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La costruzione del nemico nella retorica jihadista

“Se sopravvivo, sia fatta la volontà di Allah, espellerò gli Ebrei e i Cristiani fuori dalla Penisola Arabica” Profeta Maometto hadith Al-Mu'jam as-Saghîr “E combatteteli finché non ci saranno più tumulti o oppressioni, e non prevalga la giustizia e la fede in Allah“ Corano 2:193

Sura Al-Baqarah

“Quando incontrate i Miscredenti, colpiteli al collo finché non li avrete indeboliti, catturateli e legateli fermamente. In futuro potrete rilasciarli magnanimosamente o dietro il pagamento di un riscatto“ Corano 47:4

Sura Muhammad

 

I gruppi radicali islamisti che propugnano una “riforma culturale” che porti a restaurare l’ortoprassi in uso ai tempi dell’Epoca d’Oro in cui visse il Profeta Maometto, amano rifarsi in particolare a questi versi della shari’a, che per essi conterrebbero già tutte le indicazioni necessarie per interpretare il rapporto che la società islamica ha con la modernità e l’Occidente.

“Quando poi siano trascorsi i mesi sacri, combattete e uccidete questi associatori pagani ovunque li troviate, catturateli, assediateli, mentite di fronte a loro tendendo loro agguati; ma se si pentono, eseguono l'orazione e pagano la decima, lasciateli andare per la loro strada: perché Allah è Perdonatore, è il più Misericordioso“

Corano 9:5 Ayat al-Sayf, “Il Versetto della Spada” Questo passo del Corano, contiene l'ordine di “ammazzare gl'infedeli ovunque li trovi”. E' comprensibile che questo sia un versetto molto amato dai jihadisti di oggi, tanto che in un sermone del 2003 tenuto ai suoi sodali, Osama bin Laden in persona si rallegrava per l’esistenza di questo versetto:

“Lode ad Allah che rivelò il Versetto della Spada al suo Servo e Messaggero [il Profeta Maometto, pbsdl], per stabilire la Verità e abolire la menzogna”.

Osama bin Laden Per molti autorevoli giurisperiti, questo versetto si riferisce soltanto alla lotta contro gli idolatri politeisti presenti nella Penisola Arabica all’epoca di Maometto, popoli che praticando

il paganesimo si opponevano all’Islam e meritavano perciò di essere combattuti con ogni mezzo, compresa la spada, “senza aspettare di incontrarli”, ma operandosi per andarli a stanare con l’obiettivo di rinchiuderli nelle proprie fortezze fino a costringerli tra due alternative: abbracciare la vera Fede o essere uccisi in nome di Allah.

Secondo l’ideologia salafita jihadista però, queste prescrizioni coraniche sarebbero tutt’ora valide e sarebbero indirizzate contro gli “associatori” ovvero coloro che associano a Dio ciò che non è di Dio. I Cristiani sarebbero quindi miscredenti (kafirun) meritevoli di morte perché ritengono che Gesù non sia un semplice Messia inviato da Allah, bensì sia proprio il Figlio di Dio. Addirittura i governanti di molti paesi islamici sono combattuti in quanto apostati, dai movimenti radicali salafiti: la famiglia reale saudita avrebbe voltato le spalle al vero Islam, alimentando la fitna tra Sunniti e Sciiti e lasciandosi abbagliare dalla ricchezza del denaro, dal petrolio e dalle connivenze con gli USA, permettendo alle armate Crociate di profanare la Terra delle due Sante Moschee. Il Re Abd‘al-Aziz ibn Abdul Rahman, capostipite della dinastia al-Saud, viene considerato un traditore dell’Islam per essersi fatto garante, nel 1919, dopo la caduta dell’Impero Ottomano, delle istanze autonomiste dei fedayyin palestinesi, ma di averli in seguito abbandonati al loro destino, causando l’imperdonabile perdita della prima Moschea Sacra dell’Islam, la Masjid al-Aqsa di Gerusalemme. Persino il neo-eletto Presidente dell’Egitto, Mohamed Morsi –esponente del movimento dei Fratelli Musulmani, partito radicale islamista, più che islamico, la cui elezione fa oggi tremare tutto l’Occidente– non viene riconosciuto come tale dai gruppi salafiti, poiché sarebbe reo di aver assunto posizioni “morbide” su temi caldi come il confronto militare contro Israele, e l’apertura a leggi di civil-

law secolarizzate (si pensi alle stesse elezioni politiche democratiche), che contrastano con

l’applicazione alla lettera della shari’a. La sua “transizione controllata”, in seguito alla vittoria politica alle elezioni presidenziali, ha permesso al paese di uscire dalla primavera araba senza incidenti, ed ora l’agenda politica dei Fratelli Musulmani mira a rinsaldare le relazioni con l’Arabia Saudita, per agire in funzione anti-iraniana e riacquistare la leadership nella regione mediorientale, spezzando l’arco geopolitico sciita Iran-Siria fino ad innalzarne uno sunnita Egitto-Arabia Saudita. Se per ora la ragione di stato prevale sulle minacce provenienti dall’ala più estrema della Salafiyya, si configura comunque un’importante frattura politica interna al paese, che presto o tardi dovrà essere ricomposta, magari col risultato di avvicinare la

Salafiyya egiziana al Wahhabismo saudita...

L’ideologia di questi gruppi radicali è talmente estremizzata da far sì che chiunque diverga dal sentiero tracciato da Dio, debba essere combattuto con il jihad. Non esistono sfumature di grigio: ogni persona, famiglia, attivista o gruppo politico, sia che sia musulmano sia che non lo

sia, può improvvisamente assurgere al ruolo di nemico, dato che la rilassatezza dei costumi è un fenomeno sempre più dilagante. In questo senso potremmo tracciare un paragone con la “nostra” Santa Inquisizione -ma a differenza di quest’ultima, che era una diretta emanazione della Chiesa romana e della volontà papale- nei confronti dei gruppi islamisti non vi è il “controllo” da parte di nessuna autorità religiosa super-partes e ciò permette a tali mujhaideen di avere una libertà d’azione enorme, potendo operare tranquillamente in autonomia sul territorio.

Questi gruppi rappresentano una minaccia senza precedenti, soprattutto per quanti non sono a conoscenza dei rischi. Si pensi alla nota tragica vicenda dell’operatore umanitario Vittorio Arrigoni, sequestrato nella Striscia di Gaza e poi ucciso proprio da un gruppo jihadista salafita, che lo riteneva essere una spia del Grande Satana per il solo fatto di essere un occidentale. Il suo attivismo per il riconoscimento dei diritti umani in Palestina è stato sicuramente tra le cause scatenanti della sua morte, nonostante egli godesse del supporto addirittura dei miliziani di Hamas, all’interno della comunità araba in cui viveva e lavorava.