• Non ci sono risultati.

3. L’espansione del fenomeno fascista

3.2. La dittatura fascista

Nonostante la crisi di governo e la diminuzione della popolarità di Mussolini in seguito all’uccisione di Matteotti756, le parole pronunciate in parlamento segnano

751 R. Balzani, A. De Bernardi, Storia del mondo contemporaneo, cit., p. 126.

752 A. Aquarone, L’organizzazione dello Stato totalitario, cit., p. 47; P. Milza, Mussolini, cit., pp.

386-387.

753 L. Salvatorelli, G. Mira, Storia d’Italia nel periodo fascista, cit., p. 331 754 P. Milza, Mussolini, cit., p. 387.

755 E. Collotti, L’antifascismo in Italia e in Europa (1922-1939), cit., p. 33.

756 P. Milza, op. cit., p 379; P. Pombeni, Demagogia e tirannide. Uno studio sulla forma-partito del

fascismo, Bologna, Il Mulino, 1984, p. 90; S. Lupo, Il fascismo. La politica di un regime totalitario,

la svolta in direzione dell’instaurazione della dittatura «con la vittoria sulle forze politiche democratiche»757. Una serie di provvedimenti, noti per “leggi

fascistissime”, decretati tra il 1925 e il 1926, modificano gli equilibri istituzionali758. Nel giro di due anni viene liquidata l’opposizione ricorrendo alla violenza fisica, al terrore, alla messa fuori legge759. Dal 31 ottobre 1926, gli attentati contro la persona di Mussolini760 servono da pretesto per abolire i giornali dell’opposizione761. Infatti, Paolo Treves, nell’opera Quello che ci ha fatto

Mussolini, pubblicata postuma agli eventi, ove si descrive il clima di panico, di angoscia e di clandestinità degli oppositori, sostiene che «l’anno, tra l’autunno ’25 e l’autunno ’26, è l’anno degli attentati, il clima adatto. Il pubblico si [chiede], ogni

757 E. Santarelli, Storia del fascismo, Vol. II, Roma, Editori Riuniti, 1967, p. 3; Sulle prime leggi

adottate contro le associazioni segrete e delle organizzazioni non fasciste cfr. S. Lupo, op. cit., pp. 191-192.

758 Ibidem.

759 R. Balzani, A. De Bernardi, Storia del mondo contemporaneo, cit., p. 126.

760 La pianificazione del primo attentato, da eseguire mentre Mussolini parla al popolo dal balcone

di Palazzo Chigi, risale al 4 novembre 1925 ed è premeditato dall’ex-deputato socialista Tito Zaniboni. L’atto non viene compiuto in quanto la polizia, informata per mezzo di una spia, arresta Zaniboni all’interno dell’albergo da dove avrebbe dovuto sparare con un’arma di precisione. Il 7 aprile 1926 è la volta di un’anziana Violet Gibson, di origine irlandese, che spara a Mussolini mentre esce dal Palazzo dei Conservatori in Campidoglio. Questa volta Mussolini viene ferito al naso, ma si salva di nuovo da un colpo mortale. L’11 settembre 1926, l’anarchico Gino Lucetti lancia una bomba a mano all’automobile di Mussolini mentre passa nel piazzale di Porta Pia, che rimbalza e scoppia a distanza. L’autore dell’attentato è percosso dalla folla e arrestato. Infine, il 31 ottobre 1926 Anteo Zamboni, un giovane di 16 anni spara a Mussolini mentre è diretto verso la stazione di Bologna in automobile scoperta, ma il colpo si perde nel vuoto sfiorando soltanto gli abiti del duce, invece il ragazzo viene linciato dai fascisti presenti (L. Salvatorelli, G. Mira, Storia d’Italia nel

periodo fascista, cit., pp. 340-342; 353-355; 357-358).

761 Dopo il discorso di Mussolini del 3 gennaio 1925, da subito sono adottati provvedimenti in

relazione alla stampa, il 5 gennaio 1925. Il ministro dell’interno Luigi Federzoni, applicando le disposizioni del decreto-legge sulla stampa adottato nel 1923, impartisce ordini ai prefetti di sospendere tutte le pubblicazioni che si ritengono contrarie all’interesse nazionale. Con la legge n. 2307, pubblicata il 31 dicembre 1925 sulla «Gazzetta Ufficiale», vengono modificate le regole sull’esercizio dell’attività pubblicistica, istituendo la figura del direttore responsabile penalmente e l’Albo di iscrizione per appartenere all’Ordine dei giornalisti. La regolamentazione sottopone la selezione dei candidati al vaglio del prefetto, di modo che il profilo dei destinatari sia controllato alla luce dei cosiddetti “interessi della Nazione” (P. Murialdi, La stampa del regime fascista, Roma- Bari, Laterza, 2008, p. 7). Numerosi sono i giornali soppressi a Roma «Il Mondo» e la «Voce Repubblicana», a Milano l’«Avanti!», l’«Unità», «Battaglie sindacali», a Torino «La Stampa» e l’«Ordine Nuovo», a Genova «Il Lavoro», a Venezia il «Gazzettino», a Palermo il «Giornale di Sicilia» e «L’Ora», e altri a Verona, a Brescia, a Bolzano» (L. Salvatorelli, G. Mira, op. cit., pp. 357-358).

tanto, quando [ci sarà] l’attentato nuovo. Perché ormai la cosa [sembra] periodica e organizzata»762.

Con l’instaurazione della dittatura, il fascismo, rispetto alle origini, si ritaglia in campo politico una sua autonomia dalla base sociale di sostegno. Difatti, lo sviluppo del regime è fortemente caratterizzato da una sua peculiare logica e una specifica esplicazione che investe non solo le istituzioni, ma l’intera sfera economica e sociale763. Il periodo cruciale di trapasso allo stato fascista si concentra tra il 1925-1929. Dall’edificazione dello Stato autoritario e totalitario si produce una nuova fase politica e una rottura nella stabilità dello Stato liberale764.Artefici dei provvedimenti più incisivi sono i nazionalisti Luigi Federzoni, ministro dell’Interno, e Alfredo Rocco, ministro della Giustizia, con una visione statalista e autoritaria del potere765. Attraverso il vasto potere concesso al governo di valersi della funzione legislativa766 si perviene ad una celere revisione dei codici, al

762 P. Treves, Quello che ci ha fatto Mussolini, Manduria, Lacaita, 1996, p. 37. 763 P. Milza, S. Berstein, Storia del fascismo, cit., p. 227.

764 Le radici del totalitarismo fascista, secondo Emilio Gentile, sono rintracciabili a partire

dall’affermazione al potere del “partito milizia” nella sua azione ambivalente di dissoluzione dell’ordinamento precedente e costruzione del regime fascista. Tuttavia, tendenzialmente gli storici rinvengono nell’anno 1925 l’avvio dell’edificazione del regime, che si realizza in maniera progressiva e costante fino allo scoppio della seconda guerra mondiale. Sono meno lineari, invece, le interpretazioni degli storici su quale fase dell’azione del PNF sia da individuare la rottura con l’ordinamento precedente, mentre è consolidata la convinzione che la natura del regime fascista sia essenzialmente differente rispetto a quello liberale, nonostante la preservazione di alcune strutture (E. Gentile, La via italiana al totalitarismo. Il partito e lo Stato nel regime fascista, Roma, Carocci, 2008, pp. 134-135).

765 Il contributo dei nazionalisti, secondo Franco Gaeta, in particolare di Alfredo Rocco, è un

elemento fondamentale della costruzione dello Stato autoritario in senso conservatore. Le loro teorie sulla società organica e sulla centralità dello Stato, collocate nella tradizione di destra, vengono applicate nella legiferazione dopo il ’25 e diventano parte integrante della politica economica e della trasformazione delle istituzioni liberali. Pertanto, in merito alla controversia sulla natura del fascismo, lo storico non riconosce nel trapasso al regime e nella politica fascista nessun elemento rivoluzionario (F. Gaeta, Democrazie e totalitarismi dalla prima alla seconda guerra mondiale, cit., pp. 299-300).

766 I poteri in campo giuridico estesi all’esecutivo dalla legge 100 del 1926 dipendono dal

conferimento al capo del governo di un ruolo centrale nell’indirizzo politico del paese. Tuttavia, oltre a dare una «sanzione giuridica alla preminenza del governo», tende a stabilire maggior ordine nella produzione legislativa. Nell’epoca precedente una vasta produzione normativa causa un’«estrema confusione» e i decreti-legge vengono frettolosamente adottati, perciò sono meno elaborati e controllati rispetto ai regi-decreti, che invece vengono sottoposti al vaglio del Consiglio di Stato e predisposti con un’adeguata regolamentazione della loro sfera applicativa. Tuttavia, oltre a ciò, introduce la facoltà dell’esecutivo di modificare le leggi entrate in vigore e “aventi forza di legge formale” che hanno come oggetto materie di sua competenza. Un principio escluso nell’ordinamento liberale (A. Aquarone, L’organizzazione dello Stato totalitario, cit., pp. 77-79).

riordinamento gerarchico delle amministrazioni locali767 e alla selezione della

burocrazia. I partiti, con le disposizioni sulla pubblica sicurezza del 5 novembre 1926, sono dichiarati illegali e il mandato dei centoventi deputati della secessione dell’Aventino il 9 novembre è annullato per decadenza768.

A partire dal 25 novembre 1926 viene introdotta la pena di morte per chi attenta alla vita della famiglia reale e del capo del governo e per gli autori di azioni sovversive, demandando la funzione giudiziaria al neocostituito Tribunale Speciale per la difesa dello Stato769. Inoltre, vengono rafforzati il controllo e le misure di punizione con la previsione del confino di polizia e si consolida l’apparato di sicurezza pubblica con l’istituzione dell’Ovra (Organizzazione Vigilanza e Repressione antifascisti)770, che sul piano effettivo comportano per chi esprime avversione o critica al “sistema-pensiero” fascista e per gli avversari politici di tutte le tendenze, dai marxisti ai democratici e i repubblicani, severe condanne e spietata persecuzione771. Quindi si adotta un sistema di repressione contro le associazioni

767 L’elezione democratica delle amministrazioni viene abolita nei mesi tra febbraio - aprile 1926.

Innanzitutto, il prefetto è trasformato nella «più alta autorità dello Stato nelle province» per la «sorveglianza e la coordinazione, ai fini dell’unità dell’indirizzo politico, dei vari servizi dell’amministrazione dello Stato». Da febbraio 1926, prende avvio la riforma nelle amministrazioni che si applica ai comuni con un numero di abitanti fino a 5000 e da settembre 1926 si allarga a tutto il territorio dello Stato italiano. I poteri della giunta, del consiglio comunale e del sindaco sono concentrati nella figura del podestà, a cui viene riconosciuto un mandato di cinque anni e gli viene dato la nomina dall’alto, con decreto-regio. Può, in caso di parere favorevole del prefetto, servirsi di una consulta municipale con un ruolo meramente consultivo, formata da almeno sei membri, selezionati in parte dal prefetto e per due terzi dai gruppi economici e sindacali locali. Esercita la sua funzione in collaborazione con la giunta provinciale amministrativa e il prefetto, dai quali è tenuto a ricevere la ratifica sulle sue disposizioni legislative. Mentre, la riforma complessiva viene attuata nel 1928, coinvolgendo le amministrazioni provinciali alla «completa subordinazione degli enti autarchici al potere», e provvedendo all’eliminazione delle cariche elettive in sede locale (Ivi, pp. 85-87). Cfr. P. Milza, S. Berstein, La storia del fascismo, cit., pp. 169-171.

768 Per un elenco dei deputati decaduti cfr. L. Salvatorelli, G. Mira op. cit., p. 360; De Grand, Storia

del Fascismo, cit., pp. 66-68; S. Lupo, Il fascismo. La politica in un regime totalitario, cit., pp. 208-

216).

769 Cfr. C. Longhitano, Il Tribunale di Mussolini. Storia del Tribunale Speciale 1926-1943, Roma,

ANPPIA, 1995.

770 A. Rondina, Giovanni Marinelli. Una carriera nell’ombra del regime, Roma, Apogeo, 2014, p.

42.

771 R. Balzani, A. De Bernardi, Storia del mondo contemporaneo, cit., p. 126. Cfr. S. Lupo, Il

fascismo. La politica di un regime totalitario, cit., pp. 191-192. Sulla repressione Cfr. M. Canali, Repressione e consenso nell’esperimento fascista, in E. Gentile (a cura di), Modernità totalitaria: il fascismo italiano, Roma, Laterza, 2008, pp. 56-85; L. Lacchè (a cura di), Il diritto del Duce. Giustizia e repressione nell’Italia fascista, Roma, Donzelli, 2015; G. Tosatti, La repressione del dissenso politico tra l’età liberale e il fascismo. L’organizzazione della polizia, in “Studi Storici”,

massoniche, le organizzazioni di partito e la libera pubblicazione dei giornali, e si rafforza l’attività di vigilanza sui soggetti ritenuti “pericolosi” per la sicurezza dello Stato. Oltre a ciò, vengono istituiti nuovi organismi e si modifica il diritto alla cittadinanza, negandola ai fuoriusciti772.

La figura del capo del Governo, con l’adozione delle “leggi fascistissime”, risulta collocata in alto e «al centro dell’architettura istituzionale»; detiene il controllo del potere esecutivo in quanto non dipende più dal parlamento ed è responsabile soltanto di fronte al re773. Dal 6 novembre 1926 si stabilisce il reato di

gennaio-marzo 1997, n. 1, pp. 217-255. Sul confino cfr. C. Poesio, Il confino fascista. L’arma

silenziosa del regime, Roma-Bari, Laterza, 2011; C. Ghini, A. Dal Pont, Gli antifascisti al confino 1926-1943, Roma, Editori Riunti, 1973. Sull’Ovra cfr. M. Franzinelli, I tentacoli dell’Ovra: agenti, collaboratori e vittime della polizia politica fascista, Torino, Bollati Boringhieri, 1999; Id., Delatori, spie e confidenti anonimi. L’arma segreta del regime fascista, Milano, Mondadori, 2001; Id. (a cura

di), L’elenco dei confidenti della polizia politica fascista, Torino, Bollati Boringhieri, 2002; M. Canali, Le spie del regime, Bologna, Il Mulino, 2004; G. Leto, Ovra: fascismo e antifascismo, Bologna, Cappelli, 1951; N. Marino, E. V. Marino, L’Ovra a Cinecittà. Polizia politica e spie in

camicia nera, Torino, Bollati Boringhieri, 2005: P. Melograni, Rapporti segreti della polizia fascista, Roma-Bari, Laterza, 1979; F. Fucci, Le polizie di Mussolini. La repressione dell’antifascismo nell’ventennio, Milano, Mursia, 1985. Per una panoramica dei servizi segreti cfr.

R. Canosa, I servizi segreti del Duce: i persecutori e le vittime, Milano, Mondadori, 2000.

772 Carocci, Storia del fascismo, cit., p. 39; A. Aquarone, L’organizzazione dello Stato totalitario,

cit., pp. 104-105.

773 La posizione dell’esecutivo rispetto al parlamento e la nuova qualifica del capo del governo sono

definiti dal disegno di legge del 18 novembre 1925 e dalla legge n. 100 del 31 gennaio 1926. Nell’esercizio del potere esecutivo, la prerogativa di legiferare è strettamente connessa alla modifica della configurazione del ruolo del presidente del Consiglio, che si trasforma nella formula del capo del Governo. La posizione del primo ministro muta sia in rapporto ai ministri, sia al parlamento, trasferendo, con la legge del 1925, nelle mani del capo del Governo l’indirizzo politico ed elevando la sua posizione rispetto agli altri ministri. Mussolini non è più un primus inter pares, ma «unico depositario della fiducia della Corona», verso il quale gli altri ministri sono responsabili nella stessa misura in cui lo sono di fronte alla Corona. Pertanto, non esiste più il Governo di gabinetto dell’ordinamento liberale sostenuto dal principio secondo cui «i ministri sono responsabili della collegialità dell’istituzione e delle proprie decisioni». Considerando che «l’indirizzo generale del governo» è completamente dettato dal capo del Governo e la nomina e la revoca dei ministri spetta al re su indicazione dello stesso, una crisi di governo determina semplicemente il ricambio nella compagine ministeriale. Inoltre, è nelle competenze del capo del governo determinare «il numero, la costituzione e le attribuzioni dei ministeri», così come assumere la guida dei vari ministeri, dopo la ratifica con il decreto reale. In relazione al parlamento, il potere esecutivo, concentrato nelle mani del capo del Governo, acquista un ruolo preminente dato che quest’ultimo non è più vincolato dal rapporto di fiducia perché soltanto la Corona detiene l’autorità di destituirlo. In aggiunta, la facoltà di stabilire qualsiasi tematica all’ordine del giorno per le due Camere può essere esercitata soltanto previo parere favorevole del capo del Governo. Invece, dal canto del capo del Governo, una proposta di legge respinta può essere ripresentata, passato il termine di tre mesi dal rigetto. A completare il processo di centralizzazione del potere nel capo del Governo concorre la legge del 1926, che estende la facoltà al potere esecutivo «di emanare norme aventi forza di legge in caso di urgenti necessità di difesa dello Stato, di tutela dell’ordine pubblico, della sanità pubblica, della pubblica finanza, e della pubblica economia», allargando in questo modo la sfera d’applicazione del «Decreto Reale, avente

associazione e il partito fascista è trasformato nel partito unico all’interno dello Stato, mentre da dicembre il fascio littorio viene statuito ufficialmente emblema dello Stato e nello stesso mese inizia la numerazione dei documenti dell’amministrazione con l’era fascista774. Sempre nel corso del 1926, viene

definita nella sede del Gran Consiglio, organo intermediario tra il governo e il partito, la funzione organizzativa e di impulso nella vita nazionale del partito e la sua struttura di ordine prettamente gerarchico. Il PNF è assoggettato “agli ordini dello Stato”, sottoposto alla guida di Mussolini, “Capo Supremo”, e all’indirizzo del Gran Consiglio, presieduto dallo stesso duce. La coesistenza fra Stato e partito è conclusa alla fine del 1928, con l’assegnazione dei poteri costituzionali al Gran Consiglio, sanzionando un organo di partito come «organo supremo dello Stato» e la preminenza della figura del duce in entrambe le strutture775. La prima fase della stabilizzazione della dittatura si completa dopo l’ammissione e l’estensione del sindacalismo fascista su tutto il territorio e sull’intera gamma dei rapporti di lavoro, regolati dai contratti collettivi e dai principi sanciti nella Carta del Lavoro del 21 aprile 1927; l’adozione di una nuova legge elettorale nel maggio del 1928, che di fatto è un plebiscito776; infine, la Conciliazione con la Chiesa Cattolica in conseguenza della stipula dei Patti Lateranensi a febbraio del 1929. Non meno importanti sono i provvedimenti in materia economica sulla ‘quota 90’, sulla

forza di legge». Al potere esecutivo sono conferite «attribuzioni conformi alla sua particolare indole di potere immanente e continuativo dello Stato, tutore delle supreme, inderogabili esigenze, la cui soddisfazione si riveli di imperiosa urgenza nella multiforme e complessa vita della Nazione». Pertanto, dalla legge del 1926 si modifica il rapporto tra legislativo ed esecutivo, attribuendo a quest’ultimo un peso preminente, al cui indirizzo politico è sottoposto il parlamento. In questo modo, viene a mancare il principio della separazione dei poteri e si forniscono le basi giuridiche al «capo del Governo e capo del fascismo» di far coincidere il suo volere con quello dello Stato, dando vita alla dittatura (Camera dei deputati, La legislazione fascista, 1922-1928 (I-VII), vol. I, Segretariato Generale, Roma, 1929, pp. 74-75; G. Simone, Il guardasigilli del regime. L’itinerario politico e

culturale di Alfredo Rocco, Milano, Franco Angeli, 2012, pp. 180-184; A. Aquarone, L’organizzazione dello Stato totalitario, cit., pp. 75-78). Cfr. A. Lyttelton, La conquista del potere. Il fascismo dal 1919 al 1929, Bari, Laterza, 1974, p. 170.

774 P. Milza, S. Berstein, op. cit., p. 131. 775 Ivi, p. 233.

776 Cfr. R. De Felice, Mussolini il fascista, vol. 2, L’organizzazione dello stato fascista, Einaudi,

‘battaglia del grano’, sulla ‘ruralizzazione’ e sulla ‘bonifica integrale’ nelle campagne777.

Il fascismo italiano, nel nuovo decennio degli anni ’30, è un regime con una propria fisionomia riconoscibile778. Manifesta i caratteri di una “dittatura personale” fondata su una struttura gerarchica, all’interno della quale il potere si emana dal Capo e si esercita in modo monocratico e carismatico, eliminando di fatto il principio della separazione dei poteri779. Per cui, l’esecutivo risulta rafforzato e l’indirizzo politico della nazione dipende totalmente dal “capo del governo e duce del fascismo”. Infatti, dato che non è constatabile una completa fascistizzazione, l’unità del regime è sostenuta dall’«arte mediatrice e carismatica di Mussolini» e il principio di alleanza stabilito alla base del legame del fascismo con forze istituzionali come la monarchia, l’esercito, la burocrazia, e la magistratura780. A livello politico e organizzativo vi è un rigoroso inquadramento delle masse ed un elevato controllo nel campo della cultura e dei mezzi di comunicazione. Invece, sul piano economico vige la formula del corporativismo, definita la terza via rispetto al modo di gestire e di dirigere la produzione con le regole del capitalismo e dell’economia pianificata del comunismo781. Altrettanto

fondamentale, nella dinamica del regime, è il ruolo rivestito dall’organizzazione del partito con la sua intrinseca struttura gerarchica impiantata nello Stato monarchico. Tale elemento fa sì che il regime sia sorretto da “due strutture” e da “due gerarchie parallele”, collegate dai poteri costituzionali conferiti al Gran consiglio del fascismo e dalla supremazia di Mussolini782. Tuttavia, l’entità statale prevale su

quella del partito nell’esercizio del potere. Non solo Mussolini predilige rivolgersi ai prefetti per l’esecuzione della sua volontà nella macchina organizzativa dello Stato, ma anche le funzioni di ordine pubblico sono ricoperte dalla polizia di Stato

777 De Grand, op. cit., pp. 74-79.

778 G. sabbatucci, V. Vidotto, Il mondo contemporaneo. Dal 1948 a oggi, cit., p. 385.

779 E. Gentile, La via italiana al totalitarismo, cit., p. 135. S. Lupo, A. Ventrone, L’età

contemporanea, cit., p. 274.

780 E. Gentile, op. cit., Ibidem.

781 G. Sabbatucci, V. Vidotto, Il mondo contemporaneo. Dal 1948 a oggi, cit., p. 356. 782 Ivi, p. 385.

e la Milizia è rivestita di un ruolo “ausiliario”783. Ciononostante, nel complesso

istituzionale ed organizzativo dello Stato, sebbene il partito sia sprovvisto di autonomia politica risulta la colonna portante degli obiettivi politici rivoluzionari fascisti784. I caratteri fondamentali dell’«ideologia totalitaria»785 del fascismo si manifestano nei tentativi di dare un’organizzazione nuova alla comunità, nella mobilitazione permanente e nell’idea della trasformazione antropologica dell’uomo786. Quindi, per il partito significa «occuparsi di ogni settore della vita

civile (…) degli universitari, della cultura dei giovani, del tempo libero, delle donne e delle varie, ma numerose, categorie di impiegati», e, inoltre, «dare al Regime la classe dirigente»787. L’attualizzazione di una rivoluzione politica, secondo Emilio Gentile, è un obiettivo intrinseco al fascismo che si riscontra nell’implementazione di un progetto politico che prende forma attraverso la trasformazione dell’impianto istituzionale dello Stato e delle sue finalità, l’instaurazione di una nuova tipologia di comando, «di dominio politico assoluto», per costruire uno “Stato nuovo” in cui sia portato a compimento il mutamento del carattere degli italiani, sia saldata la società nello Stato e scaturisca una “nuova civiltà politica”788.L’idea di rivoluzione

783 Ibidem. Cfr. S. Lupo, Il Fascismo. La politica in un regime totalitario, cit., p. 263 sgg.; G.

Sabbatucci, V. Vidotto (a cura di), Storia d’Italia. 4. Guerre e fascismo, cit., p. 178 sgg.

784 E. Gentile, La via italiana al totalitarismo, cit., p. 134. La presenza della Chiesa costituisce una

delle barriere principali agli scopi totalitari del fascismo. Constatando ciò, gli studiosi escludono la