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CAPITOLO I APPRENDIMENTO: INQUADRAMENTO TEORICO DEL

1.6 L’ APPRENDIMENTO RIFLESSIVO

1.6.2 La conversazione interiore

Uno dei temi classici della sociologia ha da sempre riguardato gli studi inerenti l’influenza esercitata dall’ambiente sugli individui e, in tale prospettiva, Archer ha per mostrare come gli uomini appartengono ad un mondo di apparenze, alle quali si adattano attraverso l’auto-esibizione, indicando cioè il modo in cui desiderano apparire. Questo non sarebbe un problema se gli uomini fossero solo spettatori, ma come osserva Arendt “noi siamo del mondo e non semplicemente in esso”. Considerato che nel mondo delle apparenze l’io che pensa vive sempre nascosto, è necessario scovarlo e renderlo esplicito e manifesto.

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D. A. Schön, Formare il professionista riflessivo, cit., p. 72.

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condotto diverse ricerche per dimostrare come anche la soggettività umana condizioni il contesto in cui è inserita.115 L’agire sociale, a suo avviso, non può essere spiegato né solo a livello di struttura, né solo a livello di attori individuali, ma attraverso l’interazione che continuamente e circolarmente si sviluppa tra i due livelli. Struttura e agire sociale, così come l’autrice evidenzia nel suo approccio morfogenetico, sono livelli irriducibili l’uno all’altro, in quanto possessori di proprietà particolari che sono reali e causalmente efficaci. A differenza di altri studiosi che tendono o a spiegare la struttura attraverso l’aggregazione di atti individuali, o spiegano l’azione come prodotto della struttura, per Archer è necessario mettere struttura ed agire in relazione fra loro.116 E il rapporto dialettico fra soggetto e ambiente a favore del primo avviene proprio a partire dal concetto di riflessività.117 Quest’ultima, infatti, trascende le cose già date, non si accontenta della situazione e degli esiti e cerca sempre una condizione migliore (meta-riflessività). È il mezzo che ci permette di muoverci nel mondo.

La riflessività non può essere confinata al solo mondo dell’introspezione individuale, ma va considerata come una capacità personale di agire nel sociale. Il processo riflessivo del sé implica proprio la capacità di connettere se stessi al mutamento sociale, saper integrare gli eventi del mondo esterno alla propria storia biografica. La riflessività si esercita tramite la conversazione interiore di ognuno di noi e, come chiarisce Donati,

“l’elemento principale del dialogo interiore riflessivo sta nel rivolgere tacitamente domande a noi stessi, e nel dare loro risposta, così come nell’interrogarci su noi stessi, su

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È bene sottolineare che Archer, pur riprendendo la teoria della modernità riflessiva di Beck, afferma che la riflessività non è un tema che riguarda solo l’epoca moderna, o post-moderna, sebbene un po’ in tutti gli ambiti la sua importanza è cresciuta solo di recente. Per approfondimenti sul concetto di modernizzazione riflessiva cfr. U. Beck, A. Giddens, L. Scott, Modernizzazione riflessiva. Politica,

tradizione ed estetica nell’ordine sociale della modernità, Asterios, Trieste, 1999. 116

La studiosa ci fornisce il suo punto di vista in merito al rapporto tra agency e struttura, ovvero tra individui e struttura sociale, evidenziando come questa contrapposizione possa essere superata attraverso la mediazione della conversazione interiore. Le tappe di questo percorso sono sostanzialmente tre: la prima riguarda il seguente interrogativo: “Come si arriva a dare una forma soggettiva alle situazioni sociali?”; la seconda riguarda la programmazione del soggetto per perseguire i propri interessi nel contesto sociale di appartenenza; la terza riguarda le decisioni prese dal soggetto che, una volta realizzate e consolidate nel tempo, conducono ad un particolare modus vivendi. Per approfondimenti cfr. M. S. Archer, La morfogenesi della società, Franco Angeli, Milano, 1997.

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qualsiasi aspetto del nostro ambiente e, soprattutto, sulla relazione tra ciascuno di noi e l’ambiente stesso”.118

È attraverso la conversazione interiore che si esercita la riflessività verso il Sé, verso la società e nella relazione tra i due livelli, ed è grazie ad essa che ogni persona può comprendere dove si trova, dove si collocano i suo i interessi, e quali possono essere i fondamenti delle sue azioni future.

Archer mira a comprendere come le persone elaborano il rapporto con il contesto sociale che le circonda, osservando come a diversi tipi di riflessività corrispondano diverse scelte di mobilità sociale. In particolare, distingue tre tipologie di persone, che presentano a loro volta tre forme di riflessività differenti:

x i riflessivi comunicativi (dipendenti): soggetti che dipendono affettivamente dagli altri e che per agire hanno bisogno di confrontarsi costantemente con soggetti della propria rete familiare, parentale e amicale. Dipendono dal loro contesto di vita al quale rimangono ancorati perché, in qualche modo, tutelati dall’approvazione degli altri che si è costruita nel corso del tempo;

x i riflessivi autonomi (indipendenti): soggetti poco disposti a subire l’influenza degli altri, non hanno necessità di approvazione e procedono direttamente all’azione. Sono continuamente alla ricerca di posizioni superiori per elevarsi dal proprio contesto sociale; credono di essere i padroni del loro destino e sono proiettati verso l’alto e verso l’esterno. Affermano costantemente la centralità del lavoro che svolgono, soprattutto perché questo investe direttamente la loro dimensione interiore. L’etica di tipo adattivo, che li contraddistingue, li porta a dedicare buona parte della loro conversazione interiore “ai mezzi, costi e benefici legati al tentativo di realizzare i loro interessi ultimi all’interno della società”. 119

x i meta-riflessivi (critici sia verso se stessi sia verso la società): soggetti che sono riflessivi verso i loro stessi atti di riflessività. Hanno un atteggiamento introspettivo e non dialogano mai con le azioni esterne, quasi come a rinchiudersi nella loro stessa conversazione. Criticano di continuo il contesto in cui si trovano inseriti e manifestano un’insoddisfazione verso tutto ciò che

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P. Donati, La conversazione interiore: un nuovo paradigma (personalizzante) della socializzazione. Introduzione all’edizione italiana, in M. S. Archer, La conversazione interiore. Come nasce l’agire

sociale, Erickson, Gardolo, 2006. 119

esiste, compreso se stessi e la relazione che hanno instaurato con la società. Vivono in una costante tensione verso il miglioramento della propria conoscenza di sé, ma non attribuiscono mai la colpa di tale insoddisfazione al contesto. In realtà, viene presentato anche un quarto tipo di riflessività, o conversazione interiore, quello che Archer definisce “fratturato”, che si presenta come stressato o disorientato e privo di integrazione sia sociale sia sistemica (appare come impedito e fuori posto). Ogni forma di riflessività presentata esprime comunque un orientamento specifico rispetto al rapporto persona-società e viene messa in relazione ai cambiamenti sociali. Più precisamente i riflessivi comunicativi promuovono quella che lei definisce morfostasi, o integrazione sociale, intesa come presenza di relazioni armoniose o conflittuali tra i membri della società: “gli interessi ultimi dei ‘riflessivi comunicativi’ riguardano i rapporti personali (ossia la sfera familiare e amicale)”. I riflessivi autonomi favoriscono invece la morfogenesi, o mobilità, infatti, i loro interessi ultimi sfociano “in un ordine sociale istituzionale favorevole all’attuazione delle loro abilità performative” e l’effetto che producono “è quello di facilitare le opportunità del ‘raggiungere scopi’ nelle diverse parti del sistema sociale”.120 I meta riflessivi, infine, si oppongono

“all’idea che esista un trade off ineludibile tra integrazione sociale e sviluppo sostenibile o, se vogliamo, tra giustizia ed efficienza. La loro ‘bestia nera’ sono i tipici strumenti di realizzazione della ‘terza via’, come gli indicatori di performance […]. In contrapposizione a ciò essi si fanno interpreti di un ideale ‘ortogonale’, che postula tra integrazione sociale e sviluppo di sistema una correlazione positiva , anziché di reciproco indebolimento”.121

Senza riflessività interna delle persone, per Archer, non esisterebbe nemmeno la società; è un processo che in qualche modo implica la capacità di connettere se stessi ai mutamenti sociali e di integrare la realtà esterna con la storia del proprio sé.

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