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3. L’espansione del fenomeno fascista

3.1. Oltre la liberaldemocrazia

Gli anni incerti tra il 1922 e il 1926 rappresentano una fase decisiva nella politica italiana per il passaggio dal liberalismo al fascismo 719. In tale periodo, di fronte ai tentativi di distruggere i mezzi democratici del pluralismo politico e di rendere illegale ogni forma di opposizione da parte del PNF, per istaurare la dittatura in Italia, gli avversari del fascismo e i gruppi politici che credono nella

717 F. Gaeta, Democrazie e totalitarismi dalla prima alla seconda guerra mondiale, cit., pp. 292-

293.

718 Cfr. A. M. Banti, Frontiere della storia. Vol. 3. Dalla Grande Guerra alla all’età

contemporanea, Bari, Laterza, 2008.

719 F. V. Canninstraro, La fabbrica del consenso. Fascismo e mass media, Laterza, Roma-Bari,

1975, p. 11. Le istituzioni democratiche parlamentari nel periodo 1920-1922 non godono tanta fiducia nel campo della politica. Non solo sono investite di numerose critiche, ma è quasi una tendenza quella di ricorrere ad una retorica delegittimante. A prenderne le distanze principalmente sono i socialisti, i nazionalisti, i conservatori e i fascisti. Investita del loro dissenso è l’intera struttura su cui si regge il funzionamento della politica liberale: il meccanismo di rappresentanza si definisce un «falso canale» e si ritengono «un comitato d’affari» il parlamento, come luogo di formulazione delle decisioni, e la classe dirigente che agisce al suo interno. Non è inimmaginabile sostituire la rappresentanza con altri organi – uno di questi si ipotizza possa essere il sindacato – e nemmeno attendere la fine del parlamentarismo democratico (S. Mastellone, Storia della democrazia in

democrazia al confronto con gli obiettivi totalitari del fascismo sono totalmente sconfitti720.

In un clima di guerra psicologica, il 28 ottobre 1922, Mussolini rifiuta di essere il ministro di un governo Salandra e pretende di formare e guidare lui il governo. Pertanto, il 30 ottobre è convocato al colloquio con il Re per rendergli nota la lista dei ministri721, davanti al quale si pronuncia con le seguenti parole: «Chiedo perdono a Vostra Maestà se sono costretto a presentarmi ancora in camicia nera, reduce dalla battaglia, fortunatamente incruenta, che si è dovuta impegnare. Porto a Vostra Maestà l’Italia di Vittorio Veneto, riconsacrata dalla vittoria, e sono il fedele servo di Vostra Maestà»722.

Ottenuta la carica di primo ministro, Mussolini si impegna a consolidare il suo prestigio, a colpire l’immaginazione popolare723 e si propone di ridare ‘un

volto’ all’Italia, una giovane nazione nata con il Risorgimento, guidata dalla monarchia dei Savoia, reduce della Grande guerra, con profonde divisioni e critiche condizioni sociopolitiche, in un contesto in cui si consuma la lotta alla liberaldemocrazia724. Da subito, dimostra di concepire il ruolo del politico in modo completamente sconosciuto ai liberali. Arrivato a Montecitorio, luogo della manifestazione della pluralità delle componenti sociali725, mette da parte l’epicità manifestata al re e scuote le istituzioni con il discorso dell’insediamento (16 novembre 1922), dichiarando: «Potevo fare di questa Aula sorda e grigia un bivacco di manipoli: potevo sprangare il Parlamento e costituire un Governo esclusivamente di fascisti. Potevo: ma non ho, almeno in questo primo tempo, voluto»726.

720 Cfr. F. Rosengarten, The italian anti-fascist press 1919-1945, Cleveland, Ohio, The Press of

Case Western Reserve University, 1968, p. 3.

721 AA. VV, La storia. L’età dei totalitarismi e la seconda guerra mondiale, cit., pp. 178-182. 722 L. Salvatorelli, G. Mira, Storia d’Italia nel periodo fascista, cit., p. 22.

723 P. Melograni, The Cult of the Duce in Mussolini's Italy, cit., p. 225.

724 M. Gallo, Vita di Mussolini, Bari, Laterza, 1967, p. 8; Cfr. anche R. De Felice, Mussolini

rivoluzionario 1883-1920, cit., pp. 544-419.

725 Tale interpretazione del ruolo del Parlamento è presente nella «dottrina costituzionale

dominante, da Orlando in poi» (G. Sabbatucci, V. Vidotto (a cura di), Storia d’Italia. 4. Guerre e

fascismo, cit., p. 153).

726 S. Luzzatto, L’immagine del duce. Mussolini nelle fotografie dell’Istituto Luce, Roma, Editori

Nonostante lo stile aggressivo727, i liberali non reagiscono convinti di saper usare il

fascismo come antidoto verso i socialisti e i popolari, percepiti una chiara minaccia negli equilibri di governo728. Dall’altra parte, agisce da leva anche la convinzione

che il mancato appoggio al governo Mussolini avrebbe comportato l’aumento della violenza squadrista, invece accettando la sua direzione si coltiva l’auspicio di «ritornare all’ordine e alla pace», al ristabilimento della legalità e della convivenza pacifica729. Dal suo canto, Mussolini usa il metodo del bastone e della carota, perciò nella creazione del nuovo governo mantiene sostanzialmente i contrappesi su cui si regge la maggioranza negli ultimi governi liberali, composta dai liberal-democratici e dai popolari, ma non smette di servirsi della violenza intimidatoria, distruttiva e punitiva dello squadrismo730. Conferitigli i pieni poteri, dalla legge n. 1601 del 3 dicembre 1922, effettua tagli e sopprime numerosi uffici nel sistema tributario e amministrativo, portando avanti un’esigenza di riordino e di integrazione molto sentita presso l’opinione pubblica borghese731. Frattanto, come leader del partito

mira a garantire una posizione egemonica al fascismo attraverso la creazione del Gran Consiglio e della milizia732. Tuttavia, la violenza squadrista non termina con Mussolini al governo e l’istituzionalizzazione della milizia, al contrario, si estende

727 F, Chabod, L’Italia contemporanea (1918-1948), cit., p. 68. Sono pochi quelli che protestano

contro il discorso di Mussolini, definito dai socialisti Modigliani, Turati e Lazzari “un’umiliazione alla democrazia parlamentare” e dallo storico Pierre Milza “un’autentica bastonatura”. La fiducia al nuovo governo viene approvata con 306 voti contro 116. Tra gli oppositori vi sono i comunisti, massimalisti e i socialisti riformisti (P. Milza, Mussolini, cit., p. 343).

728 Sul rapporto dei liberali con i socialisti e le forze cattoliche cfr. G. De Rosa, La crisi dello Stato

liberale, Roma, Studium, 1964. Invece, sugli effetti della legge proporzionale sul sistema politico

liberale cfr. G. Sabbatucci, V. Vidotto (a cura di), op. cit., pp. 111-144.

729 G. De Rosa, Il Partito popolare italiano, Roma-Bari, Laterza, 1979, pp. 185-186. 730 Ivi, p.144.

731 A. Aquarone, L’organizzazione dello Stato totalitario, Torino, Einaudi, 1965, pp. 4-14.

732 La prima riunione ufficiale del Gran Consiglio risale al 12 gennaio 1923 al Grand Hotel di Roma, presso l’appartamento di Mussolini, ma informalmente avviene ancora prima, la sera del 15 dicembre 1922. In tale occasione si decide di legalizzare le squadre fasciste e costituire, sotto la dipendenza del presidente del Consiglio, i nuclei della “milizia per la sicurezza nazionale”. In questo modo, Mussolini può disporre di una forza armata contro ogni tipo di opposizione ed avere il controllo su un fenomeno la cui autonomia mette in pericolo la sua stessa posizione all’interno del fascismo. Invece, la Milizia volontaria per la sicurezza nazionale viene istituita col decreto approvato dal Consiglio dei ministri, il 28 dicembre 1922, convertito in legge dal R. D. 14 gennaio 1923, n. 31 e pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale» il 20 gennaio 1923, n. 31 (Ivi, p. 17). Cfr. E. Gentile, E fu subito regime: Il fascismo e la marcia su Roma, Roma-Bari, Laterza, 2012.

agli oppositori della linea egemonica del partito di ogni colore politico733. Oltre alla

violenza734, un punto di forza per addurre alle modifiche dell’ordine politico

733 R. Balzani, A. De Bernardi, Storia del mondo contemporaneo, Milano, Mondadori, 2003, p. 125.

Nella prima fase, gli obiettivi del PNF sulla costituzione di “un regime di tipo nuovo” vengono sottovalutati dalle forze politiche che sostengono il governo di Mussolini (liberali e popolari), sebbene agisca permeando le istituzioni liberali senza celare o abbandonare l’anima intransigente basata sull’idea del capo, contraria all’ordine esistente, estremista, violenta, autoritaria e militarista, avvivata dalla voce di Farinacci (E. Gentile, Le origini dell’ideologia fascista, cit., pp. 263-276). 734 Strettamente legata alla lotta contro gli avversari risulta la soppressione della libertà di stampa, condizionata drasticamente fino a corrispondere ed allinearsi dal 1926 alle direttive del fascismo. Ancora prima di arrivare al potere le squadre fasciste si scagliano contro la stampa devastando a Milano la sede dell’«Avanti!» il primo aprile 1919. Saccheggio, violenza e intimidazione si trasformano in una prassi ricorrente e strategica contro la diffusione di voci critiche al PNF e dissenzienti alla sua concezione della politica. L’editorialista Spartaco Lavagnini de «L’Azione comunista» viene ucciso a Firenze, il 27 febbraio 1921 e altre ventisette testate sono falcidiate e numerosi giornalisti antifascisti percossi e intimiditi nel corso dello stesso anno (O. Bergamini, La

democrazia della stampa. Storia del giornalismo, Roma-Bari, Laterza, 2006, p. 242). Dopo la

marcia su Roma, diversi giornali antifascisti come «Il Paese», «L’Epoca», «Il Comunista», di nuovo l’«Avanti!», subiscono l’aggressione squadrista (F. Rosengarten, The italian anti-fascist press 1919-

1945, pp. 16-17). A novembre 1922, sul giornale di Mussolini, «Il Popolo d’Italia», appaiono tre

articoli in cui si rimarca la necessità di intervenire in chiave restrittiva verso la libertà di stampa. (Gli articoli in questione sono di S. Longhi, Libertà di stampa e gerenza, in «Il Popolo d’Italia», 5 novembre 1922; Id., Libertà di stampa e sequestro, in «Il Popolo d’Italia», 9 novembre 1922; Id.,

Libertà di stampa e censura, in «Il Popolo d’Italia», 16 novembre 1922 (tratto da nota 5, cap. 5, di

G. Albanese, La marcia su Roma, Roma-Bari, Laterza, 2008). (F. Rosengarten, op. cit., pp. 10-12; N. Tranfaglia, P. Murialdi, M. Legnani, La stampa italiana nell’età fascista, cit., p. 9; M. Forno,

Informazione e potere. Storia del giornalismo italiano, cit., pp. 89-91; F. V. Canninstraro, La fabbrica del consenso, cit., p. 12; P. Costa, Pagina introduttiva. I diritti dei nemici: un ossimoro?,

in «Quaderni Fiorentini», Per la storia del pensiero giuridico moderno, n. 38, 2009, p. 21) Cfr. anche N. Tranfaglia, P. Murialdi, M. Legnani, La stampa italiana nell’età fascista, cit., p. 8; P. Allotti, Giornalisti di regime. La stampa italiana tra fascismo e antifascismo (1922-1948), cit., p. 23. M. Piraino, S. Fiorito, PRO CÆSARE. Saggio sulla dottrina fascista dello Stato come concezione

politica religiosa, Lulu.com, 2014, pp. 6-7. Il termine “totalitario” viene adoperato per la prima volta

dal liberal-democratico Giovanni Amendola in un articolo pubblicato sul quotidiano il «Mondo», il 12 maggio 1923, rileva Jens Petersen, riferendosi al disegno di legge Acerbo, che per lui andrebbe denominato “sistema totalitario”. In seguito, tra luglio 1923 e il giugno 1924, numerose personalità, come Meuccio Ruini nel «Secolo», nella «Critica Politica» e nel «Popolo», Augusto Monti nel «Mondo», e Luigi Sturzo sulla «Rivoluzione Liberale», adoperano il concetto nella stampa antifascista per esprimere un giudizio negativo sul fascismo nel suo complesso (J. Petersen, La

nascita del concetto di “Stato totalitario” in Italia, in «Annali dell’Istituto storio italo-germanico di

Trento», n. 1/1975, pp. 143-168 in nota 24 di A. Jannazzo, Il liberalismo italiano del Novecento. Da

Giolitti a Malagodi, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2003, pp. 49-51). Cfr. anche S. F. Zamponi, Lo spettacolo del fascismo, Soveria Mannelli (CZ), Rubbettino, 2003, p. 50. Sul dibattito attorno alla

categoria di regimi totalitari cfr. L. Bassani, S. B. Galli, F. Livorsi, Da Platone a Rawls. Lineamenti

di storia del pensiero politico, Torino, Giappichelli, 2012; G. Gozzini, Storia del giornalismo,

Milano, Mondadori, 2000; M. Fanchi, Identità mediatiche. Televisione e cinema nelle storie di vita

di due generazioni di spettatori, Milano, Franco Angeli, 2002, p. 75; S. Guglielmi, L’identità nazionale e i suoi confini. Riflessioni teorico-metodologiche ed evidenze empiriche sul rapporto tra appartenenza nazionale e locale in Italia, Milano, EGEA, 2018, p. 57; G. Sensales, M. Bonaiuto, La politica mediatizzata. Forme della comunicazione politica nel confronto elettorale del 2006,

esistente è rappresentato dalla base sociale che si orienta al partito fascista al momento della scalata al potere. Il PNF è capace di penetrare nelle maglie dello strato medio della società e mobilitare altresì la categoria dei lavoratori di campagna e dei disoccupati e contare sul sostegno di una parte rilevante della classe imprenditoriale735. I valori e le idee guida del PNF, oltre a ruotare intorno alla battaglia contro il socialismo e la salvaguardia dei valori nazionali, sono centrati sulla promozione di un ordine sociale nuovo secondo i principi del merito, della competenza e della gerarchia736. Difatti, la fascia sociale della piccola borghesia che prevale «nella sua base nei suoi quadri e nella sua “area”» rivendica un ruolo attivo nella politica ed è «disposta, per ottenerlo, a modificare il sistema liberaldemocratico»737.

Per affrontare gli avversari e transitare sulle vie che portano alla dittatura738, il partito fascista utilizza congiuntamente «politica terroristica» e «intervento governativo», frantumando dal di dentro le istituzioni liberali739. Il 19 novembre 1923 viene adottata la riforma elettorale Acerbo – considerata dagli storici uno dei

735 F. Gaeta, Democrazie e totalitarismi dalla prima alla seconda guerra mondiale, cit., p. 294. 736 Ibidem.

737 Ibidem.

738 F. Chabod, L’Italia contemporanea, cit., pp. 70-71.

739 E. Gentile, Fascismo. Storia e interpretazione, cit., pp. 112-113. Cfr. A. Visani, La conquista

della maggioranza. Mussolini, il PNF e le elezioni del 1924, Genova, Fratelli Frilli, 2004. Il decreto

per limitare la libertà di stampa viene adottato proprio nel periodo in cui si discute della riforma Acerbo. Una fase delicata in cui, in vista delle elezioni di aprile 1924, Mussolini da un lato si fa garante della normalizzazione, avvia trattative e si prepara per le elezioni, dall’altro esercita una forte coazione verso l’opposizione dal crescente ricorso alla violenza dello squadrismo. L’alto tasso di incertezza immesso nel sistema politico è capace di corrodere la vitalità e lo slancio degli avversari, intimiditi in parlamento e vigilati nella loro libera espressione sui mezzi di comunicazione. Verso agosto anche la stampa indipendente, come il «Corriere della Sera», diventato più critico nei confronti del fascismo, è protagonista di una «feroce campagna» fascista intimidatoria. Prima delle elezioni vengono aggrediti i liberali Francesco Saverio Nitti e Giovanni Amendola che si battono per il rinnovamento della liberaldemocrazia e denunciano il profilo politico antidemocratico del fascismo attraverso il quotidiano «Il Mondo». Al momento del dibattito sulla legge Acerbo le squadre fasciste si dicono pronte ad assalire il Parlamento nel caso in cui si esprime contrario alla legge (G. Sabbatucci, Partiti e culture politiche nell’Italia unita, cit., pp. 258-258; G. Sabbatucci, Partiti e culture politiche nell’Italia unita, cit., p. 259; G. Gozzini, Storia del

giornalismo, cit., p. 274; F. Rosengarten, The italian anti-fascist press 1919-1945, cit., pp. 35-36;

E. Marcucci, Giornalisti grandi firme. L’età del mito, Roma, Rubbettino, 1998, p. 17). Per una lettura della crisi del liberalismo e la rilevanza della violenza fascista cfr. S. Colarizi, Novecento d’Europa. L’illusione, l’odio, la speranza, l’incertezza, Roma-Bari, Laterza, 2015.

momenti più importanti del passaggio alla dittatura740 – che prevede il premio di

maggioranza per la lista vincente attraverso un quorum basso del 25%741. Una larga

maggioranza consente al fascismo di consolidare l’esecutivo e ridurre il peso dei grandi partiti (socialista e popolare) in parlamento. Perciò, nel corso della campagna elettorale e delle elezioni ad aprile 1924 la violenza fascista signoreggia nei confronti di tutti i partiti autori di qualsiasi forma di opposizione (socialisti, comunisti, popolari) e allo stesso tempo «contro le dissidenze fasciste»742. Unendo alle liste presentate dai fascisti, in cui vengono inseriti anche i liberali, la violenza minacciosa dello squadrismo e una legge elettorale vantaggiosa, il partito ottiene il 64% dei voti, che gli garantiscono «una maggioranza schiacciante»743. Ma le irregolarità, l’illegalità e la violenza che circondano lo svolgimento delle elezioni del 6 aprile 1924 non rimangono nell’ombra. Giacomo Matteotti, parlamentare del socialismo riformista, denuncia in parlamento, il 30 maggio 1924, la validità del risultato elettorale documentando il clima di violenza nei confronti dell’opposizione e i limiti imposti alle libertà politiche744. Il 10 giugno 1944, il deputato è rapito e

740 Cfr. G. Sabbatucci, op. cit., p. 241;

741 I. Pellicciari, Tra decidere e rappresentare. La rappresentanza politica dal XIX secolo alla legge

Acerbo, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2004, p. 113. Secondo la nuova legge elettorale i partiti si

presentano alle elezioni formulando delle liste che devono essere votate in un unico collegio nazionale articolato in sedici circoscrizioni. La lista in grado di ottenere la maggioranza dei voti e almeno il venticinque percento del totale, ottiene il premio di maggioranza dei due terzi dei seggi parlamentari (356), mentre le liste di minoranza conquistano con metodo proporzionale i seggi restanti (176). Perciò, la bassa quota del quorum stabilito per ottenere il premio di maggioranza permette al Pnf non solo di puntare ad una vittoria elettorale autonoma, ma pure di diventare il partito dominante in parlamento, sottraendosi dalla necessità di avere l’appoggio dei liberali o dei popolari. Invece, l’esiguo numero di seggi riservati all’opposizione sgretola il peso degli altri partiti (Ivi, p. 111)

742 S. Noiret, Campagne elettorali, in S. Rogari (a cura di), Rappresentanza e governo alla svolta

del nuovo secolo. Atti del convegno di studi Firenze, 28-29 ottobre, 2004, Firenze, Firenze

University Press, 2006, p. 84. Cfr. anche M. Severini, La campagna elettorale nelle elezioni

politiche del 1924, partiti politici di opposizione e violenze fasciste, in «Storia e problemi

contemporanei», a. VII, n. 14, 1994, pp. 129-138; Id., Le elezioni del 1924, testimonianze ed episodi, in «Storia e problemi contemporanei», a. IX, n. 17, 1996, pp. 129-138 (Ivi, in nota 97).

743 R. Balzani, A. De Bernardi, Storia del mondo contemporaneo, cit., p. 126.

744 L. Salvatorelli, G. Mira, Storia d’Italia nel periodo fascista, cit., p. 301. Numerosi sono gli

episodi di violenza squadristica prima delle elezioni. Il 30 novembre 1923 viene violata l’abitazione di Francesco Saverio Nitti; il 26 dicembre Giovanni Amendola viene malmenato; il 12 marzo 1924 Giacomo Matteotti viene rapito e seviziato; altri deputati sono cacciati dalla città o ostacolati nella partecipazione alla competizione elettorale (P. Milza, Mussolini, cit., pp. 363-364).

ucciso da squadristi capeggiati da Amerigo Dumini745. Una profonda indignazione

coglie l’opinione pubblica. Emerge così prepotentemente la violenza fascista che Mussolini si trova seriamente messo in discussione, in un paese scosso e sospetto sulle sue responsabilità746. In parlamento le opposizioni, tranne i comunisti, protestano con l’abbandono dei lavori per mettere il paese di fronte a una questione morale apicale con la secessione dell’Aventino747.

L’uccisione di Matteotti, per gli antifascisti rappresenta il simbolo di uno scontro radicale tra l’aspirazione per una politica di alti ideali di civiltà e la pratica di una politica immorale, degradante e faziosa, rappresentata da Mussolini e dalla brutalità della violenza fascista. Infatti, rinvenuta la salma di Matteotti nel bosco della Quartarella a metà agosto, questa lotta tra due corpi748 e identità politiche, ormai inconciliabili, si esprime nel rito dell’uccisione di Mussolini in effigie. Per le strade di Roma, durante la notte, all’altezza della gola del suo ritratto sono dipinte gocce di sangue uscenti da un corpo a cui si vorrebbe imprimere la fine749. Tutte le forze politiche antifasciste condannano l’annientamento della democrazia parlamentare dal partito fascista e ne domandano il ripristino, appellandosi al re per rimuovere Mussolini dall’incarico di primo ministro750. In realtà, Mussolini forte

dell’immobilismo del re, del pugno stretto dei capi dello squadrismo e della maggioranza in parlamento, supera la crisi il 3 gennaio 1925 con un discorso in

745 Matteotti viene rapito appena si allontana dalla sua abitazione in via Pisanelli, con l’intenzione

di raggiungere Montecitorio, mentre si trova sul lungotevere Arnaldo da Brescia, verso le 16.30. Dopo essere stato rapito viene colpito ferocemente e posto all’interno di una Lancia, dove poi viene accoltellato a morte e in seguito nascosto nel bosco di Quartarella. La scoperta del cadavere avviene soltanto il 16 agosto 1924 (P. Milza, Mussolini, cit., pp. 367-372). Cfr. M. Canali, Il delitto Matteotti.

Affarismo e politica nel primo governo Mussolini, Bologna, Il Mulino, 1997.

746 Ch. F. Delzell, I nemici di Mussolini, Torino, Einaudi, 1966, pp. 14-15.

747 Il 27 giugno 1924 lasciano il parlamento in segno di protesta e di opposizione, sollevando una

questione morale sul caso del delitto Matteotti, «un comitato comprendente popolari, amendoliani, demosociali e partiti di sinistra». La decisione dei deputati di lasciare il parlamento assume il significato simbolico della secessione in Aventino della plebe romana nel 494 a.C., salita sul monte per opporsi ai soprusi dei patrizi (S. Lupo, Il fascismo. La politica di un regime totalitario, Roma, Donzelli, 2000, p. 186; P. Milza, Mussolini, cit., p. 378). Cfr. R. De Felice, Il delitto Matteotti e

l’Aventino, Roma, Istituto Luce, 1995; F. Turati, Il delitto Matteotti e l’Aventino, 1923-25, Torino,

Einaudi, 1959.

748 Cfr. S. Luzzatto, Il corpo del duce. Un cadavere tra immaginazione, storia e memoria, Torino,

Einaudi, 1998, pp. 6-7.

749 Ibid.

parlamento,751 nel quale si assume la responsabilità delle violenze degli squadristi

e dell’assassinio di Matteotti, rivendicate come frutto di «passione superba» e del «clima storico, politico e morale». Con le seguenti parole sancisce il suo trionfo, «non tanto come capo del partito, quanto come capo del governo»752.

Dichiaro qui, al cospetto di questa assemblea e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto753.

Se il fascismo non è stato che olio di ricino e manganello, e non invece una passione superba della migliore gioventù italiana, a me la colpa! (Applausi). Se il fascismo è stato una associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere! (Vivissimi applausi. Molte voci: «Tutti con voi!»). Se tutte le violenze sono state il risultato di un determinato clima storico, politico e morale, ebbene a me la responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico e morale io l’ho creato con una propaganda che va dall’intervento ad ‘oggi. […]754

In tal modo, secondo Luigi Sturzo, egli «[proclama] il diritto alla violenza e la sua alta moralità», collocando un peso sulle spalle dell’Italia dell’etica “anticristiana” e