 504, citata in: PAVARINI M., Codice commentato

dell'esecuzione penale, cit., p. 6; il testo della pronuncia è rinvenibile su www.giurcost.org.

quanto normativamente disposto nel caso in cui il soggetto che intende chiedere l'ammissione a taluna di queste misure sia stato condannato per uno o più tra i reati ostativi di 'prima' o 'seconda fascia' dell'art. 4-bis o.p.

L'affidamento in prova ordinario

Con questo primo istituto, disciplinato dall'art. 47 o.p., il legislatore mira a consentire che una parte della pena sia scontata in libertà, fuori del circuito penitenziario, e sotto il controllo dei servizi sociali.

Anche in questo caso è facile notare che tale misura è stata concepita con evidenti finalità special-preventive; si sottrae il condannato a un prolungato

contatto col carcere, tristemente noto per i suoi effetti criminogeni247.

Il giudice di sorveglianza, chiamato a esprimersi sull'ammissibilità all'affidamento in prova ordinario, deve valutare negativamente la sussistenza di margini di pericolosità sociale del soggetto e positivamente la possibilità che il

beneficio contribuisca alla sua rieducazione248.

Nel caso di provvedimento favorevole è redatto verbale in cui sono dettate le prescrizioni cui si deve attenere il soggetto durante lo svolgimento della misura alternativa; in questo lasso di tempo il servizio sociale incaricato deve sorvegliare la condotta della persona e riferire al magistrato di sorveglianza sul

suo comportamento249.

L'esito positivo del periodo di prova estingue la pena detentiva e ogni altro effetto penale.

Per quel che riguarda la possibilità che un condannato per taluna delle condotte ostative di cui all'art. 4-bis o.p. possa accedere alla misura in oggetto, deve sottolinearsi la concreta improbabilità che il giudice di sorveglianza possa ritenere utile l'affidamento in prova ordinario, ragion per cui i limiti stabiliti dal legislatore, che subordina la concedibilità del beneficio a un rigoroso regime

probatorio, non sono in questo specifico caso particolarmente incisivi250.

Degno di nota è semmai il fatto che, come evidenziato da parte della dottrina, si deve escludere l'eventualità che l'affidamento in prova possa avere

in questo caso natura terapeutica251; a tale conclusione si perverrebbe

interpretando in maniera letterale il rinvio al capo VI stabilito dal comma 1 dell'art. 4-bis o.p.: al momento dell'emanazione della l. 203/91 così come della novella 356/92 l'affidamento in prova per alcool o tossicodipendenti era

247 CORVI P., Trattamento penitenziario e criminalità organizzata, cit., p. 74.

248 D'ONOFRIO M., SARTORI M., Le misure alternative alla detenzione, Milano, Giuffrè, 2004, p. 18.

249 D'ONOFRIO M., SARTORI M., Le misure alternative alla detenzione, cit., p. 17.

250 Si intende cioè affermare che, dovendo la finalità rieducativa essere ponderata con le esigenze di natura general-preventiva, difficilmente il giudice di sorveglianza potrà valutare positivamente l'ammissione a tale misura per i condannati a taluno dei reati di cui all'art. 4-bis o.p.

regolamentata dal d.p.r. 309/90, con conseguente abrogazione dell'art. 47-bis o.p., che in precedenza disciplinava la materia.

Ciò è peraltro pienamente comprensibile se si ragiona sulla scarsa propensione delinquenziale di persone affette da alcool o tossicodipendenza a commettere reati ricollegabili alla criminalità organizzata, onde per cui tale

esclusione non ha comportato gravi squilibri nel sistema penitenziario252.

La detenzione domiciliare ordinaria

Questa seconda misura alternativa alla detenzione, disciplinata dall'art. 47-ter o.p., consiste nella possibilità che la pena venga espiata (in toto o in parte) "nella propria abitazione o in altro luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza".

La legge regolamenta puntualmente le quattro ipotesi in cui l'accesso alla detenzione domiciliare ordinaria è possibile; si tratta in generale di situazioni che presentano un qualche elemento di complessità, che merita di essere preso in considerazione al fine di approntare un'adeguata esecuzione della pena.

Non è questa la sede opportuna per esaminare dettagliatamente tale casistica, dal momento che molto si potrebbe dire con riferimento a ciascuna di

queste eventualità253; più interessante, ai fini della presente disamina, è

valutare il rapporto tra le diverse ipotesi in cui è ammissibile la detenzione domiciliare e i limiti stabiliti dall'art. 4-bis o.p.

La prima di queste particolari condizioni è costituita dall'età della persona che richiede l'accesso alla misura: qualora all'inizio o nel corso dell'esecuzione della pena questa abbia compiuto il settantesimo anno di età, è possibile richiedere che la sanzione (anche residuale) venga scontata nella propria abitazione.

Con riferimento all'art. 4-bis o.p., la legge nega che il soggetto condannato per taluno dei reati elencati nella norma possa usufruire di tale beneficio; il legislatore è stato qui molto rigoroso, in quanto non ha subordinato l'accesso al particolare regime probatorio previsto da questa disposizione, ma lo ha vietato

tout court.

La seconda eventualità è, invece, rappresentata dal fatto che il detenuto versi in una particolare situazione personale, sempreché la pena da espiare

non sia superiore, anche residualmente, a quattro anni254.

252 Per completezza vale comunque ricordare che in alcuni, seppur sparuti, casi la giurisprudenza ha riconosciuto l'applicabilità dei limiti imposti dall'art. 4-bis o.p. anche all'affidamento in prova terapeutico. Su tutti si veda: Cass. Pen., Sez. I, sent. 14 febbraio 1997, CED Cass. 207213.

253 Per un approfondimento in tal senso si rimanda, tra i tanti, a: FILIPPI L., SPANGHER G.,

Manuale di diritto penitenziario, cit., p. 130 ss.

254 Le particolari condizioni in oggetto sono elencate al comma 1 dell'art. 47-ter o.p., lett. dalla a) alla e), a cui si rimanda.

Per quel che riguarda i rapporti con l'art. 4-bis o.p., il legislatore non ha inteso prevedere un divieto assoluto di accesso alla detenzione domiciliare; in mancanza di ulteriori indicazioni vige il regime di acquisizione della prova in esso disciplinato (collaborazione giudiziale per i reati di 'prima' e 'seconda fascia').

La terza eventualità sussiste qualora, indipendentemente dalle condizioni personali del condannato, la pena da eseguire non superi, anche per residuo, i due anni; in questo caso non devono, però, ricorrere i presupposti per l'affidamento in prova ordinario e deve essere valutata positivamente l'idoneità della detenzione domiciliare a evitare il pericolo di reiterazione del reato.

Parallelamente a quanto stabilito per i detenuti ultrasettantenni, il legislatore ha qui imposto un divieto assoluto per i condannati a taluno dei reati elencati dall'art. 4-bis o.p.

La quarta ed ultima delle ipotesi prese in considerazione dall'art. 47-ter o.p. è infine costituita dall'eventualità che la pena da espiare, pur essendo superiore ai quattro anni, possa essere differita secondo quanto disposto dall'art. 146 c.p. (differimento obbligatorio) o dall'art. 147 c.p. (differimento facoltativo).

Il legislatore non ha previsto alcuna disposizione di raccordo con l'art. 4-bis o.p., ragion per cui, in mancanza di una apposita disciplina, vigono anche in questo caso gli ordinari limiti stabiliti dalla norma per i reati di 'prima' e 'seconda fascia'.

Un'ultima doverosa precisazione: in una recente pronuncia la Corte Costituzionale (sent. 22 ottobre 2014, n. 239) ha stabilito l'illegittimità costituzionale dell'art. 4-bis o.p. limitatamente alla parte in cui non è espressamente esclusa la detenzione domiciliare speciale, disciplinata dall'art. 47-quinquies o.p., dal novero delle misure alternative assoggettate al regime

probatorio di rigore255.

In ogni caso si tratta di un'ipotesi di detenzione domiciliare che, riguardando le condannate madri di figli di età non superiore a dieci anni, non è particolarmente rilevante in termini di contrasto alla criminalità organizzata.

La semilibertà

Si tratta dell'ultima delle misure alternative strettamente intese; disciplinato dall'art. 48 o.p., il regime di semilibertà si caratterizza però per essere anche modalità di esecuzione della pena, in quanto, a differenza dell'affidamento in

255 Per un approfondimento si veda: APRILE E., Per la Consulta la detenzione domiciliare

speciale ex art. 47-quinquies ord. penit. non può essere aprioristicamente negata alla condannata per gravi motivi, in 'Cass. pen.', 2015, f. 1, pp. 141-142.

prova e della detenzione domiciliare, il soggetto ristretto permane in istituto penitenziario.

Il provvedimento del giudice di sorveglianza infatti non fa cessare lo stato di detenzione, ma lo mitiga ammettendo che una parte della giornata sia trascorsa fuori del carcere, per "partecipare ad attività lavorative, istruttive o

comunque utili all'inserimento sociale"256.

L'art. 50 o.p. subordina poi l'accesso a tale beneficio all'espiazione di un

quantum di pena minimo e alla sussistenza di circostanze che facciano ritenere

plausibile un graduale e positivo reinserimento del soggetto nella società.

Con riferimento ai punti di contatto con l'art. 4-bis o.p. il legislatore non ha introdotto ulteriori previsioni di rigore; vige, dunque, il regime probatorio stabilito per i reati di 'prima' e 'seconda fascia'.

La legge si è, invece, preoccupata di introdurre soglie minime di espiazione della pena più alte rispetto all'ordinario; i condannati a taluno dei reati elencati dall'art. 4-bis o.p. devono scontare almeno due terzi della pena.

6.3.1. Note sulla liberazione anticipata

Un paragrafo a sé merita la trattazione di un ulteriore beneficio penitenziario: la liberazione anticipata.

Disciplinata dall'art. 54 o.p., si tratta di quella particolare misura premiale attraverso cui "al condannato a pena detentiva che ha dato prova di partecipazione all'opera di rieducazione è concessa, quale riconoscimento di tale partecipazione, e ai fini del suo più efficace reinserimento nella società, una detrazione di quarantacinque giorni per ogni singolo semestre di pena scontata".

Ciò quanto stabilito al comma 1 dello stesso articolo; si tratta di un istituto di notevole importanza, in quanto, attraverso la sua applicazione, il soggetto si vede scomputare una parte di pena rilevante; sussistendone i presupposti di legge, il condannato potrà, dunque, tornare più velocemente in libertà.

Con riferimento alla concedibilità della misura è bene ricordare che: la valutazione del magistrato di sorveglianza avviene de plano e deve essere effettuata in rapporto a ogni singolo semestre di pena scontata (c.d. principio

della 'semestralizzazione'257).

Concretamente il giudice deve verificare che il condannato abbia intrapreso positivamente il proprio percorso rieducativo; ciò differenzia notevolmente la liberazione anticipata rispetto ad altri istituti a vocazione special-preventiva, in quanto non è qui richiesto un giudizio in merito alla

256 CORVI P., Trattamento penitenziario e criminalità organizzata, cit., p. 82.

possibilità che la misura abbia positivi risvolti rieducativi, bensì che sia accertata la già avvenuta partecipazione attiva al trattamento esecutivo.

Un ultimo profilo va preso in considerazione prima di addentrarsi ad analizzare i punti di contatto con la disciplina dell'art. 4-bis o.p.: si ci riferisce alla natura della liberazione anticipata.

Al di là della sua collocazione sistematica nella legge 354/75, che la include tra le misure alternative alla detenzione di cui al capo VI, sono in molti ad affermare che sarebbe più corretto classificarla come causa estintiva della pena, proprio in ragione delle particolarità che la caratterizzano in termini di

ratio e operatività.

Diversi autori interpretano la liberazione anticipata come misura premiale e non come misura di sostegno, ravvisando maggiori punti in comune con i permessi premio piuttosto che con le misure alternative tradizionalmente intese258.

Come vedremo subito appresso, tale controversia è stata particolarmente accesa proprio in coincidenza dell'introduzione dell'art. 4-bis o.p. con l. 203/91.

Nella prima formulazione della norma (cfr. supra § 3.2.) il legislatore non introdusse espressamente la liberazione anticipata tra i benefici e le misure alternative la cui concedibilità veniva assoggettata al neointrodotto regime di rigore; allo stesso tempo il dettato normativo non la escluse esplicitamente dal novero degli istituti coinvolti.

Fu questo uno dei punti su cui maggiormente si focalizzò il dibattito accademico, in quanto mancò unanimità di risposte e da diverse sensibilità scaturirono esiti interpretativi divergenti.

La querelle venne poi risolta grazie all'intervento dello stesso legislatore, che, accortosi di quanto la 'lacuna' potesse ingenerare dubbi comportanti

importanti ricadute in termini di incertezze applicative259, con la l. 356/92 decise

di introdurre l'esclusione della liberazione anticipata dai benefici assoggettati al novellato regime di acquisizione probatoria previsto dall'art. 4-bis o.p. (cfr. testo

di legge supra § 3.)260.

258 È il caso di: FILIPPI L., SPANGHER G., Manuale di diritto penitenziario, cit., p. 163.

259 MANZIONE D., Una normativa "d'emergenza" per la lotta alla criminalità organizzata e la

trasparenza e il buon andamento dell'attività amministrativa (D. L. 152/91 e L. 203/91): uno sguardo d'insieme, in 'Leg. pen.', 1992, f. 4, p. 836.

260 A onor del vero, la controversia cessò definitivamente con l'intervento di Corte Cost., sent. 11 giugno 1993, n. 306, cit.; in questa illustre pronuncia i giudici costituzionali respinsero l'interpretazione secondo cui l'inciso "esclusa la liberazione anticipata", introdotto con la novella 356/92, fosse da intendersi in senso contrario a quello suggerito dalla dottrina maggioritaria, secondo cui la precisazione era chiara nell'escludere tale istituto da quelli disciplinati dal regime differenziato. La Consulta fu ferma nell'affermare che non ci fosse margine alcuno per interpretare l'inciso nel senso che la liberazione anticipata non potesse essere concessa neppure in caso di collaborazione giudiziale, perché tale lettura sarebbe stata assolutamente incompatibile con la ratio legis e con quanto contenuto nei lavori

Apparentemente tale diatriba non ha più ragione di essere riproposta; a parere di chi scrive, invece, può essere un punto di partenza per analizzare le motivazioni che hanno presumibilmente spinto il legislatore a compiere questa scelta.

La liberazione anticipata è istituto dal carattere spiccatamente special-preventivo.

Si tratta di quel beneficio che permette al soggetto condannato di vedersi accordata una consistente riduzione di pena, qualora questi abbia dato prova di voler prendere parte attivamente all'opera di rieducazione; da questo punto vista rappresenta, dunque, l'anello di congiunzione tra la predisposizione del trattamento penitenziario individualizzato e la riacquisizione della libertà come soggetto risocializzato.

L'esclusione della liberazione anticipata dalle misure coinvolte dal regime probatorio di rigore ha costituito uno dei fondamentali argomenti che ha condotto la Consulta a rigettare la questione di legittimità costituzionale della

norma nella parte relativa ai reati di 'prima' e 'seconda fascia'261.

Secondo il ragionamento seguito dai giudici della Corte Costituzionale, la mantenuta accessibilità a tale beneficio in base al regime ordinario sarebbe l'elemento da cui desumere la volontà di non impedire in termini assoluti la predisposizione di un trattamento penitenziario individualizzato anche per i condannati a taluno dei reati ostativi di cui all'art. 4-bis o.p., neppure per i detenuti ergastolani.

Il legislatore non ha inteso escludere tali tipologie di condannati dall'accesso alla liberazione anticipata in quanto strumento risocializzativo di supremo valore e vero e proprio diritto del detenuto (Corte Cost., sent. n. 306/93, cfr. infra § 9.).