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Capitolo 6. Da aprile ad agosto 1918

6.2 La critica al proletkul’t

Nel mese di giugno il “Novyj Satirikon” decise di dedicare un intero numero, il tredicesimo, al proletkul’t, acronimo di proletarskaja kul’tura [cultura proletaria]. Il tentativo di creare un’arte accessibile alle masse fu fortemente criticato dagli esponenti dell’intelligencija russa, poiché portò ad un generale abbassamento culturale e a una certa monotonia delle tematiche trattate. Sulla copertina del numero comparve il disegno di una scimmia, che si sta pettinando di fronte a uno specchio, accompagnata dalla seguente citazione di Voltaire: «della cultura devono occuparsi

58 «- А это что такое: 1818 - 1918?

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soltanto coloro che ne hanno una precisa concezione» (N. S. 1918, n°13, giugno). Tra l’altro questo è uno dei pochi momenti in cui l’umorismo del giornale sembra essere offensivo verso la sensibilità dei paesi occidentali. In tutti gli altri aspetti ha sempre dimostrato di essere coerente con i propri principi liberali e democratici.

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Il proletkul’t fu un’organizzazione sperimentale sovietica, che nacque in seguito alle giornate rivoluzionarie di ottobre 1917. L’intento era quello di modificare radicalmente le forme artistiche esistenti, creando un’estetica che costituisse l’espressione del pensiero e delle emozioni di una classe sociale, cioè il proletariato. Le teorie che vi stanno alla base furono elaborate da A. A. Bogdanov, un intellettuale bolscevico di sinistra, il quale era fortemente convinto che il proletariato fosse tenuto a fondare un nuovo sistema culturale, cioè una nuova etica, una nuova politica e una nuova arte, al fine di scalzare e superare definitivamente la vecchia élite di estrazione borghese. In realtà, come sostiene Lynn Mally, le fondamenta di tale ideologia furono gettate nel periodo successivo alla rivoluzione del 1905, in quanto, a causa di una disputa interna al partito bolscevico sulla partecipazione alle elezioni parlamentari, vennero a crearsi due fazioni opposte. Uno dei due gruppi fu proprio quello dei bolscevichi di sinistra, capeggiato da Bogdanov, il quale sosteneva che la linea da seguire fosse quella dell’agitazione rivoluzionaria. Della stessa idea erano anche A. Lunačarskij, M. Gorkij e P. Lebedev-Poljanskij, che si opposero alle visioni leniniste sulla gestione del partito, sulla strategia politica e sulle teorie socialiste. I bolscevichi di sinistra erano inoltre intenzionati a reinterpretare le teorie marxiste, affinché fosse data maggiore importanza all’ideologia e alla cultura. Per tale ragione teorizzarono che il socialismo sarebbe potuto diventare come una religione, che avrebbe ispirato ogni individuo a “guardare oltre” e a tendere verso un bene superiore. Tale ideologia, denominata bogostritel’stvo [costruzione di Dio], risultava essere in totale opposizione ai fondamenti materialisti delle dottrine marxiste sostenute da Lenin. Questo conflitto dal carattere filosofico fu motivo di attrito tra i due gruppi, tant’è che i bolscevichi di sinistra decisero di creare tra il 1909 e il 1911 due scuole fuori dal territorio russo, una a Capri e una a Bologna, in cui si insegnavano le loro concezioni su organizzazione e tattiche politiche, accompagnate da lezioni su storia, letteratura e arti visive socialiste. Nonostante tali esperimenti non riscontrarono un grande successo, furono però utili per la creazione di un circolo, chiamato Vpered

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[Avanti], composto da Bogdanov e da alcuni studenti e insegnanti della scuola di Capri. I componenti del gruppo, che fu percepito dai bolscevichi di Lenin come un circolo letterario, aggiunsero un ulteriore elemento alla critica nei confronti delle idee del leader: il partito doveva guardare oltre i meri interessi politici ed economici, per preparare ideologicamente il proletariato alla imminente rivoluzione. Da questo momento in poi, la cultura proletaria divenne il tema maggiormente affrontato da Bogdanov nei suoi scritti, in cui si sosteneva che l’arte, la scienza, la letteratura e la filosofia dovevano essere indirizzate alla costruzione di una ben precisa ideologia di classe (cf. Mally 1990, pp. 4-11).

La disseminazione e l’affermazione dei principi del proletkul’t in molti paesi dell’Unione Sovietica va senza dubbio attribuita all’operato di A. Lunačarskij. Egli, in seguito al periodo trascorso in Italia come insegnante nelle scuole di Capri e Bologna, si trasferì in Francia nel 1913, dove diede vita ad un suo “circolo della cultura proletaria”. Nel 1915, insieme a P. Lebedev-Poljanskij riportò in vita il giornale social- democratico Vpered. Ma, la vera svolta avvenne nel 1917, poiché Lunačarskij, tornato in Russia a maggio e riunitosi al partito ad agosto, in seguito alle giornate di ottobre divenne il Commissario del popolo per l’istruzione. In quegli stessi giorni egli fu a capo della commissione dei bolscevichi di Pietrogrado per organizzare, insieme ai sindacati, i comitati di fabbrica, l’esercito e i gruppi giovanili, un sistema culturale-educativo dal carattere proletario. Il risultato fu la creazione di un Commissariato del popolo per l’istruzione (Narkompros), un apparato burocratico di 17 dipartimenti in cui furono indispensabili i servizi degli ex insegnanti. Ciononostante, Lunačarskij non volle mai abbandonare la speranza di poter trasformare le idee del proletkul’t in qualcosa di tangibile, quindi si impegnò anche nella creazione di un’altra organizzazione, parallela al sistema educativo ufficiale (cf. Pasvolsky 1921, p. 544). Nel concreto le idee del proletkul’t trovarono la loro massima espressione nelle scuole e nei club per adulti, che vennero a formarsi nei centri industriali in seguito

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alle giornate di ottobre ed erano riservati soltanto al proletariato di fabbrica.

Per quanto riguarda la struttura dei corsi, essi avevano un carattere seminariale, pensati per lo studio teorico dei vari rami della scienza, dell’arte, della letteratura e della musica. Ciò che si intendeva privilegiare era però la creatività, affinché avviasse il processo di costituzione della nuova cultura. Quindi, ad esempio, negli studi letterari i lavoratori erano istruiti sulle tecniche di scrittura ed erano caldamente invitati a produrre opere, sia in prosa che in versi, che poi venivano discusse e criticate. Per le materie scientifiche e la ricerca furono invece create delle università proletarie. Il primo istituto di questo genere fu fondato a febbraio 1918 a Mosca, città in cui A. Bogdanov occupò un ruolo fondamentale nella diffusione dei principi del proletkul’t. Infatti, una volta che il governo del soviet fu spostato a marzo da Pietroburgo a Mosca, venne a costituirsi un nuovo centro per l’organizzazione del proletkul’t, strutturato in modo migliore e dedicato anche a fornire un’adeguata preparazione ai docenti. (ivi, p. 545). Tuttavia, i conflitti d’interesse tra i leader del movimento e il

Narkompros portarono all’attuazione di una serie di misure finalizzate

all’inglobamento da parte di quest’ultimo del proletkul’t, evento che si concretizzò in autunno 1920 per volere del comitato centrale del partito comunista russo. Nonostante la strenua opposizione di alcuni attivisti, l’organizzazione vide il suo definitivo declino a ottobre 1920, in occasione del Congresso Nazionale del proletkul’t.

I rapporti tra i seguaci del proletkul’t e la vecchia intelligencija di stampo borghese furono ovviamente burrascosi, poiché basati sul radicato risentimento che le masse lavoratrici provavano nei confronti dei privilegiati. Dal canto loro gli intellettuali non erano disposti ad accettare la nascita di una produzione artistica fatta da individui senza una solida base scolastica, scrittori o artisti improvvisati incapaci di maneggiare le più elementari tecniche stilistiche. Le opere letterarie dei proletari erano giudicate acerbe e grezze, talvolta arrogantemente pretenziose,

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caratterizzate da parole usate in modo improprio e spesso banali. In effetti, nonostante vi fossero alcuni elementi talentuosi, il livello generale della produzione artistica dei sostenitori del proletkul’t era alquanto mediocre.

Nel numero del “Novyj Satirikon” dedicato a questa tema l’obiettivo principale della satira è Lunačarskij, spesso rappresentato in caricature che ne evidenziano i tratti spigolosi del volto, il naso aquilino, il mento pronunciato e lo sguardo severo e quasi diabolico. Nella seguente illustrazione ritroviamo tutti questi tratti, in più compare anche un gufo nero sulla spalla del commissario del popolo, probabilmente per rimarcare una sensazione di oscurità a lui spesso associata nelle pagine del settimanale.

Figura 14: caricatura di A. V. Lunačarskij, disegno di N. Radlov.

La stessa percezione di Lunačarskij come un personaggio malefico ed inquietante emerge anche in un racconto di Averčenko, pubblicato nel

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medesimo numero del “Novyj Satirikon”. Il commissario del popolo per l’istruzione, contornato da un arrogante gruppo di guardie rosse, mette in atto una campagna per incrementare con la forza il numero di lettori del giornale da lui edito, la “Plamja” [“La fiamma”]. La rivista, contenente testi di natura scientifico-letteraria e illustrazioni, fu fondata in seguito alla Rivoluzione d’ottobre e si caratterizzò per l’utilizzo di un linguaggio semplice, quindi accessibile alle masse, e per i marcati fini propagandistici. Ironizzando sulla scarsa popolarità che la “Plamja” aveva riscontrato, Averčenko critica il modo di agire delle nuove autorità, che appaiono qui disposte a ricorrere a metodi coercitivi pur di guadagnarsi sostenitori. Lunačarskij, in particolare, viene descritto come un despota che, incutendo terrore con le sue rimbombanti risate diaboliche, arresta un gruppo di viaggiatori e impone loro di leggere ad alta voce un intero numero del suo giornale.

«Californiani russi

L’afosa notte estiva sovrastava pesantemente il boschetto Čertyj Log mentre una carrozza che usciva da Krivyj Uročišč correva a perdifiato verso il fossato Šajtan, tirata da quattro cavalli sazi e ben nutriti…

La carrozza aveva già passato Tri Duba, aveva già girato per Sosne Visel’nik, quando all’improvviso da dietro gli alberi si sentì un rumore, delle voci fioche, cominciò a baluginare il fuoco di una torcia, e nella raduna sbucarono una caterva di baldi giovani…Erano circa una dozzina di persone, armate fino ai denti, cupe, risolute.

- Fermo! – tuonò una possente voce. – Taglia le tirelle!! Lega il cocchiere!! Si rannicchiò anche il bosco oscuro, vedendo questo evento sinistro.

- Tira fuori i passeggeri dalla carrozza – ordinò il leader. – Quanti sono?! Quattro? Mani in alto compagni!

Le donne tirate giù dalla carrozza piangevano, gemevano e chiedevano aiuto; gli uomini si mantennero più calmi; uno di loro, piazzato e barbuto, guardò attraverso l’infida luce della fiaccola il leader e il suo aiutante, e all’improvvisò sobbalzò con le mani alzate.

- O Dio! Cosa vedo! Lunačarskij! Perbacco siete arrivato a questo?!

- Ah Ah Ah! – scoppiò in una rozza risata Lunačarskij. – Ora non è tempo di fare chiacchiere. Dite, che volete: la vita o la morte?

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Tutti i viaggiatori, senza neanche mettersi d’accordo, esclamarono all’unisono: -Vita!

- Ah ah ah! – risuonò per il bosco la malvagia risata di Lunačarskij. – Vedo che non siete degli stolti. In questo caso, dovete eseguire ciò che vi viene chiesto.

- Oh, prendeteci tutto: soldi, brillanti – dissero mettendosi in ginocchio le donne – ma non ci uccidete!

Era evidente come, davanti alla luce della fiaccola, gli occhi dell’aiutante brillarono di gioia; ma Lunačarskij lo mise severamente in disparte e, facendo un grande gesto da Proletkul’t, esclamò:

- No, no! Il nostro compito è idealista!! Niente soldi. Ehi segretario della redazione! I passeggeri sono tutti legati?

- Si, massa.

- Non possono reagire? - No, massa.

- Quindi non possono scappare? - No, massa.

- Allora cominciamo. Chi ha il giornale? - Il segretario, massa.

- Questo massa è un male *), - barzellettò Lunačarskij, scoppiando in un’amara risata. – Avrei preferito che la massa non fosse il segretario, ma i lettori!

E anche tutta la serqua dei dodici collaboratori scoppiò a ridere. - Quindi, noi siamo vostri prigionieri? – chiese il passeggero piazzato. - Perché delle parole così forti; voi adesso siete semplicemente dei lettori del mio giornale “Plamja”. Chi di voi sa leggere?

- Tutti sappiamo – risposero cupamente i passeggeri. Una leggera invidia balenò sulle facce delle guardie rosse. - Ma guarda te! – sospirò uno.

- Date questo ultimo giornale – ordinò Lunačarskij. Bene – Leggete.

110 - “Plamja”, giornale proletario…Vado avanti? - Leggi tutto! – lo sgridò Lunačarskij.

- «Social-traditori. Coloro che sono conformisti o sostenitori di Kornilov non sono quelli che chiamiamo l’avanguardia della rivoluzione russa, la quale è bellezza e orgoglio!».

Questa era l’indimenticabile scena piena di selvaggia e bizzarra bellezza: Sul ciglio del fosso la massiccia carrozzeria della carrozza si oscurò; nella piccola radura, circondata da alberi centenari, si era raggruppata una crocchia di persone, nelle più svariate posture, illuminata dalla luce rossa di una fiaccola; Su un albero abbattuto da una tempesta sedevano in fila i quattro prigionieri, e uno di loro, chinato sul giornale, leggeva con voce tremante delle cose assurde nel silenzio di questo bosco secolare: “della piccola borghesia conformista”, “dell’arte proletaria”, o “del sabotaggio dell’intelligencija”.

All’orizzonte, tra gli alberi, già sbucava un pallido raggio di sole, mentre i passeggeri terminarono di leggere la lettura della “Plamja”.

- Avete letto tutto? – chiese Lunačarskij al segretario della redazione. - Letto tutti, massa.

- Lui ha letto la “Plamja”? - Si, massa.

- Quindi, lui è un lettore della “Plamja”? - Si, massa.

- E gli altri, che hanno ascoltato, possono essere considerati lettori della “Plamja”?

- Si, massa.

- Bene, - sospirarono leggermente e a pieno petto Lunačarskij e il segretario. – Allora che questi dannati giornali borghesi chiudano la bocca e non gridino, che nessuno legge la “Plamja”. Scioglieteli, che vadano… Dopo poco il cocchiere e i passeggeri furono liberati, le tirelle rimesse a posto e la carrozza, facendo fragore, si diresse nuovamente verso Sosne Visel’nik.

- Quattro - borbottò pensieroso Lunačarskij, osservando la traccia lasciata dalla carrozza. – E ieri quanti ne abbiamo acchiappati?

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- Oh! Quindi significa che, in due giorni di quanto si è alzata la quantità di lettori?

- E’ raddoppiata. Fino a ieri c’erano soltanto dieci lettori, e adesso già il doppio!!

- Altri due anni di questo lavoro e arriveremo a mille lettori.

- Di più! Se ogni giorno ne pescassimo cinque, in tutto raggiungeremo i tremila!

- Benissimo! Allora non perdiamo di vista gli spiccioli del popolo…Forse anche loro adesso stanno questionando sul fatto che esiste una letteratura proletaria?..

Rimasero in meditazione, abbassando le loro teste bacate da promotori del

proletkul’t.

Si fece giorno.

*) Massa, nella lingua dei negri africani significa signore.»59 (N. S. 1918, n°13, giugno) 59 «РУССКИЕ КАЛИФОРНИЦЫ. Темная летняя душная ночь тяжело висела над перелеском Чортова Лога, в то время, когда выехавший из Кривого Урочища дилижанс во всю мочь летел к оврагу Шайтана, влекомый четверкой сытых, хорошо накормленных, лошадей...Дилижанс уже проехал Три Дуба, уже сделал поворот и помчался к Сосне Висельника, как вдруг за деревьями посышался кокой-то шум, хриплые голоса, замелькал огон смоляного факела, и на поляну высыпала ватага молодцов...Было их человек двенадцать, вооруженных до зубов, мрачных, решительных. - Стой! - прогремел мощный голос. - Режь постромки!! Вяжи кучера!! И притаился темный лес, глядя на ночное черное дело. - Тащи пассажиров из дилижанса, - скомандовал предводитель. - Сколько их?! Четверо? Руки вверх, товарищи! Извлеченные из дилижанса женщины плакали, стонали и вопили о помощи; мужчини держались спокойнее; один из них, солидный бородач, вгляделся при неверном свете факела в предводителя, в его помощника и вдруг всплеснул поднятыми руками. - Боже! Что я вижу! Луначарский! Неужели вы дошли до этого?! - Хо-хо-хо! - разразился грубым смехом Луначарский. - Не время тепер растабарывать. Говорите, чего хотите: живота или смерти? Все путешественники, даже не сговариваясь, пожелали в один голос: - Живота! - Хо-хо-хо! - разнесся по лесу зловейщии смех Луначарского. - Вы, я вижу, не дураки. В таком случае, вы должны исполнить то, что от вас потребуют. - О, возьмите у нас все: деньги, бриллианти, - сказали, падая на колени, женщины, - только не убивайте нас! Было видно, как при свете факелов глаза помощника сверкнули радостью: но Луначарский сурово отстранил его и, сделав широкий пролеткультский жест, воскликнул: - Нет, нет! Наше дело идейное!! Никаких денег. Эй, секретарь редакции! Все пассажиры связаны? - Да, масса. - Сопротивляться не могут? - Нет, масса. - И убежать не могут? - Нет, масса. - В таком случае, начнем. У кого журнал?.. - У секретаря, масса. - Это и плохо, что масса *), - сострил Луначарский, разражаясь горьким смехом. - Я предпочел бы, чтобы масса была не у секретаря, а у читателей! И все двенадцать дюжих сотрудников тоже разразились хохотом. - Итак, мы ваши пленники? - спросил солидный пассажир. - Зачем такие громкие слова; вы тепер просто читатели моего журнала "Пламя". Кто из вас грамотный? - Все грамотные, - сумрачно ответили пассажиры. Легкая зависть промелькнула на

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In un altro articolo pubblicato nello stesso numero e firmato da Vladimir Azov (pseudonimo di Vladimir Aleksandrovič Aškinazi) viene trattato il tema dell’etimologia e il significato della parola proletkul’t. Scomponendo il sostantivo stesso in diversi modi, l’autore crea dei giochi di parole mirati a distruggere la rispettabilità dell’organizzazione e dei suoi più illustri teorici. Il testo, che è scritto sotto forma di un “articolo per il dizionario enciclopedico”, come suggerisce il sottotitolo, si conclude con l’accezione che la redazione del “Novyj Sattirikon” darebbe al termine. A loro parere la migliore via interpretativa sarebbe quella di pensare il sostantivo proletkul’t come costituito dal sostantivo prolet [proletariato] e dall’aggettivo kul’tjapyj, a sua volta derivante dal termine kul’tja [moncherino]: tale derivazione è un chiaro attacco satirico dell’autore all’infima qualità dell’arte prodotta dal proletariato.

лицах красногвардейцев. - Ишь ты, - всдохнул один. - Дайте вот этому крайнему журнал, - скомандировал Луначарский. Пусть - читает. Крайний пассажир взял в руки журнал и с недоумением прочел: - "Пламя", пролетарский журнал...Что же дальше? - Все читай! - рявкнул Луначарский. - "Социал-предатели. Которые соглашатели и которые корниловцы это не те, что скажем авангард русской революции, который краса и гордость!.." Это была незабываемая картина, полная дикой своеобразной красоты: на краю у оврага чернел массивный кузов дилижанса; на маленькой плошадке, окруженной столетними деревьями, сгруппировалась кучка людей, в самих разнообразных позах, освещенная красным светом факелов; на поваленном бурей дереве сидели в ряд четверо пленников, и один из них, близко наклонившись к журналу, дрожащим голосом читал страннозвучащие в этой вековой лесной тиши строки: "о мелкобуржуазных соглашателях" о "пролетарском искусстве" и о "саботаже интеллигенции". На горизонте, между деревьями, уже показалась бледная полоска разсвета, когда пассажир кончил чтение "Пламени". - Все он прочел? - спросил Луначарский у секретаря редакции. - Все прочел, масса. - Он читал "Пламя"? - Да, масса. - Значит, он читатель "Пламени"? - Да, масса. - И других, которые слушали, тоже можно считать читателями "Пламени"? - Да, масса. - то-то, - облегченно, полной грудью, вздохнули Луначарский и секретарь. - Пусть же эти проклятые буржуазные газеты заткнут глотки и не кричат, что "Пламени" никто не читает. Развяжите их, пусть едут... После недолгой возни, кучер и пассажиры были развязаны, постромки исправлены, и дилижанс, громыхая, сново покатился к Сосне Висельника. - Четверо, - задумчиво прошептал Луначарский, глядя в след дилижансу. - Да, вчера сколько поймали? - Шестерых. - Ого! Это, значит, за два дня на сколько поднялось количество читателей? - Вдвое. До вчерашняго дня было только десять читателей, а нынче уже вдвое!! - Еще года два такой работы и до тыссячи читателей дотянем. - Больше! Ежели каждый день по пол десятка ловить, то и за все три тыссячи перевалит! - Здорово! Значит, не пропадут зря народные денежки...Неужели, они и тепер будут спорить, что пролетарская литература существует?.. Стояли в раздумье, опустив пролеткультяпные головы. Светало.»

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«Proletkul’t

(articolo per il dizionario enciclopedico)

Proletkul’t, sostantivo di genere maschile.

Il significato e l’origine della parola proletkul’t non sono del tutto chiari, ma diversi studi attribuiscono a questa parola quel significato che deriva dalla sua origine.

Alcuni ritengono che il proletkul’t sia il culto del “prolet”, cioè del proletariato, o, detto in altre parole, la divinizzazione di tutto il proletariato o che parte dal proletariato. In questo senso, chiamano il nostro tempo il periodo o l’epoca del proletkul’t.

Ma la nostra epoca la chiamano anche epoca del proletkul’t e dei colti, che pensano che proletkul’t provenga dalla combinazione della parola” kul’t” o “kul’tura” con la parola “proljot” (volo), e che interpretano l’espressione

proletkul’t come un volo o, come dire, la partenza (verso la rovina per

esempio) di ogni culto e di ogni cultura. Questi studiosi lo pronunciano quindi non proletkul’t, ma “proljotkul’t”; A questa scuola aderiscono anche i dotti, che fanno risalire il significato del termine proletkul’t dalla preposizione “pro”, dal nome del dimenticato fiume “Leta” e dal sostantivo “kul’t” (cultura). Secondo loro la parola proletkul’t simboleggia in questo senso l’immersione della cultura nel fiume Leta. In tal modo, secondo l’interpretazione di un gruppo di professori, il palazzo del proletkul’t è un luogo in cui il proletariato idoleggia se stesso, mentre per altri, il palazzo del

proletkul’t è uno stabilimento con dei tubi molto alti e stretti, in cui è volata

la cultura. In campo scientifico hanno tentato di far derivare il significato della parola proletkul’t dalla combinazione dell’espressione “kul’t” e “proletka” (carrozza). Secondo questa interpretazione, il proletkul’t è il “culto della carrozza”, o, più comunemente, il culto della passeggiata in carrozza, che in realtà ha oggigiorno parecchi seguaci tra il proletariato, come il “motokul’t”, cioè il culto delle girate in motore.

Negli interessi di una ricerca completa è necessario menzionare anche la completa arbitrarietà, secondo la nostra interpretazione, per cui l’espressione proletkul’t proviene dal sostantivo “prolet” (proletariato) e dall’aggettivo “kultjapyj” (mozzato).»60 (N. S. 1918, n°13, giugno)

60 «ПРОЛЕТКУЛЬТ. (СТАТЬЯ ДЛЯ ЭНЦИКЛОПЕДИЧЕСКОГО СЛОВАРЯ). Пролеткульт, сущ., мужск. рода. Значение и происхождение слова пролеткульт не очень ясно, и различные учение приписывают этому слову то значение, которое вытекает из его произхождения. Некоторые полагают, что пролеткульт это культ пролета, т. е. пролетариата, иначе говоря - обожествление всего пролетарского или от пролетариата исходящего. В этом смысле наше время называют временем или эпохою пролеткульта. Но называют также нашу эпоху, эпохою пролеткульта ученые, полагающие что речение пролеткульт происходит от сочетания слова культ или культура со словом пролет и которые понимают под выражением пролеткульт-

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Un ulteriore aspetto criticato del proletkul’t fu quello della parvenza culturale attribuita ai vari club, circoli letterari, università e biblioteche. Sotto le lezioni frontali e la lettura di libri si nascondeva infatti un’intensa attività politica, fomentata dal forte legame tra le tematiche trattate e le problematiche che affliggevano quotidianamente i lavoratori. Tale concezione emerge chiaramente in un’immagine che ritrae Puškin, Gončarov e Lermontov al cospetto di un gruppetto di proletari, i quali negano ai tre illustri rappresentanti dell’epoca d’argento della letteratura russa l’ingresso ad una biblioteca. I tre rispettabili scrittori non vengono ammessi, poiché hanno seguito linee politiche diverse rispetto a quelle dettate dal partito e, nel caso specifico, da Lunačarskij. Il messaggio appare quindi chiaro: l’ideologizzazione politica ha totalmente preso il sopravvento sulla cultura.

пролет или так сказать вылеть (в трубу, например) всякого культа и всякой культуры. Эти ученые и выговаривают не пролеткульт, а пролёткульт; к этой школе примыкают и ученые, производящие значение пролеткульт от предлога про, названия реки забвения - Лета и существительного культ (resp. культура). По их мнению слово пролеткульт обозначает таким образом погружение культуры в Лету. Таким образом, по толкованию одной группы преподавателей, - дворец пролеткульта есть здание, в котором пролетариат сам себе поклоняется, а по толкованию другой - дворец пролеткульта есть учреждение с очень высокой и узкой трубой, в которую вылетела культура. В науке наблюдались еще попытки вывести значение слова пролеткульт из сочетания речения культ и пролетка. По этому толкованию, пролеткульт есть культ пролетки распространительно - культ катания на лихачах, имеюший двействительно в настоящее время очень много последователей среди пролетариата, как и мотокульт - т. е. культ катания на моторах. В интересах полного обзора надо упомянуть и о совершенно произвольном, по нашему мнению толковании, в силу которого речение пролеткульт производится от существительного пролет (пролетариат) и прилагательного культяпый.»

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Figura 15: disegno di V. Lebedev.

«- E voi chi sareste? Puškin, Gončarov, Lermontov? Non accettiamo kamer-junker, pomeščiki e guardie bianche senza un mandato del compagno Lunačarskij.»61 (N. S. 1918, n°13, giugno)