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La condizione esistenziale dei personaggi verghiani

CAPITOLO 3:IL MONDO DI VERGA

3.1 La condizione esistenziale dei personaggi verghiani

Prima di procedere con l’analisi delle opere verghiane, è bene mettere in rilievo alcuni elementi fondamentali e ricorrenti per comprendere il più possibile il contesto in cui le vicende dei protagonisti dei romanzi e delle novelle prendono piede: si tratta di un mondo arcaico, “primitivo”, dove tutto si ripete sempre uguale e dove il cambiamento non viene nemmeno concepito: all’interno di una simile realtà, le varie figure sono co-strette a tentare di sopravvivere lottando con tutte le loro forze, senza lasciarsi abbattere dal destino, crudele ed inevitabile, come sostengono le norme del darwinismo sociale.

La Sicilia è la scena comune alle creazioni più importanti di Verga, specie la parte che si estende dallo Ionio a Lentini, dalle falde dell’Etna alla piana di Catania: questa è la regione alla quale si inchiodano i personaggi, i quali combattono con l’ambiente circo-stante per non soccombere. Il ruolo evidente delle forze della natura emerge soprattutto ne I Malavoglia, dove il paesino di Aci Trezza appare costantemente sospeso tra i due elementi cardine del paesaggio locale: il mare e la sciara. Il primo, quasi antropomorfiz-zato, può comportarsi sia da amico che da rivale nei confronti degli umili pescatori, che lo solcano per procacciarsi da vivere, mentre la seconda viene descritta come un ambiente squallido in cui soltanto la ginestra è in grado di attecchire, dimora delle lucertole e rifugio per vagabondi e contrabbandieri.102 Nella novella Rosso Malpelo compare una breve de-scrizione della sciara, della quale è difficile dare una definizione precisa:

La sciara si stendeva malinconica e deserta, fin dove giungeva la vista, e salva e scendeva in picchi e burroni, nera e rugosa, senza un grillo che vi trillasse o un uccello che venisse a cantarci. Non si udiva nulla, nemmeno i colpi di piccone di coloro che lavoravano sotterra.103

Il mondo in cui si muovono i personaggi verghiani appare spesso connotato nega-tivamente, ostile di per sé, capace di celare pericoli ed insidie, ed oltre che ad esso i pro-tagonisti sono soggetti anche alle condizioni atmosferiche, dalle quali dipendono le sorti della pesca, del raccolto, dei lavori agricoli in generale: una tempesta, un naufragio, la calura eccessiva possono mettere a dura prova la vita della povera gente ed i loro

guada-102Cfr. G.SINICROPI, La natura nelle opere di Giovanni Verga, in «Italica» vol. XXXVI, 1960, pp. 92-98. 103Cfr. VERGA, Vita dei campi, pp. 67-68.

gni, specie se si considera che le persone vengono pagate unicamente in base al lavoro svolto effettivamente.104

A titolo di esempio, riporto le considerazioni relative al tempo meteorologico, preoccupazione comune tra la gente, tratte dalla novella Storia dell’asino di san Giu-seppe:

La donna guardava l’annata che si preparava, nel campicello sassoso e desolato, dove la terra era bianca e screpolata, da tanto che non ci pioveva, e l’acqua veniva tutta in nebbia, di quella che si mangia la semente e quando fu l’ora di zappare il seminato pareva la barba del diavolo, tanto era rado e giallo, come se l’avessero bruciato coi fiammiferi.105

Un altro degli ostacoli con cui i “primitivi” si trovano a lottare periodicamente e ciclicamente è il rischio di contrarre qualche malattia di diffusione epidemica, dalla quale nessuno è immune, anche date le scarse condizione igieniche, le poche conoscenze me-diche del tempo, la cattiva alimentazione ed il contesto generale di degrado: si pensi a Janu, innamorato di Nedda che, a causa delle febbri malariche, cade da un albero durante la raccolta delle olive e muore, lasciando sole la compagna e la figlioletta. Dedicata al medesimo morbo è la novella Malaria, in cui il protagonista, “Ammazzamogli”, perde ben quattro spose, tutte per il medesimo, incalzante male; la Longa muore di colera, che fa la sua comparsa già nel romanzo Storia di una capinera e che torna anche in Quelli del colera, con titolo che richiama la patologia. In tale novella è narrata la storia di un gruppo di attori ambulanti, sospettati di essere i diffusori della malattia, che vengono per questo motivo uccisi, manzoniani “untori” in chiave moderna. Incorrere in un’epidemia nel corso della propria esistenza significa davvero rischiare la vita, perdere la facoltà di lavorare o trovarsi senza sostegno, specie se a morire sono gli uomini o i figli maschi, che contribui-scono al mantenimento della famiglia.106

Un altro fattore da considerare nella mentalità delle vicende verghiane è la nascita della prole, ma soprattutto il sesso della stessa: i bambini sono sempre ben accetti e accolti con entusiasmo e gioia, mentre per le femmine le cose vanno diversamente. Avere molte figlie è una questione onerosa, in quanto esse, non essendo in grado di svolgere mansioni pesanti, ed essendo spesso sottopagate, costituiscono una fonte meno redditizia di denaro. Per non parlare poi del fatto che necessitano di una dote per potersi sposare e questo

104Cfr. A.J.DE VITO, The struggle for existence in the work of Giovanni Verga, in «Italica» vol. XVII, 1941, pp. 180-181.

105Cfr. VERGA, Novelle rusticane, a cura di G. Forni, Novara, Interlinea, 2016, pp. 92-93. 106Cfr. DE VITO, The struggle for existence, pp. 181-182.

rappresenta una fuoriuscita di parte della ricchezza dal nucleo familiare per destinarla al futuro marito. Trovare un uomo con cui accasarsi, per le giovani ragazze nubili è preoc-cupazione di prim’ordine: rimanere “zitella”, cioè non sposarsi affatto, non è certo il so-gno di ogni fanciulla: le ragazze che non riescono a “sistemarsi”, restano in casa con i genitori o vanno a vivere con un fratello, sua moglie e i loro figli: è ciò che accade, per esempio, a Mena Malavoglia, la quale si stabilisce nuovamente nella Casa del Nespolo, dove ora vivono Alessi e Nunziata con i bambini nati dalla loro unione.

Talvolta, per le donne, alcuni errori possono essere fatali nella vita e rovinarne la condizione e la reputazione per sempre: Lia decide di recarsi a Catania, dove finirà per prostituirsi, a causa delle maldicenze su di lei e su don Michele, mentre la protagonista di Pane nero, Lucia, cede alle avances amorose offertele da don Venerando, uomo molto ricco, presso il quale presta servizio, in cambio di venti onze e di gioielli, da utilizzare per la sua dote. Sfortunatamente, però, la ragazza resta incinta dell’uomo.107

Ad altre figure femminili è riservata una sorte ancora differente: si pensi a Maria, la diciannovenne protagonista del romanzo Storia di una capinera, rimasta orfana di ma-dre quand’era piccolina e costretta a diventare monaca di clausura in un convento di Ca-tania, a causa della povertà del padre. Nonostante si sia innamorata, ricambiata, del figlio di alcuni amici di famiglia, Nino Valentini, una volta terminato il suo soggiorno a Monte Ilice, dove si era trasferita per via dell’epidemia di colera, è obbligata a fare ritorno al convento, dove morirà in preda al delirio amoroso. Quei rari momenti di libertà che sono concessi a Maria sembrano quasi concepiti, talvolta, come un grave pericolo, occasione di peccato, di tentazione, di perdizione, come ella stessa afferma: nella lettera che invia all’amica Marianna il giorno 2 novembre 1854 scrive:

Siamo degli umili fiorellini avvezzi alla dolce tutela della stufa, che l'aria libera uccide.108

Queste sono solo le principali delle tante componenti che appartengono al mondo dei personaggi verghiani, i quali vanno incontro tenacemente al loro triste destino, alcuni tentando strenuamente di difendere fino in fondo i propri ideali onesti e genuini, altri lasciandosi travolgere dagli eventi e perdendosi nel loro turbinìo. D’altra parte, Verga stesso non poteva non mettere alla prova le proprie creature, così profondamente

vinco-107Ivi, pp. 182-183.

late al relativo contesto storico, geografico e culturale, da identificarsi con esso, con i valori di Padron ‘Ntoni, con l’accumulo ossessivo della «roba», con il tentativo di ascesa sociale, con la cava di rena rossa. Nella lotta per la vita nessuno è immune, tutti corrono il rischio di perdere la battaglia e di soccombere: questo è il destino dei personaggi del ciclo dei «Vinti» (e non solo):

I Malavoglia, Mastro don Gesualdo, la Duchessa de Leyra, l’Onorevole Scipioni, l’Uomo di lusso sono altrettanti vinti che la corrente ha deposti sulla riva, dopo averli travolti e annegati, ciascuno colle stimate del suo peccato, che avrebbero dovuto essere lo sfolgorare della sua virtù. Ciascuno, dal più umile al più elevato, ha avuto la sua parte nella lotta per l’esistenza, pel benessere, per l’ambizione.109